sabato 30 dicembre 2017

L'eccezionale rarità del video porno di Sabri. 


   Finalmente la videocassetta finì nelle nostre mani. Chiesi a Sabrina se potevo vederla e lei mi disse che potevamo vederla insieme.
   “Che ne pensi?” mi chiese. “Possiamo organizzare una cena con i nostri mariti e poi potremmo vedere il nastro tutti insieme. Non la trovi una cosa molto eccitante?”.
   “Preferisco vederla subito” le risposi, “da sola. Muoio dalla curiosità, e soprattutto muoio dalla voglia di farmi un ditalino come si deve”.
   “Come vuoi Cinzia. Però chiaramente quando avrai finito dovrai restituirmela. Anche il mio Stefano muore dalla voglia di vederla”.
   “Ma è naturale! La videocassetta è tua di diritto, e Stefano potrà farsi tutte le seghe che vuole guardando la sua mogliettina che si fa montare dai suoi amici”.
   Ma forse è meglio se vi dia alcune delucidazioni sulle mie vere intenzioni. Ebbene, non volevo affatto sgrillettarmi guardando quel nastro. Le mie intenzioni andavano ben oltre la semplice soddisfazione sessuale. Io miravo piuttosto a soddisfare la mia sete di denaro. Vi spiego meglio: ricordate quando Sabrina vi disse che io sono una donna di estrazione popolare, attratta in modo morboso dal denaro? Ebbene, diceva la verità. Il denaro mi eccita, anche se non ne ho bisogno, perché essenzialmente io e mio marito ne abbiamo abbastanza. Ma a me non basta mai, ne voglio sempre di più, anche se poi alla fine non so che farmene, ma anche soltanto il fatto di averli mi basta ad avere una scossa come quando si ha un orgasmo.
   Il sesso e il denaro erano per me i principali motori che azionavano la mia eccitazione. Io vengo dal nulla, vengo da una famiglia di contadini e quindi sono cresciuta in un contesto fatto di privazioni, e non voglio più tornarci, e l’unico strumento in grado di evitare che questo accada è proprio il denaro. Proprio per questo motivo quando mi si è presentata l’occasione di poter ricavare del denaro dalla videocassetta di Sabri ho colto al volo questa possibilità e mi sono messa a lavoro per cercarla.
   Tutto è avvenuto una notte; era il primo giorno che avevo cominciato a lavorare al ristorante di Stefano. Il giorno prima infatti avevo rilevato il cinquanta per cento dell’attività e mi ero messa subito a lavoro. Erano le undici e mezza ed eravamo quasi in chiusura, e io ero andata a fumare una sigaretta nel retro del locale, che spuntava in un vicolo buio dove di solito si portavano i rifiuti della giornata che poi quelli della nettezza urbana venivano a prendere.
   Ebbene, mentre stavo fumando vidi un’ombra avvicinarsi verso di me, e si fermò ad una distanza di sicurezza tale da permettergli di rimanere nel buio, quindi senza che io potessi vederlo in faccia. Infatti non saprei neppure descriverlo. Posso dirvi soltanto che aveva un’impermeabile e un borsalino sul capo.
   “Sei tu Sabrina?” mi chiese.
   “No” risposi. “Sabrina è la moglie del mio socio in affari. Tu chi sei? Fatti vedere in faccia”.
   “Sto cercando una videocassetta” continuò.
   “Che videocassetta?”.
   “Esiste una videocassetta di una gangbang amatoriale di Sabrina. La voglio. A qualsiasi prezzo”.
   A quel punto cominciai a pensare che quella discussione stava diventando molto interessante, e quindi mi venne subito un’idea per cercare di ricavarci del denaro. Dovevo solo trovare quel nastro e venderlo a quel personaggio misterioso. Sembrava un gioco da ragazzi, e non mi interessava quanto fosse losco quell’affare, sapevo soltanto ai soldi che avrei potuto ricavarci.
   “A qualsiasi prezzo?” gli chiesi. “Cosa intendi dire?”.
   “Diecimila euro”.
   “Non bastano baby” feci la sfacciata. Quella faccenda era molto contorta, ma dal momento che avevo deciso di buttarmici dentro tanto valeva alzare la posta in gioco. “Ventimila e la videocassetta è tua”.
   “Affare fatto. Quando sarai pronta lo scambio avverrà al quinto piano del parcheggio a livelli di via Steele”.
   Via Steele era nella zona periferica della città, dove una volta c’erano le acciaierie e che adesso era diventato un luogo di spaccio e di prostituzione. Era la zona peggiore della città, dove nessuno ci andava se non aveva una buona motivazione per farlo. E ventimila euro erano un motivo molto valido.
   Sabrina non avrebbe saputo nulla di quell’affare; non sono così stupida, quindi duplicai il nastro e la copia originale l’avrei restituita a lei e l’altra l’avrei data a quell’uomo senza volto ma tanto folle da voler sborsare ben ventimila euro per un filmetto porno amatoriale.
   E così mi misi in macchina e guidai fino a via Steele. E devo dire che me la stavo anche rischiando molto; quella strada non era certamente l’ideale per una donna sola, con tutte le brutte facce che ci giravano. Non c’era una volante della polizia a pagarla oro. Era il degrado totale, dove avvenivano le cose più inenarrabili. Le persone sane di mente si tenevano sempre alla larga da quella strada. Io invece, accecata dal denaro, avrei fatto qualunque cosa. E così imboccai il parcheggio multi livelli e iniziai a salire verso l’ultimo piano. Notai che c’erano poche auto, e in alcune di queste mi accorsi della presenza di sagome indefinite che nel buio del parcheggio stavano facendo chissà che porcate o chissà quali affari loschi.
   Arrivai al punto designato per lo scambio e lui era lì, sempre nel buio per non farsi riconoscere; era fuori dalla sua macchina e mi stava aspettando con la valigetta piena di denaro che a breve sarebbe stata mia. Spensi il motore della macchina e uscii dall’abitacolo. Gli feci vedere che avevo la videocassetta e lui mi disse che ero stata molto brava e che era stato molto bello fare affari con me.
   “Adesso me lo dici chi sei?” gli chiesi.
   “Che importanza ha?”.
   “Hai ragione. L’importante è aver concluso l’affare. Devi essere proprio pazzo di Sabrina”.
   “Sì, Sabrina è da sempre il mio sogno erotico. La donna che ogni uomo vorrebbe avere come moglie”.
   “Può darsi. Secondo me non è nient’altro che una vacca. Ma questo è solo il mio parere”.
   Dopo lo scambio scappai letteralmente via da quel posto maledetto. E una volta che mi fui allontanata abbastanza mi misi a contare i soldi che c’erano nella valigetta. Erano ventimila euro esatti. Quel folle era stato onesto. Forse ero stata io a non esserlo abbastanza, dal momento che avevo duplicato la videocassetta e quindi adesso ce n’erano in giro due copie, e quindi il nastro aveva perso la sua caratteristica principale: la sua incredibile rarità. Ma lui non poteva saperlo. Lo sapevo soltanto io.

Cinzia.  

giovedì 28 dicembre 2017

Se ti manca di rispetto fammi un fischio.

(in foto: Kelsi Monroe, Waiting for Daddy, Tushy.com)


