mercoledì 29 marzo 2017

Tutta sola contro un'orda di arrapati.


   L’agriturismo era in collina, e per arrivarci la macchina percorse un sentiero disseminato di curve, e tutt’intorno una distesa incontaminata di verde. Di tanto in tanto un gregge di pecore ci sbarrava la strada e noi eravamo costretti a fermarci e aspettare che se ne andassero. Poi alla fine di questa strada ci ritrovammo in una vera oasi di pace, con un edificio rustico al centro di un piazzale e cinque piccoli appartamenti ai lati. Si vedeva in lontananza una stalla con dei cavalli e poi c’era anche una piscina. Ma stranamente nonostante la bellezza di questo paesaggio, non c’era nessuno nei paraggi. Possibile che eravamo gli unici ospiti dell’agriturismo?
   “Complimenti Moana” mi disse Berni. “Hai scelto proprio il luogo ideale per questo week-end”.
   “Beh, appena ho visto le foto su Internet ho subito pensato che fosse un piccolo paradiso. E infatti non mi sbagliavo. Lo è per davvero. E comunque il bello deve ancora venire”.
   “Ah sì?”.
   “Eh sì! Vedrai”.
   Berni parcheggiò la macchina in uno spiazzo dove ce ne erano anche altre. Quindi in fin dei conti non dovevamo essere gli unici ospiti. A quanto pare c’era anche qualcun altro. Eppure a parte i pacifici cavalli nella stalla non vedevo anima viva in tutta la zona. In ogni modo prendemmo le nostre valigie e ci avviammo verso l’edificio centrale, quello grande e dall’aspetto antico. Se c’era una reception di sicuro era lì dentro.
   Una volta entrati quello che ci trovammo davanti fu una sorpresa per entrambi. Io sapevo bene che era un agriturismo naturista, ma non credevo che ci sarebbero stati soltanto uomini. Credevo che avremmo incontrato altre coppie come noi con cui fare amicizia e magari passare del tempo insieme, e invece c’erano soltanto uomini. Inutile dirvi che erano tutti rigorosamente nudi, ed erano tutti uomini dai trenta in su. Erano lì che bighellonavano in quella specie di salone ricco di comfort, tra cui dei soffici sofà rossi e delle morbide poltrone di pelle. Alcuni stavano giocando con il biliardo, altri leggevano il giornale, ma il nostro ingresso fece cessare momentaneamente tutte le loro attività. 
   La mia presenza non passò inosservata; mi fissavano tutti, quasi come se non vedessero una ragazza da anni, e si fece un silenzio davvero imbarazzante. A quel punto si sentì qualcuno sussurrare: “che biondina da fottere!”. Cercai di coprirmi la scritta che avevo sul top che diceva “sono la tua maiala” incrociando le braccia; considerata la presenza di quell’orda di arrapati non mi sembrava il caso far vedere quel messaggio che avevo all’altezza delle tette.
   Il banco della reception era oltre il living room, quindi per arrivarci dovetti passare attraverso l’orda di arrapati. Per fortuna che c’era Berni con me. Mi sentivo come un agnellino in una tana di leoni affamati. Per tutto il tragitto non fecero che tenermi gli occhi incollati addosso, e iniziai a notare i primi accenni di erezioni. A quanto pare la mia presenza cominciò a indurirli di brutto. E allora in una manciata di secondi fu un vero e proprio fiorire di cazzi dritti, totem eretti in mio onore, pronti per omaggiarmi con il loro caldo nettare, eruttando come vulcani che sono stati per troppo tempo addormentati, e che adesso si risvegliano scatenando la loro ira.
   Possibile che non ci fossero donne? Davvero non capivo.
   “Sei sicura che siamo nel posto giusto?” mi chiese Berni.
   “Piacerebbe saperlo anche a me”.
   Dopo aver attraversato il living room ci trovammo in un’altra stanzetta dove c’era il bancone della reception, e ad accoglierci c’era una donna sui quaranta, anche lei nuda. Aveva un bel corpo da mamma, provato dagli anni ma ancora molto piacevole da guardare, e probabilmente anche da toccare. Sembrava molto annoiata, ma non abbastanza da farci un sorriso non appena ci vide.
   “Moana e Berni, immagino” disse.
   “Sì” risposi, “abbiamo prenotato un appartamento per il fine settimana”.
   “Certo” continuò lei. “Venite, vi offro un caffè”.
   Ci condusse attraverso una porta in quello che doveva essere il suo alloggio, che era un bilocale pieno di anticaglie e inutili ninnoli. Ci fece accomodare in cucina e iniziò a raccontarci della storia del suo agriturismo, e del perché lo aveva dedicato alla pratica del naturismo. Lo aveva fatto principalmente per rendere omaggio alla memoria del suo defunto marito, scomparso prematuramente. Era stato lui infatti ad avvicinarla a quella filosofia di vita, e quindi l’agriturismo era un modo per tenere in vita l’uomo che aveva tanto amato.
   “Sono sicura che voi vi aspettavate di trovare altre coppie come voi, con cui magari fare amicizia e intrattenervi, purtroppo invece al momento ci sono solo ospiti di sesso maschile, e questo un po' mi dispiace. Quando ho aperto l’agriturismo speravo in un target di ospiti diverso. Speravo che diventasse il luogo ideale per coppie di innamorati come voi, e invece non è stato così. I miei ospiti spesso sono guardoni, o uomini che sperano di partecipare ai giochi di letto delle sporadiche coppie che vengono qui per le vacanze. Voi comunque non avete nulla da temere, magari potrete sentirvi continuamente spiati, ma sappiate che qui vige la regola del rispetto. Sarai tu Moana a decidere se lasciarti spiare o lasciarti corteggiare dagli altri uomini. Se invece vorrai rimanere fedele al tuo fidanzato, loro lo capiranno benissimo e ti lasceranno in pace”.
   Ci diede le chiavi del nostro appartamento, e dopo aver bevuto il caffè che ci aveva offerto ce ne andammo verso l’alloggio. Berni sembrava molto perplesso. Ma il discorso della proprietaria era stato molto onesto; al momento eravamo l’unica coppia, quindi nell’agriturismo non c’erano che guardoni e uomini in cerca di avventure, e quindi noi saremmo stati preda delle loro attenzioni. Prendere o lasciare. Potevamo anche tornarcene in macchina e fare inversione di marcia, ma io non ne avevo voglia. Quella situazione non vi nascondo che mi eccitava non poco. Ero come carne fresca per un branco di lupi affamati.

