lunedì 31 agosto 2015

Il segreto di Berni.


   Come potete immaginare per me le cose andarono molto diversamente, per questo ci ho messo un pò a trovare il coraggio di raccontarvele, non saprei da dove partire...voglio dire vivere con due donne come mia madre e mia sorella non è affatto semplice per un ragazzo timido e impacciato come me. Su mio padre potevo contare poco avendo un carattere molto simile e poi c'era Laura...sempre così compensiva, così accondiscendente e così....arrapata! Non ci vuole un genio della psicologia per capire quanto il sesso fosse diventato crescendo la mia croce e la mia delizia insieme. Ma il problema vero era che a me il sesso piaceva molto di più immaginarlo che metterlo in pratica e se fate due più due capirete quanto fosse ancora più complicata la mia situazione. Vivevo praticamente immerso nel sesso di ogni tipo quotidianamente ma quasi mai riguardava me in prima persona. Una famiglia come la mia sarebbe stato il paradiso per ogni mio coetaneo e un pò lo era anche il mio quando si trattava di chiudermi in camera con il pisello in mano a fantasticare delle grandi scopate che mia madre e mia sorella consumavano praticamente sotto i miei occhi. Si ero un segaiolo con i fiocchi, eredità di papà senza dubbio e fin qui...ma il mio inferno iniziava ogni volta che mi ritrovavo con il cazzo duro a immaginare mia madre presa da stalloni di ogni razza, era diventata la mia ossessione! Non mi sarei mai immaginato a letto con mia madre per carità quello no ma avrei dato di tutto per poter assistere alle sue monte, al posto di papà e qualche volta perfino in sua compagnia. Con mia sorella mi succedeva meno di avere questi pensieri ma che non li avessi proprio non posso affermarlo con certezza, del resto che anche Berni fosse pieno di corna si vedeva lontano chilometri. Forse avrei potuto risolvere la faccenda proponendo a Laura di diventare anche noi una coppia cuckold e lei sono certo che mi avrebbe accontentato per amore ma non sarebbe mai stata la stessa cosa e quindi ogni volta rimandavo l'idea di parlargliene. Fatto sta che mi sentivo molto solo non potendo confidare a nessuno i miei pensieri, nessuno forse tranne una persona.
Con Berni non avevo un gran rapporto sempre a causa della mia timidezza ma era una persona che stimavo tantissimo. Lui era diverso da papà, non era un cornuto per scelta ma per amore e questa cosa me lo faceva ammirare ancora di più.
Saremmo partiti insieme per raggiungere Moana in Sicilia e da giorni pensavo che quel viaggio sarebbe stata l'occasione perfetta per confidarmi, per chiedergli cosa ne pensasse, per avere finalmente un amico. Le cose però andarono più velocemente del previsto, il destino non attese le lunghe ore di viaggio per fare il suo gioco e la sera prima di partire Berni mi propose di uscire a bere qualcosa dopo cena, io accettai preparandomi il discorso da fargli diverse ore prima.
La serata stentava a partire, sembravamo quasi due sconosciuti seduti allo stesso bancone del bar quando la barista, una donna sulla cinquantina, ruppe il ghiaccio rivolgendosi a entrambi e chiedendoci cosa ci facevano due bei ragazzi come noi tutti soli una sera di estate. Era solo una battuta. Risposi con una qualche frase fatta, ma lei si era già rivolta ad altri clienti lasciandoci nuovamente da soli con i nostri silenzi.
Berni sfruttò l’occasione per chiedermi cosa avessi, mi vedeva pensieroso.Era il momento di vuotare il sacco ma da dove partire?
Partii dalla battuta della barista,  rivolgendogli la stessa domanda: "Cosa ci facciamo qui da soli?"
Lui iniziò a parlare di Moana, di quanto l'amasse e di quanto al tempo stesso fosse difficile starle accanto per via del suo appetito sessuale che io certamente conoscevo bene. Io fui più vago riguardo a Laura e il discorso si spostò su come ci saremmo organizzati per partire ma già il suo accenno alla sessualità di mia sorella mi mise in agitazione.
La chiacchierata proseguì ormai piacevolmente, aiutata anche da un paio di bicchieri in più. Parlando di Moana si ritornava sempre ad argomenti sessuali. Gli feci qualche domanda apparentemente innocente, tipo se lui fosse soddisfatto, se avesse mai avuto desideri particolari. In lui cominciavo però a notare uno strano atteggiamento, ma sul momento non riuscivo, per la stanchezza e l’alcool a capirne gli intenti.
A bruciapelo mi chiese se avevo mai avuto dei rapporti con degli uomini. Stavo per negare, ma davanti a quello che stava per diventare il mio migliore amico confessai che avevo avuto fantasie di bisessualità quando mi masturbavo, ma c’erano sempre state anche delle donne coinvolte. Berni iniziò un discorso strano. "Sai bene che io amo tua sorella più di ogni altra cosa" io annuivo "e vedi per me l'amore non va troppo d'accordo con il sesso, almeno come lo intende lei. L'altro giorno mi ha confessato che mi vorrebbe più porco ma credimi io con lei davvero non ci riesco. Non che non voglia ma ho troppo rispetto delle donne per certe cose"
Ormai lo avevo durissimo e stavo per confessargli che mi sarebbe piaciuto vederli scopare, di nascosto, senza che lei lo sappia mai ma fui preceduto:
“Invece tra maschi è diverso. Tra maschi è più giusto essere porci"
Disse proprio così: è più giusto. Restai senza parole. Avrei voluto essere io quello con le rivelazioni sconcertanti e invece mio cognato concluse: "Mi piacerebbe scoparti stanotte. Ci vieni a dormire da me?”
La domanda mi colse di sorpresa. Rimasi impietrito per alcuni secondi. Cazzo, il fidanzato di mia sorella era un eterosessuale che non si faceva problemi a compiere anche atti omosessuali. Nelle mie fantasie però c’erano state sempre anche delle donne coinvolte. L’eccitazione era collegata al fatto che lo facessi per compiacere o per umiliarmi di fronte ad una femmina.
Lo guardai. Aveva quasi la mia età ma era più bello di me e mi immaginai come doveva essere senza la maglietta. Stavo pensando a cosa dovevo rispondere. A cosa volevo. Mentre me lo chiedevo sapevo già cosa avrei detto. Anche il mio cazzo conosceva già la risposta.
Per strada non riuscii a guardarlo in faccia. Di fatto non lo feci più per tutta la serata.
“Possiamo considerarla quindi come la tua prima volta? Non ti preoccupare, sarò dolcissimo.” Con questa frase furono chiari i nostri ruoli per quella notte. Io ero la verginella nelle sue mani. Mi baciò in bocca.
Appena entrati nella sua stanza feci per spegnere il cellulare quando quello squillò. Era Laura. Risposi imbarazzato, so che non sarebbe stata gelosa, ma questa situazione per il momento non avevo intenzione di dirgliela. Vidi che Berni per un attimo si spaventò, pensando che quella telefonata mi avrebbe fatto tornare sui miei passi. Poi, ascoltandomi, cominciò a spogliarsi. Fu nudo mentre io le stavo dicendo che avrei passato la serata da solo nella mia camera. Mi disse che avevo una voce strana. Il corpo di Berni intanto mi piaceva più del mio e un cazzo penzolante e molto promettente viste le dimensioni da moscio. Laura era a casa con delle amiche, si stavano divertendo, lo disse con malizia. In altre occasioni questo mi avrebbe fatto rizzare il cazzo e avrei fantasticato su una orgia saffica, ma il mio cazzo era già duro da tempo. Berni era andato intanto sotto la doccia.
Chiusi la telefonata con lei che continuava a dire che mi sentiva strano e io che dicevo che ero solo stanco. Mi spogliai ed entrai nella doccia. Fu subito strano il fatto che Berni mi trattò come io avrei trattato una ragazza vergine, tanti preliminari, tanta delicatezza, molte coccole. Mi insaponò, mi abbracciò, mi spinse da dietro contro la parete della doccia, tra le chiappe sentii il suo cazzo premere, ora ancora più grosso di prima.
Ci trasferimmo sul letto dove, dopo lunghe attenzioni dedicate al mio ano, mi inculò per la prima di tante volte per quella sera.
Io ero completamente in balia di lui. Mai mi ero abbandonato in questo modo forse perchè non sembrava un rapporto omosessuale. Lui era l’uomo, io facevo la donna. Si occupò poco del mio uccello anche se comunque venni diverse volte. Mi prese prima a pecorina, poi steso a pancia in giù. Dopo una pausa dalla quale si riprese grazie al mio lavoro di bocca, mi fece mettere in piedi con le mani contro il muro, poi di nuovo sul letto ma stavolta stavo sopra io.
Dormimmo abbracciati. Lo risvegliai al mattino leccandolo tra le chiappe. Mi chiese se volevo scoparlo. Risposi di no e gli offrii di nuovo il culo.
Rocco


domenica 30 agosto 2015

Un bagnetto innocente.


