giovedì 17 gennaio 2019

E alla fine

rimane solo mamma. 

(in foto: Chloe Vevrier, ScoreClassics.com)


 [postato da Sabri]

   Erri aveva deciso che era venuto il momento di crescere, e quindi di gettarsi in questa rocambolesca ma appassionante storia d’amore. Aveva fatto la cosa giusta, e in quanto zia ero fiera di lui. D’altronde era il motivo per cui mi era stato affidato da sua madre; il mio compito doveva essere quello di aiutarlo a crescere, e in un certo senso ci ero riuscita. Erri era diventato adulto ed era volato via, e adesso ero rimasta di nuovo sola, come quando Moana e Rocco avevano deciso di andare a stare per conto loro. È inevitabile, ad un certo punto i figli diventano adulti e se ne vanno. E io ero rimasta di nuovo sola; cioè, non proprio, con me c’era pur sempre il mio Lex, il grosso alano che mi teneva compagnia e che mi venerava come una dea. E poi la sera Stefano e Giuliano ritornavano dal lavoro, e mi prendevano, mi usavano per godere, e io mi davo a loro con gioia, lasciavo che facessero di me ciò che volevano, e spesso mi prendevano tutti e due insieme, uno davanti e uno dietro, oppure soltanto Giuliano, e Stefano si limitava a guardare. Ero ancora innamorata di entrambi, ero accecata dall’amore che provavo per loro, e li volevo tutti e due, e potevo averli. Insomma mi sentivo la donna più fortunata di questo mondo.
   Eppure quando poi al mattino se ne andavano a lavoro io rimanevo di nuovo sola, e mi sentivo un vuoto dentro. Spesso me ne andavo al centro commerciale a vedere se serviva una mano al negozio di intimo, e ci trovavo Moana che mi faceva capire che del mio aiuto non sapeva che farsene. Ero ancora nominalmente io la proprietaria dell’attività, ma lei non voleva che mettessi il naso negli affari. Ormai era lei a gestire le cose, e devo dire che se la cavava piuttosto bene.
   Un giorno decisi di andare a trovare Rocco, il quale aveva rilevato una struttura abbandonata sulla costa e ci aveva aperto un ristorante, in prossimità della spiaggia nudista conosciuta come L’Ultimo Scoglio. Portai anche Lex insieme a me, pensando che probabilmente gli avrebbe fatto molto piacere fare una passeggiata al mare. E una volta arrivati a destinazione balzò fuori dalla macchina e si mise subito ad esplorare quella piccola oasi paradisiaca.
   Non eravamo ancora in alta stagione, per cui in spiaggia non c’era nessuno, a parte qualche guardone che si aggirava nella speranza di trovare qualche coppietta appartata che faceva l’amore. La spiaggia dell’Ultimo Scoglio era infatti conosciuta soprattutto per quello; non era semplicemente una spiaggia nudista, era piuttosto un pezzo di costa dove tutto era lecito, e il sesso si manifestava in tutte le sue forme, senza alcuna limitazione o preconcetto.
   Andai verso il ristorante di Rocco e chiamai Lex con un fischio affinché mi venisse dietro, e lui mi seguì fedelmente. Entrammo dentro ma mio figlio non c’era, c’era soltanto una cameriera che stava sistemando la sala. Le chiesi dove potevo trovare Rocco e lei mi disse che era andato fuori, verso la spiaggia. E allora gli andai incontro, ma prima mi liberai dei vestiti e li lasciai in macchina, e con le tette e la patata al vento mi incamminai verso il mare. Era da tanto che non lo facevo. Era appena passato un inverno molto duro, per cui il fatto di potermi sbarazzare dei vestiti e stare nuda all’aria aperta per me era una vera liberazione. E poi c’era una calma e un silenzio che non sembravano neppure di questo mondo. Era come vivere un’esperienza mistica, direi quasi ultraterrena, con un vento soffice che mi accarezzava il corpo, ci faceva l’amore e lo penetrava, donandomi delle piacevoli sensazioni che erano molto simili al piacere che avevo quando ad accarezzarmi erano le mani di Stefano e Giuliano, gli uomini che amavo, gli uomini che mi rendevano felice.
   Iniziai a percorrere il bagnasciuga e Lex mi venne dietro, rotolandosi di tanto in tanto sulla sabbia, e poi rimettendosi su quattro zampe e scrollandosi di dosso la sabbia bagnata. Ad un certo punto vidi mio figlio; era nudo anche lui, ed era seduto in riva al mare e lo contemplava senza muovere un muscolo. Sembrava quasi assorto in un esercizio di meditazione. Poi si accorse di me e allora si alzò e mi venne incontro. Non potetti fare a meno di guardare il suo attrezzo del piacere, che sono sicura rendeva molto felice Beatrice, la sua bellissima moglie transgender. Devo dire con un certo orgoglio che mio figlio aveva sempre avuto un cazzo spettacolare, vigoroso, possente, che prometteva ore di intenso piacere anale e vaginale, e rigogliose cumshot da competizione. Quello era mio figlio, e avevo tutte le ragioni per vantarmene.
   Lo abbracciai e gli tempestai le guance di baci. Era da molto tempo che non lo vedevo. Il suo ristorante assorbiva la maggior parte del suo tempo, anche quello che avrebbe potuto dedicare a stare con la sua famiglia. Era già da qualche settimana che saltava il nostro abituale pranzo della domenica, quando per la mia gioia ci riunivamo tutti quanti allo stesso tavolo per trascorrere del tempo insieme, con Moana che sbroccava perché diceva che parlavo troppo, con Giuliano che non perdeva mai occasione per palparmi il sedere, e Stefano che discuteva con Berni di cinema e attualità. Un rito che si ripeteva ogni settimana e di cui io non ero mai stanca, ma che anzi aspettavo con ansia. Eppure era una tradizione a cui Rocco non partecipava da alcune settimane per improrogabili impegni legati alla sua nuova attività di ristoratore. E questa sua assenza mi causava un certo dispiacere.
   “Tesoro mio” gli dissi, “non hai più tempo per venire a trovare la tua vecchia mamma, vero?”.
   “Vecchia non direi, guardati” mi rispose. “Sei uno schianto. Hai un corpo che farebbe invidia a qualsiasi ragazza di vent’anni”.
   “Amore, dici così soltanto perché sono tua madre”.
   A quel punto gli presi la mano e ci incamminammo verso lo scoglio gigante che dava il nome alla spiaggia, l’ultimo, quello che delimitava la zona nudista.

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