giovedì 20 settembre 2018

L'odore

del sesso. 

(in foto: Rayveness, AuntJudys.com)


[postato da Rocco]

   Il matrimonio con Bea era prossimo, ma nonostante questo non ero stato molto sincero con lei. Sapevo bene che Beatrice mi tradiva in continuazione. Lo faceva per lavoro, e lei era sempre stata molto onesta in questo senso. Mi diceva tutto senza nascondermi nulla. E io invece qualcosa gliela nascondevo. Un paio di anni fa scrissi un post in cui parlai della mia professoressa di inglese delle scuole superiori; una donna bellissima, autorevole, elegante e raffinata che era sempre stata l’idolo del sesso di noi maschietti della scuola. Ogni volta che passeggiava nei corridoi, con i tacchi a spillo e con il corpo avvolto nei suoi tubini scuri, per noi era una festa, era un fiorire di erezioni e di commenti osceni, e tutti si giravano a guardare, perché lei, si chiamava Arianna, era la quintessenza dell’erotismo. Aveva un corpo stupendo, snello e atletico, dei lunghi capelli neri e lisci che emanavano un profumo che si sentiva per tutto l’istituto. Quando lei arrivava te ne accorgevi dal suo odore. Era inconfondibile. Per me era l’odore del sesso. Se il sesso avesse avuto un odore, sarebbe stato certamente come quello della nostra insegnante di inglese.
   Però non bisognava scherzare con lei; lei era capace di fulminarci con uno sguardo al minimo segnale di irrequietezza. Certe volte mi dava l’impressione di una mistress, perché si faceva rispettare, e ci comandava a bacchetta. Però no, non era una mistress, perché era così soltanto in classe, poi nella vita privata era una donna dolcissima e affettuosa. Quando poi ritornava a scuola subiva una trasformazione, e diventava di nuovo mistress.
   Come vi dicevo in precedenza, qualche anno fa ho scritto un post in cui vi ho parlato di lei, perché dopo aver terminato la scuola la incontrai per strada mentre lei stava ritornando a casa, con un bustone di abiti che aveva appena ritirato dalla lavanderia. Rivederla mi fece lo stesso effetto che provavo a scuola, ero agitato e insofferente, perché il desiderio di possederla mi faceva stare male, perché dentro di me pensavo che una donna così la potevo avere soltanto nei sogni. D’altronde lei era sposata, e poi poteva essere mia madre, perché infatti aveva la stessa età di mia madre, ragion per cui godere col suo corpo sembrava un desiderio irrealizzabile. E poi pur volendo in sua presenza diventavo goffo e imbranato, proprio perché per me lei era il non plus ultra dell’erotismo, quindi pensare di avere un approccio di natura sessuale con lei era una cosa del tutto fuori discussione.
   Quando la rividi ormai aveva finito la scuola già da un paio di anni. Fu lei a chiamarmi; io ero sovrappensiero e non mi ero accorta di lei. Mi girai e la vidi, con il bustone di panni freschi di lavanderia. Mi chiese di me, di cosa stavo facendo, di quali progetti avevo per il mio futuro. E io le risposi in monosillabi, perché ero troppo teso a causa del suo incredibile corpo da pornomamma. Poi alla fine ci salutammo, e io mi accorsi che qualcosa era scivolato fuori dal suo bustone di panni. Era un perizoma, il suo, nero e con i bordi merlettati. Uno spettacolo divino, soprattutto perché era stato sul suo corpo, aveva protetto la sua calda vagina, il suo orifizio anale. E allora me lo portai a casa e lo usai per trarne piacere; lo avvolsi intorno alla mia erezione e sborrai copiosamente, e il mio seme impregnò il tessuto, quello stesso tessuto che era stato a contatto con le labbra della sua vagina.
   Qualche giorno dopo decisi di restituirglielo (ovviamente dopo averlo lavato accuratamente). Glielo portai a casa, perché sapevo dove abitava. Una volta ero stato a casa sua, perché non avevo capito una lezione e allora lei mi aveva dato il suo indirizzo e mi aveva offerto una lezione privata tra le mura del suo appartamento. Figuratevi, per me era un sogno, andare a casa sua per una lezione privata. Non potevo crederci.
   Ma in quell’occasione non successe nulla, perché lei era la mia insegnante e io il suo allievo, e lei si limitò a spiegarmi la lezione che non avevo capito, e io invece la fissai con desiderio per tutto il tempo, con quel tubino che metteva in risalto il suo corpo perfetto, quelle cosce accavallate, lisce come la seta e snelle come quelle di una modella.
   Quando invece, alcuni anni dopo, andai da lei per portarle il perizoma che si era perso per strada (e che io avevo utilizzato per sborrare), successe qualcosa. Si instaurò una specie di intesa. Io ormai non ero più un suo allievo. Quando mi vide alla porta di casa sua rimase piacevolmente sorpresa, e mi chiese il motivo della mia visita. E allora a quel punto le feci vedere il perizoma, e lei si mise le mani davanti alla bocca per nascondere il suo disagio.
   “Accidenti” disse, “questo sì che è imbarazzante”.
   “Non si preoccupi professoressa, sono cose che possono succedere”.
   A quel punto mi invitò a entrare in casa, e mi offrì un succo di frutta all’ananas. Mi fece sedere sul divano del soggiorno, e lei si mise accanto a me. Aveva un vestito color panna piuttosto corto che metteva in mostra le sue gambe lucenti, quasi come se fossero ricoperte di uno strato d’olio per la pelle, e invece non era così, le sue gambe avevano proprio quell’aspetto, e ti invitavano ad accarezzargliele e a godere del calore che emanavano. Arianna mi raccontò un po' di quello che stava facendo; aveva iniziato un corso di fotografia per passare il tempo, perché di tempo ne aveva tanto, perché il marito a casa non c’era mai. E fu a quel punto che iniziò a sfogarsi raccontandomi che ultimamente con suo marito non andava benissimo. Era sempre preso dal lavoro, per cui tempo da passare con lei non ne aveva.
   “Certe volte mi sento così sola...” mi disse, e si accarezzò una gamba, e io guardai la sua mano che la percorreva, dalla caviglia fino a sopra il ginocchio, e poi la guardai negli occhi, perché lei mi stava fissando senza dire nulla, e notai sul suo viso un’espressione di accesa passione. Ma non andammo oltre. Lei mi accompagnò alla porta e mi chiese di andarla a trovare spesso.
   Nei giorni successivi ci mandammo alcuni sms, dapprima innocenti, poi man mano sempre più ambigui. Ad un certo punto lei mi scrisse: “sai, oggi ho indossato il perizoma che mi ero persa e che tu mi hai riportato, e ho pensato a te”. Era evidente che cominciava ad esserci qualcosa di diverso da una semplice amicizia. E i nostri messaggi diventarono sempre più provocatori, fino a quando lei mi confessò che erano almeno due mesi che il marito non la toccava nemmeno con un dito, e che aveva proprio bisogno di un po' di calore umano. “Ti andrebbe di venire a farmi un po' di compagnia?”. Dopo quel messaggio andai subito da lei, e non mi diede nemmeno il tempo di entrare in casa, volle subito la mia bocca, lì nell’ingresso dell’appartamento. Poi si tirò su il vestitino che aveva addosso, sotto non aveva niente, e mi fece inginocchiare piantandomi davanti alla bocca la sua figa depilata alla moicana, e io tirai fuori la lingua e mi diedi da fare per soddisfarla.

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