martedì 24 aprile 2018

Appuntamento con Godzilla.

(note: abbiamo problemi tecnici con la rete, per cui i racconti potrebbero non essere pubblicati regolarmente)


   Ovviamente non è che tutti vedevano la mia Beatrice con gli occhi dell’odio e dell’intolleranza, c’era anche chi la guardava come una diva, e mi riferisco ai suoi numerosi ammiratori che bazzicavano lo strip bar dove lavorava. Per alcuni di loro la mia fidanzata era una vera e propria dea del sesso da venerare inginocchio. E spesso la ricoprivano di regali costosi, tipo bracciali d’argento, collier di perle e vestiti da sera provenienti da atelier molto importanti. Ovviamente mi rendevo conto benissimo che ogni regalo che le veniva fatto corrispondeva a un pompino o a una penetrazione anale. Ma lei ormai non me lo nascondeva più. Prima me lo aveva tenuto nascosto, ma adesso mi diceva ogni cosa. E io sapevo bene che quando c’era un cliente piuttosto facoltoso lei lo portava nei privè dello strip bar e si faceva fare il culo o lo sbocchinava per bene. Ecco perché tutti quei regali.
   Mi aveva raccontato in particolare di uno di questi clienti “facoltosi”, il quale lei lo aveva ribattezzato Godzilla, perché aveva un cazzo decisamente grosso. Aveva all’incirca quarant’anni ed era sposato, però veniva lì allo strip bar per evadere dalla monotonia della sua vita coniugale. Ebbene, ogni volta che andava al locale i suoi occhi cercavano esclusivamente la mia Beatrice. Le regalava spesso delle cospicue somme di denaro, e allora lei lo portava nel privè. Non appena entravano lui le saltava letteralmente addosso; aveva una voglia di farsela che non ci capiva più niente. Era una vera furia, e allora lei prima gli faceva un pompino e poi si metteva in ginocchio sul divanetto dandogli le spalle e il busto piegato in avanti, con le natiche oscenamente aperte e il buco del culo ben in mostra, e allora lui a quel punto la faceva sua, afferrandola per i fianchi e chiavandosela di brutto. Poi dopo aver sborrato (lo facevano col preservativo, e quindi la sua sborra si riversava copiosa tutta nel serbatoio del condom) si rivestiva frettolosamente e scappava letteralmente via, salutandola a stento.
   “Secondo te perché si comporta così?” mi chiese dopo avermi raccontato di questo Godzilla, come lo chiamava lei.
   “Forse perché essendo sposato ha il rimorso di aver appena tradito la moglie con una transgender” mi sembrava l’ipotesi più plausibile.
   Probabilmente Godzilla quando arrivava allo strip bar era così arrapato che perdeva completamente la ragione, e poi gli ritornava soltanto dopo aver sborrato. Però comunque Beatrice mi disse che se fosse stato come dicevo io allora non sarebbe più dovuto ritornare, e invece lui puntualmente si rifaceva vivo nel fine settimana e se la scopava, e poi di nuovo se ne andava via senza dire una parola.
   “Il fatto è che agli uomini quando parte il cervello a causa delle loro pulsioni sessuali non riescono a controllarsi” risposi. “Poi dopo essere stati appagati ripensano a quello che hanno fatto. Alcuni uomini si ficcano in guai seri per questo motivo”.
   Poi Godzilla ritornò a fare visita alla mia fidanzata. Non ne poteva fare a meno. La mia Beatrice era il suo appuntamento settimanale che gli permetteva di dimenticare il fatto di essere un uomo infelice. Perché secondo me questo era Godzilla, un uomo malato di infelicità, e la mia Beatrice era la sua medicina. Però questa volta la mia fidanzata cercò di parlargli; di solito lui non ne voleva sapere di parlare, voleva andare soltanto nel privè e farsela. Beatrice invece, dopo averlo portato nel privè e dopo aver chiuso accuratamente la tenda rossa che assicurava la privacy del cliente, gli domandò se aveva voglia di parlare. Ma lui le saltò addosso, come ogni volta, e si tirò fuori il cazzo già bello dritto e pronto per l’amore. Ma Beatrice cercò di calmarlo, dicendogli che non doveva avere tutta quella fretta, perché avevano tutto il tempo che volevano per godere. Ma lui non poteva aspettare, voleva (anzi, doveva) farlo subito, e allora l’afferrò per i capelli e la fece inginocchiare davanti al suo enorme palo di carne, piantandoglielo davanti alla bocca e attendendo che lei facesse il suo lavoro.