   E quindi mi ero spogliata, completamente, e ero a pecorina sul letto di Luca, e lui era sopra di me, anche lui nudo, con indosso soltanto un profilattico (perché in fin dei conti lo conoscevo appena), e con le dita lo aveva indirizzato verso il mio buco del culo. Ancora non lo aveva ficcato dentro, però sentivo la punta del suo glande turgido che mi solleticava l’orifizio anale. A breve avrebbe realizzato il suo sogno: incularmi.
   Cinzia era seduta fuori alla camera da letto, in attesa che il rapporto anale che stavamo consumando fosse giunto a termine. In verità non sapevo quanto sarebbe durato, perché non sapevo di quanto tempo avesse bisogno per eiaculare, però Cinzia ci aveva detto di fare con calma, di prenderci tutto il tempo che volevamo. Lei avrebbe aspettato. Però prima di lasciarci da soli si era premurata di dirmi che per qualsiasi problema potevo contare su di lei.
   “Se ti manca di rispetto fammi un fischio. Adesso vi lascio un po' di privacy” poi si rivolse a lui: “mi raccomando a te, Sabrina è una donna, non un buco da riempire, quindi attento a quello che fai”.
   Avevo deciso di accontentare Luca perché me lo aveva chiesto senza però pretenderlo; avrebbe potuto utilizzare la videocassetta come arma per ricattarmi, e quindi obbligandomi a dargli il condotto anale con la forza e contro la mia volontà, e invece non lo aveva fatto. Era stato chiaro, la videocassetta me l’avrebbe data a prescindere, anche se mi rifiutavo di dargli il culo. Ma fin dalla prima volta che aveva visto quel video amatoriale il mio posteriore era diventato il suo sogno erotico, la sua ossessione, e se io glielo avessi dato mi disse che lo avrei aiutato a liberarsi da quella specie di incantesimo erotico che lo tormentava da circa vent’anni. Era come se non mi stesse chiedendo un rapporto anale, bensì una mano a cui aggrapparsi, per liberarsi definitivamente da quel pensiero ossessivo che era il mio retto.
   Capirete che avendomelo chiesto in quel modo non mi sentii di negarglielo. E quindi adesso era lì, con le gambe aperte sopra di me e la sua erezione premuta contro il mio buco posteriore. Iniziò a spingerlo verso dentro, ma non era così facile senza un filo di lubrificante. E poi si vedeva chiaramente che non era molto espero e che il sesso anale era una cosa che aveva visto solo nei film hard. Giuliano al posto suo non avrebbe avuto alcun problema a farmelo entrare, ma Luca non aveva nemmeno un quarto dell’esperienza che invece aveva lui.
   “Ehi!” urlò Cinzia dal salotto, dove stava aspettando che fosse tutto finito. “Come va lì dentro? Quanto vi ci vuole ancora?”.
   “Non è ancora entrato” le risposi. “Per Luca è la prima volta, quindi non riesce a penetrarmi”.
   Non è che non ci riusciva perché non sapeva come fare, piuttosto era come se avesse paura di farmi male, e allora lo spingeva molto timidamente, e quindi il suo membro non riusciva a farsi strada. Sentii Cinzia sbuffare di insofferenza, e poi il suono dei suoi tacchi che man mano si avvicinavano verso di noi, fino a quando la vedemmo comparire in camera da letto.
   “Non vi muovete” ci disse. “Ora ci penso io”.
   Si abbassò con la bocca tra le mie natiche aperte e iniziò a leccarmi con decisione il buco del culo cercando di lubrificarlo il più possibile con la saliva, poi ci sputò sopra e lo penetrò con due dita, poi le dita diventarono tre, poi quattro e infine ci infilò tutta la mano. Adesso che aveva allargato il mio orifizio anale il cazzo di Luca poteva farsi strada dentro senza problemi, quindi Cinzia lo afferrò con decisione alla base e lo indirizzò dentro, e Luca con una spinta me lo fece entrare tutto fino alle palle. Era fatta. Adesso potevamo cominciare.
   “Dacci dentro, stallone” disse Cinzia dando a Luca una pacca sul sedere, dopodichè ci lasciò di nuovo soli ritornandosene nel soggiorno.
   A questo punto per Luca era come una strada in discesa, quindi mi afferrò per i fianchi e cominciò a scoparmi, e mentre lo faceva ogni tanto lo sentivo che mi palpava energicamente il sedere, fino a quando mi chiese se poteva darmi qualche sculacciata, perché aveva visto che durante la gangbang ne avevo ricevute tante dai miei partner.
   “Mica ti dispiace se lo faccio anch’io?”.
   “Dipende da come lo fai. Se lo fai in modo irrispettoso allora non mi piace”.
   “Lo faccio perché hai un culo divino” mi rispose.
   “E allora accomodati pure”.
   E ecco il primo sganassone, diretto sulla natica destra, il primo di una lunga serie. Non me ne rendevo conto ma per Luca ero una specie di diva del sesso, al pari di Sarah Louise Young o Letha Weapons, insomma una di quelle attrici del porno che avevano segnato la gioventù di migliaia di segaioli. E poter fare l’amore con me era come un sogno che si avverava.
   Ogni tanto vedevo Cinzia entrare in camera da letto per assicurarsi che fosse tutto ok, e dopo essersi accertata che Luca non stesse facendo niente di scorretto allora se ne ritornava in soggiorno. A un certo punto le dissi che se voleva fermarsi a farci compagnia poteva farlo. Non le stavo chiedendo di unirsi a noi, perché quello che stavo facendo era una cosa che riguardava soltanto me e Luca, però poteva restare in camera da letto a guardarci.
   “Ovviamente soltanto se ti fa piacere” le dissi.
   “Va bene, così posso assicurarmi che tutto vada nel verso giusto”.
   E così si mise sulla porta a guardarci con le braccia incrociate e un’espressione severa, quasi come se fosse la mia guardia del corpo. Ma era così evidente che trovava quella scena molto eccitante, quasi come se sentisse il desiderio di prendere il mio posto. Allora la vidi alzarsi la gonna fino ai fianchi, si spostò un lembo del perizoma scoprendo le labbra di sotto e iniziò a sgrillettarsi lentamente ma con decisione.
   “Sei proprio una porca” dissi divertita.
   “Senti chi parla” rispose lei. “Ti stai facendo impalare da un perfetto sconosciuto, e poi la porca sarei io”.
   Aveva ragione. Ero una puttana patentata. Avrei potuto dire a Luca di darmi la videocassetta senza fare storie e tutto sarebbe finito lì. E invece no, avevo deciso di accontentarlo senza battere ciglio. Mi aveva chiesto il culo e io gliel’avevo dato. Purtroppo era così, Stefano aveva sposato una puttana, e di conseguenza ero una moglie vacca, e lui un marito cornuto (ma in fin dei conti lui era felice di esserlo, per questo aveva deciso di sposarmi).

Sabrina.

martedì 26 dicembre 2017

Uno strappo al regolamento. 

(in foto: Eva Notty, Her Knockers Are A Knockout, DDFNetwork.com)