Moana.

lunedì 27 marzo 2017

In viaggio verso il piacere.


   L’agriturismo era lontano. C’erano perlomeno tre ore di macchina, salvo imprevisti. Berni era stato così carino da fare una compilation di musica che ci avrebbe accompagnato lungo la strada; non era musica a caso, e questo l’avevo capito già dalla prima traccia, ovvero Piccola Stella Senza Cielo di Ligabue. Le canzoni che via via scorrevano nel lettore erano canzoni che avevano caratterizzato i momenti più belli del nostro fidanzamento. Ad esempio Piccola Stella Senza Cielo era la canzone che ci aveva fatto compagnia durante la prima volta che avevamo fatto l’amore. A seguire Tonight Tonight degli Smashing Pumpkins, la canzone della prima volta che Berni mi aveva sborrato dentro. Poi September Rain dei Guns ‘N’ Roses, che aveva contrassegnato la prima volta che Berni mi aveva eiaculato sul viso. E poi ce n’erano tante altre che allo stesso modo avevano segnato i nostri momenti più appassionati. Era stata un’idea molto carina la sua.
   Ma c’era qualcosa che sembrava volermi dire, ma che non riusciva a trovare la giusta collocazione. Qualcosa che lo turbava. Conoscevo bene il mio Berni, sapevo quando c’aveva qualcosa che non riusciva a tirare fuori. Quando c’era qualcosa che lo turbava si chiudeva in uno strano silenzio, quasi come nella sua mente si fosse creato un blocco di pensieri.
   “Allora, sputa il rospo” gli dissi. “Cos’è che ti turba? Vuoi che ti faccio un pompino mentre guidi? Io credo che sia meglio aspettare di arrivare all’agriturismo”.
   “No, non è questo” mi rispose. “Sai, mi stavo chiedendo come mai ieri sera allo strip bar non hai detto a nessuno del film che abbiamo realizzato. Insomma, ho visto i tuoi vecchi fans praticamente pendere dalle tue labbra, tutti che ti chiedevano quando saresti ritornata ad esibirti. Avresti potuto dir loro del film, magari potevi indirizzarli sulla piattaforma online per farglielo comprare. Perché non lo hai fatto?”.
   “Tesoro, lo so che per te quel film è davvero importante, ma io voglio che le persone continuino a guardarmi come ad una ragazza come le altre, e non come una pornostar. Non credo di essere portata per la popolarità. Ma ci pensi se diventassi una pornodiva professionista? La mia vita diventerebbe un inferno. Serate nei locali, ammiratori molesti e per non parlare del fatto di non poter più camminare liberamente per strada, senza dover essere additata in continuazione come una ninfomane. Perché parliamoci chiaro, è questo che molti uomini stupidamente pensano: se una ragazza decide di fare la pornodiva allora è una zoccola. Invece se un ragazzo si mette a fare il pornoattore è un eroe, uno che ha capito tutto della vita. Ti pare una cosa normale questa? No, non me la sento di fare questa vita. Sarei costretta ad andare in giro con una guardia del corpo ventiquattro ore su ventiquattro”.  
   “Beh, un po' mi dispiace che la pensi così. Sai in un certo senso speravo che saresti diventata una pornodiva di fama mondiale. D’altronde non ti manca niente per esserlo. E poi durante le riprese ho scoperto un aspetto di me che ancora non conoscevo”.
   “Cioè?”.
   “Mi eccitava molto vederti fare l’amore con altri uomini”.
   Non sapevo cosa dire. Era una cosa che non sapevo di Berni. Durante le riprese avevo sempre pensato che lui era così bravo da separare la sfera privata da quella lavorativa da riuscire a chiudere un occhio sul fatto che avevo rapporti con altri uomini. E poi si trattava di pura finzione, cioè io durante le riprese non sono mai riuscita a provare un orgasmo, appunto perché sapevo che era tutta una recita. E credevo che anche Berni la pensasse in quel modo. E invece no, a quanto pare durante le riprese lui aveva continuato a vedermi come la ragazza che lui amava, e di conseguenza le penetrazioni che ho avuto con i miei partner erano per lui motivo di eccitazione.
   Purtroppo rimanevo della mia convinzione, e cioè che la popolarità non faceva per me. Soprattutto la popolarità del porno. Per quanto riguarda la pratica del cuckold, se ne poteva discutere. Voi lo sapete che io sono sempre stata molto aperta a qualsiasi tipo di esperienza, per cui non vedo dove poteva essere il problema.
   “Perché non me l’hai detto prima?” gli chiesi.
   “Perché ci sono delle fantasie che forse è meglio non rivelare ad una fidanzata, soprattutto quando la fidanzata in questione sta per diventare moglie”.
   “E quindi reprimere tutto e rimanere un eterno insoddisfatto? Scusami se te lo dico tesoro, ma questa è proprio una cavolata”.
   Fin da quando avevo conosciuto Berni la sua priorità era sempre stata il rispetto. Forse era stato anche questo a farmi innamorare di lui. Gli altri ragazzi con cui ero stata prima non avevano esitato un secondo a eiacularmi in faccia a ogni fine rapporto, invece Berni no, perché la considerava una cosa irrispettosa. Allo stesso modo probabilmente quello della pratica del cuckold doveva sembrargli una cosa non proprio carina da fare con me. Forse perché condividere la propria donna con altri uomini era una cosa comunemente considerata perversa. Ma io sono sempre stata dell’idea che non c’è nulla di perverso quando le cose si fanno insieme, cioè quando sono entrambi a volerlo. È perverso (e probabilmente anche illegale) quando si fanno le cose senza il consenso di entrambe le parti interessate.
   Con il tempo comunque Berni aveva imparato che non mi dispiaceva quando mi eiaculava sul viso. Era una cosa che mi dava un certo piacere, soprattutto se a farlo era lui, che era l’uomo che amavo. E quindi ormai era diventata una specie di consuetudine farlo. Ormai Berni mi veniva sul viso ogni volta che facevamo l’amore. Aveva superato quello scoglio, potrei dire. Perché è di questo che si trattava. Berni aveva un sacco di scogli. Aveva avuto anche lo scoglio del sesso anale. All’inizio, nonostante fossi io a chiederglielo, non se la sentiva di penetrarmi analmente, perché diceva che non gli sembrava corretto nei miei confronti. Poi con il tempo gli feci capire che quella del sesso anale era una pratica che mi dava un certo appagamento sessuale, e quindi riuscì a superare anche quest’altro ostacolo.
   Chissà, forse sarei riuscita anche a fargli capire che non c’era niente di male se ogni tanto facevamo partecipare altri uomini ai nostri giochi di letto. D’altronde l’aveva detto lui stesso che aveva provato eccitazione nel vedermi fare l’amore con altri uomini. Quindi perché reprimere quella fantasia se si poteva invece trarne piacere?
  