   Forse non vi ho ancora detto che Marica era una cantante reggae che riscuoteva un certo successo locale. Quando cantava si faceva chiamare Mama Marica, le sue serate, di solito in riva al mare, attiravano un sacco di gente. E  quel giorno in cui mi lasciai montare dal suo fidanzato la sera avrebbe cantato in una località balneare lì in zona. Prima di andare l'aiutai a indossare i suoi vestiti di scena. Aveva degli hot pants neri di pelle, abbottonati davanti con dei bottoni bianchi a vista. E di sopra aveva una camicia di canapa abbastanza scollata da mostrare un reggiseno a fascia. Ai piedi aveva dei vertiginosi tacchi a spillo. Mentre l'aiutavo ad abbottonarsi gli hot pants, infilando i bottoni nelle asole, decisi di vuotare il sacco per quanto riguarda la monta di quella mattina.
- Marica, io devo dirti una cosa.
- Spara.
- Non credo di essere stata molto corretta nei tuoi confronti.
- In merito a cosa?
- Stamattina io e Rachid abbiamo fatto una nuotata fino a raggiungere una grotta. Lui era nudo, aveva un erezione, capisci? Ce l'aveva duro per me. E allora non so cosa mi è preso, ma lui ha cominciato a sfilarmi il costume, e io non ho saputo oppormi. Ce l'aveva troppo duro, capisci? Sono una gran troia, lo so. Ma sappi che mi dispiace un casino.
- Ti sei fatta scopare da Rachid?
- Sì, amore mio. Lo so che stai pensando che sono una grandissima troia. Hai ragione, e ti chiedo di perdonarmi. Non succederà più.
   Marica mi sorrise bonariamente, intanto avevo finito di abbottonargli gli hot pants e ero passata a sistemargli la camicetta di canapa come voleva lei, aperta davanti.
- Amore, quello che fai con Rachid non me ne frega niente - mi disse.
- Cosa?! Ma è o non è il tuo fidanzato?
- Il mio fidanzato, accidenti Moana, che paroloni. Mica me lo sono comprato. Sì, stiamo insieme, ma questo non vuol dire che il suo cazzo è una proprietà privata. E neppure la mia vagina lo è.
- Insomma, siete una coppia aperta.
- Una coppia aperta? Moana, ma come parli? Sembra di sentir parlare mia nonna. Dai, cerchiamo di non perdere altro tempo. Il concerto inizia tra mezz'ora.
   Anche se non voleva accettare quella definizione, Marica e Rachid erano proprio una coppia aperta. Quindi era tutto ok. Non avevo niente da recriminarmi. Ma mi rimaneva ancora un pò di rimorso, perchè con Marica avevo risolto, ma con Berni? Cosa avrei raccontato al mio fidanzato di quella scopata nella caverna con Rachid? Certo, lui ormai era abituato alle mie scappatelle, magari avrebbe fatto una sfuriata di gelosia e sarebbe finita lì. Era sempre stato così comprensivo, e lo sarebbe stato anche questa volta.
   Il concerto di Marica, anzi Mama Marica, era in uno stabilimento balneare. Il palco su cui si sarebbe esibita era un piattaforma di legno collocata sulla sabbia, e il gruppo (composto da tre musicisti) era lì ad accordare gli strumenti. C'era un discreto numero di ragazzi che aspettavano che il concerto cominciasse. Diedi un bacio su una guancia a Marica per augurarle buona fortuna, dopodichè ci separammo. Lei sul palco e io tra la folla a ballare. Marica era davvero brava, il genere in verità non era vero e proprio reggae, ma una sua variante, il reggaemuffin, una specie di fusione tra reggae e rap, e Marica andava come un treno, le parole delle sue canzoni uscivano fuori a raffica, come una mitragliatrice. Era inarrestabile.
   Mentre ero lì che stavo ballando mi sentii le mani di qualcuno prendermi i fianchi, Conoscevo bene quella presa. Mi venne subito in mente la scopata di quella mattina con Rachid, le sue mani decise e sicure sui miei fianchi. Era lui. Mi voltai a guardarlo e lui mi sorrise. Aveva il cazzo premuto contro il mio culo, e lo spingeva avanti e indietro, come se mi stesse penetrando.
- Ciao bella puledra - mi disse.
- Ehi, ciao - non avevo tanta voglia di continuare quella storia con Rachid. Ci eravamo divertiti, tutto lì, era stato molto bello, ma non era nelle mie intenzioni dare un seguito a quella follia. E allora decisi di rivolgermi a lui senza lasciarmi prendere dalle emozioni, nella speranza che avrebbe capito come stavano le cose. Quello che c'era stato tra noi non poteva avere un seguito, soprattutto perchè io avevo Berni, e non sarebbe stato giusto nei suoi confronti.
- Ti va se facciamo un bagnetto? Magari nudi.
- Ascoltami Rachid - gli dissi allontanandogli le mani dai miei fianchi. - E' stato davvero bello quello che abbiamo fatto. Devo riconoscere che scopi proprio da dio. Ma non credo che questa cosa debba avere un seguito.
- E dai, solo un bagnetto - continuò. - Un bagnetto innocente.
- E va bene, ma non farti venire strane idee.
   E così ci allontanammo dalla folla per raggiungere un pezzetto di spiaggia appartato. Rachid iniziò a spogliarsi e io feci lo stesso. Quando si tolse le mutande mi accorsi che era in erezione. Il suo grosso palo era tutto dritto verso l'alto e reclamava i miei buchi,
- Dì un pò, ma ce l'hai sempre dritto tu?
- Quando sto con te sì. Che posso farci? Mi fai arrapare un casino.
- Che scemo.
   Eravamo entrambi nudi e entrammo nell'acqua scura della notte. Nuotammo un pò fino ad arrivare abbastanza distanti dalla riva. Da lì riuscivamo comunque a sentire e vedere il concerto, ma allo stesso tempo eravamo piuttosto lontani da tutti. Rachid mi cinse con le braccia da dietro e cominciò a baciarmi il collo, le sue mani scivolarono sulle mie tette e me le accarezzò con delicatezza. Il suo enorme palo premeva in mezzo alle mie natiche, pronto a entrare, reclamava il buco che ancora non aveva esplorato, il retto.
- Dai, stai buono. Non doveva essere un bagnetto innocente?
   Il suo glande gonfio e duro premeva contro il mio orifizio anale, si stava facendo strada dentro non senza difficoltà. D'altronde lui era troppo grosso, e io avevo sì esperienza nel sesso anale, ma non ne avevo mai accolto uno così grosso. E per questo motivo ebbi un sussulto di paura.
- No dai, dico sul serio. E' troppo grosso. Va a finire che me lo rompi.
- Ti prometto che faccio piano - rispose.
   E allora decisi di lasciarglielo fare, e lui iniziò a farsi strada dentro. Cercai di rilassare i muscoli del retto e chiusi gli occhi, e a poco alla volta sentii salirmi su per il culo quel palo enorme. Quando fu tutto dentro praticamente non riuscivo a muovermi, ne a dire una parola. Ero semplicemente paralizzata. E Rachid cominciò a farlo salire e scendere, in principio fece piano come mi aveva promesso, ma dopo un pò cominciò a fare sul serio e a pomparmi il culo di brutto come aveva fatto con la figa.
- Piano, sennò mi sfondi! - dissi, ma Rachid non ne voleva sapere di diminuire il ritmo della cavalcata. Piuttosto, per rendermi l'inculata più piacevole, con una mano raggiunse le mia fighetta e iniziò a sgrillettarmi. A quel punto fui sua. Avrebbe potuto fare di me ciò che voleva. Ci sapeva davvero fare. Iniziai a mugolare di piacere, e senza rendermene conto cominciai a dire un sacco di porcate per incitarlo a sgrillettarmi con più decisione.
- Sono tua - dissi. - Sono la tua cagna. Rompimi il culo, dai. Così.
   Rachid mi fece avere un sensazionale orgasmo. E l'intenso piacere mi fece dimenticare di avere il suo grosso cazzo piantato nel culo, fino alle palle, che saliva e scendeva. Ed ero così priva di forze che non riuscivo neppure a tenermi in piedi, e Rachid dovette tenermi su con le sue possenti braccia muscolose. Con le braccia mi teneva su e mi penetrava, spingendo il suo bacino avanti e indietro. Io avevo completamente perso i sensi. C'avevo il culo addormentato, sentivo solo un leggero formicolio, tanto che la prima cosa che pensai fu che me l'avesse rotto. Poi l'orgasmo lo raggiunse anche lui e mi fiottò nel retto. Sentii la sua sborra calda nel mio condotto anale, e a quel punto lo fece venire fuori e mi girai verso di lui, allacciandogli le braccia dietro il collo e cercando la sua bocca. Avevo voglia di baciarlo, e così le nostre lingue si incontrarono. Smisi soltanto quando ad un certo punto mi venne in mente Berni, e allora mi allontanai dalla sua bocca, e dissi che forse era meglio ritornare a riva. Mentre ci rivestivamo provai un pò di amarezza, perchè l'avevo fatto di nuovo, avevo tradito un'altra volta Berni. Ma promisi a me stessa che quella sarebbe stata davvero l'ultima volta. Sapevo benissimo che era una bugia, ma allo stesso tempo sapevo che dovevo impegnarmi, dovevo prendermi l'impegno di smetterla di farmi sbattere a destra e a sinistra, e diventare finalmente una fidanzata seria. Berni non se le meritava tutte quelle corna che gli mettevo.

Moana.

sabato 29 agosto 2015

La grotta.

(in foto: Sabrina, SunErotica.com)


