lunedì 25 settembre 2017

Atti osceni in luogo pubblico.

(in foto: Jenni, Bamboo, JennisSecrets.com)

   A fine serata Joe mi riaccompagnò a casa. Lungo la strada parlammo un po' del passato, degli amici che se ne erano andati all’estero per colpa del fatto che il nostro paese non offre alcuna opportunità, altri invece che si erano arruolati nella celere, altri invece che si erano dati alla politica e così via. Alla fine della conta eravamo rimasti in pochi ad essere ancora in città.
   Non me ne ero accorta, ma sedendomi in auto il vestitino mi si era alzato fino ai fianchi, quindi praticamente avevo il perizoma a vista. E ad un certo punto ci fermammo sul belvedere della città. Non c’era nessuno, era un incanto. Per due innamorati che hanno voglia di coccolarsi un po' era il luogo ideale, lontano da occhi indiscreti. E uscendo dalla macchina non mi ero nemmeno premurata di riabbassarmi il vestitino, le natiche erano praticamente nude, coperte esclusivamente dal leggero filo di stoffa del perizoma che stava tra una chiappa e l’altra. Non lo avevo fatto per stuzzicare la fantasia di Joe, ma soltanto perché non me ne ero accorta. Lui invece sì, e non mi disse nulla, preferì fare in modo che non me ne accorgessi, così da avere la possibilità di potermi guardare meglio il culo.
   Andammo verso il parapetto del belvedere e guardammo la città lontana, tutta illuminata d’arancione delle luci delle strade, e con i fari delle auto che percorrevano le vie centrali, che sembravano così piccole viste da quell’altezza da sembrare dei giocattoli. Restammo a guardare il panorama per qualche minuto senza dirci nulla, poi mi accorsi di avere il vestitino alzato sui fianchi con tutto il culo di fuori e allora me lo tirai giù in fretta e furia.
   “Oddio, guarda in che condizioni sto! Praticamente sono mezza nuda” mi risistemai il vestito stirandolo con entrambe le mani. “Ti chiedo scusa”.
   “Di cosa? Forse non lo sai ma è sempre stato il mio sogno poterti vedere nuda. Ero pazzo di te, Moana. Sapessi quante seghe mi sono fatto pensando a te in situazioni molto porche. Una volta l’ho fatto mentre pensavo a te che mi facevi un pompino e poi io ti sborravo sul viso”.
   “Ma se mi desideravi così tanto perché non c’hai mai provato con me?” praticamente mi stavo sciogliendo come un ghiacciolo sotto il sole di ferragosto. Lo sapete che basta poco per farmi andare la figa in fiamme, poi soprattutto quando uno si dichiara in quel modo. Poi se qualcuno mi dice addirittura che sono stata la sua principale fonte di ispirazione per le proprie seghe, allora lì tra le mie cosce si crea un vero e proprio fiume e inizio ad eccitarmi come una cagna.
   “Ma perché avevo paura di un tuo rifiuto. Insomma, parliamoci chiaro Moana, tu eri la ragazza più desiderata della città. Eri la gnocca per eccellenza. Avevi tutti i nostri coetanei che ti venivano dietro, e di solito ti concedevi esclusivamente a quelli più aitanti. Che speranze potevo avere io?”.
   “E io invece sarei stata pronta in ogni momento a concederti il mio corpo. Aspettavo soltanto un tuo segnale. Purtroppo Joe ormai è troppo tardi. A breve diventerò la moglie di un altro uomo, e non potrò che essere soltanto sua”.
   Continuammo a fissare ancora un po' quel panorama incantevole. Se non fossi stata impegnata con Berni mi sarei già messa in ginocchio davanti a Joe e gli avrei tirato fuori il cazzo per farlo godere con la bocca. Sarebbe stato un pompino epocale, in una location davvero speciale, e sarebbe stata una delle eiaculazioni più intense della mia onorata carriera di pompinara. Purtroppo non potevo farlo. Avrei avuto un rimorso terribile. Però allo stesso tempo non volevo lasciare Joe a bocca asciutta. Avrei potuto fare qualcosa per accontentare la sua storica passione che aveva nei miei confronti.
   “E quindi è sempre stato un tuo sogno potermi vedere nuda” dissi guardandolo con aria di sfida. “Ok, ti accontento. Ti faccio vedere come sono fatta sotto questo vestitino da puttana che indosso. Aspettami qui e non ti muovere”.