Moana.

sabato 25 marzo 2017

Il debutto della Vacca.


   Mio fratello Rocco mi aveva invitato al debutto della sua donna. A quanto pare aveva chiesto al mio papà biologico di farla assumere nel suo strip bar. Così decisi di accettare l’invito, e ci andai insieme al mio Berni. Per l’occasione indossai un vestitino porchissimo, molto corto e con uno scollo sul davanti che mi arrivava fino all’ombelico. Le mie tette ci provavano continuamente a fare capolino fuori, e io ero costretta a coprirle per non dare spettacolo. In macchina Berni ebbe voglia di succhiarmele, infatti lungo il tragitto per andare allo strip bar dovemmo fermarci, e lui con la bocca agguantò i miei capezzoli succhiandoli avidamente. C’aveva proprio voglia. Gli dovetti fare un pompino per farlo calmare. Dopo averlo fatto sborrare con la bocca ripartimmo.
   Arrivammo alle dieci, il locale era già bello pieno. Per fortuna avevo telefonato al mio papino biologico per farmi riservare un tavolo. Lui mi aveva risposto che io non avevo bisogno di prenotare proprio nulla, perché un tavolo per me e Berni c’era sempre. Con mia grande sorpresa la mia presenza non passò inosservata. Ritrovai molti clienti abituali di quando lavoravo lì. Molti di loro vennero a salutarmi e a chiedermi quando sarei ritornata ad esibirmi. Purtroppo dovetti deluderli dicendo loro che ormai avevo cambiato lavoro, e che ormai soltanto il mio futuro marito poteva vedermi nuda.
   Tutte quelle attenzioni verso di me mi fecero sentire una diva. Avevo dimenticato quanto era bello essere coccolata da tutti quegli uomini.
   “Tesoro, ti va se ordiniamo da bere?” mi chiese Berni.
   “Assolutamente sì. L’unica cosa che ho bevuto fin’ora è stata la tua sborra in auto. Lo sai che adoro farlo, ma sarei felice se potessi bere anche qualcos’altro” Berni scoppiò a ridere, poi chiamò una delle cameriere e ordinò due bicchieri di vino bianco.
   Dall’altra parte della sala vidi Rocco seduto su uno sgabello davanti al bancone del bar. Lo chiamai e lui venne al nostro tavolo.
   “E allora” gli dissi, “lei chi è?”.
   “È quella lì”.
   Mi indicò una delle ragazze che servivano ai tavoli. Veramente niente male. Aveva un completino intimo di pizzo nero e i tacchi a spillo. Il suo spettacolo cominciò alle undici; era molto in imbarazzo, non sapeva precisamente cosa fare. Ricordo che anche io la prima esibizione mi sentii davvero in difficoltà. Tutto stava nell’abituarsi e nel conoscere il proprio pubblico.
   Comunque se mio fratello Rocco era in cerca della mia approvazione, posso dire tranquillamente che gliel’avrei data. Di positivo c’era soprattutto che non avremmo più rivisto Elena. Non l’avevo mai potuta digerire quella lì. Ogni volta che veniva a cena da noi mi guardava con quegli occhi da inquisitrice, quasi come se volesse farmi capire che io ero il male e lei il bene. Io che mi davo via con tanta facilità ero la perversione incarnata, lei invece era quella buona, che si preservava per il grande giorno, il giorno del matrimonio. Che si cercasse un altro fidanzato, perché mio fratello non andava bene per lei. Trovavo insopportabile il suo modo di giudicarmi; lo faceva di continuo. Lo capivo dal suo modo di guardarmi che aveva una pessima considerazione di me. Ai suoi occhi ero la puttana che si faceva trapanare da chiunque. Per carità, capivo benissimo la sua scelta di rimanere vergine fino al matrimonio, anche se non la condividevo, ma in quel modo avrebbe mandato mio fratello al manicomio. Ero certa che con Beatrice sarebbe stato diverso. Ero sicura che lei poteva dargli una vita sessuale appagante, che poi è quello che vorrebbe ogni uomo, credo.
   Io e Berni ce ne ritornammo a casa prima di mezzanotte. Il giorno dopo dovevamo svegliarci presto. Avevamo prenotato un fine settimana in un agriturismo per starcene un po' per conto nostro e coccolarci fino allo sfinimento. Avevamo pianificato quella vacanza già da qualche settimana. Per quanto riguarda l’organizzazione me ne ero occupata io. Avevo detto a Berni che volevo fargli una sorpresa, quindi non gli avevo anticipato nulla riguardo alla nostra destinazione.
   Volevo che fosse una vacanza davvero speciale, perché era la nostra ultima vacanza da fidanzati. Quella successiva poi l’avremmo fatta da sposati. E così avevo prenotato un piccolo appartamento in un agriturismo unico nel suo genere, era infatti un agriturismo naturista. Questo voleva dire potersene stare nudi all’aria aperta tutto il giorno, magari insieme ad altre coppie di innamorati come noi. Questo ci avrebbe dato l’occasione di dedicare del tempo a noi stessi, ma anche conoscere altre persone dedite alla pratica del nudismo.
   Forse Berni avrebbe avuto non poche difficoltà a stare nudo di fronte ad altre persone, d’altronde la naturista della coppia ero io. Lui era troppo insicuro, ogni volta che lo spingevo ad andare in una spiaggia dedicata al naturismo lui mi diceva che si sentiva un po' in imbarazzo, perché magari vedeva gli altri uomini che erano più muscolosi di lui, oppure che c’avevano il cazzo più grosso, e allora entrava in competizione. Ma io gli ripetevo sempre che gli altri uomini potevano avere anche il cazzo lungo trentacinque centimetri, nonostante questo io rimanevo innamorata solo di un cazzo, cioè il suo. Certo, non vi nascondo che magari qualche volta mi poteva venire l’acquolina in bocca nel vedere un bel cazzo enorme, ma poi alla fine era sempre il cazzo di Berni che adoravo maggiormente, perché sapevo che era il cazzo che un giorno mi avrebbe fecondata. Era il cazzo dell’uomo che mi sarebbe stato accanto tutta la vita. Quindi per me tutti gli altri cazzi non avevano alcun valore, se non un valore puramente ricreativo. Ma poi alla fine nel mio cuore c’era spazio solo per un cazzo, cioè quello di Berni.
   Ero sicura che sarebbe stata una vacanza indimenticabile. Inoltre avevo una gran voglia di sbizzarrirmi in fatto di sesso. Le mie intenzioni con Berni erano inequivocabili: alla fine di quella vacanza volevo ritornare a casa coi buchi rotti.
   E così partimmo alle dieci del mattino. Avevo deciso di viaggiare comoda, quindi con degli hot pants di jeans e un top smanicato con una scritta all’altezza delle tette che diceva: “sono la tua maiala”. Beh sì, ammetto che era una scelta molto azzardata, ma era proprio quello che volevo far capire a Berni, e cioè che in quei giorni sarei stata la sua maiala, e di me poteva fare ciò che voleva. In realtà Berni poteva fare di me ciò che voleva tutti i giorni dell’anno, perché era il mio uomo. Ma durante quel weekend volevo che tutto fosse lecito, anche l’inimmaginabile.

Moana.

giovedì 23 marzo 2017

martedì 21 marzo 2017

domenica 19 marzo 2017

venerdì 17 marzo 2017

mercoledì 15 marzo 2017

Moana diventa adulta.

(in foto: Silvia Saint, Red)


