domenica 16 agosto 2015

Il cespuglio. 

(in foto: Lisa Marie)


   E eccoci rientrati dalle vacanze. Dove eravamo rimasti? Oh sì, al mio lavoro allo strip bar. Avevo appena confessato tutto al mio Berni e lui si era mostrato subito molto comprensivo. Il giorno dopo mi rividi con Jay in centro. Gli uomini si giravano a guardarla, perché aveva una minigonna e tutte le cosce di fuori, ma quelli neanche immaginavano che lì sotto c’era un cazzo di queste dimensioni. O forse lo sapevano. Per questo guardavano.
- Toh, guarda chi c’è – disse a un certo punto indicandomi un uomo elegante. – Quello è un cliente dello strip-bar. Ciao tesoro.
   L’uomo fece lo gnorri e sgattaiolò in tutta fretta in un vicolo. Quel giorno avevo deciso di vuotare il sacco. Avevo deciso di raccontare a Jay di quei duecento euro extra che avevo rimediato con quel cliente del locale. Ero sicura di far bene, perché lei era molto comprensiva. Mi avrebbe capito, pensai. E invece non mi capì. Disse che ero una stupida.
- Almeno ce l’aveva il condom?
- No, non ce l’aveva.
- Cretina. Cretina che non sei altro. Ma comunque non lo fare più. Cioè, non lo fare più senza condom. Hai davvero bisogno di denaro?
- Io no, per carità. L'ho fatto perchè mi eccitava l'idea di dare la bocca in cambio di denaro.
- Che cretina.
- Ma perché continui a dirmi che sono una cretina, Jay? Io di te mi fido, credevo che mi volessi bene, e invece mi stai dimostrando il contrario. Si può sapere perché mi fai questo?
- Lo faccio perché ti voglio bene davvero. Sai io cosa faccio quando ho bisogno di denaro? – mi chiese Jay. – Vado alle terme.
- Alle terme? Che vuol dire? Alle terme uno ci va quando è stanco e stressato. Ci va per riposarsi, non per guadagnare qualche soldo extra.
   No. Le terme, mi spiegò Jay, le terme che intendeva lei, erano delle terme per scambisti. Si incontravano coppie e si scambiavano partner. Ma continuavo a non capire. Perché ci andava?
- Perché molto spesso le coppie cercano pure single. Capisci? Soprattutto donne. E… trans. Se vuoi ti ci porto. Una come te verrebbe subito rimorchiata da qualche coppia. E ti garantisco che ci sono solo coppie serie. Non è un bordello. Capisci? Non ti ci porterei mai in un bordello. Qui ci vanno solo i ricchi. I ricchi c’hanno un sacco di viziacci.
- Sì, è vero. È proprio così, Jay. 
   Jay mi disse che mi ci avrebbe portata presto a queste terme. Lì sì che saremmo riuscite a fare molti soldi. Altro che pompini da duecento euro.
   Intanto arrivò il sabato, il grande giorno in cui avrei dovuto dimostrare chi ero. Allo strip bar la Moldava, la Polacca e la Rumena mi guardavano sempre male. Io ero l’intrusa, quella che era venuta a rubare il lavoro a loro donne dell’est, professioniste del settore. Io ero Italiana, che cavolo ne sapevo di come si stava in uno strip bar? L’avevano inventato loro, lo strip bar. L’avevano inventato le barbariche popolazioni, per sollazzare i loro guerrieri che rientravano dalle loro eclatanti battaglie. E io non sapevo, quindi, come ci si comportava davanti ad un palo. La Senegalese mi odiava un po’ meno. Anzi, mi sorrideva, mi salutava, mi baciava le guance. Nel suo stentato italiano mi domandava come stavo. E io le dicevo che stavo bene.
   Mio zio Giuliano entrò nel nostro camerino e mi disse che avevo fatto colpo. C’era un uomo che voleva vedermi. Un uomo che mi trovava irresistibile. Lo fece entrare dentro. Era quello dell’altra volta. L’amministratore delegato col mercedes. Venne verso di me e mi baciò la mano. Jay lo guardò in cagnesco e gli disse che non poteva stare nel nostro camerino. Jay aveva capito che era lui quello del pompino di duecento euro.
- Vado via subito, Jay. Volevo solo salutare Moana.
- L’hai salutata, adesso vattene.
- Calma Jay – zio Giuliano le prese un braccio e la trascinò via. – Non si trattano così i clienti del nostro bar.
- Lasciami il braccio, testa di cazzo.
