venerdì 31 luglio 2015

Confessioni post-coito.


   Ancora non avevo detto nulla a Berni del mio nuovo lavoro. Però era giusto dirglielo, d'altronde era pur sempre il mio fidanzato. Non potevo taciergli una cosa del genere.  E poi ogni volta che andavo a lavoro non potevo sempre dirgli che uscivo con le amiche. Questa balla avrebbe retto poco. E così decisi di dirglielo. Ma per farlo dovevo cogliere l'occasione giusta. Qual'era l'occasione giusta se non dopo aver fatto l'amore? Eravamo a casa mia, nella camera da letto dei miei. Fare l'amore nella camera da letto dei miei mi dava un eccitazione fuori dal comune; lì dove i miei avevano consumato migliaia di sensazionali orgasmi, io consumavo i miei, e davo il mio corpo a Berni. Ma lo facevo solo con lui. Non mi piaceva farlo nella camera dei miei con altri uomini, solo con lui, che era il mio uomo, e che i miei genitori stimavano. E proprio per questo mi sentivo autorizzata a utilizzare il loro letto per concedere il mio corpo e far godere il mio uomo. Solo perchè era Berni, l'uomo che i miei avevano accolto in casa come un figlio.
   E quindi eravamo lì, e io stavo dando il meglio di me. Avevo cominciato sbocchinandolo con passione, ma ad un certo punto fui costretta a fermarmi, altrimenti avrei rischiato di farlo venire subito. A quel punto ho cercato di farlo rilassare, e abbiamo pomiciato un po', poi lui si è attaccato con la bocca alla mia vagina, e ha cominciato a succhiarmela come se fosse stata un frutto succoso. Gli piaceva tanto succhiarmela, e devo dire che in questo era molto bravo, e riusciva sempre a farmi venire. Poi lo feci stendere sul letto e mi ci misi sopra a smorza candela, che era la nostra posizione preferita. Dopo cinque minuti iniziò a sborrarmi dentro. Sentii il suo seme caldo esplodermi nel corpo. Mi sfilai il suo cazzo da dentro e mi riposai accanto a lui.
- Ti amo Moana.
   Quando mi diceva così potevo dirgli qualsiasi cosa. In genere quando dovevo confessargli le mie scopate con gli altri uomini lo facevo sempre dopo averlo fatto sborrare, e subito dopo che mi diceva quelle parole: "ti amo". Dopo aver sborrato me lo diceva sempre. In verità me lo diceva anche in altre occasioni. Berni era un ragazzo molto dolce. Però dopo aver fatto lamore me lo diceva in un modo che mi faceva sciogliere. Lo diceva con un tono di voce così caldo che mi faceva capire davvero quanto tenesse a me. A quel punto dovevo approfittare del suo amore per confessargli le cose più inconfessabili.
- Tesoro, c'e una cosa che devo dirti.
- Ci risiamo - mi rispose. - Sei stata a letto con un altro uomo.
- No no - continuai scoppiando a ridere. - Questa volta no. Quello che volevo dirti e che ho lasciato il lavoro al call center. Ora lavoro al bar di mio zio Giuliano.
- Scusami un attimo... tuo zio non aveva uno strip bar?
- Sì, proprio così.
- E tu lavori in uno strip bar?
- Sì, esatto.
- E cosa fai?
- Servo ai tavoli.
- Ah beh, se è solo questo.
- Sì però servo in perizoma. E qualche volta dovrò anche esibirmi. Sai, a turno noi ragazze del serizio ai tavoli ci esibiamo in spettacoli di striptease.
- No Moana, non mi va bene. Non voglio che altri uomini vedano la mia donna nuda. E' proprio una cosa che non mi va giù.
- Ma tesoro, è solo per lavoro. Oltre l'orario di lavoro sarò solo tua.
   Per convincerlo ripresi il suo cazzo in bocca e lo feci godere di nuovo. Alla fine cedette, ma gli dovetti promettere che sarei stata per davvero soltato sua. Glielo promisi. Col cuore sarei stata soltanto sua. Col cuore. Il corpo è un'altra questione.
   Intanto zio Giuliano la sera dopo mi disse che quel sabato sarebbe toccato a me fare lo spettacolo di striptease, ma considerando il fatto che ero sua nipote potevo essere esonerata dal farlo. Mi disse che se le  altre avrebbero fatto storie c'avrebbe pensato lui a metterle a tacere. Ma io gli dissi che lo avrei fatto. Era chiaro che lui non voleva. Non voleva che facessi quello spettacolo, semplicemente perchè per lui ero come una figlia, e vedermi lì tutta nuda, davanti ad un pubblico di allupanti, lo avrebbe fatto ingelosire tantissimo. Ma io insistetti. Dovevo farlo, anche per non passare davanti alle mie colleghe come la privilegiata di turno, la scansafatiche della situazione.
   A quel punto dovevo solo decidere come comportami, perchè ognuna delle mie colleghe aveva un proprio numero. Il numero di Jay per esempio era quello di presentarsi in frac, con tanto di cappello a cilindro, e sfoderare il suo enorme cazzo davanti a tutti. E questo numero era di certo quello più apprezzato dai clienti dello strip bar. Io avrei dovuto inventarmi qualcosa di altrettanto spettacolare. Qualcosa di porchissimo, da far restare tutti a bocca aperta.
   Comunque avevo abbastanza tempo per pensarci. E ora che avevo confessato tutto a Berni potevo esercitarmi con lui. Infatti provai più volte in sua presenza dei numeri di striptease che mi venivano in mente, ma finiva sempre allo stesso modo, cioè ci eccitavamo come matti e ci mettevamo a fare l'amore. E dopo mi esortava a ripensare a quello che mi aveva detto mio zio, cioè al fatto che potevo anche non farlo. Ma io volevo farlo a tutti i costi. Un mio rifiuto avrebbe potuto scatenare dei forti malumori nelle mie colleghe, che gia' non mi vedevano di buon occhio essendo la nipote del proprietario dello strip bar.