   Berni ha un po' esagerato nei miei confronti, anche se non completamente, nel senso che con Moana è vero che sono stata una madre un po' severa, ma se l’ho fatto è perché la conoscevo bene. Lei mi somiglia molto, entrambe siamo attirate tantissimo dal sesso, e spesso non poniamo limiti alla nostra voglia di fare l’amore. Io, come ben sapete, spesso sono stata utilizzata dagli uomini come un oggetto con cui soddisfare le proprie voglie porche, in modo irrispettoso probabilmente, ma il fatto è che a volerlo ero anche io. Mi piaceva essere l’oggetto del desiderio di molti uomini, e proprio per questo motivo mi davo via con una leggerezza davvero preoccupante, spesso sotto gli occhi consenzienti e eccitati di Stefano, il quale ci godeva nel vedermi fare la porca con altri uomini. Con Moana ho sentito la necessità di metterla in guardia dagli uomini, che avrebbero cercato indubbiamente di usufruire dei suoi buchi per i propri piaceri. Proprio perché avendo avuto molte esperienze, e quindi avendo imparato a conoscere gli uomini così bene, sapevo Moana a cosa rischiava di andare incontro. Certo, non potevo evitare che mia figlia facesse le sue esperienze, ma perlomeno potevo limitare i danni, cercando di fare in modo che i maschi non la trattassero come uno sborratoio, come invece era capitato a me.
   Per cercare di proteggerla allora facevo un po' la tiranna. Le volevo un bene dell’anima, e non volevo che diventasse agli occhi di tutti una vacca da monta, come invece lo ero stata io.
   Quando Moana ci presentò Berni mi sentii subito sollevata. Finalmente Moana aveva un fidanzato, quindi potevamo dire addio ai numerosi maschietti che spesso portava a casa, con l’intento di farsi penetrare dappertutto. Ma mi chiedevo se fosse quello definitivo o era invece uno dei tanti. Cioè, che intenzioni aveva con mia figlia? Potevo fidarmi di lui, oppure era uno dei tanti maschietti che voleva soltanto godere con il con il suo corpo? Fu per questo motivo che nei primi tempi mi mostrai un po' scettica nei confronti di quella relazione, e quindi un po' dura nei confronti di Moana.
   Per fortuna mi sbagliavo, e poi con il tempo cominciai ad avere con Berni una fiducia cieca. Ormai era da diversi anni che lui e Moana erano fidanzati; certo, la loro relazione era andata avanti tra alti e bassi, e per un periodo si erano anche lasciati. Però poi erano ritornati insieme, perché si amavano così tanto che non riuscivano a farne a meno di stare insieme. La mia Moana adorava Berni, e viceversa. Quindi non ci stupì più di tanto quando una sera, durante una cena, ci annunciarono che avevano deciso di sposarsi.
   Era una notizia sensazionale, e io e Stefano non potevamo essere più felici. Poi mi venne immediatamente un dubbio:
   “Dì un po', non sarai mica incinta?” le chiesi.
   “No, non ancora” rispose Moana accarezzando la mano di Berni. “Ma credo che potrei esserlo presto. Ho smesso di prendere la pillola, quindi…”.
   Era come se l’avessi sempre saputo che un giorno avrebbero deciso di fare questo passo, fin dal giorno in cui Berni era entrato in casa nostra per la prima volta. Ma il fatto che maggiormente mi rese felice fu la convinzione che con quell’annuncio era come se la nostra Moana fosse diventata adulta. Fino a quel momento l’avevo sempre considerata come un’eterna bambina, anche se le avevo affidato la gestione del negozio, e quindi le avevo messo nelle mani un compito molto difficile, ma lo avevo fatto principalmente per responsabilizzarla. E ora ecco che la mia eterna bambina che avevo cercato, stupidamente forse, di difendere dalle voglie porche dei maschietti adesso diventava adulta, e presto sarebbe diventata una mamma.
   “Bene Berni” dissi. “Tifiamo per te. Riempi nostra figlia a dovere con il tuo sperma”.
   “Grazie del sostegno Sabrina” rispose lui. “Farò del mio meglio”.
   L’idea di avere dei nipoti rese me e Stefano molto euforici. Non facevamo che parlarne, in qualsiasi momento, anche mentre facevamo l’amore. Quella sera infatti ero distesa sul letto e mio marito mi stava scopando stringendo le mani intorno alle caviglie e tenendomi le cosce aperte. Mentre mi fotteva mi disse che non poteva crederci che presto avremo avuto un nipote.
   “Te lo immagini?” gli chiesi. “Diventerò nonna”.
   “Sì, una nonna porchissima”.
