giovedì 19 ottobre 2017

Le mie radici. 

(in foto: Jenny, JennisSecrets.com, Riko)


   Il giorno dopo ce ne ritornammo a casa. Quando rientrai a lavoro andai a salutare Ivano al suo negozio, e ad appurarmi che lo spettacolo fosse stato di suo gradimento. Quando mi vide mi disse che eravamo stati eccezionali. Vedendoci fare l’amore si era fatto una sega colossale, e io ero molto contenta di aver appagato il suo desiderio di vedermi “in azione”.
   Intanto al negozio continuavano le nostre ricerche di un addetto alla sicurezza, e alla fine riuscimmo a trovarne uno che faceva al caso nostro, anzi forse dovrei dire “una”. Si chiamava Mariolina, ma nonostante il nome che potrebbe essere associato ad una ragazza minuta, lei era una montagna di muscoli. Aveva venticinque anni ed era un istruttrice di bodybuilding. Non appena la vidi mi venne un groppo alla gola; con un armadio di quelle dimensioni in negozio non avremo avuto più nessun problema.
   Ma vi parlerò di Mariolina in un altro momento, forse. Perché il problema che mi trovai a risolvere in quei giorni non riguardava la sicurezza del negozio, piuttosto riguardava una questione assai più complessa, ovvero le mie radici.
   Le mie radici sono un mezzo mistero. E comunque non mi ero mai interrogata a tale riguardo. Avevo sempre dato per scontato che le mie radici fossero lì, di fronte a tutti, alla luce del sole, figlia di Sabrina e Stefano, sangue della terra in cui ero nata. E invece da quando avevo scoperto di essere stata concepita con il seme di un altro uomo che non era mio padre, e quindi parlo del seme del mio papà biologico Giuliano, la questione delle radici si complicava.
   Che storia aveva a questo punto il mio sangue? Qual’era insomma la mia discendenza? L’albero genealogico a cui avevo creduto di appartenere era crollato. Se ero davvero arrivata a pormi queste domande è perché era accaduto qualcosa che in qualche modo mi aveva costretta a interrogarmi su queste questioni a cui probabilmente non avrei dedicato nemmeno un minuto del mio tempo. Era successo infatti che Giuliano, il mio papà biologico, mi aveva telefonato e mi aveva chiesto di andare a cena da lui, perché doveva dirmi una cosa molto delicata.
   Ovviamente mi precipitai per sentire cosa doveva dirmi, e lo trovai molto scosso. Era accaduto qualcosa che lo aveva turbato profondamente; sua madre era morta. Sua madre, mi disse, era a conoscenza della mia esistenza, cioè Giuliano le aveva detto infatti che aveva avuto una figlia da una donna sposata con un altro uomo, e lei aveva sofferto molto per il fatto di non aver mai avuto la possibilità di conoscere la sua unica nipote. Perché chiaramente essendo Giuliano il mio vero papà, io ero a tutti gli effetti sua nipote. Ma non essendo mio padre anche in termini legali, io ero per lei una specie di nipote illegittima. Ma il desiderio di conoscermi l’aveva sempre tormentata.
   “Papà, ma perché me lo dici soltanto adesso? Non potevi dirmelo prima? Sarei stata molto contenta di conoscerla”.
   “Avevo paura che potessi dirmi che non eri interessata a farlo”.
   “Ma come ti è saltata in mente una cosa del genere?”.
   Giuliano mi disse che non serviva a nulla discutere su cosa era stato giusto e cosa non lo era stato, e in effetti non sbagliava, dal momento che ormai era troppo tardi. Mia nonna se n’era andata per un male bruttissimo. Mi raccontò piuttosto di lei, di cui io non sapevo nulla, nemmeno il nome. Mia nonna, perché obiettivamente lei era questo per me, si chiamava Eden, ed era austriaca. Capite dov’è il punto? Ecco perché avevo cominciato a pormi delle domande sulle mie radici, perché a questo punto ero in parte austriaca anche io, e questo metteva in discussione tutta la mia esistenza, ciò che ero e da dove provenivo. Il colore dei miei capelli, la lunghezza delle mie cosce, la tonalità della mia pelle, tutto ciò che aveva fatto impazzire centinaia di uomini era in parte di provenienza austriaca.
   Mia nonna, disse mio padre, era stata fin da giovane innamorata dell’Italia. All’età di diciotto anni aveva intrapreso un viaggio nel paese che da sempre portava nel cuore, visitando le più importanti città d’arte: Firenze, Roma, Napoli, fino ad arrivare all’assolta Siracusa. Mia nonna era bella come una diva del cinema hard; era alta, bionda, e con un corpo perfetto sotto ogni aspetto.
   “Era proprio come te, così bella che gli uomini non riuscivano a fare a meno di tenerle gli occhi addosso”.
   E fu proprio nell’assolata Siracusa che mia nonna conobbe quello che poi sarebbe diventato suo marito, ovvero il papà del mio papà biologico. A questo punto del racconto Giuliano mi consegnò una busta; era il testamento di mia nonna, in cui dichiarava la sua volontà di lasciare a me, sua unica nipote, la casa al mare che da sempre era stata la meta estiva della famiglia di mio padre. In Sicilia, per l’appunto. Ero davvero senza parole. Tutto potevo immaginare che mi potesse accadere, ma mai una cosa di quel genere. Ero così confusa che le uniche parole che mi vennero in mente furono:
   “Non posso accettare”.
   “Ma Moana, sono le ultime volontà di tua nonna”.
   Praticamente non potevo rifiutare. Ma dove avrei trovato il tempo di prendere un aereo e volare in Sicilia per prendere possesso della casa in questione?
   Ne parlai con Berni che sembrò più sorpreso di me, ma la prese subito a scherzare.
   “Mi sono scopata un’austriaca per tutto questo tempo senza neppure saperlo”.
   “Dai Berni, non scherzare. Piuttosto dovrei andare in Sicilia al più presto, ma da sola non me la sento”.
   “Purtroppo questa volta non posso aiutarti” mi rispose. “Lo sai quanto siamo impegnati con la stesura della sceneggiatura del nuovo film. Anzi, a questo proposito cosa hai deciso? Vuoi partecipare alle riprese nel ruolo della protagonista?”.
   “Ma Berni, con tutti i pensieri che c’ho non mi sembra proprio il caso di farmi montare i buchi davanti ad una telecamera”.
   “Ok ok, ma se ci ripensi sappi che la proposta è sempre valida”.
   Quindi non potevo fare affidamento sul mio Berni. Dovevo risolvere quella faccenda da sola. Però poi pensai che in fin dei conti qualcuno che poteva darmi una mano c’era, ovvero mia cugina Marica, che era cugina per modo di dire. Io dicevo a tutti che era mia cugina, ma in verità era soltanto la figlia di alcuni amici stretti dei miei genitori. E Marica e i suoi genitori vivevano per l’appunto in Sicilia, quindi chi meglio di lei poteva darmi una mano a risolvere quell’affare.
   Vi parlai di Marica in un post dell’agosto del 2015, e quindi vi raccontai del forte legame che ci univa. Avevamo trascorso molte estati insieme, perché spesso io e la mia famiglia eravamo ospiti dei suoi genitori, quindi tra me e lei si era instaurato un rapporto davvero speciale.

Moana.

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