   “Ok, se proprio non puoi aspettare allora l’amore lo facciamo subito, ma devi promettermi che una di queste sere mi porti a cena fuori”.
   “Va bene, ma adesso inizia a sbocchinare come sai fare tu, ti prego” rispose lui quasi in preda ad una crisi di astinenza. Voleva la sua dose settimanale di Beatrice, e la voleva subito.
   “Con noi ci sarà anche il mio fidanzato” gli disse. “Mi piacerebbe fartelo conoscere. Ti va?”.
   “Sì sì, tutto quello che vuoi, ma adesso comincia” a quel punto Godzilla afferrò il suo cazzo dalla base e lo mise in bocca a Beatrice, e lei iniziò a lavorarselo per bene.
   E così due giorni dopo andammo a cena fuori con Godzilla. Beatrice mi disse che non credeva che avrebbe mantenuto la promessa. Credeva che lui avesse detto di sì solo per farla stare zitta e metterle il cazzo in bocca. E invece poi lui le aveva mandato un messaggio su what’s up e aveva confermato l’appuntamento. Così, dopo aver finito di lavorare, andai a casa di Beatrice ad aiutarla a scegliere il vestito da indossare per quella cena. Lei voleva mettere su un vestito che fosse elegante ma allo stesso tempo molto porco. E devo dire che non fu affatto difficile trovarne uno; Beatrice infatti aveva una ricca collezione di abiti da utilizzare a seconda delle situazioni che le si presentavano. Così scelse un vestito molto corto, con un’apertura dietro che le metteva a nudo la schiena, e davanti aveva uno scollo molto generoso che ero certo che avrebbe messo a dura prova le sue tette, dal momento che avrebbero tentato di scivolare fuori in continuazione. 
   Mentre lei si truccava, con maniacale attenzione per i dettagli, io mi misi a curiosare un po' in giro. Il monolocale in cui viveva era sempre in disordine. La cucina poi, era piena di piatti sporchi e avanzi di cibo dappertutto. Beatrice non era mai stata fissata con l’ordine. Più che un appartamento sembrava la tana di un’animale selvatico. Spesso glielo facevo notare e lei scoppiava a ridere. Mi diceva: “stai dicendo che sono un’animale?”. E io: “sì, una pantera assetata di sesso”. E lei: “ah sì?”. Le piaceva un casino quando le dicevo che era una pantera, e allora lei a quel punto si comportava appunto come se lo fosse, e mi saltava addosso facendo finta di darmi dei morsi. E poi di solito quando faceva così finiva che facevamo l’amore.
   Tra la sua roba sparpagliata in giro c’erano anche i suoi sex toys: butt-plug, vibratori, masturbatori e dildo di ogni colore e dimensione. Una volta gliene avevo regalato uno io di sex toys, era un butt plug con una coda nera. Non so se ne avete mai visti, ma ci sono dei butt plug che hanno una coda attaccata all’estremità. Si infila il giocattolo nel buco del culo e quindi poi sembra che chi lo indossa abbia una coda. E io gliene avevo comprato uno con una coda nera tipo quella di una pantera, perché appunto lei impazziva quando le dicevo che assomigliava a quel felino gigante. Quel butt plug caudato le piaceva così tanto che lo indossava molto spesso quando facevamo l’amore. Ovviamente poi ad un certo punto lo toglieva per fare spazio a me.

Rocco.

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