   Il giorno dopo io e Cinzia ci rimettemmo alla ricerca della videocassetta che mi immortalava mentre facevo una gangbang all’età di diciotto anni. I protagonisti di quella triplice monta, e cioè Giuliano e i suoi amici Slotty e Marpione, non ce l’avevano. Slotty mi aveva detto che se l’era fatta sequestrare dal preside della sua scuola qualche giorno dopo la ripresa della scopata, e quindi da quel momento il nastro era andato perduto. Io e Cinzia scoprimmo che l’allora preside della scuola di Slotty era passato a miglior vita, d’altronde era già anzianotto al tempo dei fatti. Però a questo punto decidemmo di giocarci l’ultima carta e di fare l’ultimo disperato tentativo, e quindi di metterci in contatto con gli eredi del defunto preside, il quale aveva soltanto un figlio maschio che aveva all’incirca la nostra età.
   Ricevere queste informazioni che vi ho appena detto fu piuttosto facile; ci bastò andare nella segreteria della scuola di Slotty e parlare con l’ufficio amministrativo, dove c’era un impiegato morto di figa che però ci disse che erano informazioni riservate e che quindi non poteva aiutarci. A quel punto Cinzia ha chiuso la porta dell’ufficio a chiave e abbiamo iniziato a fare un po' le zoccole con lui, il quale sembrava terrorizzato dalla nostra intraprendenza e dalla nostra porcaggine. Cinzia gli accarezzò il cazzo da sopra ai pantaloni, io mi sbottonai la camicetta e gli feci ballare le tette a pochi centimetri dalla faccia, poi gli avvicinai un capezzolo alla bocca offrendoglielo, e lui ci si avventò sopra leccandomelo avidamente. Cinzia intanto gli aveva tirato giù la lampo dei pantaloni e gli aveva tirato fuori il cazzo duro da morire, e iniziammo a menarglielo, un po' io e un po' lei, nel frattempo anche Cinzia si era sbottonata la camicetta e aveva messo fuori anche lei le tette, piazzandole in faccia all’impiegato come avevo fatto io.
   “Dai, fai il bravo” sussurrò lei. “Dacci le informazioni che ti abbiamo chiesto. Cosa ti costa?”.
   “È contro il regolamento” rispose mentre mi succhiava un capezzolo.
   “Ci riesci a fare uno strappo al regolamento se ti facciamo un bel pompino?” guardai Cinzia negli occhi sorridendogli, eravamo proprio una bella squadra. Insieme avremmo potuto superare qualsiasi ostacolo, soltanto utilizzando le nostre bocche e le nostre tette.
   A quel punto ci inginocchiammo e avvicinammo le labbra alla trave dura dell’impiegato e iniziammo a tempestarlo di baci sull’asta, poi Cinzia lo infilò in bocca e iniziò a succhiargli il glande, con risucchi e indecenti schioppetii di labbra. Dopo qualche minuto lo fece uscire e tenendolo fermo con le dita alla base me lo offrì mettendomelo davanti alla bocca, facendomi capire che toccava a me, e allora lo feci entrare tra le labbra e lo sbocchinai a dovere. Proseguimmo in quel modo per un bel po', passandocelo di bocca in bocca, e spesso le nostre labbra si incontravano per un fugace ma caldo bacio saffico. Poi ad un certo punto l’impiegato iniziò a sborrare copiosamente; sia io che Cinzia ce ne accorgemmo subito, perché il glande iniziò a gonfiarsi come un palloncino rosso, quindi era chiaro che stava per iniziare ad eruttare come un vulcano, quindi allontanammo le bocche e lo lasciammo eiaculare, con Cinzia che lo masturbava con decisione e io che mi ero rimessa in piedi e gli avevo piazzato di nuovo in bocca uno dei miei capezzoli.   
   Morale della favola: l’impiegato ci diede tutte le informazioni di cui avevamo bisogno. Tutta la roba che aveva sequestrato nei vari anni di servizio l’aveva presa suo figlio, quindi probabilmente la videocassetta ce l’aveva lui. L’impiegato ci diede anche il suo indirizzo, e così ci andammo subito.
   Abitava al centro, per cui raggiungere casa sua non fu difficile. Quando ci venne ad aprire la porta mi accorsi che era come se mi conoscesse da una vita. Prima che potessimo dirgli qual’era il motivo della nostra visita lui mi disse: “sei davvero tu?”. Il fatto è che io non mi ricordavo affatto di lui. È vero che le persone cambiano, ma lui davvero non lo avevo mai visto prima. Ma lui aveva visto me, questo era il punto.
   “Ci conosciamo?” gli chiesi.
   “Diciamo che è come se ti conoscessi da una vita”.
   “Possiamo entrare? Siamo qui per chiederti delle informazioni in merito a tuo padre”.
   Il figlio del preside si chiamava Luca. Ci fece entrare in casa, un appartamento molto disordinato, con pile e pile di libri accatastati lungo il corridoio che portava alla cucina, un altro ambiente che avrebbe avuto bisogno di una sistemata. Però nel complesso c’era una discreta pulizia. Tutto faceva pensare che Luca fosse scapolo. Se ci fosse stata una donna lì con lui non ci sarebbe stata tutta quella confusione.
   Ci fece accomodare nel soggiorno e ci offrì del caffè. Se dovessi farvi una descrizione di Luca non saprei che dirvi; in effetti non aveva nulla di particolare, era un uomo comune come tanti altri, soltanto che aveva l’occhietto porco. Voi vi domanderete: cos’è l’occhietto porco? È una cosa che hanno alcuni uomini, che all’apparenza sembrano uomini normali, ma che poi sono dei maiali di prima categoria. Dei veri e propri malati di sesso. Certo, a chi è che non piace il sesso? Ma per alcuni uomini il sesso è una vera e propria malattia, un ossessione che non riescono a controllare. Ci sono alcuni uomini che hanno veramente bisogno di essere curati. E io mi accorgevo quando un uomo era malato di sesso fino al punto di diventare schiavo del proprio cazzo. Me ne accorgevo dai loro occhi. E avevo dato un nome all’elemento che mi serviva a smascherarli, lo chiamavo: l’occhietto porco. Luca aveva l’occhietto porco. Luca era un evidente malato di sesso.
   In ogni modo mi diede una spiegazione per quello che aveva detto prima quando eravamo sulla porta, cioè che era come se mi conoscesse da una vita. Ebbene, ci spiegò che un giorno suo padre, quando era ancora preside della scuola, era ritornato a casa con una videocassetta che disse di aver sequestrato a scuola a dei nullafacenti, e disse che l’avrebbe riconsegnata al suo legittimo proprietario soltanto alla fine dell’anno scolastico. Luca aveva diciotto anni al tempo dei fatti, e ovviamente la curiosità di vedere cosa ci fosse sopra quel nastro era tanta. E così la prese e la mise nel videoregistratore, e quello che vide fu uno dei spettacoli mozzafiato più belli che avesse mai visto. Il film porno amatoriale più speciale che gli fosse mai capitato tra le mani.
   “Cosa aveva di così speciale?” gli chiesi. “Era solo un porno amatoriale”.
   “Di speciale c’eri tu, Sabrina” mi rispose. “Forse ti sembrerà assurdo, ma io mi innamorai follemente di te, di come lo prendevi in culo, di come davi piacere ai tuoi tre partner, facendogli cose che altre ragazze avrebbero rifiutato categoricamente. E invece tu lo facevi con piacere, perché si vedeva che ti piaceva farlo. Sabrina, non immagini neppure quante seghe mi sono fatto guardandoti fare quella gangbang. La cosa che mi ossessionava era che non riuscivo a capire chi eri. Mi sarebbe piaciuto incontrarti, e dirti quanto ti amavo, ma non potevo farlo, perché di te conoscevo soltanto il tuo nome, perché sentivo i tuoi partner ripeterlo spesso mentre ti inculavano”.
   “Ebbene, noi siamo qui proprio per quella videocassetta” dissi. “Ci puoi dire dov’è andata a finire?”.
   “La custodisco gelosamente da quando mio padre l’ha portata a casa. Per evitare che la restituisse al suo legittimo proprietario, perché queste erano le sue intenzioni, simulai un furto in casa. Feci finta che dei ladri si erano intrufolati nell’appartamento e misi tutto sotto sopra, e poi feci sparire qualche oggetto di poco valore e quella videocassetta”.
   “Luca, ti dispiacerebbe darmi quel nastro?”.
   “Te lo do volentieri, d’altronde è un oggetto che in qualche modo appartiene a te. Io l’ho soltanto custodito per tutti questi anni. Ma in cambio vorrei chiederti una cosa che ho sempre desiderato più di ogni altra cosa al mondo”.
   “E sarebbe?”.
   “Il tuo buco del culo”.

Sabrina. 
    

domenica 24 dicembre 2017

Dimmi la verità, te la chiavi?

(in foto: Eva Notty, Our Family Trust, NewSensations.com)


   Stefano mi fece venire con la bocca. Era da sempre la sua specialità farmi godere in quel modo. A montarmi non era molto bravo perché era molto impacciato e poi ci metteva poco a sborrare, quindi non riusciva a stare al mio passo, che avevo bisogno di minimo un quarto d’ora di penetrazione intensa per godere. Però con la bocca era eccezionale. Ma d’altronde a ingropparmi ci pensavano gli altri uomini, come ben sapete. Ma nessuno mi leccava come lo faceva lui; quando lo faceva infatti ci metteva tutto se stesso, e si vedeva che gli piaceva proprio tanto, perché lo faceva con un fervore che sembrava quasi che volesse divorarmi, prendere a morsi la mia patata; in quei momenti sembrava posseduto da una specie di spirito cannibalistico. Mi afferrava le cosce con decisione e me le teneva spalancate e nel frattempo affondava il viso contro la figa, la quale aveva sfornato i suoi due figli, e che allo stesso tempo aveva accolto centinaia di cazzi, tra cui quello di Giuliano, che mi aveva ingravidata donandomi Moana.
   A Stefano piaceva anche leccarmi il buco del culo. Era una cosa che lo faceva letteralmente andare in estasi. Quando lo faceva vedevo il suo cazzo gonfiarsi come un palloncino, e mi sarebbe bastato toccarlo appena per farlo schizzare, bastava solo una carezza, perché fare quella cosa, leccarmi l’orifizio anale, era per lui  un qualcosa che lo portava al massimo livello di eccitazione, dopo il quale c’era soltanto l’eiaculazione. Forse era la cosa che preferiva di più farmi, anche se ad essere onesta devo dire che preferivo quando mi leccava la figa; cioè, non mi fraintendete, non è che essere leccata il buco del culo mi dispiaceva, anzi, era una sensazione meravigliosa, ma non riusciva in nessun modo a portarmi all’orgasmo. E credo che Stefano lo sapesse benissimo, infatti quando mi leccava il buco del culo allo stesso tempo mi sgrillettava con le dita, perché sapeva che altrimenti non sarei riuscita a venire. 
   Pochi uomini erano riusciti a farmi godere con la bocca come faceva lui; non perché non ne erano stati capaci, ma semplicemente perché molti degli uomini che erano venuti a letto con me si erano dimostrati dei grandissimi egoisti. Infatti dopo aver eiaculato (chi sul mio viso e chi sulle mie tette) pochi si interessavano del fatto che io magari potevo non essere venuta. Cioè, magari loro sborravano alla grande, ma molti non si premuravano poi di concludere l’opera, facendo venire anche me. E per Stefano questa invece era una prerogativa, e cioè farmi raggiungere un meritato orgasmo. Sapeva che non sarebbe riuscito mai e poi mai a farmi godere soltanto con la penetrazione, e allora ci metteva la bocca e le dita, devo dire con risultati sempre molto soddisfacenti. Forse anche per questo avevo deciso di sposarlo, perché con questa sua premura mi aveva sempre fatto capire che per me nutriva un rispetto che molti altri uomini non avevano avuto.
   Sapete pure chi era bravo a farmi venire con la bocca? Beh, non c’è bisogno neppure che ve lo dica, Giuliano. Ma lui era bravo in tutto; girava e rigirava le donne come calzini. Però una cosa devo dirla, e cioè che col sesso orale Stefano era più bravo, perché era capace di attaccarsi con la bocca ad una patata pure per un’ora intera, senza mai perdere l’appetito. Cioè mentre lo faceva lo sentivi proprio che era una cosa che gli piaceva fare. Giuliano invece si stancava in fretta, passava quei cinque minuti a leccartela ben bene e poi iniziava a montarti.
   Le cose giuste bisogna dirle, solo Stefano si metteva con impegno a leccarmi lì sotto. Molti uomini sanno soltanto ricevere, e non sono per niente capaci a dare. Pretendono che gli dai la bocca, ma loro invece te la danno molto difficilmente, e se te la danno è solo per cinque minuti. Stefano invece no. La bocca me la dava eccome!
   Dopo avermi fatto venire col sesso orale toccò a me fargli avere un eiaculazione. Decisi così di fargli una spagnola; dovreste sapere ormai quanto gli piaceva quando lo facevo venire con le tette. E allora gli dissi di mettersi in piedi e io mi misi seduta ai bordi del letto, proprio davanti a lui, proprio davanti alla sua sensazionale erezione.
   Il suo glande turgido e rosso fremeva per una mia carezza, richiedeva a gran voce le mie amorevoli attenzioni, e prima lo baciai delicatamente lungo tutta l’asta, poi mi alzai col busto verso di lui mettendolo tra le tette, me le afferrai con decisione e lo strinsi in mezzo come in un caldo abbraccio. Stefano cominciò a spingere il bacino avanti e indietro, come se mi stesse scopando (in un certo senso lo stava facendo), e io lo guardavo negli occhi, lo guardavo sempre mentre mi scopava le tette, perché mi piaceva tanto vederlo godere con le mie spagnole, mi incantavo quasi a vedere le sue espressioni di piacere, come se fosse in estasi, e la cosa che mi rendeva felice era che a mandarlo in estasi era il mio corpo e come lo utilizzavo per renderlo felice. E quando poi stava per schizzare allora cominciavo ad incitarlo a sborrare di brutto, a riempirmi col suo seme e a inondarmi senza ritegno. E allora lui con un rantolo, quasi come se stesse agonizzando, iniziava a sborrare in modo meraviglioso, con fiotti copiosi e caldi che mi zampillavano sul collo e che poi scivolavano delicatamente sulle mie tette.
   A quel punto lo lasciavo andare e con le mani iniziavo a cospargermi il seno con la sua sborra e lui mi guardava mentre lo facevo, mi guardava con eccitazione, perché gli piaceva vedere le mie tette che avevano allattato i suoi figli ricoperte del suo seme.
   Dopo essere venuti ci acquietammo sul letto, e quindi colsi l’occasione per chiedergli di Natalia, la ragazza che lavorava al suo ristorante e con la quale sembrava avere un certo feeling.
   “Non ci andrai mica a letto insieme?” gli chiesi.
   “A letto insieme?” rispose lui divertito. “Ma come ti salta in mente? Non sarai mica gelosa?”.
   “No, è che ho notato che tra voi due c’è un rapporto molto speciale, che però non sono riuscita del tutto a comprendere”.
   “Sabri, per essere onesto neanche io ho ben compreso il nostro rapporto. Ma una cosa è certa, non andiamo a letto insieme, e molto probabilmente non lo faremo mai. Lei mi piace, lo ammetto, ma in fin dei conti ha l’età della nostra Moana, per cui io potrei essere suo padre”.
   “Però è un dato di fatto che lei nutre per nei tuoi confronti un certo interesse. L’ho notato da come ti guarda e da come ti ronza intorno. Comunque se mi dici che non andate a letto insieme, ci credo”.
   “È successa una cosa che però forse dovrei raccontarti. Ieri, quando Natalia è arrivata a lavoro, io ero nello spogliatoio che stavo rovistando nel mio armadietto in cerca delle sigarette. Ebbene, lei è entrata e si è cambiata proprio davanti a me. Capisci? Ha cominciato a spogliarsi togliendosi i vestiti molto lentamente, consapevole del fatto che ero lì a guardarla. E non ne potevo fare a meno di farlo, perché ero ipnotizzato dalla sensualità con cui lo faceva”.
   “E tu cosa hai fatto?”.
   “Te l’ho detto, sono rimasto a guardare per tutto il tempo. Non so perché lo ha fatto. Forse per puro esibizionismo”.
   “Che strano” dissi, ma senza crederci troppo. In fin dei conti non era strano. Il rapporto che si era instaurato tra mio marito e quella ragazzina di vent’anni era chiaramente un rapporto esibizionista-voyeur; a lei piaceva farsi vedere nuda da lui, e a lui piaceva guardare. Tutto qui.
   Il fatto è che dentro sentivo una certa gelosia. Non mi andava che mio marito guardasse un’altra donna, anche se poi alla fine non ci andava a letto. Se la guardava era perché in qualche modo la desiderava, e il fatto che desiderava un’altra donna era un po' come un tradimento.

