giovedì 25 aprile 2019

Blog chiuso per ferie...

Ritorneremo presto con nuove ed eccitanti avventure. 
Nel frattempo vi invitiamo a rileggere alcuni dei nostri vecchi racconti.

(in foto: Helena Price)


A presto.
 

sabato 20 aprile 2019

Un folletto affamato

d'amore.

(immagine di: Jeff Chapman, www.deviantart.com/jeffach)


[postato da Sabrina]

   Perdere mio padre era stato molto doloroso, perché obiettivamente ero stata una figlia terribile, una degenerata. Mi ero fatta scopare da chiunque, una volta anche da un nano. Sì, la vostra cara Sabrina aveva fatto anche questo. Non mi ero fatta mancare nulla. Quando è successa questa cosa ero una ragazza, e ancora non conoscevo neppure Stefano, però Giuliano sì, e infatti era il periodo in cui ero la sua schiavetta del sesso. E c’era questo nano che era un amico suo, ed era molto ben voluto, perché nonostante le dimensioni di un bambino si comportava come uno di noi. Era quello che di solito si definisce “l’anima della festa”, perché era allegro, spassoso e si divertiva a fare lo spaccone vantandosi di essere andato a letto con un sacco di ragazze bellissime, ma chissà se era vero. Io non ci credevo. Eppure io ci ero stata. Ma io non facevo testo; io ero stata a letto con chiunque.
   Una sera ero andata in discoteca e c’era anche Giuliano e i suoi amici, e c’era anche lui, il piccolo demonietto scatenato, il quale ci aveva provato con me per tutto il tempo, e io alla fine decisi di accontentarlo e dargli ciò che voleva. E allora chiesi ad un amico se mi prestava la sua macchina, così che potevo imboscarmi insieme al nostro piccolo amico. E devo dire che fu una sensazione molto strana, perché lui era così piccolo e così sfrenato che si infilava dappertutto, sembrava di fare l’amore con un folletto del bosco, ed era divertente. Anche perché non facevo che pensare al film Biancaneve e i sette nani di Luca Damiano, il primo film porno che avevo visto. Nel film infatti Biancaneve, interpretata da Ludmilla Antonova, faceva l’amore insieme a sette nani veri. E ricordo che quando avevo visto il film (ero a casa di Giuliano, me lo aveva fatto vedere lui) lo avevo trovato molto grottesco, e per questo motivo anche molto divertente. E per lo stesso motivo trovavo anche molto grottesco e divertente ciò che stavo facendo in quel momento, in quel parcheggio della discoteca, insieme al mio piccolo amico. 
   E lui saltava da tutte le parti, infilandomi il suo cazzone prima in bocca e poi in culo, e poi di nuovo in bocca e poi ritornava all’attacco del mio condotto anale, ed era così scatenato che faceva tutto lui, senza darmi la possibilità di prendere alcuna iniziativa. E io ridevo come una matta, perché era tutto così surreale e divertente, e lui rivolgendosi a me con appellativi davvero irrispettosi (zoccola e bucchinara erano quelli che preferiva) mi diceva che non dovevo ridere. E per farmi smettere mi metteva il suo cazzone duro in bocca. E poi quando lo tirava fuori riprendevo a ridere, e quindi lui si agitava ancora di più, saltando da tutte le parti come un piccolo acrobata del circo.
   Ad un certo punto provò a penetrarmi davanti, ma io davanti non facevo entrare nessuno, infatti ero ancora vergine, e lui lo sapeva, lo sapevano tutti, e nonostante questo provò ad entrare comunque. Sentii il suo glande turgido che provava a farsi strada nel mio folto boschetto e poi insinuarsi appena appena tra le mie labbra di sotto, e allora io lo afferrai per i fianchi e lo sollevai di peso con tutte le energie che avevo, e lui iniziò a dimenare le braccia e le gambe in modo convulsivo.
   “Ehi, ma che fai!” urlai. “Lì no, non si può. Puoi avere solo la bocca e il culo, lo sai bene. Lo sanno tutti”.
   “Mettimi giù, bucchinara! Mettimi giù!”.
   “E tu mi prometti di fare il bravo e di non provare più a fare quello che hai appena fatto?”.
   “Ok ok, lo giuro!”.
   E allora lo misi giù e lui ripartì all’attacco del mio corpo. Era un demonietto affamato, e alla fine mi venne nel culo. E dopo esserci ricomposti ritornammo in discoteca a ballare, e poi il giorno dopo non si parlò d’altro: Sabrina Bocca e Culo si è fatta scopare da un nano.
   Credo di non averlo mai raccontato a Stefano, e allora mentre tornavamo a casa dal cimitero, dove avevo appena dato un ultimo saluto a mio padre, gli raccontai tutto.
   “Ma dai!” lui sbottò a ridere. “Certo che non ti sei fatta mancare proprio niente”.
   “Capisci ora cos’ha dovuto sopportare mio padre? Non dev’essere stato facile per lui il fatto di aver avuto una figlia puttana”.
   “Beh, la nostra Moana non è certo una santa, eppure io sono molto fiero di lei. E comunque non possiamo addossarci le colpe dei nostri padri. Se lui non è stato felice del tuo modo di essere era soltanto un problema suo. Tu sei fatta così Sabri, e non devi rendere conto a nessuno. Nemmeno a lui. Obiettivamente tuo padre ha sbagliato, ma tu non devi incolparti di questo”.
   Avrei voluto dirgli che il paragone con Moana non reggeva, però non lo feci perché non avevo voglia di parlarne. Non reggeva perché la nostra Moana, a differenza di me, non era mai stata succube degli uomini. Io invece, devo ammetterlo, spesso mi ero data via senza alcun rispetto per il mio corpo. Certo, lo avevo fatto perché mi andava di farlo, però in questo modo avevo permesso a molti uomini di trattarmi in modo irrispettoso. Invece Moana no. Tutte le volte che era andata a letto con un uomo aveva sempre avuto la situazione sotto controllo, conservando la sua dignità intatta.
   A questo proposito ricordo di una volta che permisi ad un mio coetaneo di farmi una cosa davvero degradante, eppure gliel’avevo lasciato fare senza battere ciglio, perché lo volevo anch’io. Era una cosa che aveva visto fare a Rocco Siffredi in un film con Bobbi Starr, e quindi lui volle fare la stessa cosa, soltanto che al posto della Starr c’ero io; praticamente mi afferrò per i capelli e mi portò in bagno (eravamo a casa dei miei genitori, loro non c’erano e quindi avevamo casa libera per fare ogni tipo di porcata), una volta giunti in bagno mi fece inginocchiare e mi infilò la testa nella tazza del cesso e poi tirò lo sciacquone, e nel frattempo iniziò a incularmi, e ogni tanto mi tirava su la testa fradicia per farmi riprendere fiato, e poi di nuovo giù, andando avanti in quel modo per quasi dieci minuti. Io con la testa infilata nel cesso e lui che mi penetrava dietro. Moana non avrebbe mai permesso a nessuno di dedicarle un trattamento del genere, per questo il paragone di Stefano tra me e lei non reggeva.
   Lo devo ammettere, non sono stata una figlia esemplare.