sabato 28 aprile 2018

L'addestramento di

Godzilla.

(in foto: Alexa Tomas, Mi Amor, NubileFilms.com)


   Indubbiamente Godzilla aveva un problema a controllare la sua voglia di sesso. Era una mina vagante, pronta a tutto, a qualsiasi tipo di esperienza. E Beatrice era come se si fosse messa in testa di addestrarlo a controllare questi suoi irrefrenabili impulsi. Non so se lo faceva per una specie di sfida personale, per dimostrare a se stessa che era capace di questo ed altro, o semplicemente perché provava per lui una certa simpatia, e per questo motivo stava cercando di aiutarlo. Certo era che con quel vestito da sera che indossava era molto difficile tenere a freno i propri istinti primordiali. Era una gnocca colossale con il corpo in bella mostra che quell’abito così corto e indecente riusciva a nascondere a stento.
   Eravamo arrivati al ristorante e avevamo cominciato a cenare; in sala ci guardavano tutti, perché obiettivamente Beatrice era vestita come una puttana, e di conseguenza io e Godzilla potevamo essere dei clienti che dopo avrebbero passato con lei tutta la notte, in un osceno triangolo amoroso. Ma lei era abituata a quel genere di cose. Era pur sempre una transgender, per cui le persone la guardavano o con morboso desiderio o con disprezzo. Perché per la società lei non era né carne né pesce. Lei era appunto una creatura dal sesso indefinito. E quando c’è qualcosa di indefinito la gente ha paura e quindi alza la guardia. Per me invece Beatrice era semplicemente la mia fidanzata, e io mi sentivo l’uomo più fortunato del mondo, e in fin dei conti mi importava poco di quello che pensava la gente. Tanto tutto ciò che pensa la gente è sbagliato.
   Ma ritorniamo alla cena, e a Godzilla, il quale ormai si era decisamente calmato. Non so come, ma Beatrice era riuscita a placare l’animale feroce che era dentro di lui. Quasi come se gli avesse messo il guinzaglio e gli avesse detto di stare buono. E quindi adesso riusciva anche a parlare, non come prima quando eravamo in macchina, che rispondeva in modo svogliato. Adesso sembrava più sereno, e quindi capace di ragionare.
   “Parlami di tua moglie” gli disse lei ad un certo punto mettendogli una mano sulla sua in modo amorevole.
   “Perché?” domandò lui.
   “Perché se vieni allo strip bar per fare l’amore con me vuol dire che con lei c’è qualcosa che non funziona”.
   Godzilla fece di no con la testa. Ma non disse altro. Non ne voleva parlare. Si limitò soltanto a fare quel no con la testa. E aveva ragione. Nel senso che non è che c’era qualcosa che non funzionava con sua moglie, piuttosto c’era qualcosa che non funzionava con lui. Era lui il problema, che non riusciva a controllarsi. E questo lo avevamo capito sia io che Beatrice. Ma dal momento che lui non aveva voglia di parlarne allora la discussione ebbe vita breve.
   “Vedo che non ne vuoi parlare” gli disse la mia fidanzata, “ma lascia che ti dica soltanto una cosa, e cioè che io non ti giudico. Di quello che fai con tua moglie non me ne importa niente. La cosa a cui tengo di più è che tu riesca ad avere una vita sessuale serena”.
   Dopo cena Godzilla ci riaccompagnò a casa. Ma ad un certo punto dovette fermarsi lungo la strada, perché Beatrice aveva deciso di “premiarlo” per essere stato buono tutta la serata, e quindi di aver resistito tutto quel tempo. E quindi mentre stava guidando la mia fidanzata gli aveva tirato giù la lampo dei pantaloni e glielo aveva tirato fuori e aveva cominciato a fargli un colossale pompino. Così, dopo cinque minuti di bocca, Godzilla decise che era meglio accostare la macchina per passare dalla bocca al buco del culo. E allora uscimmo dalla macchina; eravamo praticamente in aperta campagna, per cui non poteva vederci nessuno. Ogni tanto passava un’auto con gli abbaglianti, ma noi eravamo messi dietro quindi non potevano vederci. Beatrice si era messa con le mani contro l’auto e si era piegata in avanti, con il culo ben aperto, il perizoma tirato giù all’altezza delle caviglie, e Godzilla la penetrava in modo furioso tenendola per i fianchi.
   Io non sapevo con esattezza cosa fare. La mia fidanzata continuava a guardarmi, aspettandosi da parte mia qualcosa. Rimanere lì a guardare non sembrava una cosa che poteva accettare. E allora mi avvicinai e sgattaiolai sotto le sue cosce, mettendomi a sedere con la schiena contro lo sportello della macchina e il viso rivolto verso il suo sesso. Iniziai a leccarle le palle, mentre Godzilla da dietro la inculava e io sentivo l’energia delle sue spinte contro il corpo della mia fidanzata, e quindi a causa dei contraccolpi i testicoli di Beatrice mi sbattevano sulla bocca. Poi ad un certo punto lei fece uscire l’enorme trave di Godzilla dal suo condotto anale e se la fece passare tra le cosce, facendomelo sbucare davanti alla bocca, e quindi iniziai a fargli un pompino e lui non pretestò, anzi sembrava piacergli. Ma solo per una manciata di minuti, perché poi lo rimise in culo alla mia fidanzata. Altre feroci stantuffate fino a quando prese Beatrice per un braccio e la fece girare e la fece mettere inginocchio, proprio accanto a me, piantandogli il suo enorme pezzo di carne sulla faccia, e lei lo prese in bocca fino a farlo sborrare copiosamente, e poi alla fine mi diede un bacio e la mia lingua entrò nella sua bocca piena di sborra. E lei a quel punto mi fece un sorriso di complicità; era divertita dal nostro gioco di squadra, che aveva indubbiamente rafforzato il nostro rapporto.
   Ma adesso che lui aveva eiaculato il gioco era finito, e infatti ci disse di ritornare in macchina perché era ora di ritornare a casa. E lungo il tragitto non ci fu verso di farlo parlare. Dopo aver fatto l’amore Godzilla si chiuse nel suo solito silenzio, e ci restò fino a quando non arrivammo a casa di Beatrice. A quel punto ci fece scendere dalla vettura e diede dei soldi alla mia fidanzata, e lei li prese senza esitare, ma io le dissi di ridarglieli perché non aveva senso. Perché prendere quel denaro?
   “Perché ce l’ha offerto lui” mi rispose. “Io non gli ho chiesto niente”.
   “Sì ma noi non ne abbiamo bisogno” le dissi sottovoce. “Non siamo mica mercenari?”.
   Allora a quel punto Beatrice si guardò le banconote che aveva in mano e dopo aver riflettuto per qualche istante le ridiede al suo legittimo proprietario, passandoglieli attraverso il finestrino abbassato.
   “Riprendili” disse a Godzilla. “Non ne abbiamo bisogno. Se stasera abbiamo fatto l’amore con te è perché ci andava di farlo, e non per battere cassa. Non siamo mercenari”.
   Beatrice era veramente speciale, e io ero l’uomo più fortunato del mondo, perché ero il suo fidanzato.

Rocco.

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