   “Ooohh, tesoro mio! Lo pensi davvero? Sarò porca anche da nonna?”.
   “Non ne ho dubbi, sarai una nonna vacca”.
   A quel punto Stefano mi fece girare, mi disse di mettermi a quattro zampe e poi mi fece anche il culo. Nei giorni successivi non facevo che chiedermi quando sarebbe avvenuta l’inseminazione. Nel frattempo Moana e Berni si erano messi alla ricerca di un appartamento. Infatti avevano deciso di andare a vivere da soli, e con gli introiti del film che aveva realizzato Berni non avrebbero avuto di certo problemi a trovare qualcosa di lussuoso al centro.
   Qualche sera dopo la notizia del matrimonio vennero a trovarci i genitori di Berni, che avevamo già conosciuto ma soltanto di sfuggita. Non c’era mai stata infatti l’occasione giusta per approfondire la nostra conoscenza. Nonostante li avessimo invitati a cena da noi numerose volte, loro avevano sempre declinato i nostri inviti. E questa cosa a me non era mai andata a genio. Non riuscivo a capire del perché di tutti quei rifiuti. E poi, appunto dopo la notizia delle nozze, finalmente vennero da noi.
   Stefano aveva preparato una cena molto sofisticata; gli piaceva mettersi in mostra in cucina. Era una specie di esibizionista culinario. E io adoravo questo suo aspetto. Gli uomini bravi in cucina mi hanno sempre eccitata da morire, anche perché mi piace essere presa per la gola (in tutti i sensi), e soprattutto mi piace mangiare in modo elaborato. Sono una buona forchetta, questo bisogna dirlo.
   Per l’occasione avevo deciso di indossare un vestito da sera un po' sobrio; ma mi ero resa conto che la maggior parte dei vestiti che avevo erano davvero osceni. Ne avevo soltanto uno che era tutto sommato accettabile, anche se aveva uno scollo davvero notevole. Quindi indossai quello. Ma le tette riuscivano a stare a stento dentro, quindi ogni tanto ero costretta a rimboccarle per non farle scivolare fuori. I genitori di Berni erano persone ordinarie, volevo evitare di metterle in imbarazzo con i miei abiti esuberanti.
   Devo dire che a tavola in principio ci fu una tensione davvero notevole. Infondo eravamo così diversi gli uni dagli altri che non sapevamo di cosa parlare. Dopo aver discusso di argomenti futili come le condizioni atmosferiche e le ultime vicissitudini politiche della nostra città, finalmente si arrivò all’argomento matrimonio. Eravamo tutti felici di ciò che i nostri figli si apprestavano a fare. Poi la madre di Berni disse che si sentiva molto in colpa per tutto ciò che era accaduto fino a quel momento, ed era per questo motivo che avevano sempre declinato i nostri inviti a cena. Ma né io né Stefano capimmo a cosa si riferisse.
   “Parlo della storia del film” disse. “Noi siamo sempre stati contrari. E il fatto che abbia coinvolto anche vostra figlia ci ha rammaricati molto. Ci siamo sentiti molto in colpa. Pensiamo che ciò che ha fatto il nostro Berni nei confronti di vostra figlia sia una cosa molto irrispettosa”.
   “Quindi è per questo che avete sempre declinato i nostri inviti a cena?” chiesi divertita. “Mi sa che vi siete preoccupati per niente. Se la nostra Moana ha partecipato alle riprese di quel film è perché era anche lei a volerlo, quindi non vedo dov’è il problema. Nessuno l’ha costretta a farlo, tantomeno Berni”.
   “Beh, però dovete ammettere che non fa piacere a nessuno vedere la propria figlia in un film hard” disse il padre di Berni. “E noi ci siamo sentiti in qualche modo responsabili del disonore di Moana”.
   “Disonore” replicai. “Accidenti che parolona. Moana non è stata affatto disonorata. Sai invece quando si può parlare di disonore? Quando per esempio si è costretti ad andare a letto con qualcuno per avere un posto di lavoro, oppure quando si è costretti ad andare a cercare la raccomandazione di un politico per ottenere qualcosa che ti spetta di diritto. In quel caso allora si parla di disonore. Ma nel caso di Moana invece non vedo proprio come si possa parlare di disonore”.
   Dopo aver risolto quell’incomprensione finalmente potemmo ritornare a parlare serenamente del matrimonio. E comunque da quel giorno i genitori di Berni non declinarono più i nostri inviti a cena, e anzi, le nostre cene divennero molto ricorrenti e finimmo per instaurare con loro un rapporto di amicizia davvero speciale.