   Ma chi si credeva di essere quel Rachid? Sfidarmi in una gara di nuoto. Gli avrei fatto vedere io. Dieci anni di nuoto non si cancellano facilmente. Mi tuffai in acqua e cominciai a nuotare. Andavo davvero forte, e raggiunsi la grotta in cinque minuti, e lui era ancora in alto mare, il pivello. Non sapeva con chi aveva a che fare. Non solo era un infedele cronico, era pure scarso nel nuoto. Mi guardai attorno, la grotta era davvero suggestiva. Le onde del mare sbattevano su un piccolo scoglio che nascondeva una rientranza di sabbia umida. Un luogo divino per fare l'amore, e chiaramente era quello che voleva Rachid. Voleva scoparmi. Lì eravamo lontani da Marica e avrebbe potuto avermi con tutta la tranquillità. Ma si sbagliava di grosso. Non glieli avrei dati mai e poi mai i miei buchi. Mi distesi sulla sabbia ad aspettare Rachid, e prendermi gioco di lui.
   Nella caverna si stava da dio. C'era una frescura paradisiaca e un venticello che mi accarezzava le gambe. Rachid riuscì a raggiungermi. Ero pronta a dirgli: "hai visto, pivello? Non puoi battermi a nuoto". Ma le parole mi si bloccarono in gola quando lo vidi uscire dall'acqua e entrare nella caverna. Non aveva più il costume e aveva un cazzo durissimo, enorme, svettante verso l'alto, con il glande gonfio e rosso. Era il prototipo di maschio alpha, e adesso stava reclamando ciò che gli spettava di diritto: me.
- Porca troia! - esclamai.
   Lui si mise lì davanti a me con i pugni sui fianchi e mi guardò, come a dire: "come vedi sono pronto. E tu?".
- Non so cosa ti sei messo in testa, ma mi sa che ti stai sbagliato di grosso.
   Rachid venne a stendersi su quel piccolo lembo di sabbia dove ero io. Cercai di mostrarmi indifferente a quel suo grosso cazzo, ma non lo ero. Il fatto che fosse lì accanto a me, bello duro, gigantesco, mi fece bagnare non poco. A quel punto Rachid prese il laccio del pezzo di sopra del mio costume e me lo tirò liberandomi le tette.
- Che fai?
   I miei tentativi di oppormi erano inconsistenti, così Rachid avvicinò la bocca alle mie tette e cominciò a succhiarmi i capezzoli, ad uno alla volta. Mugolai di piacere, era impossibile resistergli. A quel punto gli permisi anche di slacciarmi il pezzo di sotto. Ormai ero nuda come lui e allargai le cosce, senza pensarci, invitandolo a prendere possesso del mio corpo. E lui non se lo fece ripetere due volte e iniziò a sgrillettarmi con foga, e nel frattempo continuava a succhiarmi le tette.
- Non si può - dissi, ma senza crederci tanto. - Non è bello quuello che stiamo facendo. Non si può fare.
   Ma intanto lo lasciai libero di godere del mio corpo. Poi ad un certo punto smise e si alzò in piedi, piantandomi il suo grosso cazzo duro davanti alla faccia e lo usò per schiaffeggiarmi le guance. Dio mio che potenza ragazzi! Lo presi con una mano per tenerlo fermo e dritto e poi avvicinai la bocca per tempestarlo di baci, dalle palle, percorrendo l'asta fino a sopra, solcando le sue dure vene verdi, pulsanti di sangue caldo. Arrivata in cima lo feci scivolare in bocca. Mi stava dentro a stento, cominciai a sbocchinarlo, lui mi teneva una mano dietro la nuca e accompagnava i miei movimenti. Era talmente grosso che ebbi l'impressione di soffocare. Dopo averlo lavorato ben bene con la bocca mi prese un polso e mi fece alzare e mi fece mettere di spalle, con le mani contro la parete della caverna. A quel punto mi si mise dietro, mi prese per i fianchi e il suo palo si infilò in mezzo alle mie cosce. Entrò dentro il mio corpo attraverso la vagina, e quando fu completamente dentro mi abbandonai ad un lamento di piacere che rimbombò sulle pareti della caverna. Me lo sentivo in gola per quanto era grosso. Intanto aveva iniziato a pomparmi. Andava come un treno e ogni tanto mi schiaffeggiava le natiche. Stavo godendo troppo per capire che quanto stavo facendo era un tradimento nei confronti di Marica. E non me l'avrebbbe mai perdonato. Io intanto stavo impazzendo, Rachid era davvero un professionista, uno specializzato nel far godere  le donne, e io stavo avendo il privilegio di essere montata da lui. Era inarrestabile, una vera forza della natura. Ad un certo punto ebbi un orgasmo così intenso che mi misi a gridare come una matta, e Rachid mi tappò la bocca con una mano. Mi afflosciai sulla sabbia quasi svenuta dall'intenso piacere. Avevo il fiatone e chiusi gli occhi per qualche istante. Quando li riaprii vidi il grosso cazzo di Rachid davanti alla faccia. Se lo stava menando con l'evidente intenzione di sborrarmi in faccia. Non mi opposi minimamente, e a quel punto il suo abbondante seme mi schizzò sul viso. Ce n'era così tanto che mi riempì tutta e cominciò a colarmi da tutte le parti. Diversi schizzi mi erano finiti pure sui capelli. Il tempo di riprenderci e poi ripartimmo per raggiungere Marica. Avevo fatto una gran cazzata; mi ero fatta scopare dal fidanzato della mia migliore amica, che era quasi una sorella, e io l'avevo tradita. Mentre nuotavo pensavo proprio a quella cosa, e mi tormentavo, e pensavo al fatto che forse avrei dovuto confessargli le mie colpe. Aveva ragione Berni quando mi diceva che ero una gran puttana. Infatti era proprio quello che ero. Anzi, ero la regina delle puttane, che si fa scopare perfino dagli uomini delle amiche.
   Arrivammo sulla riva opposta dell'insenatura, dove era rimasta Marica. Rachid si infilò il costume che evidentemente aveva lasciato lì prima di partire per la caverna. Marica, che si era addormentata, riaprì gli occhi accorgendosi di noi e ci chiese dove eravamo stati.
- A fare una nuotata - disse Rachid.
- Una nuotata? - chiese Marica.
- Sì, solo una nuotata - confermai.
   Marica richiuse gli occhi e Rachid mi palpò il sedere, facendomi intendere che la prossima volta mi avrebbe fatto il culo. L'idea mi fece venire i brividi. Poi andò a stendersi al sole insieme alla sua fidanzata, e io mi misi a sedere su uno scoglio, scrutando l'orizzonte, e rimuginando su quello che avevo fatto. Dovevo trovare il sistema per dirlo a Marica. Solo allora mi sarei sentita in pace con me stessa.

Moana.
 

venerdì 28 agosto 2015

Rachid.


   Quando ritornammo dal mare era tardi; il tempo di cenare e poi ce ne andammo a letto. Mi svegliai alle nove del mattino, ero sola, mi ero addormentata in perizoma e reggiseno per il gran caldo. Mi alzai dal letto e andai verso la cucina, dove ero sicura di trovare Marica. E invece mi trovai di fronte ad un uomo dalla pelle scura, con un fisico da atleta, un volto un pò rude ma molto maschio. Era nudo e non potetti fare a meno di notare il suo grosso cazzo, che da moscio era grosso quanto il cazzo di Berni in erezione. Spalancai gli occhi e la bocca per la sorpresa di vedermi un toro di quella stazza davanti.
- Dio mio quanto è... grosso - dissi, ed ero incantata di fronte a tutto quel ben di dio, che non riuscivo a guardarlo in faccia. Facevo davvero fatica a togliere gli occhi da quell'enorme attrezzo. Non avevo mai visto una trave di quelle dimensioni, e solo all'idea di sentirmelo entrare dentro mi si cominciarono a bagnare le mutandine. - Ma tu chi sei?
- Sono Rachid, il fidanzato di Marica. Che c'e? - domandò guardandosi tra le gambe. - Non ne hai mai visto uno così?
- A dire il vero no - risposi. - Cavolo che bestia!
- Tu devi essere Moana - Rachid mi si avvicinò, mi annusò i capelli e mi accarezzò un fianco, fino a scendere verso le natiche. Infilò un dito nella sottile linea di stoffa del perizoma che stava in mezzo alle natiche, me la tirò, e poi la lasciò andare e quella con uno scatto si infilò di nuovo in mezzo alle chiappe. - Marica non mi aveva detto che eri una gran gnocca.
- Beh, che dire... - ero imbarazzatissima. - Grazie. Anche tu non sei niente male.
- Se cerchi Marica è fuori a prendere il sole.
   E in effetti la trovai fuori, nuda anche lei, su un'amaca che aveva montato in giardino tra due alberi robusti. Non le dissi niente di quello che mi aveva fatto il suo Rachid, ne di quello che mi aveva detto. Non volevo che Marica pensasse a male. Certo che però, nonostante fosse il suo fidanzato, si comportava proprio come se non lo fosse. Se Berni avesse fatto una cosa del genere con un'altra ragazza probabilmente mi sarei incazzata da morire. O forse avevo frainteso io quel gesto? Forse era il suo modo di fare, forse lo faceva con tutte. Forse il fatto che mi aveva detto che ero gnocca era solo un suo modo tutto particolare di essere gentile, e io mi stavo facendo tante pippe mentali. Certo non avevo mai conosciuto un ragazzo così sfrontato. Se ero davvero una sorella per Marica forse gliel'avrei dovuto dire. E allora mi preparai un discorsetto da farle. Le avrei detto chiaramente che il suo fidanzato aveva fatto lo stronzetto con me. Era giusto dirglielo, doveva saperlo. Se ero veramente sua amica dovevo dirglielo, e non potevo tenermelo per me. Doveva sapere che razza di uomo era il suo. Mi ero tanto convinta di questa cosa che stavo cominciando a parlare, ma lei fu più veloce di me.
- Che ne dici se andiamo al mare?
- D'accordo.
   Pensai che quella cosa poteva aspettare. E allora raggiungemmo il mare in auto. Guidava Marica, e Rachid era a fianco a lei, e ogni tanto mi lanciava certe occhiate porche che mi facevano sciogliere. Magari era uno stronzo che riempiva la sua fidanzata di corna, ma ci sapeva fare con le ragazze. Era uno di quei  ragazzi che ti facevano andare in ebollizione con uno sguardo. E poi se pensavo a quel palo che c'aveva in mezzo alle cosce, in ebollizione ci andava la mia vagina. Rachid era marocchino, in macchina mi disse che faceva il dj e si guadagnava da vivere suonando nelle discoteche.
- Come vi siete conosciuti? - domandai.
- Eravamo in discoteca, io ero lì per una serata - disse Rachid. - Ho visto Marica al bar e ho subito capito che dovevo farmela.
- Che stronzo che sei - continuò Marica. - Tutto qui? Volevi solo scoparmi?
- No, non solo scoparti, volevo proprio aprirti in due.
   Marica scoppiò a ridere. Io ero un pò perplessa. Anche perchè sospettavo che Rachid non fosse un uomo molto fedele. E me lo aveva dimostrato quella mattina annusandomi i capelli e giocando col mio perizoma. E se metteva le corna alla mia quasi cuginetta, non mi stava bene. Se in qualche modo da quella relazione ne sarebbe uscita ferita, sarei andata in bestia. Non potevo permettergli di fare del male alla mia Marica. Non potevo.
   Arrivammo in un posto di mare che si chiamava La Sporta, un'insenatura della costa disseminata di grotte, poco frequentata e per questo motivo molto tranquilla. Tutt'intorno era pieno di scogli, nessuna traccia di spiaggia. Rachid aveva cominciato a scherzare col mio costume, si divertiva a tirarmi il laccio del pezzo di sopra, che puntualmente cadeva a terra e io rimanevo con le tette di fuori. Questa cosa lo faceva divertire da morire, e Marica non diceva niente per farlo smettere. Ai suoi occhi quel gioco era assolutamente innocente. Per quanto provai a dirgli di smettere, lui continuava a farlo.
- E dai che c'e gente - dissi raccogliendo il costume per l'ennesima volta.
- E che te ne frega - rispose lui. - C'hai queste belle tette, perchè nasconderle?
   Era chiaro che quel gioco aveva un doppio fine. Il doppio fine ero io. Rachid ci stava chiaramente provando con me, sotto gli occhi indifferenti della fidanzata, che si stese al sole e chiuse gli occhi quasi per addormentarsi. Rachid mi indicò una grotta in lontananza, per arrivarci c'era una bella nuotata da fare.
- Che ne dici? Ti va di andarci insieme?
- No grazie, credo di aver capito che tipo sei. Mi ci vuoi portare solo per provarci. Ma sappi che io sono impegnata. Con me vai in bianco.
- Ah, ho capito. Non credi di farcela fin laggiù.
- Guarda che ho fatto dieci anni di nuoto. Ci metto poco ad arrivare fin laggiù.
- Ah sì? E fammi vedere.
- E va bene. Ma si va e si torna. Ok?

