lunedì 19 marzo 2018

Sorelle di monta.

Sorelle di monta. 


   Dopo avermi fatto venire con le dita, io e Marica restammo sul divano a confidarci su un argomento che da sempre aveva attirato la nostra curiosità, ovvero il tipo di rapporto che c’era tra suo padre e mia madre. Eravamo entrambe ben consapevoli del fatto che erano stati spesso a letto insieme, ma io sapevo una cosa che lei non poteva sapere, una cosa che avevo appreso da poco tempo, e cioè che suo padre era presente nel momento in cui io ero stata concepita. E addirittura aveva avuto un ruolo attivo nel mio concepimento. Marica non capiva. Sapeva bene della mia situazione, e cioè che avevo due papà, uno biologico, cioè Giuliano il quale aveva inseminato mia madre, e un papà che mi aveva cresciuta, e cioè Stefano il quale anche lui era presente al momento della monta, ma la sua era stata soltanto una partecipazione passiva, dal momento che si era limitato a guardare mia madre che faceva l’amore col mio papà biologico.
   “E cosa c’entra mio padre?” mi chiese.
   “Ebbene, tuo padre era lì”.
   “E cosa ci faceva?”.
   “Praticamente anche lui stava facendo l’amore con mia madre. Sono stata concepita durante una doppia penetrazione. Capisci dov’è il punto? Lui la penetrava analmente, ma se fosse stato il contrario, se fosse stato lui a penetrarla davanti e il mio papà invece l’avesse penetrata dietro, noi saremmo state sorelle a tutti gli effetti”.
   Marica mi guardò con un’indifferenza che mi sorprese. E quindi mi chiesi come mai quella notizia non avesse scatenato in lei alcuna reazione. Per me era stata una specie di rivelazione, perlomeno per quanto riguarda il rapporto che avevo con Marica. Perché dal momento che ero stata concepita durante una doppia penetrazione, e che durante questo rapporto c’era appunto anche suo padre, questo fatto mi legava a Marica ancora di più di quanto non lo fossi già.
   “Non capisco” mi disse. “Tu dici che se fosse stato mio padre a penetrare tua madre davanti noi saremmo state sorelle a tutti gli effetti. Ma non vedo proprio dov’è il punto della questione. Io e te siamo comunque sorelle, a prescindere da chi ha inseminato tua madre”.
   Forse aveva ragione. Che importanza aveva sapere di chi era la sborra che aveva permesso che io nascessi?
   “Diciamo che noi siamo sorelle di monta” concluse Marica.
   “Che vuoi dire?”.
   “Voglio dire che mio padre e tua madre sono andati talmente tante volte a letto insieme che è come se noi due fossimo sorelle. Sorelle di monta, appunto”. 
   Il giorno dopo Marica sarebbe dovuta ripartire insieme alla sua band per altre date in giro per l’Italia, ma io ero riuscita a trattenerla un altro giorno ancora. Questo perché era il suo compleanno, e quindi mi avrebbe fatto molto piacere se lo avesse passato con noi. Per l’occasione avevo pensato di preparare una cena molto elaborata. Devo dire che grazie a mio padre (il papà che mi aveva cresciuta, non quello biologico) avevo imparato qualche trucchetto del mestiere, e quindi in cucina me la cavavo piuttosto bene. E poi avevo pensato di fare un regalo a Marica che ero sicura l’avrebbe resa molto felice. Era da tempo che stavo pensando di regalargli questa cosa, però per un motivo o per un altro avevo sempre rimandato. Per fortuna Marica quando non aveva nulla da fare aveva l’abitudine di dormire fino a tardi, così ebbi la possibilità di uscire e andare a comprare tutto ciò che mi serviva per la cena, e poi passai a prendere il regalo per lei. Ero eccitatissima, perché sapevo che era una cosa che avrebbe gradito più di ogni altra cosa al mondo.
   Quindi passai gran parte del pomeriggio ai fornelli. Per non sporcare il vestito porchissimo che avrei indossato quella sera avevo deciso di mettermi all’opera con una camicia azzurra che Berni non utilizzava più. Sotto indossavo solo il perizoma (a vista, dal momento che la camicia mi copriva le natiche solo a metà). Marica aveva deciso di passare il pomeriggio sul terrazzo a rilassarsi distesa su una sdraio, in costume modello monokini che le copriva ben poco. Ogni tanto veniva in cucina a riempirsi il bicchiere di tè alla pesca che avevamo in frigorifero, e per l’occasione mi dava sempre un sonoro sganassone sul culo. Non poteva saperlo, ma dopo cena il mio condotto anale, che lei tanto adorava, sarebbe stato suo per tutta la notte.
   A cena c’erano anche Berni e Romolo. Romolo, per chi si fosse perso qualche puntata, era il mio schiavo. Ebbene sì, avevo uno schiavo. Romolo era un mio ammiratore, e spesso veniva in negozio con dei mazzi di fiori o delle confezioni di cioccolatini. Era pazzo di me, ma soprattutto era pazzo dei miei piedi. Un giorno infatti mi disse questa cosa, e cioè che i miei piedi gli facevano perdere la testa, e che avrebbe dato qualsiasi cosa per essere il mio schiavo. Quindi di conseguenza io sarei dovuta essere la sua mistress. E devo dire che questa proposta mi incuriosì molto. Non avevo mai avuto uno schiavo tutto per me con cui soddisfare la dominatrice che era in me Perché diciamolo, ognuna di noi ha una dominatrice dentro. Quindi gli dissi di sì, e da quel giorno diventai la sua sadica mistress. E quindi per farlo contento di tanto in tanto gli permettevo di leccarmi i piedi, oppure gli camminavo con i tacchi a spillo sulla pancia, oppure mi sedevo letteralmente sul suo viso. Insomma facevamo cose di questo tipo.
   Berni sapeva tutto di noi, ma non mi aveva mai detto nulla. Non era geloso, anche perché sapeva benissimo che io non sarei mai andata a letto con Romolo. Non era il mio amante, per carità. Non ero messa così male. Lo trovavo un uomo disgustoso, e quindi l’idea di poter fare l’amore con lui non mi sfiorava neppure. Berni accettava il rapporto che avevo con Romolo in modo passivo, quasi fingendo che non esistesse. Forse perché credeva che fosse soltanto uno dei miei tanti capricci, e che quindi col tempo mi sarei stufata e di Romolo non ne avrebbe più sentito parlare. E  forse aveva ragione. Ma per il momento non avevo voglia di fermare quel gioco che stavo facendo con Romolo, per cui se a Berni non stava bene poteva anche scendere dalla giostra. Io ero fatta così, prendere o lasciare.
   E quindi, per ritornare alla cena per il compleanno di Marica, avevo invitato anche il mio schiavetto. Anche lei sapeva tutto di me e Romolo, e considerava il nostro rapporto tutto sommato come una cosa molto positiva, ma anche molto divertente. Non poteva crederci che ero diventata una mistress. E in effetti neanche io c’avrei mai creduto prima di conoscere Romolo. Era successo tutto per caso, senza premeditazione. Ma devo dire che mi piaceva da morire.

Moana.
    

Nessun commento:

Posta un commento