Sabrina.

venerdì 22 dicembre 2017

Stefano va a letto con un'altra?

(in foto: Jeny Smith, High Heels and Fishnets, JenySmith.net)


    Per il momento decidemmo di sospendere le ricerche, ma le speranze di trovare quella videocassetta erano diventate davvero scarse. Così accompagnai Cinzia al ristorante di Stefano, che come vi ho spiegato in precedenza era per una parte anche suo, perché ne aveva rilevato il cinquanta per cento.
   Era quasi ora di cena e mi misi seduta ad un tavolo; mio marito mi aveva promesso un piatto speciale tutto per me. Intanto cominciarono ad arrivare i primi clienti, cioè le prime coppie scambiste, alcune delle quali visibilmente costruite a tavolino dal classico uomo di mezza età e dalla giovane escort di turno. Di coppie vere, cioè formate da marito e moglie, ce n’erano poche. E poi c’era qualche bull in cerca di avventure con coppie cuckold.
   Devo dire che ricevetti numerosi inviti da parte delle coppie ad unirmi a loro; il rimorchio di solito funzionava così, tramite messaggi scritti su pezzetti di carta e fatti recapitare alla persona o alla coppia che si voleva rimorchiare. Il messaggio veniva consegnato alla ragazza che serviva ai tavoli, e lei lo recapitava ai destinatari della proposta. Ebbene, a me ne arrivarono cinque di quei messaggi, quattro da parte di coppie (tre delle quali composte da uomo e escort) e uno da un bull che non faceva che fissarmi. Il messaggio del bull diceva: “mi piacerebbe perdermi tra le tue grosse tette”.
   Nonostante fosse una proposta molto allettante decisi di rifiutare e gli mandai un messaggio anche io: “è stata una giornata molto pesante, grazie della proposta”. Ma gli lasciai comunque il mio numero di telefono dicendogli che magari nei prossimi giorni avrei anche potuto cambiare idea.
   La ragazza che serviva ai tavoli catturò la mia attenzione; era molto bella, e aveva un corpo direi quasi da bambina perché non aveva delle forme molto prosperose, sarebbe stata perfetta per fare la modella. Doveva essere dell’Europa dell’est, e lo si capiva subito dai tratti del viso, dal colore dei suoi occhi (sembravano diamanti) e ovviamente dalla cadenza che aveva. Indossava una minigonna incredibilmente corta, che non sembrava neppure una gonna, sembrava quasi una fascia che le girava intorno alla vita, e se si abbassava leggermente in avanti potevi vedere senza difficoltà il perizoma che aveva sotto, e poi indossava delle calze autoreggenti i cui orli erano ben visibili (la gonna non aveva alcuna possibilità di nasconderli). Sopra invece aveva la camicia a mezze maniche che avevano tutti i dipendenti del ristorante, bianca con il logo del ristorante stampato sulla schiena, che erano tre omini tipo quelli che talvolta sono sulle porte dei bagni, due maschi e una femmina che stava al centro, e tutti e tre si tenevano per mano, soltanto che uno dei due maschi era nero, mentre l’altro e la femmina erano rosa.
   La cosa che catturò la mia attenzione fu la sua abilità a camminare sui tacchi a spillo; sembrava esserci nata con quelle scarpe. Le donavano infatti un’eleganza davvero notevole, e inoltre rendevano i suoi movimenti talmente erotici che restavi a fissarla come un bambino guarderebbe una giostra piena di colori e suoni. Per non parlare del fatto che mettevano in risalto le sue cosce perfette, lunghe e ben scolpite, che avrebbero fatto perdere la ragione a qualsiasi uomo.
   Ma ciò che catturò davvero la mia attenzione, perché mi riguardava direttamente (mi toccava nel personale) era che quella bella cavalla aveva un rapporto un po' ambiguo con mio marito, quasi come se tra loro ci fosse una simpatia che andava ben oltre un innocente legame professionale. Me ne accorsi perché la vidi entrare in cucina e c’era Stefano di spalle che stava soffriggendo qualcosa e vidi lei avvicinarsi per fargli una carezza alla schiena. Ebbi la sensazione del calore con cui lo faceva, era una carezza piena di passione che denotava certamente un legame speciale. Però pensai che era una cosa assurda, perché lei poteva avere l’età di nostra figlia Moana, all’incirca una ventina d’anni. Era notevole la differenza di età che poteva esserci tra lei e Stefano. Non potevo credere che mio marito andasse a letto con una ragazzina. Quindi decisi di consultare Cinzia; volevo sapere tutto su quella bambolina tutto sesso, e lei mi disse che l’aveva ingaggiata di recente.
   “Si chiama Natalia” mi disse, “ed è originaria dell’Ucraina occidentale, e  devo dirti che è stata una vera e propria rivelazione perché è una ragazza che lavora molto bene. È instancabile, molto riservata ed è sempre puntuale. È lei che quando chiudiamo si occupa di riassestare la cucina. Quindi devi ringraziare lei se tuo marito non è più costretto a fare orari di lavoro terribili. Prima infatti la cucina la sistemava tutta da solo”.
   “Natalia si occupa soltanto di riassestare la cucina oppure riassesta anche qualcos’altro?”.
   “Cosa vuoi dire?” chiese lei divertita. “Se vuoi sapere se va a letto con tuo marito forse dovresti chiederlo direttamente a lui”.
   E infatti aveva ragione, avrei proprio dovuto chiederglielo. Anche perché se il mio sospetto era reale allora voleva dire prima di tutto che la nostra relazione aveva appena subito un cambiamento molto importante, e cioè ci eravamo trasformati in una coppia aperta. Che male c’era in fin dei conti? Ce n’erano tante così. E poi non avrei neppure potuto mettermi a fare la gelosa, dal momento che io ero la prima ad aver cominciato tutto, iniziando una relazione extra coniugale con Giuliano. Cioè obiettivamente come potevo mettermi a fare una scenata di gelosia essendomi dimostrata dapprima io una moglie infedele?
   Però una cosa la pretendevo, e cioè la sincerità. Se Stefano andava a letto con quella ragazza doveva dirmelo. E così quella sera aspettai che rientrasse dal lavoro; ero nel letto senza nulla addosso e quando lui venne in camera sollevai un lembo della coperta per fargli vedere che ero pronta a fare l’amore.