Sabrina.

sabato 11 marzo 2017

Tre giorni di passione.

(in foto: Chary Kiss, Taking Care, 21Naturals.com)


   Tra Moana e sua madre c’è sempre stato un rapporto burrascoso. Sabrina non faceva che riprendere sua figlia su tutto, su come si vestiva, su quello che diceva e per come si comportava. Anche se in realtà lo faceva in modo scherzoso, ma indubbiamente dietro lo scherzo si nascondevano gli ammonimenti di una madre che, anche se non voleva darlo a vedere, era una vera tiranna. E Moana questo lo sapeva benissimo, e mi aveva detto anche che lo trovava molto ingiusto, perché con suo fratello Rocco si comportava in tutt’altro modo; con lui era più tollerante, gli lasciava fare quello che voleva, e poi a lui non rivolgeva nessuna frecciatina velenosa. A quanto pare le frecce avvelenate della faretra di Sabrina erano tutte per sua figlia.
   Invece con suo padre era diverso; tra lui e Moana sembrava esserci un rapporto più pacifico. Erano come innamorati; spesso lei lo abbracciava e lo riempiva di baci e lui ricambiava stringendola a se e dicendole che l’amava, e Moana rispondeva che lo amava anche lei.
   Questa differenza di rapporto che aveva col padre e con la madre si può tranquillamente riassumere in un episodio verificatosi durante il secondo mese che io e Moana stavamo insieme. Era successo che la sorella di Sabrina, sorella minore con la quale aveva pochi rapporti dal momento che vivevano in due città diverse, stava per convolare a nozze per la seconda volta. Il primo matrimonio non era andato bene; aveva infatti scoperto che il marito aveva l’abitudine di intrattenersi con un uomo. Ebbene, Sabrina aveva preteso che tutta la famiglia partecipasse a questo evento. Moana però si era tirata fuori. Andare a quel matrimonio voleva dire stare fuori città per qualche giorno. E questa sua presa di posizione aveva fatto imbestialire sua madre.
   “Moana, è il matrimonio di tua zia. Non puoi non venirci. Io ti ordino di venire con noi!”.
   “E quindi devo accollarmi un viaggio in auto di cinque ore e restare a casa della zia per tre giorni? No grazie, preferisco rimanere qui”.
   “Io lo capisco benissimo perché vuoi rimanere qui da sola, così puoi avere casa libera e quindi farti montare da Berni in tutte le salse. Se è quello che vuoi fai pure. Ma sappi che questa cosa te la faccio pagare amaramente. Non so come, ma in qualche modo te la farò pagare” poi si rivolse a me, c’ero anche io durante quell’accesa discussione. “E tu Berni, cerca di non sporcare troppo. Non ho per niente voglia di mettermi a ripulire lenzuola e copridivani sporchi del tuo seme”.
   Ero davvero mortificato. Quello che volevo evitare categoricamente era inimicarmi la madre di Moana. E per non peggiorare le cose non dissi nulla, e mi limitai ad abbassare la fronte per farle capire che ero molto dispiaciuto, anche se tecnicamente non avevo fatto nulla. O forse sì. Forse era colpa mia se Moana aveva deciso di rimanere a casa, perché moriva dalla voglia di rimanere da sola con me, per soddisfare tutta la sua voglia d’amore.
   E comunque poi Sabrina ce la fece pagare per davvero, chiedendo al madre di Moana di rimanere a casa con noi. Sarebbero partiti solo lei e Rocco, Stefano invece sarebbe rimasto a sorvegliarci per tutto il tempo. Per Sabrina era una vittoria schiacciante; in cuor suo sapeva di aver fatto uno scacco matto a Moana. Con il padre tra i piedi non saremmo stati liberi di fare nulla. Ma in verità era una vittoria solo sulla carta, perché il padre di Moana non era come Sabrina, cioè non era un generale dell’esercito, era piuttosto un uomo comprensivo e molto tollerante, quindi ci avrebbe permesso di fare qualsiasi cosa.
