martedì 11 dicembre 2018

L'affaire

Vacca.

(nella gif animata: Chanel Santini)


[postato da Moana]

   Mentre mio fratello e Beatrice erano in viaggio di nozze, qui da noi scoppiava lo scandalo in cui era coinvolta proprio lei, la mia cognata transgender. A quanto pare c’erano delle fotografie che la ritraevano ai bordi di una statale mentre faceva un pompino a un calciatore della serie a. E non era tutto; si diceva anche che c’era un sex-tape in cui si faceva ingroppare da un personaggio della tivù.
   Fu mia madre a dirmi queste cose. Era una giornata apparentemente tranquilla, mi ero appena svegliata e mi ero affacciata al balcone di casa per vedere che tempo faceva. Era una cosa che facevo tutti i giorni; appena sveglia uscivo fuori al terrazzo e guardavo il cielo, con gli occhi ancora stanchi e intorpiditi dal sonno, certe volte mezza nuda, tanto come ben sapete il fatto di lasciarmi guardare dai miei vicini come mamma mi aveva fatta non era mai stato un problema. Il mio corpo è questo e non ho mai avuto alcuno scrupolo a mostrarlo.
   Ebbene, quella mattina venne a trovarmi mia madre, che dopo aver spupazzato mia figlia per tre quarti d’ora mi disse che doveva farmi vedere una cosa. E allora tirò fuori dalla borsa una rivista di gossip fresca fresca di stampa. L’aveva appena comprata, nemmeno l’aveva letta tutta, però alcune fotografie avevano catturato la sua attenzione. Erano appunto le immagini che ritraevano Beatrice che faceva un pompino a quel calciatore. Le foto non erano molto chiare, perché c’era una scarsa illuminazione, però si vedeva chiaramente che era lei, perché si vedeva il suo braccio e quindi la scritta che si era fatta tatuare. Era il suo nome: Beatrice La Vacca. Era inequivocabile, era lei.
   “E allora, mamma? Cosa ci posso fare io? È colpa mia se la moglie di tuo figlio è una grandissima zoccola?”.
   “No, certo che no. Soltanto che volevo sapere se tu avevi ulteriori informazioni su questa faccenda. Insomma, Berni è il tuo fidanzato, e Beatrice fa parte della sua agenzia, per cui...”.
   “Mi dispiace, non ne so nulla. E comunque delle porcate che fa la moglie di mio fratello non me ne frega niente”.
   Ma mia madre continuò raccontandomi anche la storia del sex-tape. Moriva dalla voglia di sapere se esisteva davvero, e chi ne era in possesso, e quando lo avrebbero tirato fuori. Tutte domande a cui io non sapevo rispondere. Però conoscendo Romualdo, il proprietario dell’agenzia in cui lavorava Berni, ero quasi certa che il video ce l’aveva lui, e che aveva pianificato tutta quella storia per guadagnare un po' di popolarità per se e per le dive che rappresentava.
   Romualdo era un pazzo scatenato; pur di guadagnare visibilità avrebbe fatto qualsiasi cosa. Non aveva alcuno scrupolo. Si sarebbe pure venduto la madre per un istante di popolarità.
   Comunque non avevo tempo da dedicare a questa storia, perché dovevo andare al negozio e fare l’ordine ai fornitori, perché in magazzino c’era carenza di molti prodotti. E una volta raggiunto il centro commerciale trovai una situazione di lassismo totale, l’anarchia assoluta, c’era chi parlava al telefono e chi ciarlava senza prestare la ben che minima attenzione ai clienti, e allora iniziai a sbraitare che la pausa caffè era finita, e allora sentii una delle mie commesse che bofonchiava qualcosa contro di me: “la cagna è arrivata, è finita la pacchia”. La cagna ero io. Mi chiamavano così, ma lo capivo benissimo, perché da quando “mamma Sabri”, come la chiamavano loro, aveva lasciato a me la gestione del negozio, le regole erano notevolmente cambiate. Mia madre gli aveva sempre permesso di fare quello che volevano, invece adesso era tutto diverso. Io non ero “mamma Sabri”, io ero “la cagna”.
   Nel pomeriggio Berni venne a farmi visita. Avrei voluto chiedergli se sapeva qualcosa dell’affaire Beatrice, ma poi non lo feci perché pensai: “ma che me ne frega?”. Mi disse che quella sera eravamo stati invitati a cena a casa di Romualdo. Io non ne avevo tanta voglia, però in fin dei conti il mio rifiuto sarebbe stato un gesto piuttosto scortese. D’altronde Romualdo era pur sempre il capo di Berni.
   La casa di Romualdo era un attico con una vista sorprendente. L’arredamento era pacchiano e quasi sicuramente gli era costato un occhio. In quell’occasione ebbi modo di conoscere sua moglie, che si chiamava Linda ed era un’ex pornostar polacca, un’appariscente bionda che nonostante gli anni continuava ad essere notevolmente attraente. E poi conobbi anche la figlia, bionda anche lei, ma rotonda, e non per questo meno attraente della madre. Aveva delle forme spettacolari, delle tette che non finivano più, e un culo burroso da prendere a sculacciate per tutto il tempo di una monta. Si chiamava Barbie, che era il diminutivo di Barbara, però sia il padre che la madre la chiamavano Barbie, forse perché era bella come una bambolina, anche se notevolmente più in carne rispetto al giocattolo della Mattel.
   Ad un certo punto, durante la cena, uscì fuori la storia dello scandalo in cui era coinvolta la moglie di mio fratello. Romualdo ne parlava con un certo orgoglio, diceva che tutta quella faccenda aveva suscitato molto interesse. Lo diceva come se fosse tutto merito suo, e quindi iniziai a pensare che era stato tutto pianificato a tavolino. E anche il sex-tape che tutti cercavano, quello in cui si vedeva Beatrice che faceva l’amore con un personaggio televisivo, anche quello era per lui un motivo di notevole vanto. E a quel punto non potevo fare finta di niente, e intervenni nella discussione, dopo aver fatto scena muta per tutto il tempo.
   “Quindi esiste davvero il sex-tape?” chiesi.
   “Certo che esiste” mi rispose lui.
   “E chi ce l’ha?”.
   “Io” disse con un certo orgoglio.
   “Voglio vederlo. Credo di averne tutto il diritto, dal momento che si tratta della moglie di mio fratello”.

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