Sabrina.  
  

mercoledì 20 dicembre 2017

L'eroe del sesso. 


   Io e Cinzia, dopo aver consultato Giuliano, decidemmo di andare a fare visita a Slotty, che a quanto pare era in possesso della videocassetta. Soltanto che era mezzogiorno e probabilmente non era neppure in casa. Di solito a quell’ora le persone sono a lavoro. Ma essendo in zona tanto valeva provarci. E come volevasi dimostrare ci venne ad aprire la porta la sua domestica; la donna non ci fece entrare, ma ebbi modo comunque di dare un’occhiata dentro e mi resi conto che Slotty se la passava piuttosto bene. D’altronde era pur sempre un produttore vinicolo, e i suoi affari andavano alla grande. La domestica ci informò che Slotty (ovviamente non lo chiamò così, lo chiamò col suo vero nome) era a lavoro e che probabilmente sarebbe rientrato dopo pranzo. Quindi a quel punto a me e a Cinzia non rimaneva che andarcene a pranzo, e poi magari ritornare nel pomeriggio.
   Ce ne andammo a mangiare in una trattoria tipica. C’era un televisore acceso che stava trasmettendo il telegiornale: la notizia del giorno era che il governo aveva varato una nuova legge con la quale prometteva di erogare mille euro alle famiglie che avrebbero accolto un rifugiato politico in casa propria, e duemila euro nel caso in cui al rifugiato fosse concesso di andare a letto con la moglie della coppia, e tremila euro invece in cambio del talamo della figlia (ammesso che quest’ultima abbia compiuto la maggiore età). Nel caso in cui il nucleo familiare fosse composto da più di sei donne allora lì sarebbe scattato il bonus “harem”, e allora si parlava di cifre davvero considerevoli. In collegamento con lo studio televisivo c’era il ministro dell’economia che interrogato sulla questione diede la sua opinione in merito alla questione: “con questa legge il governo vuole finalmente dare una risposta concreta al problema della crisi economica delle famiglie”.
   “Un vero affare” disse Cinzia.
   “Già” risposi divertita. “Si potrebbero tirare su dei bei soldi”.
   “Infatti. Com’è che nessuno ci ha pensato prima?”.
   L’altra notizia del giorno era che quella sera sulla rete nazionale sarebbe stata trasmessa la prima puntata di Susburra, una nuova fiction finanziata coi soldi pubblici che affrontava il tema della criminalità organizzata vista da una prospettiva amorosa; anche i criminali hanno un cuore, questo era il senso della fiction, e quindi storie di epiche sburrate si mescolavano agli affari legati alla droga e al traffico di armi. Nel trailer si vedeva un criminale grasso come uno scaldabagno che si zompava una tizia più cicciona di lui, e si sentiva lui che diceva: “te piace ‘o cazz, è?”.
   “Certo che gli autori di fiction sono proprio a corto di idee” dissi.
   “Sì. Io la tivù non la guardo più da un pezzo” rispose Cinzia.
   E infine il telegiornale diede una notizia di carattere culturale-letterario. Era appena uscito un romanzo che era diventato già un best seller, scritto da un tizio che a causa di un incidente gli erano state amputate gambe e braccia, e lui aveva scritto il romanzo in questione (già eletto capolavoro dell’anno) usando il suo cazzo in erezione, quindi pigiando sui tasti del suo portatile con la cappella turgida. Il libro si chiamava: “Scusa ma ti voglio montare”. La storia era una cagata pazzesca, però il fatto che fosse stata scritta con il cazzo aveva attirato migliaia di persone nelle librerie, obbligando la casa editrice a realizzare una seconda ristampa, e probabilmente ne sarebbero seguite altre.
   “Secondo te come li firma gli autografi?” mi chiese Cinzia.
   “Non voglio neppure pensarci”.
   Dopo pranzo ci avviammo nuovamente verso casa di Slotty. Era appena rientrato dal lavoro, e quando mi vide rimase imbambolato a fissarmi, senza sapere con precisione cosa fare. Non era cambiato di molto, era sempre brutto e buffo, ma ben piazzato, con un corpo da lottatore, però adesso non era più un diciottenne vestito in modo trasandato; adesso era un importante produttore di vini, quindi sembrava più curato e più autorevole. Aveva nonostante tutto un certo fascino. Ci fece entrare facendoci strada verso il soggiorno. Mi accorsi che la nostra presenza lo turbava molto, quasi come se fossimo per lui una minaccia. Mi domandavo del perché fosse così teso. Gli presentai Cinzia e dopo i soliti convenevoli gli dissi del perché eravamo lì, e cioè per la videocassetta.
   “Ti ricordi quella gangbang che abbiamo fatto a casa di Giuliano?”.
   “Certo, come potrei dimenticarla?” a quel punto Slotty diventò rosso che quasi sembrava che stava per venirgli un attacco cardiaco. Era evidente che gli dava fastidio parlarne, e forse era per questo che era teso fin da quando eravamo entrate in casa sua, perché in qualche modo sapeva che avremmo finito col parlare di quella gangbang.
   “Rilassati” gli dissi divertita. “Non è mica un interrogatorio della polizia. Ti ricordi che abbiamo ripreso tutta la scena con una videocamera? Ebbene, Giuliano mi ha detto che ce l’hai tu la videocassetta. È vero?”.
   “No, mi dispiace” rispose. “Non so per la verità che fine abbia fatto”.
   “Balle” disse Cinzia in modo brusco. “Lo sai benissimo”.
   “No, ve lo giuro. È successo che il giorno dopo la gangbang ho portato con me la videocassetta a scuola e...”.
   “Non volevi mica farla girare tra i tuoi amici?” domandai con tono minaccioso.
   “No, ma che dici?” Slotty era all’angolo, e io e Cinzia avevamo assunto l’aspetto di due gatte che giocano con un topolino indifeso. “L’avevo portata con me soltanto per pavoneggiarmi un po' con i miei compagni di classe. Volevo sventolargli la videocassetta davanti agli occhi e dirgli che avevo fatto una gangbang con la mitica Sabrina Bocca e Culo. Questo mi avrebbe reso ai loro occhi un vero eroe del sesso”.
   “Tutti uguali voi maschi” dissi. “Sempre pronti a cercare l’ammirazione degli altri a danno delle femmine. Tu saresti passato come un eroe del sesso, e io invece avrei fatto la figura della troia. Lasciamo stare, piuttosto vai avanti, dov’è quella videocassetta?”.
   “Come vi dicevo, ho portato quella videocassetta a scuola. I miei amici erano in cortile e ho iniziato a sbandierare il nastro come un trofeo e gli ho spiegato di cosa si trattava. Poi a un certo punto è arrivato il preside. Lui odiava vederci bighellonare in cortile o nei corridoi, quindi ci ha fatto una bella pippa di mezz’ora. E quando si è accorto della videocassetta mi ha chiesto di cosa si trattava, e allora uno dei miei amici gli ha detto che era un video porno. E allora lui me lo ha sequestrato dicendomi che nella sua scuola non ammetteva quel genere di porcherie. Quella è stata l’ultima volta che ho visto quella videocassetta”.
   “Quindi ci stai dicendo che quel nastro ce l’ha il preside della tua scuola?” chiese Cinzia.
   Mi resi conto che quella discussione nata quasi in tono amichevole si era trasformata in una specie di processo. Misi una mano sul braccio di Cinzia e le dissi di mantenere la calma.
   “Ammesso e non concesso che sia ancora vivo” rispose Slotty. “All’epoca dei fatti aveva una sessantina d’anni”.
   “Alla grande” aggiunse Cinzia. “Quindi quella videocassetta potrebbe essere ovunque. Lo sai cosa mi fa veramente incazzare di questa storia? È che tu non hai avuto il minimo rispetto per quel nastro. Per te era soltanto un modo per dimostrare ai tuoi amici del cazzo che eri uno vero stallone da monta. Tu non ti rendevi conto che quella videocassetta avresti dovuto custodirla con cura, e non sbandierarla ai quattro venti, perché non era roba tua, era roba che apparteneva a Sabrina, era sua di diritto, e invece tu te la sei fatta sequestrare come un deficiente”.
   “Calmati Cinzia” cercai di smorzare il suo incredibile attacco d’ira. “Ormai cosa possiamo farci? E poi non vedo il motivo di scaldarsi tanto”.
   “Scusami Sabri, ma è che mettendomi nei tuoi panni questa cosa mi fa veramente imbestialire. Trovo insopportabile questa mancanza di rispetto che lui ha avuto nei tuoi confronti. Per lui l’importante era avertelo messo in culo, poi il resto non contava”.
   Ma rimanere lì a fare polemiche era inutile. Ormai Slotty la videocassetta non ce l’aveva più. Così decidemmo di andarcene via.