Moana.

 

giovedì 27 agosto 2015

Vacanze in Sicilia e nuove 
rivelazioni su mia madre.

(in foto: Eva Notty, Our Family Trust, NewSensation.com)


   Ci lasciammo quella brutta storia alle spalle, e poi finalmente arrivarono l'estate e le vacanze. La Sicilia mi aspettava. Dovete sapere che i miei genitori avevano un amico molto intimo di nome Franco che appunto abitava in Sicilia, e spesso ad agosto eravamo suoi ospiti. Franco aveva sposato una donna Etiope, e da lei aveva avuto una figlia di nome Marica, che aveva la mia stessa età e per questo motivo eravamo cresciute insieme, come due sorelle, e l'amore che ci univa era davvero straordinario. Marica era bellissima, aveva la pelle olivastra, quasi nera, un fascino esotico, e i capelli crespi di un africana. Aveva ereditato la bellezza e il calore dell'africa da parte di madre e della Sicilia da parte di padre. Aveva una fila di maschietti che avrebbero fatto di tutto pur di montarla.
   Arrivai all'aereoporto di Catania alle cinque di pomeriggio, da sola. Berni mi avrebbe raggiunta in un secondo momento. Marica era lì ad aspettarmi, ci abbracciammo in modo caloroso, poi sentii le sue mani percorrermi la schiena fino ad appoggiarsi sulle natiche. Me le palpò energicamente.
- Accidenti, c'hai sempre un culo divino!
   A quel punto gli allontanai le mani per non dare spettacolo, perchè eravamo pur sempre in un aereoporto davanti a migliaia di persone. Poi gli diedi un gran schiaffone sul suo di culo, che era bello morbido, burroso, e ogni volta non riuscivo a resistere alla tentazione di colpirlo con una gran pacca.
- Mai quanto il tuo - le dissi.
   Raggiungemmo casa sua in auto. Marica aveva una mano sul volante e con l'altra, quando non era sul cambio, mi accarezzava una gamba. Da sempre quello di accarezzarmi le gambe era il suo passatempo preferito, diceva che farlo la faceva sentire tranquilla, e io la lasciavo fare. Aveva un bel modo di accarezzarmele, leggero e continuo, e quando lo faceva mi sentivo speciale.
   Marica ormai abitava da sola; aveva una casetta in una località di mare, una villetta per la precisione, ma piccola, di un piano solo, e se devo essere onesta non era messa granchè bene, nel senso che avrebbe avuto bisogno di una riverniciata, e il giardino era incolto e pieno di cianfrusaglie. Marica non sembrava badarci molto alla cura della casa. Eppure era accogliente, calda. In quella intimità disordinata sembrava esserci una certa armonia che andava al di la del mondo, come se fosse un'altra dimensione.
   Marica mi fece entrare e cominciò a spogliarsi. La sua patatina era completamente depilata, e allora mi venne in mente che io la mia l'avevo lasciata incolta. Ormai mi ero affezionata al mio pratino. Quando mi spogliai anche io lei vide il mio folto cespuglietto biondo e mi sorrise. Venne verso di me e mi abbracciò, dicendomi che le ero mancata molto.
- Anche tu amore.
   Prima di uscire per raggiungere il mare mi disse che doveva farmi vedere una cosa, e allora mi prese per mano e mi guidò verso la camera da letto. Prese un album fotografico da un cassetto e allora io pensai che volesse mostrarmi le foto della nostra infanzia. Ma non era così. Aveva trovato quelle foto in casa dei suoi genitori. Ci mettemmo sul letto e a quel punto Marica aprì l'album e la prima foto che vidi fu quella di mia madre distesa su un letto, con le cosce oscenamente aperte, come se stesse offrendo il suo corpo a qualcuno. Completamente nuda, con le tette e la fighetta di fuori. Non potevo credere ai miei occhi. Perchè il padre di Marica aveva quella foto? Forse erano stati amanti?
- E questo non è tutto - mi disse, e svoltò la pagina, e trovai la risposta alla mia domanda. Mia madre nella stessa posizione di prima, ma questa volta al suo fianco c'era Franco, il padre di Marica, anche lui nudo, con un cazzo duro e sorprendentemente grosso, e ridevano, come due amanti felici. Nella foto successiva invece, sempre loro due, ma questa volta il cazzo di Franco era piantato nel corpo di mia mamma fino ai suoi grossi coglioni taurini. E ridevano ancora, erano felici.
- Certo che tua mamma era proprio una grandissima zoccola - mi disse Marica.
- Sì lo so, ma non avrei mai immaginato che lei e tuo padre... sì insomma, che lei e tuo padre fossero amanti.
- Accidenti che paroloni che usi! Guarda qui.
   Marica girò la pagina e mi mostrò un'altra foto dove c'era anche mio padre. Anche lui era nudo, ma aveva un ruolo passivo. Mentre mia mamma e Franco facevano l'amore lui era lì che guardava, e teneva mia madre per mano, amorevolmente.
- Certo che mia madre sarà stata anche una gran puttana, ma mio padre era un cornuto patentato - dissi e scoppiammo a ridere.
   Voltammo pagina e nella foto successiva c'era Franco sdraiato sulla schiena e mia madre sopra, con l'enorme palo di lui piantato nel culo nella sua interezza.
- Comunque tuo padre è un vero toro da monta, non c'e che dire.
- E tua madre è una gran donna.
- Sì lo è.
   Quelle fotografie erano davvero belle. Che i miei genitori fossero una coppia cuckold già lo sapevo, come già vi ho raccontato in precedenza, ma non avrei mai immaginato che Franco avesse partecipato ai loro giochi d'amore. Mentre guardavo quelle fotografie mi accorsi che Marica mi stava fissando, quasi rapita da chissà quali pensieri. E allora la guardai anche io e le chiesi se era tutto apposto. E allora mi disse una cosa che mi colpì tantissimo.
- Sei bellissima - mi disse accarezzandomi il viso. - Proprio come tua mamma. Mi picerebbe avere il cazzo per schizzarti in faccia.
- Cosa?! - scoppiai a ridere, invece lei era seria.
- Dico sul serio. Il tuo Berni non sa quanto è fortunato.
   Cinque minuti dopo eravamo sulla vespa di Marica, in direzione mare. Non facevo altro che ripensare a quelle foto. Ogni tanto spuntava fuori qualche tassello che mi aiutava a interpretare la vita dei miei. E se devo dirla tutta stava venendo fuori un quadro d'insieme piuttosto appassionante, nel senso che ad ogni tassello che si aggiungeva capivo quanto intensa fosse la loro vita amorosa. Il loro amore era davvero encomiabile. Quante coppie potevano dirsi soddisfatte sessualmente al cento per cento? Davvero poche. E i miei genitori non avevano problemi in questo senso. Più appagati di loro secondo me non c'era nessuno.

Moana.
 

mercoledì 26 agosto 2015

Il colloquio.

(in foto: Aubrey Gold, CastingCouch-X.com)


