martedì 18 agosto 2015

Alle terme con Jay.


    C’era una volta un posto che era famoso agli antichi per l’otio. Delle terme che, raccontano, avevano accolto anche un giovane Ovidio stanco, e voglioso di nuove esperienze. Da qui il nome di Terme Ovidiane. Ma secondo me era una bufala montata su per dare un aspetto epico a quel luogo in cui saremo andate quel pomeriggio. Ebbene, Jay mi disse di stare in guardia. Mi disse che era un posto frequentato esclusivamente da ricchi viziosi, ed era una sorta di roccaforte per pochi eletti. Però era proprio dal vizio che dovevo tenermi in guardia, mi disse Jay. E io non capii. E lei mi disse che dovevo fidarmi di lei, perché c’era già stata in posti del genere, e sapeva che tipo di gente bazzicava lì dentro.
- Mi stai mettendo paura, Jay.
- No, tesoro – mi accarezzò la mano unta di mortadella. – Non devi aver paura. Ti dico soltanto di starmi vicina, per oggi. Sarò io a guidarti, capisci? Non devi aver paura, perché c’è un servizio di sorveglianza a prova di bomba. Però è meglio se mi stai vicina.
   Il servizio di sorveglianza, a quello che diceva Jay, era lì a controllare che non venissero commessi atti irrispettosi. Non sapevo per la precisione perchè ci stavo andando. A quello che mi diceva avremmo fatto un pacco di soldi. Ma io in verità non ne avevo bisogno. Di soldi ne avevo abbastanza, non sapevo che farmene di altri. Eppure fui spinta dalla curiosità. Non avevo mai visto un posto del genere. Cosa mi sarebbe accaduto?
- Non capisco. Ma se queste terme sono un posto per pochi eletti, perché mai dovrebbero far entrare noi?
- Perché c’è un accordo tra me e il proprietario, capisci? Ci conosciamo. Una volta siamo andati anche a letto insieme. Quindi fidati, è tutto a posto.
   Arrivammo alle Terme Ovidiane alle quattro del pomeriggio. L’orario di apertura era proprio quello. Il posto era blindatissimo. Si suonava il citofono e uno bzzzz ti diceva che la serratura era aperta e potevi entrare. Ti identificavano da una piccola videocamera messa all’esterno, e decidevano se era il caso di farti entrare. Permesso accordato. Potevamo entrare. E il primo scoglio era superato. La mia eccitazione era alle stelle, perchè sapevo che stavo facendo qualcosa di profondamente sbagliato, soprattutto nei confronti del mio Berni. E avevo il cuore a mille, soprattutto per la paura, per la mia incolumità. Cosa mi sarebbe accaduto oltre quelle mura?
   Eravamo dentro. C’era una musichetta strana in filodiffusione, new age, che faceva pensare subito ai canti delle epiche sirene. E allora le orecchie si ammaliarono da tale soave melodia, e mi sentii subito a mio agio, e mi feci avanti, nell’azzurro delle pareti, fino alla fine del corridoio, fino alla reception, dove c'erano due persone, un maschio e una femmina. Lui indossava un perizoma nero, ed era muscoloso. Cazzo, quanto era muscoloso. Ed era depilato, cazzo quanto era depilato. Un petto così liscio che ti andrebbe di baciarglielo per ore. Lei era una super-stangona in topless, bionda, occhi castani, sorrise e ci chiese i documenti.
- Non avete bisogno dei nostri documenti. Dì ad Elvin che è arrivata Jay – disse Jay con un tono piuttosto sgarbato.
- Un attimo – disse la super-stangona, che prese il telefono e chiamò a qualcuno, forse a Elvin, il proprietario di quel piccolo impero. Un rumeno arrivato in Italia con le peggiori intenzioni di fare denaro a quintalate. – Elvin, c’è qui una signorina che si chiama Jay. Benissimo – poi riattaccò il telefono e ci disse che potevamo accomodarci. Ci porse delle chiavi e ci sorrise ancora, meccanicamente oserei dire.
   Le chiavi, mi spiegò Jay, erano per gli armadietti, dove avremmo potuto mettere la nostra roba. Jay mi portò in uno spogliatoio e mi disse si spogliarmi.
