sabato 10 novembre 2018

Kidnapping Moana...

... prigioniera di uno psicopatico.

(in foto: Cadence Lux, TeenCreeper.com)


[postato da Moana]

   Come ho detto in precedenza Genny era uno di quelli che otteneva sempre ciò che voleva. E infatti mi fece recapitare in negozio delle lettere in cui mi diceva che presto sarei stata di nuovo sua, e avrei imparato a rispettarlo e a godere delle sue attenzioni. In principio non diedi importanza a quelle farneticazioni, perché mi arrivavano molte lettere da parte di ammiratori anonimi, che magari mi avevano vista al centro commerciale e sognavano di trascorrere una notte con me, e allora mi scrivevano delle lettere in cui mi dicevano cosa gli sarebbe piaciuto farmi. E non gli avevo mai dato nessun peso. All’inizio forse sì, devo ammettere che un po' mi spaventavano, però poi mi ero accorta che gli autori di quei messaggi erano soltanto dei chiacchieroni. Quindi pensai che non avevo nulla da temere nemmeno con Genny.
   Ma invece mi sbagliavo.
   Un giorno mentre stavo ritornando a casa dal lavoro ebbi la sensazione di essere seguita. Quindi accelerai il passo. Ero nel parcheggio del centro commerciale e stavo raggiungendo la mia macchina, poi ad un certo punto non ricordo più nulla, soltanto una mano premuta sulla mia bocca, e un fazzoletto imbevuto di una sostanza che mi fece addormentare all’istante. E mi svegliai diverse ore dopo in un seminterrato; indossavo soltanto il perizoma e il reggiseno, e non ebbi neppure il tempo di capire cosa stava succedendo che una mano mi afferrò la gola. Era lui, e aveva un passamontagna sulla testa, ma io sapevo che era lui, perché vedevo i suoi occhi.
   “Cosa vuoi da me?” gli domandai con un filo di voce. Stavo per colpirlo con uno schiaffo ma mi accorsi che avevo le mani legate con una corda. “Cos’è questa storia?”.
   “Tranquilla, sei a casa mia” mi rispose.
   “Sei uno psicopatico!” urlai digrignando i denti. Forse ero più incazzata che impaurita. Avrei voluto riempirlo di botte. E se non avessi avuto le mani legate lo avrei fatto certamente. Ormai lo sapete quanto so essere aggressiva. Non avevo mai avuto paura di nessuno. Soltanto che con le mani legate non era per nulla semplice reagire. “Ti rendi conto di quello che hai fatto? Mi hai rapita. Te la farò pagare per questo, stanne certo”.
   “Calmati. Non voglio farti del male. Voglio soltanto invitarti a cena”.
   “Cosa?” sbottai a ridere. “E mi hai rapita per questo? Non potevi chiedermelo e basta?”.
   “Tu avresti risposto di no”.
   “Infatti. Avrei risposto di no”.
   “Lo vedi? Per questo ti ho rapita”.
   Ma ormai era mezzanotte passata, e mi disse che la cena doveva essere rinviata. Per cui io dovevo starmene buona buona in quel seminterrato inquietante e aspettare il giorno dopo. Cercai di ribellarmi e iniziai a urlargli contro che non poteva lasciarmi lì, mezza nuda e con i polsi legati. Ma ormai lui era uscito dalla stanza e aveva chiuso la porta a chiave. Iniziai a girarmi intorno cercando una via di fuga che ovviamente non c’era. Non c’era neppure una finestra. Sembrava una specie di bunker. E il fatto è che non sapevo neppure dove mi trovavo. Forse era la sua villa, quella dove avevo fatto l’amore per la prima volta. In ogni modo sentivo che mi mancava l’aria. Iniziai a prendere la porta a spallate e calci ma senza ottenere nulla. Così mi accovacciai a terra. Non c’era nulla da fare. L’unica cosa che potevo fare era aspettare. Ma aspettare cosa? Di andare a cena con uno psicopatico. E poi? Cosa avrebbe fatto? Quali erano le sue intenzioni?
   Verso mezzogiorno del giorno dopo venne a portarmi da mangiare, e un vestito da sera che avrei dovuto indossare a cena. Per quanto riguardo il mangiare, in effetti stavo morendo di fame. Appena lo vidi entrare ebbi l’impulso di scagliarmi contro di lui e metterlo fuori gioco con tutto il peso del mio corpo, ma lui riuscì a bloccarmi e mi afferrò per i capelli e mi costrinse a rimettermi giù.
   “Bastardo di uno psicopatico!” sbottai.
   Mi aveva portato una ciotola con degli straccetti di manzo, senza una forchetta, senza un cucchiaio, e per di più avevo ancora le mani legate, quindi gli chiesi come avrei fatto a mangiare quella roba. Lui mise la ciotola per terra, davanti a me, e mi disse di arrangiarmi. Avevo così tanta fame che mi chinai e affondai la bocca nella carne, e mangiai praticamente come un animale, come una cagna, perché era questo che voleva farmi capire, che io ero la sua cagna. Ok, per il momento aveva vinto lui, era riuscito ad animalizzarmi, e io mi ero piegata a quel suo gioco di dominazione senza protestare, perché ero davvero affamata. Però tremavo dalla rabbia, perché volevo fargliela pagare. Ed ero certa che prima o poi ci sarei riuscita. Era solo questione di tempo.
   “Ecco, adesso assomigli proprio a quella cagna di tua madre” disse.
   “Come ti permetti?!” sbottai alzando gli occhi verso di lui. Avevo le guance tutte impiastricciate dal sugo della carne. “Meglio mia madre che la tua, che ha messo al mondo un sociopatico come te!”.
   A quel punto mi diede uno schiaffo su una guancia, e questa cosa mi fece andare in bestia, perché ricevere uno schiaffo e non poter reagire era una cosa davvero umiliante.
   Verso le sei del pomeriggio venne a liberarmi, e quindi tagliò la corda che mi legava i polsi. A quel punto avrei anche potuto cercare di reagire e saltargli alla gola con entrambe le mani fino a soffocarlo, ma era una cosa piuttosto sconveniente dal momento che lui aveva un coltello, e me lo stava mostrando per farmi capire che era meglio se me ne stavo buona. 
   Prima di andare a cena con lui indossai il vestito che mi aveva portato; era un vestito molto elegante ma allo stesso tempo molto porco. Devo riconoscere che aveva molto gusto, lo psicopatico.

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