lunedì 19 febbraio 2018

Il luogo dove sono stata concepita.

Il luogo dove sono stata concepita.


   Mio nonno mi fece entrare in casa e mi fece accomodare nell’accogliente salotto, dove c’era una luce accecante che proveniva da una parete a vetro che dava sul cortile della villa. Mi offrì qualcosa da bere, e io accettai volentieri un succo di frutta alla pera, il mio preferito. Era così contento di conoscermi che non faceva che sorridermi senza dirmi nulla, perché probabilmente non sapeva da dove cominciare. Io ero troppo impegnata a guardarmi intorno; quella casa continuava ad avere un qualcosa di incredibilmente familiare, anche se era la prima volta che la vedevo. Non so per quale motivo, ma ero quasi certa, mi ci sarei giocata qualsiasi cosa, che era qui che ero stata concepita. Era qui che il mio papà biologico aveva messo incinta mia madre. Lo sentivo, anche se non avevo alcuna prova per dimostrarlo. Ma c’era qualcosa dentro di me che mi diceva che appunto mi trovavo nel luogo dove la mia vita era cominciata.
   “Devo proprio dirtelo, sei bellissima” mi disse mio nonno.
   “Grazie” risposi, ma ero sovrappensiero e non facevo che chiedermi dov’era avvenuta l’inseminazione. Lì nel soggiorno? Oppure di sopra, in una delle camere da letto? E quindi mi guardavo intorno e continuavo ad avere le visioni, come quelle di prima, quando ero nel cortile. Non ero uscita di senno, era solo la mia immaginazione che cercava con la fantasia di aprire un varco temporale capace di farmi vedere mia mamma ai tempi in cui frequentava la villa, cioè quando aveva diciotto anni ed era innamorata persa del mio papà biologico.
   “Assomigli proprio alla nonna” continuò. “Tu purtroppo non hai avuto modo di conoscerla, ma ti assicuro che sei il suo ritratto da giovane. Ricordo che gli uomini la trovavano irresistibile, e non facevano che guardarla, e questa cosa mi faceva diventare matto”.
   “Eri molto geloso?” gli chiesi.
   “Beh sì, abbastanza. Te l’ho detto, tua nonna era bellissima, proprio come te. E quindi gli altri uomini non facevano che ronzarle attorno”.
   Mi parlò un po' di lei, ma senza dirmi niente di nuovo, perché grosso modo erano cose che mi aveva già detto il mio papà, e cioè che mia nonna era austriaca e che a diciotto anni aveva intrapreso un viaggio nel paese che da sempre portava nel cuore, l’Italia. Dopo averlo girato in lungo e in largo aveva conosciuto mio nonno in Sicilia, il quale era lì per espletare il servizio di leva. Si sono sposati e lui è rimasto nell’esercito facendo una discreta carriera, e poi è nato mio padre e il resto più o meno lo sapete.
   “Mia madre veniva spesso qui da voi?” gli chiesi.
   “Oh sì, Sabrina era molto innamorata del tuo papà, per questo ci veniva, anche se lui era fidanzato con un’altra ragazza”.
   “E che facevano qui?” sì, lo ammetto, la domanda era piuttosto stupida, anche perché conoscevo bene la risposta. Però ero curiosa di sentirmelo dire da lui.
   “Tesoro mio, ma che domande fai?” mi chiese dolcemente. “Facevano quello che fanno gli innamorati, naturalmente. Devi sapere che il tuo papà era un vero dongiovanni. Non puoi neppure immaginare quante ragazze portava qui in casa. Ma tua madre praticamente era qui tutte le sere. In principio veniva soltanto nel fine settimana, poi ha cominciato a venire tutti i giorni. Lui non riusciva a resistere alle ragazze, ma il suo cuore batteva soltanto per tua madre”.
   Ad un certo punto squillò il telefono e mio nonno andò a rispondere. Parli del diavolo e spuntano le corna, infatti era il mio papà che ogni giorno chiamava suo padre per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa.
   “Sai chi c’è qui con me?” aveva una voce tremolante per via del fatto che era molto emozionato. “C’è la tua Moana. Sì, è venuta a farmi visita. È una ragazza dolcissima, un vero angelo. Le mancano solo le ali. È identica a tua madre. Sembra di vedere lei da giovane”.
   E mentre era lì che parlava con lui mi alzai dal divano su cui ero seduta e me ne andai a curiosare in giro, e a cercare di catturare qualche altra visione di mia mamma. Quella casa non faceva che proiettare nella mia mente le immagini di lei; era il mio cervello che cercava di ricomporre un puzzle, e alla fine avrebbe tirato fuori un ritratto. E quindi me la immaginai che attraversava il soggiorno in cui mi trovavo in quel momento, vestita come suo solito come una puttanella di strada, la vidi raggiungere le scale che portavano di sopra, nella stanza dove sarebbe avvenuto l’amore anale e orale. La vidi salire sopra e io le andai dietro, per spiare quello che avrebbe fatto. La porcellina si apprestava ad essere montata.
   Mi ritrovai in un corridoio dove si accedeva alle varie camere da letto. La mia attenzione fu subito catturata dalla prima stanza a destra, senza sapere neppure cosa ci fosse dentro, ma davo per certo che era la stanza in cui mio padre aveva trascorso la sua adolescenza, e dove quindi faceva l’amore con mia madre. Ovviamente non potevo saperlo, ma qualcosa mi diceva che non potevo sbagliarmi. Era proprio quella la stanza. E quindi entrai dentro e la vidi, tutta illuminata dalla luce che entrava da una porta finestra che affacciava su un balcone. Alle pareti c’erano ancora attaccati i suoi poster, e sulla scrivania ancora i suoi libri di scuola come se non fossero mai stati toccati. In effetti mio padre non era mai stato una cima a scuola. Mi pare che aveva perso anche un anno, perché non aveva mai avuto tanta voglia di studiare. Era troppo preso da quella cosa che gli piaceva tanto, il sesso.
   Vidi il suo letto, dove mia madre aveva giaciuto centinaia di volte, esausta dopo un appagante rapporto anale. Ed ebbi un’altra volta l’impressione di vederla, proprio su quel letto, completamente nuda, a cavalcioni sul corpo di mio padre, in uno strano rapporto a tre. Sì, perché questa volta l’immagine che mi si presentò fu appunto quella di mia madre in mezzo a due uomini, quello che le stava sotto era appunto mio padre, e la stava penetrando vaginalmente. Ma sopra di lei c’era un altro uomo, con la pelle scura. Non nera, ma olivastra. Un uomo possente, che la stava penetrando analmente. Non riuscivo a vederlo in viso, per cui non avevo la più pallida idea di chi fosse. Ma di una cosa ero certa, e cioè che era lo stesso uomo che avevo immaginato di vedere prima, quando ero nel cortile della villa. L’uomo che era nella penombra dietro mio padre. Ma chi diavolo era? E soprattutto perché stava penetrando analmente mia madre nello stesso momento che mio padre la stava penetrando davanti? Perché insomma la mia immaginazione mi stava facendo vedere quella scena?

Moana.   

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