   E così Berni mi accompagnò al colloquio con il produttore di film hard. L'appuntamento era presso un ufficio al centro. Suonammo al campanello dell'ingresso e una segretaria ci fece accomodare dentro, ma ci disse che al momento il produttore era impegnato, così dovemmo aspettare nell'ingresso. Ci mettemmo a sedere su una panca di legno; la segretaria ritornò al suo posto, e cioè dietro una scrivania, dove si mise a scrivere delle cose sulla sua agenda. L'ufficio non aveva nulla di diverso da un comune studio di un medico. Le pareti erano bianche, e sulle pareti c'erano attaccati dei quadretti che ritraevano dei paesaggi di campagna. Io ero molto nervosa, perchè non sapevo cosa sarebbe successo di lì a poco, e soprattutto non sapevo come avrebbe reagito Berni. Mi avrebbe messo alla prova, in qualche modo? Chi lo sa. Addirittura pensai che probabilmente mi avrebbe chiesto di fargli un pompino, per vedere come me la cavavo con la bocca. E a quel punto ero più che sicura che Berni, di fronte a quella richiesta, avrebbe fatto un casino. Erano tante le congeture che mi feci in quei dieci minuti, prima di entrare nell'ufficio del produttore. E ogni tanto sentivo Berni che sospirava di insofferenza.
- Stiamo facendo una pazzia - disse ad un certo punto. - Ma che ci siamo venuti a fare qui? Se quello prova a metterti le mani addosso, ti giuro che...
- Ma no, vedrai che sarà solo un colloquio innocente.
- Sì ma io non capisco. Se quello ti dice che sei perfetta per un suo film, tu che fai?
- Dai, non lo so. Vedremo. Intanto voglio vedere cosa mi dice. Sono solo curiosa. Tutto qua.
   Il produttore uscì dall'ufficio. Era un uomo di mezza età, messo bene di corpo se devo essere onesta. Molto imponente. Ci disse di accomodarci nel suo studio. Una volta dentro chiuse la porta alle nostre spalle. Nell'ufficio c'era una scrivania, e sopra c'era una videocamera accesa che stava già filmando tutto. Quindi tutto quello che ci saremmo detti sarebbe stato registrato. Ci fece accomodare su un sofà, proprio di fronte alla videocamera. Il produttore iniziò con le presentazioni di rito, e quindi ci parlò della sua casa di produzione, che esisteva da ben dieci anni e aveva un discreto successo presso gli amanti del genere. Certo, ci tenne a precisare, il mondo dell'hard era in grosse difficoltà economiche, eppure c'era ancora un'imponente numero di appassionati.
- Ma cosa vogliono questi appassionati? - domandò, e io e Berni ci guardammo negli occhi, perchè non sapevamo cosa rispondere, e allora lui andò avanti. Gli appassionati, ci disse, volevano il made in italy, vere ragazze italiane. Merce rara nel settore del porno. Proprio per questo motivo, quando Ramona Centofoglie gli aveva parlato di me, che avevo diciotto anni ed ero italiana puro sangue, lui si era subito detto interessato ad incontrarmi. - E devo dire che Ramona ci ha visto bene. Moana, tu saresti davvero perfetta per questo settore. Sei davvero molto carina.
- La ringrazio.
- Moana, parlami un pò di te. Raccontami delle tue esperienze. Pratichi il sesso anale? - mi domandò, non curante della presenza del mio fidanzato.
- Sì, io e il mio fidanzato lo abbiamo fatto. Ma solo una volta - sì, però mi dimenticai di dire che l'avevo fatto anche altre volte con altri uomini. O meglio, non lo dissi perchè c'era Berni lì accanto a me.
- Quindi non sei molto pratica. E con la sborra che rapporto hai?
- In che senso?
- Ti piace?
- Oh sì, mi piace.
- Voglio dire... ti piace riceverla in faccia?
- Non ho nessun problema a farlo.
- Molto bene. Senti, cosa ne dici di toglierti il vestitino? Così mi fai vedere come sei fatta.
   Guardai Berni, il quale fece un grande sospiro di insofferenza. A quel punto si intromise nel colloquio e si rivolse al produttore dicendogli che io ero la sua fidanzata, e che il fatto che mi spogliassi di fronte ad un estraneo era una cosa totalmente inopportuna.
- Io credevo che Moana lavorasse in uno strip bar - disse.
- Sì, è così - rispose lui seccato.
- E allora dov'è il problema? Il fatto di spogliarsi di fronte ad estranei chiaramente è una cosa che fa di frequente.
- Sì, ma qui si tratta di un colloquio per un porno.
- Io credo che solo Moana può decidere se farlo o meno - poi si rivolse a me. - Moana, e allora?
   A quel punto mi alzai dal sofà e senza pensare al fatto che c'era Berni davanti mi sfilai il vestitino, restando in perizoma e reggiseno. Aveva ragione il produttore. Solo io potevo decidere se farlo, e se a Berni non andava bene poteva trovarsi anche un'altra fidanzata. Io ero fatta così. Volevo fare quell'esperienza. Non sapevo dove mi avrebbe portata, ma intanto volevo provarci. Solo io potevo decidere. Aveva proprio ragione. Chi era Berni per decidere delle mie sorti?
- Moana, ma cosa fai? - mi domandò.
- Amore, io voglio farlo. Se non vuoi vedermi mentre lo faccio, allora aspettami fuori.
- D'accordo - disse alzandosi dal sofà e raggiungendo la porta. - Non voglio vederti cadere così in basso.
   Berni uscì sbattendo la porta, così rimasi da sola con quell'uomo, praticamente nuda ad eccezione della lingerie. Lui mi guardò con una certa insistenza e ad essere onesta mi fece sentire molto in imbarazzo. Ero molto turbata, anche perchè continuavo a pensare a Berni che era appena uscito, e che mi aveva lasciata da sola nelle mani del produttore di film hard. E pensai al fatto che quando il colloquio sarebbe finito, probabilmente sarei uscita e non avrei più trovato il mio fidanzato. Solo all'idea mi veniva da piangere, ma cercai di trattenermi, ma nonostante tutto sul mio viso si leggeva chiaramente la mia amarezza.
- Sei davvero molto bella - mi disse. - Hai davvero un bel corpo. Adesso però vorrei che togliessi anche il perizoma e il reggiseno.
   Lentamente tolsi anche quelli. A quel punto ero completamente nuda. Il produttore mi disse di girarmi perchè voleva vedere com'ero messa di culo, e allora mi girai di spalle e gli feci vedere. Lui mi disse che era un capolavoro e me lo colpì con uno schiaffone molto energico che mi fece sussultare. Da quella posizione non potevo vederlo, ma ad un certo punto sentii il suono di una cerniera, e mi disse di voltarmi. Aveva appena tirato fuori dai pantaloni il suo cazzo. Era in erezione, lo teneva in mano, lo impugnava con un certo orgoglio. In effetti era una gran bella sventola.
- Mi piacerebbe molto vedere cosa sai fare con la bocca. Ti va?
   Mi inginocchiai davanti a lui e mi ritrovai la sua grossa mazza puntata sulla faccia. Glielo presi in  mano e cominciai a masturbarlo, poi lo misi in bocca e cominciai a sbocchinarlo. Con la lingua gli solleticai il frenulo e gli accarezzai i bordi della cappella, e lui mi disse che ero proprio una pompinara, e allora continuai, non curante del fatto che Berni poteva essere lì fuori, e che magari poteva rientrare da un momento all'altro. Però ormai mi ero buttata in quella situazione, e non potevo più tirarmi indietro. Dovevo andare fino in fondo. E forse chissà, sarei diventata una pornodiva molto famosa. Forse grazie a quel pompino che stavo facendo sarei diventata celebre in tutto il mondo. E così decisi di dare il meglio. Lo feci uscire dalla bocca e con la punta della lingua percorsi tutta l'asta. Poi lo presi con le dita alla base e me lo picchiettai sulle guance, e lui mi disse che ero proprio una troia nata. Quel pompino forse mi sarebbe costato caro nel senso che avrebbe rovinato la relazione che c'era tra me e Berni. Forse Berni meritava una fidanzata migliore, e non una "troia nata". Mentre pensavo quelle cose il produttore si prese il cazzo in mano e cominciò a masturbarsi, proprio davanti al mio viso, fino a fiottarmi sulla faccia. I suoi schizzi densi e copiosi mi coprirono tutta. Ce l'avevo ovunque.
- Che maiala - disse.
   Dopo essere venuto si rimise il cazzo nei pantaloni e mi disse che potevo rialzarmi e rivestirmi. Mi parlò di un film che stava pianificando dal titolo "Sorche d'assalto", e mi disse che mi avrebbe dato una parte, ma dovevo fare il test dell'HIV. Quello era d'obbligo. Lo facevano tutti gli attori porno, e quindi avrei dovuto farlo anche io. Una volta ottenuti i risultati allora avremmo cominciato a girare. Ma all'improvviso dissi:
- No.
- Come sarebbe a dire?
- Non farò nessun film porno.
- Hai cambiato idea? Perchè?
- Perchè non sono una "maiala", come dici tu.
- Ah no? Ma se mi hai appena fatto venire con la bocca.
- Sì ma comunque non sono la "tua" maiala. Io sono una ragazza come tutte le altre. E ho un fidanzato, e lo amo. E adesso se permetti, me ne vado. Addio.
   Uscii dall'ufficio e, come avevo previsto, Berni non c'era più. Mi rassegnai. Questa volta l'avevo fatta davvero grossa. Se n'era andato, e probabilmente non l'avrei rivisto più. Uscii nell'androne del palazzo e presi l'ascensore, e scesi fino al piano terra. Fuori c'era un giardino, e mi accorsi che Berni era lì, seduto su una panchina, piegato in avanti, con la testa tra le mani. Corsi verso di lui ad abbracciarlo con tutta la forza che avevo, quasi supplicandolo di non lasciarmi, e di perdonarmi di quella grossa stronzata che avevo fatto.
- Non farò nessun film, te lo prometto.
- Dici davvero? - Berni era così contento che mi diede una raffica di baci sul collo e mi strinse forte tra le sue braccia.
- Certo che dico davvero - risposi. - Sono tua, solo tua.
- Ti amo Moana.
- Anch'io ti amo. Da morire.

Moana.   
 

martedì 25 agosto 2015

Mangiami.


