giovedì 26 aprile 2018

Goditi l'attesa...

...e dopo sarà ancora più bello.


   Voi forse non ci crederete, ma la mia fidanzata aveva dei dildo grossi quasi un metro. Io non ci potevo credere che riuscisse ad infilarseli su per il culo, e infatti una volta glielo dissi. E allora lei mi rispose che invece sì, ce la faceva. E allora me ne diede la prova. Ne prese uno e se lo fece scivolare nel condotto anale in tutta la sua interezza. Io non potetti credere ai miei occhi; era riuscita a farsi entrare in culo quella montagna di silicone, senza neppure troppe difficoltà. Beatrice aveva certamente il culo molto allenato, ma non avevo mai visto una cosa del genere. La mia fidanzata era una vera e propria acrobata del sesso anale. Non c’era nulla che non riuscisse a infilarsi dentro. Aveva il culo così sfondato che per lei infilarsi quel dildo di un metro dentro era una passeggiata. E infatti la pratica di infilarsi di tutto nell’orifizio anale era uno dei suoi numeri che faceva quando si esibiva allo strip bar. Una volta si era infilata ben sei arance nel culo, e poi le aveva risputate fuori sul suo pubblico, il quale rimaneva sempre estasiato di fronte a questo tipo di performance. Beatrice non aveva limiti. Si infilava dentro tutto ciò che voleva, con una disinvoltura impressionante.
   Ma ritorniamo alla cena con Godzilla, il cliente dello strip bar che spesso Beatrice portava nel privè per farci l’amore. A breve sarebbe passato a prenderci con la sua auto, e poi saremmo andati a mangiare. La mia fidanzata era in bagno che stava finendo di truccarsi, e io stavo curiosando tra le sue cose e incappai in alcune fotografie che erano attaccate con delle calamite al frigorifero della cucina. Erano foto che ritraevano lei in svariate occasioni, per esempio insieme alle sue amiche (la maggior parte delle quali  erano transgender come lei). Poi c’era anche una fotografia che ritraeva noi due, e ricordo anche quando era stata scattata; avevamo appena finito di fare l’amore, e lei aveva voluto scattare quella fotografia di noi due nudi stretti in un tenero abbraccio. E poco più sotto di questa immagine c’era la fotografia di un giovane bello come il sole, con uno sguardo penetrante e seducente da felino. Era al mare, in costume da bagno a slip, e aveva un fisico atletico e la pelle liscia come la seta. Era la mia Beatrice prima di diventare donna. Dai suoi occhi si evinceva una cospicua dose di insicurezza e un grande conflitto interiore che probabilmente stava affrontando in quel periodo, poco prima di diventare la Beatrice che ho conosciuto io.
   Intanto lei aveva finito di truccarsi ed era uscita dal bagno, e venne verso di me che intanto ero rimasto in cucina a contemplare quella fotografia. La vidi arrivare con quel vestito da sera molto provocante, e sui suoi tacchi a spillo che donavano ai suoi movimenti un’eleganza e una sensualità che avrebbe fatto invidia a qualsiasi ragazza.
   “Questa foto è bellissima” le dissi indicandogliela. “Sai, avrei sempre voluto chiederti qual’era il tuo nome prima di diventare Beatrice” era una cosa che non le avevo mai chiesto fino a quel momento, forse perché avevo paura di sentirmi dire che non aveva voglia di dirmelo.
   “Che importanza ha?” mi chiese. “Ormai quel ragazzo della fotografia non esiste più”.
   “Beh, questo non è vero. Quel ragazzo sei tu. Hai cambiato aspetto e forma, ma sei sempre tu”.
   “Perché ti interessa così tanto? L’importante è che adesso c’è la tua Beatrice”.
