sabato 12 gennaio 2019

Quando ti viene

l'abbiocco.


[postato da Erri]

   Quindi organizzai la cena con mio padre, il quale prenotò in un ristorante che conosceva lui, e quindi andai a casa di Chiara, poi da lì saremmo andati con la sua macchina. Chiara infatti aveva una macchina, e questo era un bene altrimenti saremmo dovuti andare a piedi dal momento che io come sapete non sono automunito.
   Chiara abitava in un monolocale al centro, un piccolo appartamento senza pretese, perché lei era terra terra, e non ero io a dirlo, lo diceva da sola ogni volta che iniziava a parlare delle sue origini. Per cui la casa che aveva gli andava più che bene, anzi, era addirittura fin troppo lussuosa, perché lei era cresciuta in una specie di stalla, o qualcosa del genere.
   Comunque quando arrivai a casa sua fui accolto dal suo fidanzato ultras, e per qualche istante temetti per la mia incolumità. Sapevo quanto poteva diventare irascibile, e io non ero mai stato molto bravo a difendermi. Anzi, a scuola ero lo zimbello di tutti. Una volta dei bulletti mi avevano portato in bagno e mi avevano infilato con la testa nel gabinetto. Per cui non avevo alcuna speranza contro il fidanzato ultras di Chiara.
   In realtà lui non abitava con lei, per questo motivo non avrei mai pensato di trovarlo lì al mio arrivo. E invece sì, era lì e il suo atteggiamento mi sorprese molto, perché fu molto cortese, però era una cortesia tutta di facciata, perché poi iniziò a sproloquiare sul fatto che Chiara era “sua”, e che guai a chi gliela toccava, quindi io dovevo stare attento a quello che facevo. E mentre mi diceva queste cose mi condusse verso il bagno, dove c’era lei che si stava facendo la doccia; e lui per dimostrarmi che lei era sua e che io potevo solo guardarla allora si spogliò e si infilò sotto la doccia con lei e iniziò a chiavarsela proprio davanti a me, nonostante la sua disapprovazione, perché non le andava di farlo di fronte a me.
   “Daje amò! Non davanti a lui!”.
   “Ma che, te vergogni?” rispose il capo ultras, che nel frattempo aveva afferrato Chiara per i fianchi e se la stava chiavando da dietro, e ogni tanto le dava dei gran sganassoni sul suo bel culone sodo. E io ero incantato davanti a quella performance. Cazzo se erano bravi, soprattutto lui, che in quel momento stava conducendo il gioco e lei si faceva fare quello che voleva. Era evidente che il fidanzato ultras stava marcando il territorio.
   Dopo averle sborrato dentro se ne andò via. C’era una partita importante e lui non poteva assolutamente mancarci, nonostante fosse un pluridiffidato. E così rimasi solo con Chiara, la quale iniziò a prepararsi per la cena. Indossò degli hot pants di jeans che mettevano in risalto le sue lunghe cosce tornite. Era porchissima, però non sapevo se era il caso di farla venire alla cena in quel modo.
   “Perché?” mi chiese lei. “Cosa ho che non va?”.
   Obiettivamente niente. Era perfetta. Mio padre l’avrebbe trovata semplicemente irresistibile. Una stangona di due metri con due cosce che non finivano più. A pensarci bene era addirittura impensabile che potesse essere la mia fidanzata. Uno sfigato come me soltanto pagando poteva avere un lusso simile.
   Quando arrivammo al ristorante Chiara non passò di certo inosservata; era un locale di alto livello, per cui vestita in quel modo chi è che non l’avrebbe notata? E comunque mio padre, un uomo di mezza età distinto e con i capelli bianchi, rimase piacevolmente sorpreso, infatti lui come già ho avuto modo di dire era un malato di sesso peggio di me. E allora venne verso di noi e fece per prenderle la mano e baciargliela, ma lei non capì il gesto galante e gliela strinse come si fa tra amici, una stretta forte che subito mise in chiaro le cose, e cioè che lei era così come la vedevi.
   A tavola Chiara sembrava un pozzo senza fondo. Mangiava tutto ciò che gli veniva messo davanti, e poi alla fine prendeva il pane e ripuliva il piatto. Era inarrestabile, una macchina divoratrice. E nel frattempo raccontava a mio padre con un certo orgoglio delle sue origini contadine. E notai che ai tavoli accanto ci guardavano tutti, perché Chiara era, come si direbbe dalle sue parti, una caciarona, nel senso che faceva molto baccano, parlava a voce troppo alta, ma d’altronde lei lo sapeva e diceva che non poteva farci niente, perché lei era così. Era burina.
   Devo dire che la sceneggiata riuscì perfettamente, e mio padre ormai era convinto: avevo una fidanzata. Un po' sopra le righe, però ce l’avevo. Per cui potevo continuare a usufruire del suo conto in banca.
   Durante il ritorno a casa, mentre Chiara stava guidando, ci provai e le chiesi se (ovviamente pagando) potevo fare l’amore con lei. Ma era proprio fuori discussione. Non le faceva queste cose.
   “Mica sono come quella zozzona de Beatrice, che se porta i clienti a casa?”.
   “Ma io credevo che...”.
   “Senti tesò, vuoi scopà? Allora te accompagno da una che conosco io, che pe’ na piotta te da er servizio completo. E ‘na rumena co’ du zinne così” lasciò un attimo il volante e con le mani mi fece vedere le dimensioni del seno di questa sua amica.
   “No, non è questo, è soltanto che non mi va di ritornare a casa… da solo”.
   “Ah… ho capito che voi. Voi soltanto un po' de compagnia. E allora se voi puoi venì da me, però nun farte venì strane idee. Ce guardamo la televisione e poi quanno te vie’ l’abbiocco te ne rivai a casa tua”.
   Le dissi che per me andava bene. Magari sarei riuscito a convincerla. E magari mi avrebbe dato quel culo divino che c’aveva. Tanto il suo fidanzato ultras stava allo stadio, quindi non correvo alcun pericolo.
   

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