Moana.

giovedì 30 luglio 2015

mercoledì 29 luglio 2015

Un pacco di soldi.

(nella gif animata: Jesse Jane)


   Fuori allo strip bar era tutto buio e i clienti cominciavano a uscire, e alcuni mi guardarono, mi fecero i complimenti: "sei stata bravissima, brava". E io: "grazie grazie, è stato il mio primo giorno". E loro: "però sei stata brava. Sei bellissima".
   Zio Giuliano mi vide e mi chiese se avevo bisogno di un passaggio, ma io gli risposi che avrei telefonato a Berni per farmi venire a prendere con la macchina. Allora lui mi baciò le guance e se ne andò. Così chiamai Berni, ma non ci fu niente da fare. Aveva il telefono staccato. Ero davvero nei guai, cominciai a chiedermi come avrei fatto a ritornare a casa.
   Vidi andar via le mie colleghe. Jay fu l'ultima ad uscire, e mi chiese come avrei fatto a tornare a casa.
   Che carina, si preoccupava per me. Era molto gentile. Non lo so, in qualche modo avrei fatto.
- Vieni a dormire da me – mi disse. – Abito qui a due passi. Prendiamo un taxi e siamo da me in cinque minuti.
- No grazie, devo assolutamente tornare a casa, sennò i miei genitori si preoccupano. Non vogliono che rimanga fuori tutta la notte.
- Sei un amore. Ecco, prendi il mio numero di telefono. Se non riesci a raggiungere casa, chiamami, che ti vengo a prendere e ti faccio dormire da me.
   E così vidi Jay allontanarsi; un taxi passò a prenderla e non la vidi più. L’ultimo cliente uscì dallo strip bar; un uomo di una cinquantina d’anni. Anzi, forse di più. Forse aveva anche passato i sessanta. Giacca e cravatta, di sicuro un professionista, uno che lavorava, uno che faceva l’amministratore delegato o qualcosa del genere. Uno che stava per tornare dalla moglie che stava dormendo col pigiamone imbottito. Mi guardò, si accese una sigaretta e sorrise.
- Tu sei quella nuova – mi disse.
- Sì, sono quella nuova.
- Beh, complimenti davvero. Non sei niente male.
- Grazie.
- E poi ‘ste Moldave, ‘ste Rumene, hanno un po’ rotto i coglioni. Lavorano con freddezza, con meccanicità, non so se mi spiego.
- Meccanicità?
- Sì, per loro stare nude o stare vestite davanti agli uomini è la stessa cosa. L’importante è che gli dai i soldi. Capisci?
- Sì, capisco.
- È tutta questione di cash. Capisci? Tu invece no. Si vedeva che eri in imbarazzo. Si vedeva che non eri a tuo agio. 
- Eh già.
- Vuoi un passaggio? 
   Non avevo altra scelta. Berni non rispondeva. L'unica cosa che potevo fare era accettare quel passaggio da quello sconosciuto.
- Ok, ma non si metta strane idee in testa. 
   Bella macchina, davvero. L’uomo aveva una bella Mercedes, grigio metallizzato, e dentro era tutta pulita, profumata, con l’alberello profumato che dondolava sullo specchietto. Bella macchina, davvero.
- Una sciocchezzuola – mi disse e con la mano del cambio mi accarezzò una coscia. – Chissà, magari se saprai gestire bene il tuo denaro, un giorno ne avrai una anche tu.
   Sì, chissà. Può darsi. La mano ritornò sul cambio e la macchina andò dritta verso la variante. L’amministratore delegato parlava molto, gli piaceva parlare, e farmi domande, e chiedermi perché avevo deciso di fare quel lavoro, da dove venivo, chi erano i miei genitori, quanti anni avevo. E per quanto nelle mie possibilità cercai di dargli delle risposte molto dettagliate, più che altro per perdere tempo, perché la strada era ancora lunga.