   L’amministratore delegato mi accarezzò il viso e mi disse:
- Come sei bella.
   Ma io non gli risposi. Poi mi disse che aveva atteso quel sabato per tutta la settimana, solo per potermi rivedere. Poi mi disse di aver prenotato una camera d’albergo, e che magari dopo lo spettacolo avremmo potuto fare il "servizio completo".
- Non dargli ascolto, Moana. È un bastardo – urlò Jay dall’altra parte del camerino, e cercò di raggiungermi, ma zio Giuliano gli sbarrava la strada.
   L’amministratore delegato chiese in malo modo a Jay che problemi aveva. E lei gli rispose che non doveva toccarmi nemmeno con un dito, perché io ero una santa.
- Hai capito, buffone? Una santa! Una santa!
- Beh, forse è meglio se ritorniamo in sala – disse zio Giuliano. – La situazione inizia a scaldarsi.
- Sì, forse è meglio – rispose l’amministratore, poi si rivolse a me. – Ci vediamo dopo, stellina.
- Porco che non sei altro! – urlò Jay, che intanto a frenarla ci si era messa pure la Senegalese, che la invitò a contenersi e a non fare piazzate.
   Iniziò lo spettacolo. Prima del mio numero zio Giuliano, per mettermi a mio agio, decise di far salire sul palco anche alcune mie colleghe. Questo, mi disse, mi avrebbe fatto sentire meno in imbarazzo. Insomma, mi avrebbero spianato la strada. E quindi la prima a salire sul palco fu la Moldava, con una divisa da poliziotta allupata in minigonna e stivaloni. Afferrò il palo e gli diede delle botte con l’anca. La sua espressione era così fredda che avrebbe potuto congelarci il pane. Ma tutti aspettavano Jay, che quella sera uscì fuori con un corpetto in lattice e la frusta. Iniziò a farne schioccare l’estremità come una domatrice di leoni, e dopo l’insistenza dei suoi ammiratori tirò giù le mutande (anche queste di lattice) facendo venire fuori il suo attrezzo immondo. Dio mio, quanta roba! E tutti a esultare e a cercar di toccarla, ma lei li tenne a freno con la frusta e quelli ritornarono a posto.
   Decideva lei da chi farsi toccare. Perché lei era Jay, signori. Non dimenticatevelo mai. Così scese dal palco e andò verso di loro, e si mise a sedere prima sulle gambe di questo e poi sulle gambe di quello lì, e quelli la toccavano dappertutto. Jay era unica, una vera professionista.
   Alla fine toccò a me. Salii sul palco e mi tremavano le gambe. Avevo deciso di esibirmi così com'ero, senza vestiti sadomaso o strane divise. Volevo i miei vestiti. Le mie mutandine, le mie scarpe col tacco, il mio vestito floreale.
   Facci vedere il cespuglio! Gridavano da giù. Ma temporeggiai prima un po’. Mi feci desiderare. E intanto morivo di paura e alzai il vestitino e feci vedere la lingerie. Presi i bordi delle mutandine con le dita e feci finta di abbassarle, ma poi le rialzai, e il pubblico esultò, e poi esultò ancora, ogni volta che fingevo di toglierle, fino a quando zac! Le tolsi definitivamente e le feci roteare con un dito, e con l’altra mano mi tenni su il vestitino facendogli vedere il cespuglio che tanto desideravano. Non mi depilavo da un pò, perchè per lo spettacolo avevo deciso di lasciarla così, nature. E a quanto pare avevo fatto bene. Il mio inguine era un folto cespuglio biondo e gli uomini in sala sembravano adorarlo come un oggetto sacro. Presa da un raptus di stupidità lanciai le mutandine tra la folla; riuscì a prenderle un uomo di mezza età, che subito se le portò in faccia e le annusò, e chiuse gli occhi. Il suo premio.
- Tienile, sono tue, te le regalo - gli dissi.
   Poi me ne pentii. E adesso come avrei fatto? Era l’unico paia che avevo lì. Sarei stata costretta a tornare a casa senza. Che cretina. Aveva ragione Jay a dire che ero una cretina. Mi girai verso le quinte e la vidi. Era lì che mi guardava, e mi sorrise, e sollevò i pollici verso l'alto per dirmi che stavo andando alla grande. Le era piaciuto quello che avevo appena fatto.

Moana.

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