   Ramona Centofoglie ci mise poco a contattarmi. Mi disse che aveva parlato con quel produttore di film hard, il quale si era detto interessato a incontrarmi per un colloquio. Ma questa volta non avrei preso alcuna decisione senza prima aver parlato con Berni. Gli stavo nascondendo troppe cose, e questo non era certo un bene per la stabilità della coppia. Dovevo stare attenta a quello che facevo. Di quello che c'era stato tra me e Jay non gli avevo detto niente. Ero scura che non avrebbe mai accettato una cosa del genere. Invece per il colloquio dovevo dirgli tutto. Doveva sapere, e io avevo l'obbligo di dirglielo. Che poi in verità non avevo neppure tanta voglia di fare quel colloquio, perchè l'idea di fare un film porno era davvero una cosa che non mi interessava. Ero spinta più che altro dalla curiosità e da Ramona, che al telefono mi aveva fatto il lavaggio del cervello.
- Dovresti davvero farlo, perchè una come te, con il tuo corpo, diventerebbe subito una diva del settore.
- Ma io non voglio diventare una diva dell'hard.
- Ah no? Guarda che si guadagnano un bel pò di soldini, tesoro mio. Ma poi scusa, a te cosa ti costa? Intanto vai a fare questo colloquio. Se ti interessa bene, sennò niente.
- Il problema è che devo riuscire a convincere il mio Berni.
- Provaci. Sono sicura che non saprà dirti di no.
   E quindi quella sera lo feci venire a casa. I miei non c'erano, e io avrei potuto lavorarmi il mio Berni con tutta la calma. C'era solo un modo per convincerlo. Per l'occasione decisi di preparare una cena speciale a lume di candela. Indossai un vestitino da sera porchissimo, tutto aperto dietro che mi si vedeva la schiena nella sua interezza e anche un pò di natiche. Davanti aveva uno scollo tremendo, che le tette mi stavano dentro a stento, praticamente una parte delle aureole dei capezzoli restavano fuori. Da mangiare avevo preparato crema di asparagi, crema di riso, frullati di frutta, crema di peperoncino, insomma niente di solido, e poi vi spiegherò perchè.
   Berni arrivò alle otto di sera. Quando andai ad aprirgli la porta e mi vide vestita in quel modo porchissimo allora cominciò a preoccuparsi.
- Perchè ti sei vestita così? - mi domandò.
- Come "perchè"? Perchè voglio che questa sia una cena speciale.
- Hai qualcosa da farti perdonare per caso?
- Ma che dici? No! - e invece sì, la lista era lunga, a cominciare dal fatto che mi ero fatta scopare da Jay, e che mi aveva pure sborrata dentro. Ma quella storia avevo deciso di non rivelargliela. Lo so che non era giusto, perchè lui era il mio fidanzato e quindi aveva il diritto di sapere. D'altronde non gli avevo detto neppure della faccenda del pompino da duecento euro che avevo fatto al cliente dello strip bar. Non avevo il coraggio di dirgli quelle cose. Ma la storia del colloquio con il produttore di film porno, quella non gliel'avrei nascosta. Avevo organizzato la cena proprio per quel motivo.
   In ogni modo feci entrare Berni e lo portai in cucina, l'antro magico di mio padre. Il mio papà era un grande cuoco; era stato lui a insegnarmi a cucinare. E adesso, sapendo che avrei fatto delle cose porche insieme al mio fidanzato, proprio nella "sua" cucina, mi dava una strana sensazione. Berni subito passò in rassegna tutte le cose che avevo preparato, e si accorse con un certo stupore che (come dicevo prima) non c'era niente di solido. Erano tutti passati. E a lui non piacevano molto i passati.
- Lo so che non ti piacciono i passati, ma ti assicuro che stasera cambierai idea - gli dissi.
- E i piatti dove sono?
   In effetti in tavola non avevo messo i piatti, e neppure le posate. Quella sera non ci sarebbero serviti a nulla. Spostai le spalline del vestito e me lo lasciai scivolare a terra, restando completamente nuda. Berni diventò bianco, non se lo aspettava. Certo, lo sapeva benissimo che prima o poi mi sarei tolta il vestito per concedermi a lui, ma forse non si aspettava che lo avrei fatto subito, prima di cena. A quel punto mi distesi sul tavolo e con una mano raggiunsi una ciotola con la crema di asparagi, e me ne spalmai una cucchiaiata sulla vagina.
- Ecco, serviti pure - dissi e allargai le gambe per offrigli la cena.
   Berni devo dire sembrò molto scettico, poi si inginocchiò davanti a me, con il viso in mezzo alle mie cosce e iniziò a leccarmi la vagina, e quindi la crema di asparagi che c'era sopra. Sentii la sua bocca affamata succhiare sia la crema che le mie labbra di sotto, e quando ebbe finito gliene misi ancora, e lui continuò a succhiarmela. Iniziai ad ansimare di piacere, mi stava facendo godere con una matta. Col cazzo non ci sapeva fare molto, però con la bocca Berni davvero era bravo. Pochi uomini me l'avevano leccata come faceva lui. Dopo gli asparagi misi una cucchiaiata di frullato di frutta, e a quel punto mi fece venire copiosamente. A quel punto toccava a me, così gli sbottonai i pantaloni e lo feci sedere sul tavolo. C'aveva il cazzo durissimo, e lo cosparsi di crema al peperoncino e cominciai a pompare con la bocca. Gli pizzicava da morire, ma i miei baci, i miei risucchi, erano più piacevoli del fastidio che provava. Gliene spalmai anche sulle palle, e gliele leccai da cima a fondo. Dopo il peperoncino ci feci colare su una cucchiaiata di cioccolata, e presi il glande in bocca. Sentivo che stava per sborrare. Sentivo il cazzo gonfiarsi, mi lasciai schizzare in bocca. Sentivo il suo sperma invadermi dentro, copioso, e poi lo ingoiaia insieme al cacao. Eravamo venuti entrambi, e così ce ne andammo a letto, sul letto dei miei. A quel punto l'avevo lavorato abbastanza bene. Avrei potuto dirgli qualsiasi cosa, e così vuotai il sacco.
- Sai, mi hanno proposto di fare un colloquio.
- Che colloquio?
- Un colloquio per un film porno.
- E tu hai rifiutato, spero.
- In verità no.
- Come sarebbe a dire? Non se ne parla proprio. Non farai nessun colloquio.
- Dai Berni, non essere geloso. Si tratta solo di un colloquio. Voglio vedere cosa mi dicono. 
- Vuoi toglierti questo sfizio, non è così? D'accordo, ma ci vengo anche io. Non te lo permetto di andarci da sola. Vediamo cosa ti dicono, e poi si va via. Ma tu non farai nessun film porno. Tu sei la mia fidanzata, non una pornostar. Mettitelo bene in testa. 
- Va bene.

Moana.

lunedì 24 agosto 2015

sabato 22 agosto 2015

La fontana.