Sabrina.

lunedì 18 dicembre 2017

Il sogno erotico di mio padre.

(in foto: Olivia Nice, Curvy Busty Teen Rubbing Her Snatch, ClubSeventeen.com)


   Di solito non scrivo su questo blog, perché mi rendo conto delle mie scarse qualità letterarie. Non sono mai stato bravo a mettere su carta i miei pensieri e non ho mai avuto il bisogno o la volontà di farlo. Però credo di dover spendere due parole (ma solo due, non voglio annoiarvi troppo) per parlarvi di mio padre, di cui Sabrina vi ha già parlato facendone venire fuori il ritratto di una specie di orco. Tutto sommato devo dire che non ha tutti i torti.
   Mio padre era un militare, e aveva fatto anche una discreta carriera all’interno dell’esercito. Purtroppo si comportava allo stesso modo di come si comportava in caserma anche a casa, cioè da vero stronzo. Una volta mi aveva preso a cinghiate soltanto perché aveva trovato una sigaretta sulla scrivania della mia stanza. Le punizioni corporali erano purtroppo quasi all’ordine del giorno, anche perché io non ero proprio quello che si definisce un adolescente modello; fumavo, prendevo cattivi voti a scuola e spesso tornavo a casa sbronzo. Ma nonostante questo ricordo di avere avuto sempre una grande venerazione e un grande rispetto nei suoi confronti. Il motivo? Forse perché mi terrorizzava.
   Ha ragione Sabrina quando dice che lui aveva una scarsa considerazione di lei. Più di una volta mi aveva detto di stare alla larga da Sabrina, perché altrimenti mi sarei beccato una bella malattia venerea. Diceva così ma sapevo benissimo che sotto sotto anche lui ne era attratto, come la maggior parte degli uomini della città. Come si può non esserlo? Sabrina è un concentrato di erotismo, è l’incarnazione del sesso. Sabrina era il sogno erotico di chiunque, e quindi anche di mio padre, nonostante lei avesse soltanto diciotto anni e quindi poteva essere sua figlia per la notevole differenza di età, ma resta il fatto che mio padre se la sarebbe ingroppata volentieri.
   A rendere Sabrina il sogno erotico di qualsiasi uomo erano le cose che si raccontavano sul suo conto; innanzitutto si diceva che non si negava a nessuno, e che inoltre faceva godere gli uomini con la bocca e con il culo, e poi era la regina indiscussa delle spagnole. Per non parlare delle storie che raccontavano su di lei, alcune delle quali erano solo leggende, del tipo che una volta si era fatta scopare da cento uomini contemporaneamente. E proprio queste storie, anche se spesso non corrispondevano alla realtà, non facevano che accrescere il desiderio che avevano gli uomini di portarsela a letto. Ovviamente in tutto ciò che si raccontava c’erano anche cose vere. Salvo rare eccezioni, era vero che si faceva montare il buco del culo da chiunque.
   E quindi, come dicevo, mio padre proprio come tutti gli uomini affamati di sesso della città, era fortemente attratto da lei. Mi accorsi di questa attrazione un giorno che Sabrina era a casa da noi. Era una domenica mattina e io e Sabri avevamo appena finito di fare l’amore anale, e lei si era rivestita e stava per andare via. Nel vialetto che portava al cancello incontrò mio padre che stava sistemando il giardino. Nessuno dei due si era accorto di me, ma io vidi tutta la scena perché ero affacciato alla finestra della mia stanza.
   “C’ho una voglia di romperti il culo che nemmeno ti immagini” le disse.
   “Ma si rende conto di quello che dice? Ho solo diciotto anni, potrei essere sua figlia!”.
   “Dio ce ne scansi e liberi! Sai che sciagura avere una figlia troia come te!”.
   “Io non sono affatto una troia!” protestò lei a gran voce.
   “Ah no? Che credi che non so come ti chiamano tutti? Sabrina Bocca e Culo. E poi basta guardare come vai in giro. Guardati, sembri una vacca da monta”.
   Quel giorno Sabrina indossava dei leggings neri un po' trasparenti che lasciavano intravedere il perizoma che indossava sotto e aveva una maglietta con uno scollo davvero molto generoso che riusciva a contenere a stento le sue grosse tette, tanto che una parte delle sue larghe aureole rosa erano fuori e ben in mostra.
   “Vada all’inferno, non voglio più ascoltarla!” urlò Sabrina, dopodiché la vidi uscire dal cancello con passo spedito. Se ci ripenso mi viene un rimorso terribile; il rimorso di non aver avuto il coraggio di dire a mio padre: “come cazzo ti sei permesso di dire quelle cose a Sabrina? Ma chi ti credi di essere per arrogarti il diritto di trattarla in quel modo?”. Ebbene non l’ho fatto, ho soltanto ignorato l’accaduto, e mi rendo conto che per questo motivo non merito una donna come Sabrina, eppure ci continuo ad andare a letto.
   Invece mio padre aveva una vera e propria venerazione per Manuela, la mia fidanzata di allora. In lei vedeva il ritratto della fidanzata esemplare: bellissima ma allo stesso tempo elegante e dedita allo studio. Insomma, una ragazza che avrei fatto bene a sposare. Sul suo conto per esempio non circolava nessuna storia oscena, e soprattutto non andava in giro vestita come una pornostar, e non aveva la nomina di essere una troia. E quando ci siamo lasciati lui ci è rimasto molto male. Ricordo che mi disse che ero stato uno stupido, perché mi ero fatto lasciare da una ragazza speciale, e che non ne avrei mai più trovata una come lei.
   “Ma forse è meglio così” mi disse. “Tu non ti meriti di stare con una ragazza come Manuela. Tu ti meriti una vacca come Sabrina. È quella la ragazza ideale per te. Manuela avrebbe potuto darti tutto, i figli, la fedeltà, un matrimonio felice. Sabrina invece cosa può darti? Il buco del culo e nient’altro”.
   Quanto si sbagliava su questo. Sabrina infatti, e questo lui non poteva saperlo, mi avrebbe dato una figlia bellissima. Se solo lui avesse immaginato che un giorno lei avrebbe portato in grembo sua nipote (perché questo era Moana per lui) probabilmente non avrebbe avuto nei suoi confronti la considerazione che si può avere per una puttana di strada.

Giuliano.

sabato 16 dicembre 2017

giovedì 14 dicembre 2017

Una nuora puttana. 

(in foto: Alex Chance, Alex Knows What You Want, AlexChanceXXX.com)


