giovedì 31 maggio 2018

Il cuore

brucia.


   Quando tornai a casa dal lavoro trovai una piacevole sorpresa ad attendermi. In cucina c’era Antonella che stava dando la pappa alla mia piccola Cleopatra. Fin qui tutto regolare. Fu quando entrai nel bagno che mi si presentò “la sorpresa”. L’acqua scrosciava nel box doccia, dove al suo interno c’era uno stallone da monta con un fisico da dio, la carnagione olivastra e alcuni tatuaggi sparsi qua e la, e poi vidi la sua bestia. Un cazzo chilometrico che prometteva ore di intenso piacere anale e vaginale. Uno gnocco di prima categoria a cui mi sarei data via in modo incondizionato, semplicemente dicendogli: “prenditi i miei buchi, sono tuoi di diritto”.
   Dopo aver contemplato quel corpo divino per un arco di tempo indefinibile, ma obiettivamente molto lungo, mi accorsi che anche lui stava guardando me. Ma la mia presenza non lo imbarazzava per niente, anzi sembrava divertirlo, e infatti continuò a insaponarsi come se nulla fosse, percorrendo con la saponetta le sue forzute braccia e poi i suoi addominali scolpiti, come quelli degli atleti.
   Ma da dove veniva questo fenomeno della natura? E soprattutto cosa ci faceva nel mio bagno? E poi cosa avrei dovuto inventarmi per andarci a letto insieme e trascorrere con lui un’intensa notte di sesso senza limiti? Perché ovviamente era questo che volevo. Volevo il suo peccaminoso corpo sopra il mio, e il suo sorprendente cazzo piantato nel mio caldo condotto anale. Lui mi disse semplicemente “ciao”, ma io non gli risposi e ritornai in cucina da Antonella a chiedere spiegazioni.
   “Tesoro, c’è uno stallone da monta nel mio box doccia” le dissi.
   “Oh sì” mi rispose. “Si chiama Enrique. È il mio fidanzato”.
   “Devo assolutamente farti i complimenti. Non c’è che dire, è proprio un gran bel pezzo di manzo. Ma cosa ci fa nel mio bagno?”.
   Antonella mi spiegò che Enrique era appena uscito dal lavoro (Enrique era un istruttore di capoeira, ecco spiegato il motivo del suo corpo perfetto) e quindi era passato a prenderla per portarla a cena fuori. E dopo cena ovviamente sarebbero andati a casa di lui, e Antonella avrebbe goduto di quel corpo fantastico, facendosi montare senza ritegno. Beata lei. Avrei dato qualunque cosa pur di passare la notte con loro, tutti e tre nello stesso letto, a fare cose porchissime fino all’alba del giorno dopo.
   Mezz’ora dopo li vidi andare via e io rimasi da sola con Cleopatra. Ma devo dire che non riuscivo a togliermi dalla mente quello che avevo appena visto, e cioè Enrique sotto la doccia con quel suo corpo divino. Verso le dieci di sera, dopo aver messo Cleopatra a nanna, fui investita da un’ondata di malinconia e di infelicità. In cosa mi ero trasformata? Mi chiedevo. Dov’era finita la Moana di una volta, che si esibiva intorno al palo di uno strip bar? Prima ero il sogno erotico di tutta la città, e adesso ero qualcos’altro. Ero una mamma. Per carità, non mi fraintendete, era stupendo essere diventata madre, e Cleopatra era la cosa a cui tenevo di più al mondo. Ma la mia vita era cambiata in modo radicale in breve tempo, e probabilmente era la presa di coscienza di questo cambiamento ad avermi gettato nello sconforto.
   Avevo tutto, eppure mi mancava qualcosa. Avevo una figlia bellissima, una casa grande e ricca di comfort, gestivo un negozio di intimo che incassava soldi a palate, eppure mi sentivo insofferenze per via del fatto che mi mancava qualcosa. Andai a prendere un po' d’aria sul balcone e allora capii cos’era. Di fronte casa c’era un’altra palazzina, e all’ultimo piano c’era un appartamento il cui proprietario affittava a coppie di turisti che venivano a visitare la città. E io potevo vederli benissimo, perché erano appunto lì di fronte. Di solito non mi metto a guardare, ma quella sera la mia attenzione fu catturata dalla coppia di turisti che occupava l’appartamento semplicemente perché erano entrambi nudi. In verità era lui che era completamente nudo, lei invece aveva solo il perizoma, e stava cucinando, quindi la vedevo di spalle e devo riconoscere che aveva un culo mozzafiato. Un culo che non lasciava di certo il suo fidanzato indifferente, il quale aveva una mezza erezione e non vedeva l’ora di fare l’amore, e infatti non faceva che smanacciarle i glutei e baciarla sul collo, e ovviamente a lei piacevano da impazzire le sue attenzioni, infatti gli lasciava fare tutto ciò che voleva, però senza mai lasciare i fornelli su cui stava preparando la cena.
   Senza accorgermene ero diventata una guardona, e non riuscivo a fare a meno di distogliere lo sguardo, e sentivo il cuore battermi in modo spasmodico, perché guardare quella scena mi stava eccitando un casino. E mi venne quasi istintivo mettermi una mano tra le gambe e iniziare ad accarezzarmi le labbra di sotto, che intanto avevano già prodotto un modesto laghetto che aveva iniziato a sgocciolare nel mio interno coscia.
   Intanto la coppia di turisti, i quali avranno avuto all’incirca la mia stessa età, si erano messi a tavola. L’amore che esprimevano coi loro gesti e con il loro modo di guardarsi negli occhi mi stava tormentando il cuore. Stava bruciando e io lo sentivo urlare nel mio petto, sentivo i suoi lamenti e il suo pianto. E allora capii il motivo per cui quella sera mi sentivo infelice e malinconica. Perché anche io volevo quello che avevano quei due turisti che stavo spiando. Dovevo averlo. Non potevo vivere senza. Ovviamente sto parlando dell’amore, non intendo il sesso, perché quello obiettivamente potevo averne quanto ne volevo. Mi sarebbe bastato uscire di casa con una t-shirt con su scritto “la do gratis” e mi sarebbero saltati addosso in cento. Ma non era questo che mi interessava. Io volevo lo stile di vita che avevano quei due turisti, il piacere di trascorrere una serata nuda insieme al mio fidanzato, stuzzicarlo con dell’intimo provocante, e poi fare l’amore dopo cena, in mille modi diversi, con ogni cazzo di buco. Volevo poter girare il mondo insieme a lui, e fare l’amore ogni notte in una città diversa.
   Ma obiettivamente non potevo farlo, perché mi mancava la materia prima, e cioè un fidanzato. Avevo Berni una volta, e come una stupida me l’ero lasciato scappare. Berni era l’unico che mi aveva amata per davvero. Avevo avuto un numero incredibile di uomini, neanche li ricordo più tutti, eppure quanti di loro mi avevano amata per davvero? Solo Berni. Per gli altri ero stata soltanto un buco da riempire.
   Dopo mangiato la coppia di turisti si mise a fare l’amore. Vidi lui alzarsi da tavola con un erezione pazzesca. Si avvicinò a lei e le prese una mano invitandola ad alzarsi. Lei si mise in piedi e gli diede le spalle, e allora lui le tirò giù il perizoma e avvicinò il suo caldo pezzo di carne alla sua fighetta, la afferrò saldamente per i fianchi e iniziò a penetrarla. E io lì a sgrillettarmi, con il cuore che batteva in modo spasmodico, sofferente perché quei due erano felici, e io invece no. O comunque non del tutto.

Moana.
  

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