- Diciotto anni? – mi chiese. – Pensa un po’, ho una nipotina della tua stessa età. Certo, lei non si esibisce negli strip bar. Lei è iscritta alla facoltà di medicina.
   Per fortuna eravamo quasi arrivati. Non lo sopportavo più. Vedevo la linea ferroviaria che costeggiava il quartiere dove vivevo. Eravamo quasi arrivati; bastava andare un pochino più avanti ed era fatta, e invece cominciò a rallentare.
- Aspetti un attimo. Cosa diavolo sta combinando? Perché sta accostando qui, in questo spiazzo?
   Le ruote calpestarono il selciato e le foglie secche, facendo scricchiolare tutto. Poi lui spense il motore e mi guardò per qualche istante. Mi sorrise appena, e poi si abbassò la lampo dei pantaloni, facendo venire fuori il suo cazzetto moscio e rugoso.
- Ma cosa fa? Lo rimetta dentro, per carità.
- Che fai, non me lo dai un bacetto della buona notte, prima di rientrare a casa? – mi chiese.
- Non mi sembra il caso.
- Ma come, io ti ho accompagnata fin qui, e questo è il tuo modo di ringraziarmi? Dai, solo un bacetto.
- Ehi, io non le faccio queste cose. Io sono fidanzata - gli mostrai l'anello di fidanzamento che portavo all'anulare della mano destra.
- Ho capito. Cinquanta vanno bene?
- Cinquanta? Cinquanta non so che farmene. Ma neanche cento. Neanche per tutto l’oro del mondo. No no, non se ne parla.
- Duecento?
   Sarei potuta scendere e farmela a piedi, tanto ero quasi arrivata, però la tentazione di provare quella sensazione era davvero forte. La sensazione di darmi via per denaro. Non l'avevo mai fatto, e adesso mi avevano appena fatto una proposta. Cosa si provava a fare un lavoro di bocca per denaro? Ero davvero curiosa di vedere come mi sarei sentita dopo. E soprattutto l'offerta non era affatto male. Duecento euro. Cavolo, quanta roba ci potevo comprare con duecento euro.
- Va bene, però si fa in fretta e poi ognuno per la propria strada.
   Era tutto rugoso e moscio, ma dopo averlo messo in bocca iniziò a diventare duro. Ci volle un pò a dire il vero, ma sono sempre stata molto brava con la bocca. Ci sapevo fare davvero bene, e quindi riuscivo sempre a far alzare tutti i cazzi, anche quelli più timidi. Lui mi mise una mano tra i capelli e mi spinse la testa più giù, fino a farmi entrare pure le palle in bocca. Sentivo che stavo per soffocare, poi finalmente mi lasciò. Avevo le lacrime agli occhi, ma continuai a sbocchinarlo, e lui mi diceva che ero una gran troia. Ad un certo punto sentii il suo cazzo pulsare, stava sborrando, e riuscii in tempo a farlo uscire fuori. Lo masturbai facendolo fiottare copiosamente. La sborra saltò dappertutto, pure sui miei capelli.
- Brava, che bocchinara che sei – sussurrò.
   Mi ricomposi sul sediolino e gli chiesi i soldi. Lui li prese dalla tasca dei pantaloni e me li diede. Prima di lasciare la macchina l’amministratore mi accarezzò il viso, e mi disse che sarebbe stato molto contento di rivedermi. Gli diedi la buonanotte e strinsi le quattro banconote da cinquanta euro nella mano. Con quei soldi e le cospicue mance dei clienti dello strip bar ero carica di denaro. Sapevo di aver fatto una cazzata, soprattutto perchè quello che avevo fatto non era giusto nei confronti di Berni. Ma ero riuscita a mettere su davvero un bel gruzzoletto. L'indomani sarei andata a spararmeli tutti in vestiti e scarpe. Aveva ragione Berni a dire che ero come mia madre. Una gran puttana. 
  
Moana.

martedì 28 luglio 2015

Biancaneve Strip Bar.