   In merito alla questione mi consultai anche con Stefano. Lui era della mia stessa opinione, e cioè che quella videocassetta apparteneva al passato. Però non mi nascose la sua eccitazione all’idea che da qualche parte c’era un nastro che mi immortalava mentre facevo una gangbang. L’idea di poterla avere e di poterla guardare (e magari di farsi una sega guardandola) gli bastava per fargli avere una colossale erezione.
   “Ma allora secondo te cosa dovrei fare? Dovrei cercarla oppure no?”.
   “Beh, devi deciderlo tu. Però ovviamente poter vedere un video di mia moglie a diciotto anni che fa una gangbang è una cosa che stimola molto le mie fantasie più porche”.
   “Sei sempre il solito maiale” risposi divertita.
   “Ormai dopo tanti anni di matrimonio dovresti conoscermi”.
   “Certo, e mi piace tantissimo il fatto che sei così porco”.
   E così il giorno dopo mi incontrai con Cinzia. Ci eravamo date appuntamento al centro, e poi da lì saremmo andate a casa di Giuliano, al quale avevo telefonato il giorno prima informandolo del fatto che sarei andata da lui per chiedergli una cosa.
   Cinzia mi stava aspettando seduta su una panchina del parco antistante all’edificio del comune. Nonostante fossimo state nemiche devo ammettere che Cinzia era una gnocca colossale. Lo era sempre stata, ma non so per quale ragione adesso che era una donna di quarant’anni esprimeva ancora più erotismo di quando ne aveva diciotto. Forse perché con gli anni aveva acquisito una classe e un’eleganza che di solito quando si è ragazzi non si ha.
   Cinzia indossava un tailleur gessato con una gonna che metteva un risalto le sue cosce, che da sempre erano state il suo pezzo forte, ma adesso notai che erano ancora più sensuali per via di certe imperfezioni che l’età disegnava sul nostro corpo. Le chiamo “imperfezioni” ma in realtà non lo so; parlo per esempio della pelle a buccia d’arancia, che in qualche modo rendeva le sue cosce (ma anche le mie) più sensuali, di quella sensualità tipica che hanno le mamme, una sensualità che designa calore e maturità, ma anche passione e ardore. Tutte cose che difficilmente puoi avere a diciotto anni. E poi Cinzia aveva degli occhi azzurri che brillavano come diamanti, e alla luce del sole diventavano ancora più abbaglianti e non potevi fare a meno di innamorartene. Non appena la vidi pensai subito che se avessi avuto un cazzo avrei fatto qualsiasi cosa pur di portarmela a letto e penetrarle ogni buco, baciando e accarezzando ogni centimetro della sua calda pelle da mamma.
   Mi avvicinai e mi misi a sedere accanto a lei; ci salutammo baciandoci le guance e lei mi sorrise in modo amichevole e apparentemente sincero. Dico “apparentemente” perché, anche se non riuscivo a capirne il motivo, quel sorriso mi diede l’impressione di un qualcosa di costruito, per nulla spontaneo, quasi come se stesse fingendo. C’era qualcosa che si frapponeva tra me e lei e che apparteneva al passato, e che non voleva saperne di andarsene via: la rivalità. Possibile che da qualche parte infondo al nostro cuore (forse in un angolino remoto) c’era ancora qualche traccia del nostro antagonismo?
   “E allora” disse, “quali sono le prossime mosse?”.
   “Beh, adesso andiamo a casa di Giuliano” risposi. “Lui saprà certamente dov’è finita quella videocassetta”.
   “Giuliano” disse lei quasi sovrappensiero e scandendo minuziosamente le lettere. “È da circa vent’anni che non lo vedo”.
   “Non vorrai mica dirmi che anche tu sei andata a letto con lui?”.
   “No” rispose divertita. “Lo conoscevo appena. Perché dici questo?”.
   “Perché si è fatto un sacco di ragazze. Quindi non mi sarei stupita se mi avessi detto di sì”.
   “Tu invece? Che tipo di rapporto avevi con lui? Ci andavi solo a letto oppure c’era qualcos’altro?”.
   “Tra me e Giuliano c’era...” non mi venivano le parole. D’altronde non lo sapevo neppure io cosa c’era. “C’era una specie di rapporto d’amore. Io lo amavo, e lo amo tutt’ora, e anche lui diceva di amarmi, anche se in realtà me lo ha detto solo un paio di volte, e con scarsa convinzione. Ma nonostante questo non ha mai avuto il coraggio di lasciare la sua fidanzata di allora per mettersi con me”.
   Ricordo che per la madre di Giuliano ero come una seconda fidanzata, perché praticamente ero sempre con lui; e lei sapeva benissimo che quando la sera si chiudeva nella sua stanzetta con me non era certo per raccontarmi le barzellette. Lo sapeva benissimo quello che facevamo. Facevamo l’amore. E mi voleva molto bene, perché mi diceva che riuscivo a rendere suo figlio felice. Una volta mi disse che per lei sarebbe stato un sogno se un giorno io e Giuliano ci fossimo sposati, poter vedere me e suo figlio sull’altare uniti in matrimonio, e quindi potermi vedere diventare la sua fedele moglie, e questa cosa mi fece commuovere tantissimo, perché mi fece capire davvero quanto lei tenesse a me. Manuela invece non le andava tanto a genio, perché la considerava una ragazza viziata e capricciosa, e devo dire che un po' lo era. E proprio per questo lei mi adorava, perché io ero tutto l’opposto. Ero, secondo le parole da lei stessa utilizzate, la ragazza che ogni mamma avrebbe desiderato vedere in moglie al proprio figlio maschio. Ero quasi lusingata ogni volta che me lo diceva (perché me lo diceva spesso), e io ogni volta le rispondevo che tutto dipendeva dalla volontà di Giuliano. E lei allora mi diceva in modo amareggiato che suo figlio era troppo immaturo per accorgersi di quanto valevo veramente. E forse aveva ragione. 
   Invece il padre di Giuliano mi considerava una puttanella con cui il figlio si sollazzava. Una volta infatti andai a casa di Giuliano e mi venne ad aprire lui, e subito mi fece uno dei suoi soliti commenti al vetriolo: “fammi indovinare, sei venuta a farti fare il culetto da mio figlio. Certo che sei proprio una rottainculo tu”. Il padre di Giuliano era molto rozzo, e certe volte si comportava come un vero stronzo. Spesso si comportava con me in modo irrispettoso, etichettandomi con epiteti davvero poco lusinghieri, tipo “la vacca da monta” o “la bocchinara”. Un paio di volte mi aveva pure offerto del denaro in cambio di sesso anale, e un’altra volta invece mi aveva chiesto (sempre in cambio di soldi) di fargli una sega spagnola. Lui adorava le mie tette, diceva che erano perfette per fare le spagnole. Non aveva tutti i torti, come ben sapete. Ovviamente mi faceva queste proposte soltanto quando era sicuro che non ci fosse né sua moglie né suo figlio nei paraggi. Proposte che io puntualmente rifiutavo, rispondendogli che il mio corpo non era in vendita.
   Non aveva una buona considerazione di me, ve l’ho detto, mi considerava una troia. Lui a differenza della moglie preferiva Manuela, perché lei era la sua fidanzata ufficiale, io invece ero la puttanella con cui il figlio soddisfaceva le sue voglie porche. Insomma io andavo bene per far godere suo figlio, non certo per sposarlo. Avere una nuora puttana sarebbe stato in qualche modo un disonore per la famiglia.

Sabrina.

martedì 12 dicembre 2017

Giuliano, Slotty, Marpione e il mio buco del culo.

(in foto: Keisha Grey, The Wetter The Better, HardX.com)


   Era un sabato mattina come un altro, i genitori di Giuliano come spesso accadeva non erano a casa, quindi avevamo casa libera per poter fare come ci pareva. Io ero seduta per terra e stavo sfogliando una delle riviste porno che Giuliano teneva nascoste sotto il letto; erano delle riviste che mi piacevano molto, perché erano come dei fotoromanzi, ma con immagini hard, e poi c’erano i fumetti dove c’erano scritte le porcate che si dicevano i protagonisti di quelle pagine mentre facevano l’amore. Erano delle vere e proprie storie con delle trame molto sempliciotte, del tipo che un tizio incontra la propria vicina di casa in ascensore, scatta il colpo di libidine e poi la scena si sposta in camera da letto. Insomma, delle vere e proprie stronzate, però erano avvincenti, e poi il porno mi eccitava da impazzire, e quelle immagini di penetrazioni, sesso orale e copiose sborrate mi attiravano in modo incredibile.  
   Giuliano e Marpione stavano rollando una canna, e proprio in quel momento entrò Slotty con la videocamera del padre tra le mani, come vi dicevo nel post precedente. Intanto Giuliano aveva acceso la canna, la quale aveva cominciato a girare, come di solito succede, fino ad arrivare tra le mie dita. Ne fumai un po' anche io. Era bella carica, come tutte le canne che faceva Giuliano, e quindi iniziò subito a sballarci.
   A quel punto, se fossimo stati soli io e lui, avremmo già cominciato a fare l’amore (anale e orale). Ma siccome eravamo in compagnia di Slotty e Marpione le cose andarono un po' diversamente.
   “Senti un po'” disse Giuliano a Slotty. “Ma quella videocamera funziona per davvero?”.
   “Credo di sì”.
   “Che ne dite di fare un film porno? Magari diventiamo famosi”.
   “Che idea fighissima!” esultò Marpione.
   “Che idea stupida” dissi io.
   “Dai Sabri, vedrai che sarà divertente”.
   A quel punto presi Giuliano in disparte per dirgliene quattro. Avevo accontentato tutte le sue idee più porche e gli avevo fatto passare un sacco di sfizi sulla mia pelle, ma questo mi sembrava davvero troppo. Ma in verità già sapevo come sarebbe andata a finire, e cioè che avrei accontentato anche questo ennesimo capriccio. Perché proprio non riuscivo a dirgli di no. Non ero riuscita a dirgli di no la prima volta che mi aveva chiesto se poteva sborrarmi in faccia e non gli avrei detto di no nemmeno questa volta. Perché di fronte a lui perdevo completamente la ragione e mi trasformavo in una bambolina del sesso.
   “Non vorrai mica farmi fare una gangbang insieme a Slotty e Marpione? Lo sai che da quei due non mi farei toccare nemmeno con un dito, e tu invece te ne esci con ‘sta cosa del film porno”.
   “Ma ci sarò anche io, mica ti lascio sola insieme a quei due!”.
   “Sì ma non mi va di essere ripresa. Non voglio che poi magari la videocassetta finisca nelle mani sbagliate”.
   “Ti prometto che non la vedrà mai nessuno. Rimarrà il nostro piccolo segreto”.
   Mi lasciai convincere senza troppi problemi, perché come vi dicevo poco fa a Giuliano non riuscivo a dire di no. Avrebbe potuto chiedermi di fare la cosa più porca al mondo e io gli avrei detto di sì. Ero la sua schiavetta del sesso e non potevo farci nulla. Però decisi di mettere le cose in chiaro con Slotty e Marpione; gli dissi infatti che lo facevo solo per accontentare Giuliano, non certo loro due. Inoltre dissi loro che non volevo baci in bocca né penetrazioni vaginali. Se solo uno di loro ci provava soltanto allora avrei fermato tutto.
   “Non ti preoccupare Sabri” rispose Marpione, “ci accontentiamo della bocca e del buco del culo”.
   “E avvisatemi quando state per sborrare. Non vi azzardate a venirmi in bocca, sennò mi incazzo. Solo Giuliano può farlo”.
   “E dove possiamo sborrare?” chiese Slotty.
   “In culo va bene, oppure sulle tette, insomma dove vi pare ma non in bocca”.
   Slotty e Marpione erano euforici, sembravano ubriachi per quanto erano su di giri. E quando gli ricapitava un occasione del genere! Non gli sembrava neppure vero quello che ci stavamo apprestando a fare. Era una cosa che probabilmente avevano visto soltanto nei film porno.
   “Ragazzi, ce l’ho già duro solo all’idea” disse Marpione. “Gli voglio rompere il culo a sta zoccola”.
   “A chi lo dici” rispose Slotty che intanto aveva sistemato la videocamera sulla scrivania in modo tale da farle riprendere la scena da un angolazione tale da non oscurare nessuno. “Io glielo voglio sfondare senza pietà”.
   “Innanzitutto andateci piano con le parole” dissi. “Zoccole saranno le vostre sorelle, di certo non io”.
   A quel punto il tasto rec era stato premuto e si tirarono giù le lampo dei jeans mettendo fuori le loro erezioni pazzesche, e me le sventolarono davanti agli occhi quasi come se volessero darmi un anteprima di ciò che mi aspettava.
   “Ok, cominciamo” dissi. “Ma vi ho avvertiti, quindi conoscete le regole. Al minimo passo falso ve li stacco i vostri bei cazzoni duri”.
   E così la videocamera iniziò a riprenderci mentre lo facevamo. Il punto  era: che fine aveva fatto quella videocassetta? Cinzia giustamente mi disse che senza ombra di dubbio ce l’avevano i protagonisti della monta, quindi Giuliano, Slotty e Marpione. Inoltre si offrì volontaria per aiutarmi a cercarla. Ma non ne capivo il motivo, d’altronde a me non interessava affatto avere quel nastro, perché era una cosa che apparteneva al passato.
   “Sabri, quella videocassetta appartiene a te, è tua di diritto, quindi è giusto che tu riesca a metterci le mani sopra”.

