lunedì 11 settembre 2017

Qualcuno a cui raccontarlo. 

(in foto: Jana Cova, Cum With Me, ClubJanaCova.com)


   Moana si era chiusa in camera e decisi di lasciarla sbollentare un po' prima di andarle a chiederle scusa per quello che avevo insinuato. Sì, forse avevo sbagliato un po', nel senso che l’avevo definita senza accorgermene una bambolina passiva con cui divertirsi. Erano, come già vi dicevo nel post precedente, i miei maledetti sensi di colpa. Proprio come quello che diceva lei riguardo al primo rapporto anale che ho avuto con Moana; dopo aver sborrato nel suo condotto anale sono stato invaso dai sensi di colpa. È giusto quello che ho fatto? È giusto penetrare analmente la ragazza che si ama? E se lo fai, è una dimostrazione del fatto che hai di lei una considerazione simile a quella che hai per una puttana? E anche in quel caso, quando le dissi queste mie perplessità, lei sbottò dicendomi che non avevo capito un cazzo di lei, e che se mi aveva dato il culo non era certo per soddisfare un mio capriccio, ma perché le andava di farlo.
   Poi col tempo lo avevo capito, e quindi quando la penetravo analmente non venivo più assalito dal rimorso, perché sapevo che era una cosa che le dava piacere, e allora glielo riempivo volentieri il suo “fiorellino del peccato”. Questo nomignolo gliel’avevo dato io, e a lei era piaciuto molto, e quindi ogni volta che facevamo l’amore lei ad un certo punto mi diceva: “che fai, non vuoi fare una visitina al mio fiorellino del peccato?”. E allora a quel punto ci facevamo una risata e poi la penetravo anche lì, e lei era contenta, soprattutto se poi le davo anche qualche sculacciata.
   Quella delle sculacciate pure è un’altra storia che mi ha dato del filo da torcere. Una volta, mentre stavamo facendo l’amore, lei all’improvviso mi disse: “sculacciami”.
   E io: “Cosa?! Ma no dai, non mi sembra una cosa carina da fare”.
   “Dai ti prego, sculacciami. Fammi sentire troia”.
   E allora io per accontentarla le diedi uno schiaffetto, ma molto timido e direi quasi ridicolo. E infatti lei rise della mia ingenuità.
   “No, non così. Più forte. Mettici più passione. Fammi capire che apprezzi il mio culo. Dammi una bella sculacciata”.
   E allora a quel punto le diedi una bella sculacciata come voleva lei, e lei ebbe un sussulto e emise un rantolo che mi fece capire che quella cosa doveva piacerle proprio tanto. Da quel giorno me lo chiese anche altre volte, e io cercai sempre di accontentarla, anche se in verità cercavo di non farlo troppo spesso, per due motivi: il primo è che avevo paura di stizzirla (una paura del tutto irrazionale dal momento che a lei piaceva da impazzire essere sculacciata) e due perché sculacciarla mi eccitava così tanto che quando lo facevo sentivo subito quel brivido che preannuncia l’eiaculazione, e quindi siccome volevo durare quanto più è possibile quando facevo l’amore con Moana allora evitavo quelle cose che di solito mi facevano venire subito.
   Certo che quell’esperienza che avevamo vissuto quella notte insieme a Fabio aveva dell’incredibile. Non potevo credere di aver assistito ad una cosa del genere. E mi chiedevo cosa sarebbe cambiato da quel momento. Saremmo diventati una coppia cuckold? La mia futura moglie sarebbe stata preda di altri uomini vogliosi di godere delle sue cavità? E io? Cosa sarei stato io? Il classico marito cuck che assiste mentre altri uomini si montano la propria moglie? Sentivo dentro che avevo bisogno di parlare con qualcuno, di confidarmi. Ma con chi potevo farlo? Se raccontavo quella storia ai miei amici sarei passato come un uomo di poco onore, che cede la sua donna per un capriccio personale, e Moana probabilmente sarebbe stata considerata come una ragazza facile da chiavare. Di certo non volevo che si dicesse questo di noi.
