venerdì 28 agosto 2015

Rachid.


   Quando ritornammo dal mare era tardi; il tempo di cenare e poi ce ne andammo a letto. Mi svegliai alle nove del mattino, ero sola, mi ero addormentata in perizoma e reggiseno per il gran caldo. Mi alzai dal letto e andai verso la cucina, dove ero sicura di trovare Marica. E invece mi trovai di fronte ad un uomo dalla pelle scura, con un fisico da atleta, un volto un pò rude ma molto maschio. Era nudo e non potetti fare a meno di notare il suo grosso cazzo, che da moscio era grosso quanto il cazzo di Berni in erezione. Spalancai gli occhi e la bocca per la sorpresa di vedermi un toro di quella stazza davanti.
- Dio mio quanto è... grosso - dissi, ed ero incantata di fronte a tutto quel ben di dio, che non riuscivo a guardarlo in faccia. Facevo davvero fatica a togliere gli occhi da quell'enorme attrezzo. Non avevo mai visto una trave di quelle dimensioni, e solo all'idea di sentirmelo entrare dentro mi si cominciarono a bagnare le mutandine. - Ma tu chi sei?
- Sono Rachid, il fidanzato di Marica. Che c'e? - domandò guardandosi tra le gambe. - Non ne hai mai visto uno così?
- A dire il vero no - risposi. - Cavolo che bestia!
- Tu devi essere Moana - Rachid mi si avvicinò, mi annusò i capelli e mi accarezzò un fianco, fino a scendere verso le natiche. Infilò un dito nella sottile linea di stoffa del perizoma che stava in mezzo alle natiche, me la tirò, e poi la lasciò andare e quella con uno scatto si infilò di nuovo in mezzo alle chiappe. - Marica non mi aveva detto che eri una gran gnocca.
- Beh, che dire... - ero imbarazzatissima. - Grazie. Anche tu non sei niente male.
- Se cerchi Marica è fuori a prendere il sole.
   E in effetti la trovai fuori, nuda anche lei, su un'amaca che aveva montato in giardino tra due alberi robusti. Non le dissi niente di quello che mi aveva fatto il suo Rachid, ne di quello che mi aveva detto. Non volevo che Marica pensasse a male. Certo che però, nonostante fosse il suo fidanzato, si comportava proprio come se non lo fosse. Se Berni avesse fatto una cosa del genere con un'altra ragazza probabilmente mi sarei incazzata da morire. O forse avevo frainteso io quel gesto? Forse era il suo modo di fare, forse lo faceva con tutte. Forse il fatto che mi aveva detto che ero gnocca era solo un suo modo tutto particolare di essere gentile, e io mi stavo facendo tante pippe mentali. Certo non avevo mai conosciuto un ragazzo così sfrontato. Se ero davvero una sorella per Marica forse gliel'avrei dovuto dire. E allora mi preparai un discorsetto da farle. Le avrei detto chiaramente che il suo fidanzato aveva fatto lo stronzetto con me. Era giusto dirglielo, doveva saperlo. Se ero veramente sua amica dovevo dirglielo, e non potevo tenermelo per me. Doveva sapere che razza di uomo era il suo. Mi ero tanto convinta di questa cosa che stavo cominciando a parlare, ma lei fu più veloce di me.
- Che ne dici se andiamo al mare?
- D'accordo.
   Pensai che quella cosa poteva aspettare. E allora raggiungemmo il mare in auto. Guidava Marica, e Rachid era a fianco a lei, e ogni tanto mi lanciava certe occhiate porche che mi facevano sciogliere. Magari era uno stronzo che riempiva la sua fidanzata di corna, ma ci sapeva fare con le ragazze. Era uno di quei  ragazzi che ti facevano andare in ebollizione con uno sguardo. E poi se pensavo a quel palo che c'aveva in mezzo alle cosce, in ebollizione ci andava la mia vagina. Rachid era marocchino, in macchina mi disse che faceva il dj e si guadagnava da vivere suonando nelle discoteche.
- Come vi siete conosciuti? - domandai.
- Eravamo in discoteca, io ero lì per una serata - disse Rachid. - Ho visto Marica al bar e ho subito capito che dovevo farmela.
- Che stronzo che sei - continuò Marica. - Tutto qui? Volevi solo scoparmi?
- No, non solo scoparti, volevo proprio aprirti in due.
   Marica scoppiò a ridere. Io ero un pò perplessa. Anche perchè sospettavo che Rachid non fosse un uomo molto fedele. E me lo aveva dimostrato quella mattina annusandomi i capelli e giocando col mio perizoma. E se metteva le corna alla mia quasi cuginetta, non mi stava bene. Se in qualche modo da quella relazione ne sarebbe uscita ferita, sarei andata in bestia. Non potevo permettergli di fare del male alla mia Marica. Non potevo.
   Arrivammo in un posto di mare che si chiamava La Sporta, un'insenatura della costa disseminata di grotte, poco frequentata e per questo motivo molto tranquilla. Tutt'intorno era pieno di scogli, nessuna traccia di spiaggia. Rachid aveva cominciato a scherzare col mio costume, si divertiva a tirarmi il laccio del pezzo di sopra, che puntualmente cadeva a terra e io rimanevo con le tette di fuori. Questa cosa lo faceva divertire da morire, e Marica non diceva niente per farlo smettere. Ai suoi occhi quel gioco era assolutamente innocente. Per quanto provai a dirgli di smettere, lui continuava a farlo.
- E dai che c'e gente - dissi raccogliendo il costume per l'ennesima volta.
- E che te ne frega - rispose lui. - C'hai queste belle tette, perchè nasconderle?
   Era chiaro che quel gioco aveva un doppio fine. Il doppio fine ero io. Rachid ci stava chiaramente provando con me, sotto gli occhi indifferenti della fidanzata, che si stese al sole e chiuse gli occhi quasi per addormentarsi. Rachid mi indicò una grotta in lontananza, per arrivarci c'era una bella nuotata da fare.
- Che ne dici? Ti va di andarci insieme?
- No grazie, credo di aver capito che tipo sei. Mi ci vuoi portare solo per provarci. Ma sappi che io sono impegnata. Con me vai in bianco.
- Ah, ho capito. Non credi di farcela fin laggiù.
- Guarda che ho fatto dieci anni di nuoto. Ci metto poco ad arrivare fin laggiù.
- Ah sì? E fammi vedere.
- E va bene. Ma si va e si torna. Ok?

Moana.

 

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