- Cosa?
- Sì, spogliati. Questo non è il country club, ancora non lo hai capito?
   In pochi attimi eravamo nude. Entrammo in una sala piena di gente, e una piscina grandissima, azzurra, con delle coppie che si facevano delle effusioni in acqua, e altre che si accarezzavano sui divanetti del bar. Erano tutti nudi come noi. E quando entrammo in sala ci guardarono come se fossimo deglu ospiti sgraditi. Guardarono soprattutto Jay, perché Jay c’aveva il cazzo. Jay era irrimediabilmente irresistibile ed eccitante. E allora la guardarono, ma poi non successe niente, tutto ritornò alla normalità. Musica new age in filodiffusione, il canto delle sirene, i divanetti del bar, e il barista, vestito come un pinguino che ci sorrise e ci chiese cosa desideravamo.
- Per me un succo di ananas - dissi.
- Allora un succo di ananas per la mia amica e un bicchiere di vino per me, tesoro.
- Allora Jay, siamo dentro. E adesso cosa dobbiamo fare?
- Niente. Cerca di rilassarti.
- Tenteranno di abbordarci?
- Indubbiamente.
- E quando?
- Molto presto. Intanto rilassati, Moana – Jay mi guardò, poi abbassò lo sguardo sulla mia vagina. – Sei indecente con quel boschetto lì in mezzo.
- Dici? Oddio, così mi fai sentire in imbarazzo - Jay sorrise.
- Non lo dicevo in modo negativo. Scommetto che il tuo boschetto ci farà fruttare molti soldi, amore.
   E in effetti vidi che molti uomini mi guardavano con una certa insistenza. Le loro donne avevano le vagine ben depilate. Alcune ce l’avevano alla brasiliana, con quella sottile peluria sull’inguine, altre invece erano depilate del tutto. Ero l’unica ad avercela incolta. Mi ci misi una mano sopra perché mi sentivo diversa, ma Jay mi prese il polso e me la scoprì. Mi sussurrò di farla vedere, la mia gattina, altrimenti che eravamo venute a fare?
- Li vedi? – mi domandò. – Non sono altro che una massa di ricchi insoddisfatti, che vengono qui per alleggerire il peso della loro vita infelice. Si scambiano i propri partner come se niente fosse. Alcuni di loro, come del resto noi, si vendono al maggior offerente. Quanto pensi che valga la tua vagina?
- Mille euro?
- See, non esagerare! Chi ci sta a questi prezzi?
- Ma l’amministratore delegato allo strip bar me li avrebbe dati.
- Te lo vuoi mettere in testa che quello non t’avrebbe sganciato un euro? Quello è un perdente, è solo uno che si è invaghito di te. Questi fanno sul serio. I soldi ce li hanno per davvero.
- Quattrocento?
- Ecco, ora si incomincia a ragionare.
   Si avvicinò una coppia sulla quarantina. Marito e moglie, mano nella mano, sorridenti, lei era bella, con i capelli a caschetto castani. Lui era brutto, peloso e c’aveva un cazzetto minuscolo. Ordinammo dei cocktail e lei si mise di fianco a me, e lui invece si mise di fianco a Jay. Fecero gli indifferenti. Jay guardò il lui della coppia e gli fece delle faccine da cretina. La moglie sorrise, la situazione le piaceva, e allora mi guardò e mi sorrise. Sentii il suo respiro, il suo alito che sapeva di tabacco, sapeva di mamma, di donna matura.
- Come va? – mi domandò lei.
- Bene, benissimo.
- Che bella coppia che siete – mi disse.
   La donna mi disse un sacco di cose sul tempo, mi disse che ormai era arrivato il caldo, e che non se ne poteva più della stagione invernale, perché, ed era il suo parere, stare incappottati era opprimente. Ma finalmente, adesso, con l’arrivo della stagione estiva, via tutti i capi d’abbigliamento pesanti. Liberi, mi disse, finalmente siamo liberi. E intanto Jay aveva iniziato a flirtare col marito, e gli accarezzò con un dito il petto villoso, e gli fece dei sorrisi da gatta morta, e lui era felice, e si comportò da vero macho, e gli offrì un altro bicchiere di vino, e contrattarono. E intanto la donna mi riempì di parole, tanto che non riescii a starle appresso, riescii solo ad annuire e a starmene zitta.