   E venne il fine settimana. C'era una serata speciale allo strip bar di zio Giuliano. Infatti, come aveva già annunciato, la serata sarebbe stata arricchita dalla presenza di una star del porno: Ramona Centofoglie. Ma chi era Ramona Centofoglie? Non ne avevo la più pallida idea. Devo essere onesta, non conoscevo molto bene il cinema porno. Conoscevo i nomi più famosi, tipo Franco Trentalance, ma solo perché aveva fatto l’isola dei famosi. Conoscevo Rocco Siffredi, perché tutti ne parlavano, tutti invidiavano il suo pene. Ma non avevo mai sentito parlare di Ramona Centofoglie. E quel giorno l'avrei conosciuta. Ramona era già nel camerino. Quando entrai scoprii finalmente com’era fatta e mi resi conto che non me l’aspettavo così. Immaginavo che le pornodive fossero delle donne perfette, biondo platino, slanciate, con cosce lunghe e affusolate. E invece Ramona era tozza; aveva un bel seno, certo. Ma era tozza. Aveva un naso grosso e i denti storti. Aveva dei folti capelli crespi castani, e indossava un corpetto in lattice che le stringeva le tette quasi fino a farle esplodere fuori.
   Jay me la presentò. Era molto cordiale. Non ci conoscevamo neppure e lei già cominciò a chiamarmi “tesoro”, e mi baciò sulle guance, e mi disse che ero molto bella. E poi mi disse che aveva sentito parlare molto bene di me da Jay. Ramona aveva un bell’odore, di maturità direi. Di sapone di lavanda e di sesso. Aveva parecchia ciccia sparsa su tutto il corpo. Le braccia, per esempio, erano piene di ciccia. E i fianchi, e le gambe, era bella tonda, Ramona.
- Jay mi ha detto che il pubblico ti adora – mi disse.
- Beh, questo non lo so. Io faccio del mio meglio.
- Ne sono sicura – continuò lei. – Io sono ormai dieci anni che faccio film hard, e posso garantirti che in te vedo delle qualità.
- Dieci anni? Accidenti. È tanto.
- Sì, è parecchio. Ma come vedi, faccio anche spettacoli nei strip bar, e su richiesta faccio anche feste di addio al nubilato e feste per bambini.
- Ho capito bene? Feste per bambini?
- Sì, feste per bambini – rispose. – Adoro i bambini. E loro adorano me quando metto il costume da clown. Sono brava, sai? Sono molto abile nel fare coi palloncini gli animaletti dello zoo, e quelli si divertono da morire.
- Ma come fai a conciliare le feste per bambini con le feste per “adulti”?
- Gli uomini e i bambini sono uguali. Sono immaturi allo stesso modo. Comprendi? L'importante e saperli fare divertire. Bene. E adesso che ci siamo conosciute meglio, mi faresti un favore grande come una casa?
- Certo, Ramona. Per una professionista come te farei qualunque cosa.
- Sei un amore. Ebbene, potresti prendermi una Coca al bar? Con il ghiaccio, per favore.
- Arriva subito.
- Io prendo un whisky – disse Jay, che intanto si era messa davanti allo specchio a farsi bella coi trucchi.
- Jay, forse è meglio un succo d’ananas. Cosa ne dici?
- Odio l’ananas. Voglio il whisky, tesoro. Grazie.
   E così raggiunsi il bar e ordinai una Coca e un whisky. Un uomo mi raggiunse in tutta fretta e mi si piazzò dietro le spalle tanto da sentire il suo alito caldo sui capelli.
- Sei bellissima stasera, Moana – mi disse.
   Era di nuovo lui, l’amministratore. Me ne accorsi senza neppure guardarlo. Mi bastava sentire la sua voce che mi dava subito una specie di scossa, una vibrazione negativa. Gli chiesi cosa voleva, e lui mi rispose che era venuto per me, e che dopo avrebbe voluto portarmi in albergo. Non gli risposi e allora lui insistette. Me lo disse di nuovo. Voleva stare con me tutta la notte, e fare con me tutto quello che non avevamo fatto quella volta in macchina.
- Dai, lasciami stare. Ma non ti vergogni? Potrei essere tua figlia. 
- Si tratta di Jay? Perché ti fai influenzare così da lei? Stai attenta a quella lì. O dovrei dire a quello lì. Jay è un uomo, come me. Jay vuole da te la stessa cosa che voglio io, e tu lo sai bene. Fai solo finta di non capirlo.
- Jay è solo un’amica. La mia migliore amica.
- Jay è una che sta facendo di te quello che vuole, e tu sei tanto stupida da non accorgertene.
   Presi la roba dal bancone e ritornai nel camerino senza neppure salutarlo. Diedi la Coca a Ramona.
- C’è qualcosa che non va, amore?
- No, va tutto bene. Sono solo un pò preoccupata.
- Vedrai, passerà.
   Andai verso Jay che si stava truccando e lei mi sorrise. Quella sera avrebbe fatto di nuovo il suo bel figurone. Ma era indubbio che tutti aspettavano Ramona. Tutti pazzi per Ramona. Faceva uno spettacolo di magia che voi neanche vi immaginate. In genere lo faceva ogni volta che si esibiva, e veniva gente da tutte le parti per vederglielo fare.
   Per quanto mi riguarda mi ero esercitata molto per il mio numero. Fui la prima a uscire sul palco e il pubblico esultò. Mi conoscevano ormai, mi chiamavano per nome, mi dicevano “faccela vedere, Moana!”. E applaudirono le mani, fecero dei fischi da stadio, mi incitarono a tirare su il mio vestitino a fiori. E io girai intorno al palo sculettando un po’, e poi tirai su l’orlo del vestitino, ma non abbastanza da fargli vedere il “cespuglietto”, come lo chiamavano loro. Il cespuglietto. Andavano matti per il cespuglietto.
- Volete vedere il cespuglietto? Eccolo qua.
   Zac! Tirai su il vestitino e si alzò un boato d’approvazione.
- Avete ragione, avete ragione! Ho ancora le mutandine. Va bene, ora le tolgo.
   Misi i pollici dentro l’elastico degli slip e feci finta di abbassarli, poi li rialzai e feci un altro giro intorno al palo. Poi di nuovo, li abbassai e li rialzai, e il pubblico si scannava, si facevano avanti, perché sapevano che poi avrei lanciato verso di loro le mie mutandine. Poi finalmente... Ta-dah! Giù le mutandine. Grande esultanza. Le feci roteare nell’aria e poi le lanciai verso di loro, i quali come una folla di affamati ci si avventarono sopra come se fosse un pezzo di carne. A poco alla volta sfilai il vestitino e lo tirai dietro le quinte.
- Quello non ve lo posso dare - dissi, ma loro da sotto il palco mi chiedevano pure quello. - No dico davvero. Non lo avrete mai. Ci sono troppo affezionata. Me lo ha regalato la mia nonna - e quelli continuarono a insistere. Volevano il vestitino. - Non posso darlo via in questo modo. Non fate gli stupidi. È mio.
   Feci dei giri intorno al palco e guardai verso di loro. Gli domandai se erano pronti per un po’ di pioggia. Loro non capirono, e allora glielo domandai ancora. E allora mi risposero di sì. Siete pronti? Allora mi avvicinai agli spalti e allargai le cosce, spinsi il bacino in fuori e il busto all’indietro. Con due dita mi allargai la vagina verso di loro e iniziai a fare la pipì, che sgorgò limpida e calda come da una fontana, come se io fossi una fontana rigogliosa, e il pubblico impazzì, si scannarono pur di mettersi con la bocca sotto il getto d’urina.
- Con calma ragazzi, ce n’è per tutti - dissi.
   Cavolo, me la stavo tenendo dalla mattina. E infatti il fiume sgorgava in modo pazzesco, e non sembrava volersi fermare, e quelli lì sotto la prendevano nelle loro bocche, come degli assetati che avevano attraversato un deserto infernale. Era il delirio. Non avrei mai pensato di renderli così felici con quel trucchetto. Jay c’aveva ragione. Era stata lei a mettermi in testa quell’idea. Jay aveva sempre ragione, cavolo. Aveva tanti difetti, ma sul sesso ci capiva meglio di chiunque altro.
   Il getto di urina stava finendo, diventava un rigagnolo e usciva debolmente, fino ad arrestarsi del tutto. Un uomo si sporse con la testa in mezzo alle mie cosce per riuscire a cogliere con la lingua fino all’ultima goccia. Ma arrivò la security e lo prese con la forza facendolo ritornare a posto. E così si concluse il mio numero. Salutai il pubblico e me ne ritornai dietro le quinte, sommersa da un applauso del tutto surreale, come se fossi io la star, e non Ramona, la quale era rimasta totalmente sorpresa da quello che avevo fatto, e mi si parò davanti applaudendomi e complimentandosi vivamente. Mi disse che ero bravissima, che non aveva mai visto nulla del genere, brava brava, continua così. Jay mi venne in contro con un accappatoio e me lo avvolse intorno al corpo, mi baciò una guancia con affetto e mi disse che ero stata sensazionale.
   Dopo era il turno suo. Salì sul palco vestita come una sposa, con un lungo abito rosso scollato, con le tette che cercavano di uscire fuori dal corpetto. La folla esultò e Jay si fece avanti alzandosi l’abito e facendo vedere loro il grosso pacco, il rigonfiamento sotto quelle mutande nere in lattice. Ce l’aveva duro e i suoi fans allungarono le mani, mossi da un irrefrenabile istinto di toccarglielo, quello scettro del potere, quel simbolo della potenza e della fertilità.
   Ramona Centofoglie fece un numero davvero speciale. Un numero che a raccontarvelo vi sembrerà incredibile. Ebbene, volete sapere di cosa si tratta? Va bene. Adesso ve lo dico, ma non vi darò alcuna spiegazione scientifica, perché al momento non ne ho nessuna. Ramona arrivò sul palco già nuda con una sedia e una bottiglia di Coca, si mise a sedere e allargò le cosce, infilò la bottiglia nella vagina e a poco alla volta il liquido le scompare dentro, e poi ad un certo punto lo sputò dalla bocca a grandi getti, facendola arrivare sul pubblico. Era la cosa più impressionante che avessi mai visto in vita mia. Era chiaro che era un trucco di prestigio che tutt'ora non riesco a spiegarmi. Eppure fu proprio quello che vidi coi miei occhi. Era un numero che non aveva prezzo, uno spettacolo che sbancava in ogni strip bar.
   Alla fine dello spettacolo Ramona mi chiese il numero di telefono. Ci intrattenemmo a parlare e mi disse che avrebbe voluto presentarmi un produttore di film hard che sarebbe potuto essere interessato a me. Io le dissi che non mi interessava il cinema porno, ma lei insistette. Disse che dovevo conoscerlo assolutamente, quello lì. Era un uomo estremamente capace e abile, e anche molto rispettoso. Ramona mi riempì la testa con un fiume di parole, mi disse che avrei potuto guadagnare molto bene.
- Quanto bene?
- Molto – rispose lei. - Senti, rimaniamo che ci sentiamo domani. Ti chiamo io, tu non devi pensare a niente. Non so perché lo faccio, tu sei una ragazza speciale. Forse è perché, data l’età, potresti essere mia figlia. È per questo che voglio aiutarti.
- Grazie Ramona, sei molto gentile. Ma non ti nascondo che sono molto scettica.
- No, non devi esserlo. Ti faccio diventare una regina, parola mia. A proposito, io adesso devo scappare. Ho un appuntamento. Tu intanto salutami Jay, d’accordo?
- A proposito, ma dove si è andata a ficcare Jay?
   Vidi zio Giuliano venire verso di me.
- Sono molto fiero di te - mi disse. - All'inizio, quando mi sei venuta a dire che volevi lavorare qui ho pensato che non ne saresti stata capace. Hai fatto proprio un buon lavoro. Rimanga tra me e te, ma sei meglio di tutte le altre messe insieme.
- Non esageriamo zio. C’è Jay che è davvero brava.
- Siete sullo stesso piano. Siete le protagoniste delle serate del bar. E questa – mi disse riferendosi ad una busta con del denaro dentro (il mio stipendio), - te la sei davvero meritata. Dico sul serio.
- Hai visto Jay, per caso?
- Sì, l’ho vista uscire un paio di minuti fa. È andata a fumare una sigaretta, credo.
   Non immaginate quanto ero felice! Quella busta era mia, tutta mia! Me ne andai in un angoletto del camerino e la aprii, ci guardai dentro e la richiusi subito stringendomela al petto. C'erano più di mille euro lì dentro.

Moana.

venerdì 21 agosto 2015

Nuovi orizzonti.

(in foto: AJ Applegate, Epic Asses, NewSensation.com)


   Mentre sbocchinavo il mio fidanzato, come non avevo mai fatto prima, e cioè in modo volgare, facendo schioppettare le labbra sul glande e risucchiando, vidi una lucina rossa che lampeggiava. Una specie di led, era proprio lì davanti a noi. Non so se Berni l'aveva notata, ma io l'avevo notata e come, e avevo anche capito di cosa si trattava. Era una telecamera; il signor Paco stava riprendendo la nostra monta. Non dissi niente a Berni, altrimenti non avrebbe fatto piu' niente. La nostra intimità stava per essere violata, il nostro amore sarebbe stato scolpito in un volgare sex-tape. Ma quali erano le intenzioni di Paco? Lo avrebbe tenuto per se o lo avrebbe messso in rete? Qualsiasi fossero le sue intenzioni pensai che ormai non potevamo più tirarci indietro. Tanto valeva fare una buona performance. Ma Berni non ci stava, praticamente stavo facendo tutto io. Dovevo fare in modo da fare uscire il porco che era in lui.
- Prendimi per i capelli - sussurrai.
- Cosa?!
- Sì dai, trattami come una puttana.
- Ma Moana, tu sei la mia fidanzata, io non posso...
   Cavolo, da Berni non avrei ottenuto niente. E la videocamera ci riprendeva, e io volevo dare il massimo. Ma il mio fidanzato doveva svegliarsi. Guardai l'immagine di Paco riflessa nello specchio, sembrava deluso, si smanettava contro voglia. Ma io ero la figlia di Sabrina Bocca e Culo, e non potevo permettermi di essere ripresa da una telecamera senza dare il meglio del mio corpo. Così decisi di giocarmi la carta della provocazione. Avrei fatto imbestialire Berni a tal punto da fargli uscire fuori il porco che era in lui.
- Lo so che sono la tua fidanzata, ma ciò non toglie che sono una puttana. Ti devo ricordare di tutte le volte che ti ho messo le corna?
- E' acqua passata, amore.
- Mica tanto. La settimana scorsa ho sbocchinato un cliente dello strip bar per denaro. Ben duecento euro.
- Cosa?! E' una bugia.
- No, niente affatto. E l'altro ieri invece mi sono fatta montare da due uomini contemporaneamente. Uno in figa e uno in culo - questa invece era una bugia, ma funzionò alla grande perchè mi afferrò per i capelli e mi tirò la testa indietro, in modo da guardarmi negli occhi.
- Non è vero! - urlò.
- Sì che è vero. Controlla il mio buco del culo. Ce l'ho sfondato.
   A quel punto sempre tenendomi per i capelli mi fece alzare in piedi e poi mi spinse sul divano, con il culo rivolto verso l'alto e le natiche spalancate. Berni iniziò a togliersi i vestiti, poi mi prese per i fianchi e indirizzò il suo cazzo contro il mio buco del culo. Non lo aveva mai fatto, nonostante glielo avessi chiesto più volte. Mi aveva sempre detto che penetrarmi il culo sarebbe stata una mancanza di rispetto nei miei confronti. Cazzate. Io adoravo il sesso anale. Proprio come mia madre. Si potrebbe dire che era un vizio di famiglia.
- Puttana che non sei altro - urlò e mi colpì una natica con uno schiaffone bello forte. - Adesso ti faccio vedere io. Ti sfondo il culo.
- Bravo amore, puniscimi. Sono stata tanto zoccola.
   Il cazzo di Berni affondò nel mio orifizio anale nella sua interezza. L'avevo già fatto altre volte, con  altri uomini, ma questa era davvero la prima volta che lo facevo con il mio fidanzato, e questa cosa mi riempiva di felicità. In una coppia deve esserci ccomplicità,  nessun tabù. Ero felice che il mio uomo si stesse appropriando del mio culo. Più che per il piacere che stavo provando, ero felice soprattutto perchè con quella penetrazione anale si stavano aprendo nuovi orizzonti nel nostro rapporto di coppia. E in ogni caso lo stava facendo proprio bene. Sentii le sue mani calde sui miei fianchi, mi teneva saldamente e dava degli affondi sicuri e decisi. Ogni tanto mi schiaffeggiava le natiche e mi diceva che ero una zoccola.
- Sei proprio come tua madre - mi disse. - Anzi, sei ancora più zoccola di lei.
- Sì - mugolai. Ero in estasi, e Berni era prossimo a sborrare. Era stato bravo, ma i suoi tempi erano comunque quelli. Guardai in direzione del signor Paco e vidi che aveva cominciato a smanettarsi con foga, anche lui stava per sborrare. Vennero insieme. Berni mi prese per i fianchi con decisione e mi spinse il cazzo dentro fino ai coglioni, a quel punto iniziò a schizzarmi copiosamente nel retto. Il seme di Paco invece finì per terra. Berni sfilò lentamente il cazzo da dentro il mio corpo e mi lasciò lì accasciata sul divano. Ero stremata, il mio Berni era stato bravissimo. Se ne andò in bagno a ripulirsi, io invece ero priva di forze, e me ne restai in quella posizione, con il culo rivolto verso l'alto e la faccia affondata nei cuscini. Sentivo i rivoli di sborra colarmi fuori dal retto. Ad un certo punto sentii qualcosa di umidiccio solcarmi i bordi dell'orifizio anale. Girai appena appena gli occhi e vidi Paco che mi stava leccando il buco del culo. Ma più che altro stava leccando la sborra di Berni. Se la prese con la lingua, poi si attaccò con la bocca al buco e succhiò, cercando di prendersi il seme che era rimasto dentro.
- Grazie - sussurrò.
- Grazie a te - risposi. - Cosa ne farai della registrazione?
- Non ti  preoccupare. Rimarrà nella mia collezione privata. E ogni tanto mi farò una sega ripensando a voi.
- Bravo.
   Intanto aveva smesso di piovere, io e Berni ci rivestimmo e il signor Paco ci accompagnò alla stazione. Ci salutammo freddamente e poi ognuno per la sua strada. Berni era nervoso, forse per via delle cose che gli avevo detto prima. La balla della scopata con i due uomini. Allora decisi di vuotare il sacco. Gli dissi che mi ero inventata tutto.
- Ma perchè? 
- Perchè certe volte ti vorrei più porco. Sei molto dolce Berni, ma devi capire che tu sei il mio fidanzato, e non c'e niente di male se mi sborri in faccia o se mi prendi dietro. Sono tua, e puoi fare di me ciò che vuoi. Ficcatelo bene in testa. Se mi sono inventata quella balla è solo per farti capire questo.
   A quel punto Berni mi abbracciò e mi baciò nervosamente tutta la faccia.
- Ti amo Moana.
- Anche io ti amo.
   La balla della scopata a tre era in effetti una balla. Ma la storia del pompino di duecento euro era vera, come ben sapete. Ma questo a Berni non lo dissi.

