martedì 28 luglio 2015

Biancaneve Strip Bar.

(in foto: Kelsi Monroe, Spizoo.com)


   In quel periodo lavoravo in un call center, ma mi annoiavo a morte. Tutto il giorno a telefonare a gente che ti avrebbe strozzato volentieri, e cercare di vendere loro un'assicurazione o chissà che altra diavoleria. Dopo cinque mesi ne avevo abbastanza, e così mi lincenziai. Avevo voglia di un lavoro in grado di darmi emozioni forti. Diedi un'occhiata ai principali siti Internet in cui si chiedeva e si offriva lavoro, ma non c'era niente di speciale. Poi un giorno, ero in centro a guardare le vetrine dei negozi, e mi ritrovai davanti allo strip bar di zio Giuliano. L'insegna diceva: Biancaneve. Come vi ha già spiegato mio fratello Rocco, zio Giuliano non era nostro zio, ma era come se lo fosse, perchè era davvero uno di famiglia. Ci adorava, sia a me che a mio fratello. Era grazie a lui che i miei genitori si erano conosciuti. E così entrai nel suo strip bar per salutarlo. C'era poca gente, di solito il locale si riempiva dalle nove alle due di notte. Al momento non c'era nessuno, a parte qualche vecchio porco e alcune delle ragazze che servivano ai tavoli. Per servire ai tavoli indossavano solo un perizoma e una camicetta striminzita bianca, col logo del bar dietro la schiena. Ogni tanto si lasciavano palpare e smanazzare dai clienti, ma in quel modo riuscivano a tirare su qualche soldo extra.
   Una delle ragazze mi vide e venne verso di me sorridendomi in modo amorevole. Se fossi stato un uomo me ne sarei innamorata all'istante. Ricambiai il sorriso e la mia attenzione cadde in mezzo alle sue cosce. Lì davanti, in quel perizoma, c'era qualcosa di strano. Era un bozzo, anche bello consistente, e allora capii di trovarmi non di fronte ad una ragazza bensì ad una trans. Ma era così femminile che neanche te ne accorgevi. Aveva i capelli neri, lisci, degli occhi molto dolci, un fisico da fare invidia a qualsiasi ragazza, e poi aveva quel grosso cazzo. Dio mio, quanto era grosso! Non riuscivo a fare a meno di guardarlo, e lei se ne accorse e scoppiò a ridere.
- Posso aiutarti? - mi domandò.
- Sì, cercavo mio zio Giuliano.
   Mi disse di seguirla e le andai dietro, e guardai il suo delizioso culetto danzarmi davanti agli occhi. Mi condusse nell'ufficio dello zio, lui era lì che stava lavorando al computer, e quando mi vide venne a salutarmi baciandomi le guance.
- Vedo che hai conosciuti Jay - disse. - Jay è una delle mie ragazza preferite. Gli uomini perdono la testa per i suoi spettacoli.
   Lo strip bar dopo le dieci offriva degli spettacoli di lap dance e performance hard, tutto rigorosamente dal vivo. Jay ci lasciò soli e mio zio mi offrì da bere. Parlammo delle solite cose, e lui mi domandò di Berni. Gli dissi che tra noi andava bene, e lui ne fu veramente felice. Anche a lui, come a mia madre, Berni piaceva molto. Diceva che era un ragazzo con la testa sulle spalle. Poi ad un certo punto gli dissi quello che mi passava per la testa.
- Zio, che ne dici se iniziassi a lavorare qui da te?
- Tesoro, questo non è un posto per te. E poi c'è Berni. Cosa penserebbe Berni? Tu sei la sua fidanzata, immagina cosa penserebbe se gli dicessi che lavori qui, in uno strip bar.
- Non me ne frega niente. Dovrà accettarlo. E dai zio! Fammi lavorare qui.
- Moana, questo locale è pieno di pervertiti. E io non voglio che qualcuno ti dia fastidio.
- Sono abbastanza brava a difendermi, non preoccuparti di questo.
   Zio Giuliano tirò un sospiro di insofferenza e alla fine mi disse di sì. Avrei cominciato l'indomani, intanto sarei stata fornita della "divisa d'ordinanza", cioè perizoma e camicetta striminzita, ma non avrei dovuto dire niente ai miei genitori. Giuliano non voleva che glielo dicessi. Per me andava bene.  
   Quando il giorno dopo attaccai a lavorare ero euforica. Avevo un camerino tutto per me. Cioè, non proprio tutto per me. Lo condividevo con le altre “artiste”. Così le chiamava zio Giuliano. Le artiste. Eh sì, perché facevano uno spettacolo. E di solito, chi faceva uno spettacolo, era un’artista. Perché la nostra era un’arte.
   Entrai un po’ spaesata nello stanzino. Un luogo caotico, pieno di confusione e ciarpame, e cinque “colleghe” che si facevano belle, con trucchi, borotalco e profumi irresistibili. Una Rumena, una Moldava, una Senegalese, una Polacca e la trans di cui già vi ho parlato. Bella da morire. Aggraziata. Coi tratti del viso molto femminili. E fu lei che subito mi accolse. La Rumena e la Moldava erano piuttosto fredde. Con loro non riuscii a socializzare. Invece con Jay, la trans, era diverso. Lei subito mi accolse, subito mi disse di sedermi e si mise a pettinarmi i capelli. Mi chiamava “amore”. E io mi legai a lei con un certo piacere. Era carinissima, soltanto che sotto c’aveva il cazzo. E che cazzo, signori miei! Quando lo vidi non volevo crederci. Portava dei jeans, e se li tolse per mettersi il perizoma, e lo vidi. Era un'anaconda. Lungo da far paura.
   La Rumena e la Moldava erano belle ma insignificanti. Ed erano antipatiche. Avevano nei miei confronti un atteggiamento negativo, come se in qualche modo fossi lì a rubargli il lavoro. Hai voglia a dirgli che era solo una cosa temporanea! Non volevano sentir ragioni. Io ero l’intrusa, la raccomandata, la nipote del proprietario. Ma Jay mi disse di non starle a sentire quelle due, perché erano due stronze.
   Jay sembrava sempre così felice, così sorridente, piena di vita. E com’era bello il suo sorriso. Rideva a denti stretti, e i suoi denti erano così bianchi, e lei era così seducente. Ma come faceva? Qual era il suo segreto?
   Indossai anche io il perizoma e la camicetta, e iniziai a servire ai tavoli. Nel giro di un'oretta mi avevano già palpato il sedere una decina di volte, e alcuni clienti mi avevano infilato nell'elastico del perizoma delle banconote di grosso taglio. Cavolo, quel lavoro cominciava a piacermi, anche se dovevo beccarmi qualche smanazzata.
   Quella sera sul palco dello strip bar si sarebbe esibita Jay. Lo spettacolo sarebbe cominciato alle dieci, e quindi la vidi ritornare in camerino per mettersi un vestito adatto allo show. Aveva indossato il pezzo di sopra di un frac e un cappello a cilindro, e poi aveva cambiato perizoma, adesso ne aveva uno di lattice nero. Salì sul palco, e tutti cominciarono a scalpitare, a invocare il suo nome, volevano vedere il suo cazzo. E allora cominciarono a infilarle i soldi nelle mutandine, e cercavano di toccarglielo. Jay c'aveva molta passione. 
- Jay, faccelo vedere! – urlavano dalla platea.
   E Jay si sfilò il perizoma e zac! Fece uscire quella proboscide fuori. E tutti a esultare, osannare, in ginocchio. Che meraviglia. Jay era una professionista del settore! Questo potevo dirlo tranquillamente.
  
Moana. 

  

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