   Praticamente non voleva dirmelo, e allora lasciai perdere. Perché insistere se non era ancora pronta per parlarmi del suo passato? Forse un giorno l’avrebbe fatto, e io potevo aspettare. Per il momento avevamo un appuntamento con Godzilla, il quale passò a prenderci in macchina e poi ci portò a cena in un ristorante che conosceva lui, in aperta campagna e quindi lontano da occhi indiscreti. Lungo il tragitto Godzilla era già arrapato come un toro. Era l’effetto che gli faceva la mia Beatrice. Vederla scatenava in lui voglie porchissime incontrollabili, e a quel punto si trasformava, da uomo comune quale era diventava una specie di predatore sessuale senza scrupoli, che poi si placava soltanto dopo aver sborrato. E quindi durante il tragitto ad un certo punto, proprio mentre stava guidando, si tirò giù la lampo dei pantaloni e fece uscire fuori il suo enorme cazzo. Io ero seduto dietro, ma riuscii comunque a vederlo, e allora capii perché la mia Beatrice lo aveva ribattezzato Godzilla. Poi mise una mano dietro la nuca della mia fidanzata, che era seduta accanto a lui, e cercò di farla abbassare sulla sua erezione per mettergliela in bocca, ma lei si divincolò.
   “Aspetta tesoro” protestò. “Che fretta hai? Abbiamo tutta la notte”.
   “Non vedi quanto sono arrapato? Dai, ti prego. Fammi venire con la bocca, come sai fare tu. Non posso aspettare”.
   “Amore prova a rilassarti” rispose Beatrice. “Goditi l’attesa, e vedrai che dopo sarà ancora più bello”.
   Ma Godzilla era già al settimo cielo, e aspettare sarebbe stato un vero tormento. Ma la mia Beatrice era stata molto convincente, così lui sbuffò e rimise il cazzo duro dentro i pantaloni e tirò su la lampo. D’altronde lui non lo capiva perché era troppo arrapato, ma venire subito equivaleva a rovinare la serata. E invece la mia fidanzata lo sapeva bene, e quindi aveva deciso di temporeggiare.
   “Hai sempre così tanta fretta di venire” gli disse. “Facciamo l’amore e poi scappi via come un ladro. Stasera invece ho voglia di conoscerti meglio. Ho portato anche il mio fidanzato perché gli parlo spesso di te, e quindi volevo presentartelo”.
   “Secondo me lo hai portato perché gli piace guardare” rispose lui con un tono davvero poco amichevole, quasi come se la mia presenza in qualche modo lo mettesse di cattivo umore.
   “In realtà l’ho portato con me perché siamo molto innamorati” continuò lei. “E ci piace condividere le cose”.
   Godzilla era di umore nero, perché era arrapato da far schifo e la mia fidanzata al momento non voleva saperne di accontentarlo. Lei cercò di farlo parlare, di fargli raccontare qualcosa della sua vita, ma lui rispondeva in modo svogliato. Era evidente che non aveva voglia di parlare, ma soltanto di chiavarsi Beatrice. Ma se lei si fosse lasciata montare subito probabilmente la serata si sarebbe conclusa lì.
   “Tesoro, io non sono solo un buco da riempire” gli disse la mia fidanzata accarezzandogli delicatamente il viso. “Forse tu non te ne sei accorto, ma oltre al condotto anale ho anche dei sentimenti”.
   “Lo so, lo so” rispose Godzilla con un filo di voce. Era talmente eccitato che le parole gli uscivano a stento.
   “E allora visto che lo sai perché continui a trattarmi come una puttana?” il tono di voce di Beatrice non era affatto polemico, anche se poteva sembrarlo, ma al contrario era un modo di parlare molto affettuoso, molto dolce. Era come se stesse cercando di farlo ragionare e di tranquillizzare l’animale assetato di sesso che albergava in lui. In verità in ognuno di noi c’è un’animale assetato di sesso, ma il suo era così feroce e prepotente che gli annebbiava la mente. E in quel momento la mia fidanzata stava cercando il modo di addomesticarlo. Ed ero quasi certo che ci sarebbe riuscita.

Rocco. 
   

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