giovedì 31 gennaio 2019

Tutto pianificato.

Soprattutto la visita allo "zio" Franco.


[postato da Rocco]

   “Che ne dici se passiamo a salutare lo zio Franco?” mi chiese mia madre ad un certo punto. Era matematico che mi avrebbe chiesto di farlo. E l’idea che avesse pianificato tutto il viaggio proprio per quello scopo diventava sempre più reale. Che poi lei lo chiamava in quel modo, lo zio Franco, ma non lo era affatto. Lui in realtà non aveva alcun legame di sangue con la nostra famiglia, era soltanto un amico dei miei genitori, però era un amico così speciale che da sempre avevano fatto intendere a me e a mia sorella che lui fosse una specie di zio alla lontana. Ma non era niente di tutto questo, era semplicemente un amico. Anzi, direi piuttosto un amico di letto, dal momento che mia madre aveva avuto non pochi rapporti con lui.
   E quindi alla richiesta di mia madre io risposi che se era quello che voleva io non avevo nulla da obiettare. E così l’incontro, che certamente era già stato pianificato in precedenza a mia insaputa, avvenne in un’area di servizio sull’autostrada Catania – Gela. Lui era già lì ad attenderci, e quando mia madre lo vide gli saltò letteralmente addosso dalla felicità, avvinghiandosi al suo corpo ben piazzato con gambe e braccia, e lui la prese mettendole le mani sulle natiche per non farla cadere. Iniziai a pensare che il porchissimo vestito bianco “da rimorchio” che aveva indossato non era stato una scelta casuale. Lo aveva indossato per lui, perché già sapeva che avremmo incontrato Franco, però me lo aveva detto soltanto dopo essere giunti a Messina. Incontrarlo era stato fin dal principio uno dei suoi obiettivi di quel viaggio, ma ovviamente non me lo avrebbe mai confessato.
   Mia madre sembrava non volersi più staccare da lui, e lo iniziò a tempestare di baci sul collo e sulle labbra, e lui continuava a tenerla su facendo presa con le mani sul suo culo burroso. Lei forse non se ne era accorta ma il vestito le era salito fin sopra ai fianchi, quindi era mezza nuda. Aveva le natiche ben divaricate, divise dal sottile lembo di stoffa del perizoma che percorreva tutto l’incavo e che nascondeva a malapena il buco del culo, che in quella posizione era chiaramente visibile, contornato da una leggera peluria castana. Il buco che l’aveva resa celebre. Il buco della gloria.
   “Gioia della mia vita, quanto mi sei mancato!” esultò mia madre.
   “Anche tu mi sei mancata, bella maialona!” rispose lui spremendole le natiche energicamente.
   “Ahi! Mi fai male!” urlò lei divertita. “Ma possibile che pensi sempre a quello?”.
   A quel punto Franco la mise giù e si accorse di me, e allora venne a stringermi la mano in modo cerimonioso, e complimentandosi con me per le mie recenti nozze. Aveva visto le fotografie che mia madre aveva postato su facebook, e ci tenne a dirmi che avevo fatto davvero un’ottima scelta a sposare Beatrice, perché pur non conoscendola era evidente il fatto che sarebbe stata una moglie eccezionale e che mi avrebbe dato momenti di intenso piacere.
   Una volta esplicati i saluti di rito Franco ci disse che ci avrebbe portati a visitare dei posti che valeva davvero la pena vedere. E così lasciammo la nostra auto nell’area di servizio e ci avviammo con la sua. Poi saremmo ritornati a prenderla in un secondo momento. E durante il tragitto mia madre non fece che guardare Franco con gli occhi a forma di cuoricino; era seduta accanto a lui, e gli teneva una mano sul pacco, accarezzandoglielo con amore da sopra i jeans. Forse era convinta che io non potessi vederla, perché ero seduto dietro, ma invece l’avevo vista benissimo. Glielo stava toccando con desiderio. Era evidente che lo desiderava e che presto lo avrebbe ottenuto. Non sapevo dove o quando, ma presto la trave di Franco sarebbe entrata nel corpo di mia madre.
   Tra di loro c’era sempre stato un rapporto molto particolare. Quando mia madre era in sua presenza subiva una specie di trasformazione; ritornava ad essere Sabrina Bocca e Culo, e per tutto il tempo si dimenticava di essere una donna sposata. Franco inoltre era il tipo d’uomo che le faceva perdere la testa: ben piazzato e con la carnagione scura. Mia madre aveva sempre subito il fascino degli uomini scuri di pelle. Basti pensare al fatto che il suo sogno era incontrare il leggendario divo del porno Lex Steele e diventare la sua schiava del sesso, per cui questo la dice lunga sui suoi gusti in fatto di uomini.
   Ad un certo punto chiusi gli occhi; ero un po' stanco e avevo voglia di riposarmi. Ma non mi addormentai, semplicemente chiusi le palpebre. E allora sentii mia madre che sussurrava qualcosa a Franco: “si è addormentato. Che ne dici? Lo facciamo? Ne ho tanta voglia”.
   E lui: “volentieri. Dai, comincia”.
   A quel punto sentii la lampo dei jeans di Franco che si abbassava, e poi mia madre che esclamava a bassa voce: “uh la la! Guarda che trave!”.
   Aprii leggermente gli occhi per vedere cosa stava succedendo e vidi che mia madre si era abbassata sul suo cazzo e faceva su e giù con la testa. Gli stava facendo un pompino mentre lui guidava, proprio davanti a me, convinta del fatto che non mi sarei accorto di niente. Comunque glielo lasciai credere e richiusi gli occhi. Ma mia madre quando faceva un pompino era molto rumorosa; faceva schioppettare le labbra in modo osceno e poi non riusciva a trattenere alcuni mugolii di piacere. E inoltre quando il glande gli arrivava alla gola emetteva dei gorgoglii molto simili a quando si fanno i gargarismi.
   Ogni tanto riaprivo gli occhi e vedevo soltanto la sua chioma castana fare su e giù. Non riuscivo a vedere la sua bocca, ma non ci voleva tanto ad immaginare l’atto in cui era impegnata in quel momento. Soprattutto perché i rumori che ne scaturivano erano molto eloquenti.
   Dopo dieci minuti che andava avanti l’operazione sentii Franco ansimare in preda al piacere, e mia madre continuava a tenerlo in bocca mentre lui gliela riempiva con il suo sperma, che lei ingoiò senza esitazioni. Poi sentii di nuovo il suono della cerniera dei jeans e a quel punto capii che avevano finito e che potevo riaprire gli occhi. Mia madre si era ricomposta e mi sorrideva.
   “Ben svegliato, dormiglione!”.
   “Grazie. Ero un po' stanco”.
   

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