Moana.

giovedì 20 agosto 2015

L'uomo che guarda.

(in foto: Carter Cruise, Meet Carter Cruise, NewSensation.com)


   In auto si respirava una certa tensione. Ognuno di noi sapeva cosa stava succedendo. Forse solo Berni aveva qualche dubbio, ma sapeva che stava succedendo qualcosa, cioè che quel passaggio da parte di quello sconosciuto nascondeva un fine ben preciso. A me era fin troppo chiaro qual'era il suo fine: voleva i miei buchi, e probabilmente avrebbe permesso a Berni di guardare mentre se ne impossessava. Ma questa era solo una mia congettura. Cosa voleva in realtà quell'uomo? Era certo che a smuovergli l'appetito ero stata io in spiaggia, mettendomi nelle posizioni più oscene per farmi vedere meglio nelle parti più intime. Era stato divertente stuzzicarlo, ma ormai avevo svegliato la bestia, e adesso la bestia aveva tanta fame. Ma nessuno di noi tre diceva una parola. L'uomo si limitava a guardarmi di tanto in tanto dallo specchietto retrovisore. Io ero seduta dietro e lui mi guardava in mezzo alle gambe. Avevo un vestitino molto corto, e siccome non avevo il costume poteva vedere chiaramente le mie labbra di sotto. E ogni volta che le vedeva tirava un gran sospiro. Lo ammetto, non mi stavo comportando granchè bene, perchè invece di impedirgli di guardarmi lì in mezzo chiudendo le gambe le allargai e mi tirai su il vestitino. Praticamente gliela stavo offrendo visivamente. Ce l'avevo completamente fuori, piazzata lì, alla mercè dei suoi occhi, nuda come mamma Sabrina l'aveva fatta.
- Io mi chiamo Paco. E voi? - disse dopo quel gran silenzio che c'era stato.
- Moana e Berni - risposi.
- Moana... che bel nome - continuò. - Come l'attrice. Anche tu sei un attrice?
- Non capisco a chi si riferisce - dissi.
- Moana Pozzi. Un'attrice hard del passato. Una donna bellissima.
- Non me ne intendo di quei film. E comunque no. Non sono un attrice. E comunque anche Paco è un bel nome.
- In verità mi chiamo Pasquale, ma gli amici mi chiamano Paco. Sapete, vi ho notato in spiaggia. E' difficile trovare una coppia giovane come voi. Quanti anni avete?
- Diciotto - rispose Berni.
- E... come mai frequentate una spiaggia nudista? Cercate qualcosa in particolare? Magari qualche emozione forte? - domandò e mi guardò di nuovo in mezzo alle gambe.
- Assolutamente no - Berni rispose in modo scontroso.
   Il signor Paco sperava di trovare una coppia aperta e invece aveva trovato Berni. E così la nostra conversazione ricadde di nuovo nell'oblio, ma lungo la strada non riuscì a trattenersi dallo spiarmi in mezzo alle gambe. Lungo la strada l'acquazzone era peggiorato. Adesso c'erano perfino lampi e tuoni. Non si riusciva a vedere neppure la strada. Intanto eravamo arrivati alla stazione, ma il treno era tra quaranta minuti. Era una piccola stazioncina di provincia, senza neanche una pensilina dove ripararsi. Si potrebbe dire che a parte i binari e la macchinetta automatica per fare i biglietti non c'era altro. Insomma, avremmo dovuto aspettare il treno sotto quella bomba d'acqua e fulmini. Ma a quel punto Paco si giocò la sua carta vincente, fece lo scacco matto nei nostri confronti.
- Siete sicuri di voler aspettare il treno con quest'acqua? Io abito a due chilometri da qui, se volete potete venire a stare da me fino a quando smette di piovere.
- No guardi, non è il caso - rispose Berni in modo categorico.
- Ma amore, ragiona. Non possiamo aspettare in stazione. Non vedi che sta piovendo a dirotto?
   Alla fine riuscii a convincerlo, e così il signor Paco proseguì lungo la strada, fino ad arrivare ad un caseggiato di campagna. Entrammo in casa che eravamo zuppi d'acqua. Io e Berni ci mettemmo a sedere sul divano del soggiorno, mentre Paco ci disse che sarebbe andato a prepararci qualcosa di caldo. A quel punto ci guardammo intorno, Berni era visibilmente nervoso. Forse era preoccupato da quella situazione, io invece avevo una strana eccitazione. Notai che il signor Paco era sì andato in cucina, ma era fermo dietro la porta a spiarci. Vedevo chiaramente la sua immagine riflessa in uno specchio del soggiorno. Berni non poteva vederlo, ma io sì. E allora capii. Il signor Paco non era un bull. Non voleva i miei buchi. Paco, a differenza di quello che avevo creduto, era un semplice guardone e voleva spiare la nostra intimità. Insomma, in poche parole voleva vederci fare l'amore, voleva vedere Berni montarmi. L'idea mi eccitò un casino. Non avevo mai fatto l'amore con il mio fidanzato davanti ad un guardone. Allora decisi di acconcentarlo, di dargli esattamente quello che voleva. E così mi sfilai il vestitino zuppo d'acqua e rimasi nuda.
- Ma che fai? Sei matta? Potrebbe vederti.
- C'ho voglia di fare l'amore - dissi accarezzandogli il pacco che nel giro di qualche secondo si indurì come la pietra. - Ti prego amore, fottimi. Adesso.
- Ma che ti prende, Moana? - disse allontanandomi la mano dal suo cazzo.
- Sono arrapata da morire - mi avventai su di lui sfregandogli la vagina sul suo sesso duro. - E dai, non fare lo stronzo. Fottimi.
   Il signor Paco ci guardava ancora, ma adesso aveva tirato fuori il suo cazzo duro e aveva cominciato a smanettarsi lentamente. Ma Berni non ne voleva sapere di fare l'amore, e allora decisi di passare alle minacce. Mi misi in piedi davanti a lui, con i pugni contro i fianchi e lo guardai con aria di sfida.
- Se non mi fotti tu mi faccio montare da lui - gli dissi.
- E dai Moana, ragiona.
- Ok, allora vado... - feci qualche passo verso la cucina dove stava Paco, ma a quel punto Berni mi fermò e mi disse che lo avrebbe fatto.
   Ritornai da lui, mi inginocchiai tra le sue gambe e gli abbassai la lampo dei pantaloni. Feci uscire il suo cazzo duro e me lo misi in bocca e cominciai a lavorarmelo nel modo più osceno possibile, con sonori risucchi e schioppettii. Guardai verso la cucina per appurarmi che il signor Pacco stesse vedendo bene cosa stavo facendo. Da dove stava lui mi vedeva di spalle, vedeva il mio culo, le natiche aperte, e la mia testa che andava su e giù sul palo del mio fidanzato. Purtoppo Berni se ne rimase lì in modo passivo, lo spettacolo che stavamo offrendo era davvero pietoso. Ci voleva una scossa, dovevo fare in modo da far uscire il porco che era in lui. E non era una cosa facile, perchè Berni non era come tutti gli altri uomini.

Moana.

mercoledì 19 agosto 2015