   Avevo voglia di farmi vedere nuda però volevo farlo in modo teatrale, quindi volevo creare un po' di suspence, e allora raggiunsi una serie di alberi che stavano a ridosso della salita che portava al belvedere. Qui mi sarei tolta il vestito e il perizoma e poi sarei riapparsa agli occhi di Joe così mamma mi ha fatta. Quindi tolsi tutto e lasciai i miei indumenti alla base di un albero, e quando sarebbe finito tutto sarei ritornata a riprenderli. Ero pronta, guardai che non ci fosse nessuno in giro e poi mi feci avanti. Era notte inoltrata, avevo seri dubbi riguardo al fatto che qualcuno potesse vedermi. Eravamo soltanto io e lui. E così andai verso Joe con un passo leggero e sicura di me, come se fossi su una passerella, ancheggiando e guardandolo con occhi accesi di passione. Lui mi vide arrivare, completamente nuda, soltanto con i tacchi a spillo ai piedi e nient’altro. Era visibilmente nervoso, forse il fatto che ero nuda in un luogo pubblico lo terrorizzava. Forse pensava che in quel modo sarei potuta essere facile preda di malintenzionati. Ma io ero sicura che nessuno ci avrebbe disturbati.
   Dopo aver percorso quei cinquanta metri che ci dividevano mi fermai davanti a lui con i pugni contro i fianchi, poi girai su me stessa per fargli vedere com’ero fatta dietro. Con una mano mi schiaffeggiai una natica e il rumore della palma della mia mano sulla pelle del mio culetto echeggiò per tutto il belvedere.
   “E allora” dissi. “Ti piace?”.
   “Moana, sei…” Joe era così eccitato che le parole gli uscivano a stento dalla bocca, “sei da erezione”.
   “Lo vedo” infatti notai da subito un notevole rigonfiamento sotto i pantaloni, e allora mi ci avvicinai e iniziai a strofinare il culo contro il suo sesso. A quel punto lui mi prese per i fianchi accarezzandomi amorevolmente e spinse il suo cazzo duro tra le mie natiche. Poi mi girai e iniziai a strofinare la figa contro la sua erezione, e lui mi avvolse le sue braccia intorno al corpo e tentò di baciarmi la bocca, ma io spostai il viso e non glielo permisi, e allora lui iniziò a tempestarmi il collo di baci, e nel mentre con le mani aveva raggiunto le mie natiche, palpandole energicamente e aprendole per scoprire il mio “fiorellino del peccato”, come amava definirlo il mio Berni. Lo iniziò a punzecchiare con il dito medio e poi lo fece entrare dentro, ma io mi divincolai dal suo abbraccio e mi allontanai da lui, e sorridendogli gli feci di no con la testa, insomma gli feci capire che non poteva farlo. Ma proprio in quel momento accadde ciò che non mi sarei mai immaginata che accadesse, ovvero una macchina della polizia apparve dal nulla a sirene spiegate. Cazzo, se m’avessero beccata in quello stato m’avrebbero incriminata per atti osceni in luogo pubblico. Ero terrorizzata, e la prima cosa che mi venne in mente di fare fu quella di scappare. Non pensai ad altro, cominciai a correre. D’altronde, pensai, non ero molto lontana da casa. C’era circa un chilometro da percorrere. Poi però mentre correvo pensai al fatto che ero completamente nuda. Per fortuna le persone a quell’ora dormivano. Comunque sempre meglio percorrere un chilometro in quelle condizioni che essere incriminata per atti osceni.
   Comunque potete ben immaginare che la strada sembrava non finire mai. Dovetti fermarmi più volte per riprendere fiato. In una sosta feci anche la pipì nascondendomi dietro un cassonetto della spazzatura. Forse era la tensione del momento, ma c’avevo la vescica che mi stava per esplodere. Allora mi abbassai e aprii le labbra di sotto con due dita e iniziai a liberarmi. Il fiumiciattolo di pipì attirò l’attenzione di un tizio che stava portando il suo chiwawa a spasso, mi vide dietro i cassonetti e iniziò a imprecare dicendo che noi puttane dovevamo smetterla di insozzare le strade orinando dappertutto.
   “Ehi!” risposi piuttosto risentita. “Non sono una puttana!”.
   “Da come vai in giro sembrerebbe proprio di sì” rispose lui. “E comunque qui nel quartiere non vi vogliamo. Vai a vendere i tuoi buchi da un’altra parte. Questo è un quartiere per bene!”.
   “Senta, le torno a ripetere che io non sono una di quelle donne che vendono i loro buchi. Sono una rispettabilissima commerciante, quindi la smetta di offendermi avanzando certe insinuazioni nei miei confronti”.
   “Certo, una rispettabilissima commerciante… vendi la bocca, la figa e il culo. Un commercio davvero rispettabile”.
   A quel punto il fiumiciattolo di pipì terminò e mi rialzai e poi ripresi a correre in direzione casa. E il vecchio che mi urlava dietro: “brava, scappa! Vai a vendere le tue belle chiappette da un’altra parte!”.

Moana. 

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