sabato 15 dicembre 2018

Pisellino's Revenge.

Piccoli pisellini crescono.

(in foto: Cadence Lux, Sharing My Husband, NewSensations.com)


[postato da Moana]

   Il giorno dopo la cena a casa di Romualdo ritornai al negozio. Cercai di non pensare a quello che avevo visto la notte precedente, e cioè il sex-tape di mia cognata. D’altronde non era una faccenda che mi riguardava. Sinceramente non ci volevo entrare in quella storia, perché non mi sembrava una cosa molto pulita.
   In ogni modo alle dieci del mattino venne a trovarmi mio padre (non il mio papà biologico, ma quello da cui ero stata cresciuta, papà Stefano). Era passato a salutarmi prima di andare a lavoro e questo mi faceva molto piacere. Adoravo i miei due papà, per cui ogni volta che mi venivano a trovare in negozio per me era una vera festa.
   Andai a prendere un caffè insieme a lui, e lungo il tragitto mi fece notare che tutti si giravano a guardarmi, perché quel giorno, mi disse, ero più bella del solito. Ero bella, mi disse, come una diva del porno. Le lusinghe del mio papà mi facevano sempre perdere la testa; ogni volta che mi diceva che ero bella come una diva del porno io mi sentivo al settimo cielo. Me lo diceva spesso, forse proprio perché sapeva che mi faceva piacere sentirmelo dire, e poi anche perché lo pensava veramente.
   In effetti devo dire che quel giorno ero più porca del solito, forse grazie al fatto che indossavo dei leggings di pelle che mettevano in risalto le forme del mio culo (che ho sempre considerato il mio pezzo forte). Erano così aderenti che si vedeva la forma del perizoma che avevo sotto. Quindi è naturale che gli uomini si giravano a guardarmi.
   “Con un culo così gli uomini li mandi al manicomio” mi disse.
   “Grazie papino!” esultai abbracciandolo. Per questo lo adoravo, perché mi faceva sentire speciale. Si vedeva chiaramente che era innamorato di me. Non fraintendetemi, era innamorato come un padre, non come uno che voleva montarmi.
   Durante il caffè mi raccontò che quella mattina aveva ricevuto una richiesta di amicizia davvero inaspettata su facebook. Io odiavo facebook, semplicemente perché le persone lo utilizzavano a sproposito, come del resto tutti gli altri social network. Li utilizzavano come strumenti con cui appagare il proprio esibizionismo; perché alla fine siamo tutti un po' esibizionisti. E poi c’erano quelli che lo utilizzavano per sfogare la propria rabbia e le proprie frustrazioni, buttando merda sugli altri. Insomma, era un mondo malato che io disdegnavo profondamente.
   “Dovresti smetterla di utilizzare facebook” gli dissi.
   “Lo so come la pensi a tal proposito, ma lascia che ti dica chi è che mi ha contattato. Ti ricordi quando tu e Rocco eravate bambini, e io e vostra madre vi abbiamo portati al campeggio naturista per due anni di seguito?”.
   “Sì, certo che lo ricordo”.
   “Ebbene, mi ha contattato uno dei tuoi amichetti con cui eri solita intrattenerti”.
   “Chi?”.
   “Quello che tu chiamavi Pisellino”.
   Pisellino! Quanto tempo. E comunque non ero soltanto io a chiamarlo in quel modo, ma erano un po' tutti i ragazzi che c’erano al campeggio. Lo avevamo ribattezzato in quel modo perché aveva un pene più piccolo della media, e quindi tutti quanti lo sfottevano in quel modo: pisellino. Cioè, a dirla tutta il suo pene era normale, è soltanto che si sa come sono i ragazzini; quando prendono di mira il più debole del branco poi ci si accaniscono fino a ridicolizzarlo del tutto. È bullismo, lo so. E io devo riconoscere che da bambina mi comportavo un po' da bulletta. Non vado molto fiera di questo, però è così. Anche io mi divertivo a prendere in giro Pisellino, ridendo di lui insieme agli altri.
   A distanza di tanti anni sentivo di aver fatto la cosa sbagliata, eppure quando si è piccoli a queste cose non si pensa.
   “Accidenti, Pisellino! Quanti ricordi” dissi.
   “Povero ragazzo” rispose mio padre. “Era lo zimbello di tutti”.
   “E che ci vuoi fare? I bambini sanno essere davvero crudeli. Mi farebbe molto piacere rivederlo, anche se mi sembra assai improbabile, dal momento che abita a Milano”.
   “Beh, se vuoi quando lo becco su facebook gli do il tuo numero, così magari potete sentirvi”.
   “Sì, è una buona idea”.
   Pensavo che la cosa sarebbe morta lì, perché in fin dei conti per quale motivo Pisellino avrebbe dovuto chiamarmi? Cosa potevamo mai dirci a distanza di tutti quegli anni? E che interesse poteva avere a contattarmi, dal momento che ero stata tra le fila dei suoi aguzzini, che lo avevano ribattezzato spietatamente in quel modo?
   E invece dovetti ricredermi; il giorno dopo mi chiamò e restammo a telefono per circa mezz’ora, a raccontarci le nostre rispettive vite, e a ricordare di quelle estati trascorse al campeggio naturista. Gli dissi che mi dispiaceva per avergli appioppato quel nomignolo, ma lui mi rispose di non preoccuparmi, perché era acqua passata.
   “Sai, pensavo di venire lì da te per qualche giorno. Ho sempre desiderato vedere il vostro palazzo reale, e siccome ho delle ferie accumulate ho deciso di sfruttarle in questo modo”.
   Pisellino si riferiva al palazzo reale che c’era nel nostro comune, una struttura di rilevanza storica che ci rendeva famosi in tutto il mondo.
   “Dai, sono davvero contenta se vieni. Muoio dalla voglia di vedere come sei diventato. L’ultima volta che ci siamo visti eravamo dei bambini, e probabilmente adesso farò perfino fatica a riconoscerti”.
   “Ok, allora è deciso. Parto domani”.
   Non so per quale motivo, ma avevo come l’impressione che la sua visita avrebbe cambiato qualcosa. E inoltre sentivo di non doverlo dire a Berni. Ma per quale motivo? Che c’era di sconveniente ad incontrare un vecchio amico? Eppure sapevo che stavo per fare qualcosa di scorretto. Era una sensazione.
  

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