Sabrina.

domenica 10 dicembre 2017

Il sex-tape di Sabrina Bocca e Culo.


   La nostra serata all’insegna dell’umorismo pecoreccio e dei discorsi privi di freni inibitori andò avanti ancora per un bel po'. La bottiglia di limoncello era quasi terminata. Cinzia fece l’ultimo sorso e mi sorrise guardandomi fissa negli occhi.
   “Sabri Sabri Sabri” disse sospirando. “È vero che esiste una videocassetta in cui ti si vede fare una colossale gangbang?”.
   “Non proprio colossale, direi di più una modesta gangbang. Ma tu che ne sai?”.
   “Questa città è come un paese. Tutti sanno tutto di tutti” poi si rivolse a mio marito. “Forza Stefano, tira fuori questa videocassetta”. 
   “Mi cogli davvero alla sprovvista, davvero non so di cosa stai parlando”.
   In effetti non lo avevo mai raccontato a Stefano, quindi lui davvero non sapeva nulla. Ma non è che non glielo aveva raccontato per una forma di pudore; d’altronde mi conoscete, il pudore per me è un concetto relativo. Non glielo avevo detto perché non lo aveva mai ritenuto un fatto importante. Per me quel videotape era soltanto una delle innumerevoli avventure che mi aveva riguardato.
   Esisteva davvero una videocassetta in cui mi si vedeva fare una gangbang; avevo diciotto anni, e io e Stefano ancora non eravamo fidanzati. Era il periodo in cui io e lui avevamo iniziato a frequentarci, ma lui non si decideva a farsi avanti, e allora io continuavo ad andare dietro a Giuliano perché ero incapace di fare altro. Non potevo fare a meno di essere la sua bambolina del sesso, il suo sborratoio. Soltanto quando poi finalmente Stefano si sarebbe dichiarato allora sarei riuscita ad allontanarmi da lui. Ma non per molto, come ben sapete. Infatti dopo un po' di tempo Giuliano ritornò nella mia vita, cambiando radicalmente la relazione che avevo con Stefano, e facendoci diventare una coppia cuckold. Vi invito comunque ad una lettura dei post dedicati a questa trasformazione: 



   Ma ritorniamo a quel nastro. Quando avevo diciotto anni c’erano ancora le videocamere che registravano su cassetta, non era come adesso che ormai è tutto digitale.
   “Beh, qualcuno ce l’avrà questa videocassetta” disse Cinzia. “Ma chi?”.
   “Sinceramente non ricordo” risposi. “Sono passati più di vent’anni”.
   “Quel film è un oggetto molto ricercato” disse Pippo, che a quanto pare anche lui era a conoscenza dell’esistenza di quel nastro. “La mitica videocassetta che immortala una delle gangbang amatoriali più eccitanti della storia. E a renderla così preziosa è il fatto che la protagonista di quella gangbang è la mitica Sabrina Bocca e Culo”.
   “Tesoro, ma di cosa si tratta?” mi chiese Stefano.
   “È un video che ho fatto insieme a Giuliano e a due amici. Ma lo abbiamo fatto più per gioco che altro, non credevo che poi sarebbe diventato un oggetto così importante”.
   “E invece è proprio così” confermò Pippo. “Conosco uomini che pagherebbero qualsiasi somma pur di mettere le mani su quella videocassetta”.
   “Ma dai!” ero completamente all’oscuro delle cose che mi stava dicendo. “È soltanto un video porno amatoriale”.
   “Per l’esattezza è un video porno amatoriale di Sabrina Bocca e Culo” continuò. “Non sottovalutare questo dettaglio. Forse non te ne sei mai resa conto, ma tu hai così tanti ammiratori da riempire la sala di un cinema hard. Sei una specie di diva del sesso, quasi quanto una pornostar affermata, Sabri. Ed è proprio per questo motivo che quella videocassetta ha un valore inestimabile, perché molti tuoi ammiratori la cercano come un archeologo cercherebbe una reliquia. E poi tra l’altro ce n’è soltanto una copia a quanto pare, e quindi questo rende quel nastro ancora più prezioso”.
   Ero senza parole, perché quello che a me era sembrato un gioco, cioè farmi riprendere con una videocamera mentre facevo l’amore con tre coetanei, si era trasformato in una sorta di caccia al tesoro. Per molti uomini infatti, a quello che diceva Pippo, quella videocassetta era un vero e proprio tesoro. Ma io davvero non avevo la ben che minima idea di che fine avesse fatto. Forse lo sapeva Giuliano, il quale era stato lui a proporre di fare quella gangbang.
   Lo ricordo benissimo quel giorno; ero a casa sua, nella sua stanza insieme a due amici, uno dei quali era figlio di un cameraman di una tivù locale. Ebbene, quella mattina era riuscito a mettere le mani sulla videocamera del padre e l’aveva portata con se per il semplice scopo di fare lo sbruffone con i suoi amici.
   “Guardate cosa ho sfilato a mio padre” esultò entrando nella stanza di Giuliano.
   “Che diavolo è quella?” chiesi io.
   “È una videocamera che mio padre non usa più, perché ne ha comprata una migliore e adesso questa voglio vedere se riesco a venderla, così ci tiro su un po' di soldi”.
   Non ricordo come si chiamava, ma ricordo il soprannome che gli avevano appioppato, e non era un soprannome molto carino; lo chiamavano Slotty, come il personaggio deforme del film Goonies. Non è che lui era messo così male, cioè voglio dire non era un mostro deforme, però non era eppure bello, e infatti non aveva molto successo con le ragazze, nonostante fosse un ottimo scopatore (e questo potetti constatarlo personalmente, Slotty aveva un cazzo stupendo e poi era instancabile e grazie alle sue possenti braccia riusciva a girarti e a rigirarti come un calzino). Slotty aveva un qualcosa che ricordava il personaggio dei Goonies. Forse perché era grosso, aveva un corpo da giocatore di rugby per intenderci.
   L’altro protagonista della gangbang invece anche di lui ricordo solo il soprannome; tutti quanti lo chiamavano Marpione, perché ci provava con qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro. Inutile dirvi che ci aveva provato anche con me, ma io (fino a quel momento) non gli avevo concesso nemmeno un centimetro del mio corpo, perché provavo un’incredibile antipatia nei suoi confronti, e inoltre lo trovavo molto viscido. Lui a letto ci sapeva fare un po' meno; aveva un po' troppa “fretta di venire”. E infatti durante la gangbang dovette fermarsi più volte per non sborrare subito e per reggere il ritmo di Giuliano e Slotty, che invece mi scoparono ininterrottamente per mezz’ora di fila, passando dalla bocca all’orifizio anale senza problemi. Marpione invece rischiò più volte di uscire dai giochi prematuramente. Però una cosa devo riconoscerla, e cioè che fu molto bravo con la bocca leccandomi sia la figa (fui molto chiara a riguardo: potete solo leccarla e per nessun motivo penetrarla) che il buco del culo. 

Sabrina.

venerdì 8 dicembre 2017