   Comunque prima di tutto dovevo andare da lei e farmi perdonare. Come ho già detto la lasciai un po' sola, il tempo di farla calmare, e poi andai da lei in camera da letto. Stava sul letto ancora nuda e a pancia in giù, con le gambe e le braccia aperte e il viso sprofondato tra i cuscini.
   “Tesoro, posso?” chiesi.
   “Sì, entra” mi rispose con una voce stanca e afflitta.
   “Amore vorrei chiederti scusa per quello che ho detto. Ho sbagliato, lo so, e mi dispiace davvero tanto. Tu non sei una bambolina per far godere gli uomini”.
   “Scuse accettate. E comunque ti chiedo scusa anche io. Mi sono proprio rivolta male nei tuoi confronti. Certe volte quando sono arrabbiata ti dico certe cose davvero terribili, che davvero dovresti prendermi a schiaffi”.
   “Prenderti a schiaffi? Ma che dici?” a quel punto mi misi a sedere accanto a lei, e con una mano le accarezzai delicatamente il sedere.
   “Sì, certe volte me lo merito. Riesco ad essere davvero antipatica e insopportabile. Ma come fai a stare ancora con una come me?”.
   “Perchè hai un culo divino” risposi, e le diedi una bella sculacciata, di quelle come piacciono a lei, belle rumorose, che poi ci rimane l’impronta della mano per ore e ore. E allora lei finalmente mi guardò e mi sorrise, quel suo sorriso tipico di quando le viene voglia di fare l’amore.
   E allora mi avvicinai con la bocca alle sue natiche e con le mani gliele aprii e mi feci strada con la lingua verso il suo orifizio anale. Iniziai a leccarglielo appassionatamente. Ecco questa era una cosa per cui non avevo mai avuto problemi; mi era sempre piaciuto leccarle il “fiorellino del peccato”, perché forse associavo questa pratica ad una cosa che in nessun modo poteva degradarla o sottometterla, anzi ero io che mi sottomettevo a lei leccandole il buco del culo, quindi per me era tutto a posto, mi sentivo in pace con la coscienza. Leccarle l’ingresso del condotto anale era sempre stata una cosa che mi aveva sempre fatto impazzire; sentivo un odore molto particolare, di sudore e “altro”, d’altronde parliamoci chiaro, Moana era come tutte le altre ragazze, anche lei andava al bagno, quindi anche lei espelleva feci quotidianamente, proprio da quel buco che io amavo tanto leccare, e che avevo ribattezzato “fiorellino del peccato”. Avrebbe dovuto farmi orrore una cosa del genere, e invece mi faceva perdere la testa. Se poi pensavo che era anche una delle porte d’ingresso da cui erano entrati molti uomini allora perdevo proprio la ragione.
   Non saprei dirvi se a lei piaceva quando le leccavo l’orifizio anale, perché certe volte la sentivo ridere, e mi diceva che gli facevo il solletico, però poi mi lasciava fare. Una volta gliel’avevo chiesto, e lei mi aveva risposto che se me lo lasciava fare voleva dire che le piaceva. In effetti non faceva una piega, e rientrava anche nel discorso che riguardava il sesso anale; Moana mi permetteva di penetrarla analmente perché la pratica del sesso anale le piaceva da impazzire.
   Ad un certo punto mi afferrò i capelli e mi tirò su la testa per guardarmi negli occhi, e mi sorrise amorevolmente.
   “Certo che tu sai sempre come farti perdonare” disse. “Porco che non sei altro. Dai, dacci dentro con quella lingua” e sempre tenendomi per i capelli mi spinse il viso di nuovo tra le sue natiche e io ripresi a leccarle  l’ingresso del condotto anale.

Berni.  

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