- Hai mai pensato di fare del cinema, cara? – mi domandò. – Sei così bella – mi accarezzò il viso con la mano delicata. – Una come te farebbe tanti soldini. Ti ci vedresti insieme a Scamarcio, o a quell’altro bel giovanotto… come si chiama?
- Vaporidis?
- Sì, Vaporidis. Brava. Che bel ragazzo quello lì. Mi piace tanto tanto. Ti ci vedresti insieme a lui, in un film d’amore?
- Non lo so, non mi piace il cinema. In realtà è da un pezzo che non ci vado più.
- Comunque dico sul serio. Dovresti proprio farlo. Hai mai fatto un provino, o qualcosa del genere?
- No, mai.
- È un peccato, perché una bella ragazza come te – mi disse sfiorandomi il cepusglietto, - diventerebbe subito celebre.
- In realtà non è nei miei interessi diventare celebre.
   Suo marito si inserì nella nostra discussione e ci disse che sarebbe stato meglio trasferirci da qualche altra parte. Poco dopo eravamo all’esterno, nel giardino lussureggiante, pieno di piante colorate e gazebo in ferro battuto, statue romane di prestanti gladiatori e colonne di granito sfarzose. Eravamo ai bordi di una piccola piscina, e il lui della coppia stava eseguendo un massiccio pompino a Jay, che se ne stava sulla sponda a gambe aperte, e teneva la testa dell’uomo con una mano, e emetteva dei gemiti di piacere, mentre io facevo compagnia alla moglie, che mi baciava continuamente le guance e con le mani mi toccava dappertutto, e intanto continuava a parlare a raffica. Mi disse che ero bella e intanto mi pizzicava i capezzoli con le dita. Poi affondò due dita nella mia vagina, e mi fece male perché non ero abbastanza umida. Lei se ne accorse e allora smise di toccarmi.
   Guardai Jay che stava con gli occhi chiusi e la bocca spalancata. Fingeva di provare piacere, mi sorrise e mi strizzò l’occhio. Ma non lo potevo sapere, magari le piaceva per davvero. La conoscevo da così poco tempo, e mi accorsi che non sapevo un cavolo di lei. Lei invece sembrava sapere tutto di me.
   L’uomo disse a Jay che voleva incularla e allora Jay si mise a quattro zampe e aspettò che lui si mettesse il preservativo sul cazzetto e poi zac! Tutto dentro, nell’orifizio anale. E cominciò a pompare, e io e la donna ce ne restammo lì a guardare, e il personale delle terme ci venne a portare lo champagne. Non avevo mai bevuto lo champagne. L’uomo colpì le natiche di Jay con degli schiaffi decisi. Poi ad un certo punto disse che toccava a me. Ma io feci di no con la testa. Non me la sentivo. La moglie mi disse di farmi coraggio, e che mi sarebbe piaciuto tantissimo. Ma io fui categorica. Non glielo avrei dato il mio buco del culo. E allora continuò a incularsi Jay. Dopo dieci minuti sfilò il cazzo dal suo buco e tolse il preservativo e si masturbò fino a sborrarle sulle natiche. A quel punto sua moglie andò di corsa verso Jay a leccarle il sedere, raccogliendo con la lingua tutto il seme del marito.
   Finalmente era ora di tornare a casa. Prendemmo la nostra roba e chiamammo un taxi. Nel taxi Jay mi fece vedere i soldi. Erano quattrocento euro. E mi disse che ne avremmo potuti avere anche il doppio se avessi dato anche il mio di culo. Ma a quel punto le dissi di tenerseli quei soldi. Avere dei soldi in cambio di una prestazione sessuale in fin dei conti non era una cosa che mi interessava.
- Ma allora perchè sei venuta? - mi domandò.
- Jay, io sono una ragazza molto curiosa sessualmente. Ma sono anche una ragazza perseguitata dai rimorsi. Mentre ero lì dentro non facevo altro che pensare al mio Berni.
- Berni Berni Berni - Jay cominciò a prendermi in giro. - Che avrà di tanto particolare sto Berni?
- Niente, è solo l'uomo che amo.

Moana.

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