   E così accompagnammo Sabrina e Rocco alla macchina, lei si mise al volante e partì con decisione pronta ad affrontare il lungo viaggio. A quel punto il padre di Moana ritenne opportuno dirci due parole.
   “Ragazzi, è chiaro che durante questi tre giorni io dovrei, secondo le aspettative di Sabri, controllarvi e cercare di rompervi le uova nel paniere. Ma capisco anche che ostacolare gli ardori di una giovane coppia di innamorati sarebbe un reato contro la natura. Quindi fate ciò che volete senza limitazioni. Date libero sfogo al vostro amore, come se io non ci fossi”.
   “Grazie papà” gli rispose Moana abbracciandolo. “Sei davvero un papà speciale”.
   “Non è che sono speciale, è solo che comprendo bene le vostre esigenze”.
   “Appunto. Sei speciale”.
   E furono infatti tre giorni di intenso amore. Dormivamo insieme (si fa per dire) e poi la mattina andavamo a scuola mano nella mano, e poi il pomeriggio tornavamo a casa e facevamo sempre l’amore. Il padre era sempre a lavoro, quindi potevamo fare davvero quello che ci pareva. E poi la sera tornava sempre tardi; penso che lo facesse apposta per darci campo libero. E così passammo la maggior parte del tempo nudi, e Moana mi fece una marea di pompini. Quando meno me l’aspettavo lei si inginocchiava e mi faceva godere con la bocca. Le piaceva proprio tanto farlo. Per esempio mentre eravamo seduti sul divano, lei senza preavviso si abbassava sul mio cazzo e lo prendeva in bocca e mi faceva un pompino. In verità non lo faceva senza preavviso; di solito cominciava ad accarezzarmi nell’interno coscia, e questo bastava a farmi avere un’erezione. Lei non appena lo vedeva dritto ci si abbassava con la bocca sopra, quasi come se non ne potesse fare a meno.
   In genere prima di venire ero abbastanza svelto da afferrarle i capelli e tirarlo fuori prima di cominciare a sborrare. Lo so, non era proprio carino che la prendessi in quel modo per la sua chioma bionda, ma era un gesto che facevo automaticamente, lo facevo per evitare di inondarle la bocca. Ma una volta, mentre stavo per venire, le afferrai i capelli ma lei mi allontanò la mano bruscamente afferrandomi il polso con decisione. Il mio tentativo di uscirle dalla bocca non era riuscito e allora iniziai a eiacularle dentro e lei non lo lasciò fino a quando non fu sicura che gli schizzi furono terminati. A quel punto lo fece uscire fuori e mi sorrise, poi spalancò la bocca e mi fece vedere la mia sborra. Poi richiuse e deglutì ingerendo tutto. Questa cosa mi lasciò senza parole. In genere l’avevo sempre visto fare nei film porno, non credevo che Moana potesse arrivare a tanto. E poi lo aveva fatto con una disinvoltura che mi fece pensare che non doveva essere la prima volta che faceva una cosa del genere.
   “Moana, ma perché l’hai fatto?” le chiesi.
   “Bla bla bla, che rompiballe che sei. L’ho fatto perché siamo fidanzati”.
   “Sì ma mi sembra di mancarti di rispetto”.
   “Ancora con questa storia? Perché, secondo te afferrarmi per i capelli prima di iniziare a sborrare è una cosa rispettosa? Non lo è, eppure te lo lascio fare, perché mi piace tanto quando lo fai”.
   Quando faceva quei ragionamenti non la capivo. Forse dal suo punto di vista poteva avere anche ragione, ma io continuavo ad essere dell’idea che non era una cosa proprio carina eiaculare in bocca alla propria partner, soprattutto poi se si considera la partner in questione con la prospettiva di un’ipotetica futura moglie, nonché madre dei propri ipotetici figli. Che forse a sbagliare ero io, a desiderare una compagna priva di eccessive fantasie sessuali? Lo so che qualcuno potrebbe pensare che sono uno stupido, ma in quel periodo la pensavo proprio in quel modo. Moana era troppo avanti rispetto a me in fatto di sesso.

Berni. 

giovedì 9 marzo 2017

Parolacce ed altri epiteti amorosi.

(in foto: Jessie Rogers, Teen Ass Workship, TeenFidelity.com)


   Devo ammettere che quello delle parolacce era un aspetto che non conoscevo ancora di Moana. Quando facevamo l’amore le piaceva se usavo nei suoi confronti un linguaggio sboccato, e quindi voleva che mi rivolgessi a lei chiamandola con degli appellativi a mio avviso irrispettosi. Quasi come se per lei il fatto di sentirsi umiliata facesse parte dell’amore. Avevo provato a dirle che secondo me era inopportuno se usavo quel linguaggio, ma lei mi aveva risposto che se lo facevo con amore allora non lo era. E allora capitava che ci si vedeva il pomeriggio per andare a fare una passeggiata al centro e lei mi chiedeva: “ti è mancata la tua puttanella?”.
   E io per farle piacere stavo al suo gioco: “sì, tanto”.
   E lei: “e allora dimmelo”.
   E io: “mi è mancata la mia puttanella”.
   E a quel punto lei contenta del fatto che l’avevo accontentata dicendo quella cosa mi baciava con la lingua.
   Sempre per farvi capire quanto le piaceva che la chiamassi in quel modo vi racconto di un episodio piuttosto significativo. Era appena ricominciata la scuola; per la cronaca io e Moana eravamo al quinto anno. All’uscita di scuola era nostra abitudine vederci per passare qualche oretta insieme, prima di ritornare a casa. Un giorno, faceva ancora caldo, ce ne andammo al parco della reggia. In città c’è infatti una reggia che ci rende famosi in tutto il mondo. Ci eravamo messi sotto ad un albero a limonare pesantemente; eravamo in piedi, io con le spalle all’albero e lei premuta contro di me. Avevo il cazzo durissimo e lei se ne era accorta, perché non faceva che premere l’inguine contro la mia erezione. Ad un certo punto mi aprì la lampo dei jeans e infilò la mano dentro, oltrepassò agilmente i miei slip e mi tirò fuori il sesso fieramente dritto. Afferrò saldamente l’asta e iniziò a segarmi lentamente ma con decisione. Allora feci lo stesso, e le sbottonai gli hot pants che indossava e infilai una mano tra le sue cosce. Mi feci strada nel suo perizoma e incontrai le labbra bagnate della sua fighetta e cominciai a sgrillettarla. Moana smise di baciarmi e iniziò a fissarmi, proprio come quando facevamo l’amore. Le piaceva guardarmi mentre godeva. Ad un certo punto mi disse di chiamarla in un modo davvero poco carino.
   “Dimmi che sono la tua cagna”.
   “Cosa?!”.
   “Dai dimmelo. Cosa sono io? Ti prego, dimmelo”.
   “Sei la mia cagna”.
   A quel punto quasi come se la sua eccitazione avesse avuto un’energica spinta, roteò gli occhi verso l’alto, come faceva quando stava per raggiungere il piacere, e emise un rantolo e poi le cominciarono a tremare le gambe. Moana stava venendo, e allora accelerò il ritmo del suo polso quasi come se le sue intenzioni fossero quelle di farmi venire insieme a lei. E ci riuscì, infatti iniziai a sborrare e i miei schizzi le saltarono sull’ombelico e colarono giù, fino alle sue labbra di sotto.
   Tutto questo per farvi capire che Moana perdeva la testa quando usavo con lei un linguaggio osceno, rivolgendole epiteti amorosi davvero poco carini. Quasi come se quella cosa fosse parte dell’amore, un suo completamento. Il suo piacere giungeva al punto più alto quando si sentiva dire da me cose oscene, che in qualche modo la umiliavano, la degradavano. Qualche volta prima di salutarci e di ritornare a casa per esempio io le dicevo: “ciao tesoro, a domani”. E lei: “no, dillo meglio. Devi dire ciao troietta, a domani”. E io: “dai, hai sempre voglia di scherzare”. E lei: “se non me lo dici vuol dire che non mi ami”. E allora io a quel punto cedevo: “e va bene. Ciao troietta, a domani”. A quel punto mi baciava e poi ognuno a casa propria.
   Una volta è successo addirittura che ero andato a pranzo dai suoi, e dopo mangiato io e Moana ci siamo messi su una poltrona del soggiorno; lei era seduta su di me e mi teneva le braccia allacciate al collo. Ad un certo punto fece: “chi è la tua puttanella?”.
   “Dai Moana, i tuoi potrebbero sentirci”.
   “E allora dillo sottovoce. Chi è la tua puttanella?”.
   “Sei tu la mia puttanella”.
   A quel punto mi baciò, ancora una volta felice che l’avevo accontentata. Ma né io né lei ci eravamo accorti che dietro di noi c’era sua madre che si apprestava a ritornare a lavoro, e era lì che stava rovistando dappertutto nel disperato tentativo di trovare le chiavi della sua macchina. Dopo aver sentito quella cosa incrociò le braccia e ci guardò divertita.
   “Senti puttanella, hai visto le mie chiavi?”.
   “Mamma!” Moana ebbe un sussulto e mi tolse le braccia dal collo. “Da quanto tempo ero lì?”.
   “Abbastanza. Comunque mi piace questo appellativo amoroso. Ogni coppia ne ha uno. Ma il tuo ti si addice proprio tanto”.
   “Mamma!”.
   “Io torno al negozio” disse dopo aver trovato le chiavi. Erano finite in un sottovaso di una pianta ornamentale che stava su una mensola. “Mi raccomando a quella poltrona, è vera pelle. Datele una pulita quando avete finito”.

Berni.