(in foto: Kelsi Monroe, Spizoo.com)


   In quel periodo lavoravo in un call center, ma mi annoiavo a morte. Tutto il giorno a telefonare a gente che ti avrebbe strozzato volentieri, e cercare di vendere loro un'assicurazione o chissà che altra diavoleria. Dopo cinque mesi ne avevo abbastanza, e così mi lincenziai. Avevo voglia di un lavoro in grado di darmi emozioni forti. Diedi un'occhiata ai principali siti Internet in cui si chiedeva e si offriva lavoro, ma non c'era niente di speciale. Poi un giorno, ero in centro a guardare le vetrine dei negozi, e mi ritrovai davanti allo strip bar di zio Giuliano. L'insegna diceva: Biancaneve. Come vi ha già spiegato mio fratello Rocco, zio Giuliano non era nostro zio, ma era come se lo fosse, perchè era davvero uno di famiglia. Ci adorava, sia a me che a mio fratello. Era grazie a lui che i miei genitori si erano conosciuti. E così entrai nel suo strip bar per salutarlo. C'era poca gente, di solito il locale si riempiva dalle nove alle due di notte. Al momento non c'era nessuno, a parte qualche vecchio porco e alcune delle ragazze che servivano ai tavoli. Per servire ai tavoli indossavano solo un perizoma e una camicetta striminzita bianca, col logo del bar dietro la schiena. Ogni tanto si lasciavano palpare e smanazzare dai clienti, ma in quel modo riuscivano a tirare su qualche soldo extra.
   Una delle ragazze mi vide e venne verso di me sorridendomi in modo amorevole. Se fossi stato un uomo me ne sarei innamorata all'istante. Ricambiai il sorriso e la mia attenzione cadde in mezzo alle sue cosce. Lì davanti, in quel perizoma, c'era qualcosa di strano. Era un bozzo, anche bello consistente, e allora capii di trovarmi non di fronte ad una ragazza bensì ad una trans. Ma era così femminile che neanche te ne accorgevi. Aveva i capelli neri, lisci, degli occhi molto dolci, un fisico da fare invidia a qualsiasi ragazza, e poi aveva quel grosso cazzo. Dio mio, quanto era grosso! Non riuscivo a fare a meno di guardarlo, e lei se ne accorse e scoppiò a ridere.
- Posso aiutarti? - mi domandò.
- Sì, cercavo mio zio Giuliano.
   Mi disse di seguirla e le andai dietro, e guardai il suo delizioso culetto danzarmi davanti agli occhi. Mi condusse nell'ufficio dello zio, lui era lì che stava lavorando al computer, e quando mi vide venne a salutarmi baciandomi le guance.
- Vedo che hai conosciuti Jay - disse. - Jay è una delle mie ragazza preferite. Gli uomini perdono la testa per i suoi spettacoli.
   Lo strip bar dopo le dieci offriva degli spettacoli di lap dance e performance hard, tutto rigorosamente dal vivo. Jay ci lasciò soli e mio zio mi offrì da bere. Parlammo delle solite cose, e lui mi domandò di Berni. Gli dissi che tra noi andava bene, e lui ne fu veramente felice. Anche a lui, come a mia madre, Berni piaceva molto. Diceva che era un ragazzo con la testa sulle spalle. Poi ad un certo punto gli dissi quello che mi passava per la testa.
- Zio, che ne dici se iniziassi a lavorare qui da te?
- Tesoro, questo non è un posto per te. E poi c'è Berni. Cosa penserebbe Berni? Tu sei la sua fidanzata, immagina cosa penserebbe se gli dicessi che lavori qui, in uno strip bar.
- Non me ne frega niente. Dovrà accettarlo. E dai zio! Fammi lavorare qui.
- Moana, questo locale è pieno di pervertiti. E io non voglio che qualcuno ti dia fastidio.
- Sono abbastanza brava a difendermi, non preoccuparti di questo.
   Zio Giuliano tirò un sospiro di insofferenza e alla fine mi disse di sì. Avrei cominciato l'indomani, intanto sarei stata fornita della "divisa d'ordinanza", cioè perizoma e camicetta striminzita, ma non avrei dovuto dire niente ai miei genitori. Giuliano non voleva che glielo dicessi. Per me andava bene.  
   Quando il giorno dopo attaccai a lavorare ero euforica. Avevo un camerino tutto per me. Cioè, non proprio tutto per me. Lo condividevo con le altre “artiste”. Così le chiamava zio Giuliano. Le artiste. Eh sì, perché facevano uno spettacolo. E di solito, chi faceva uno spettacolo, era un’artista. Perché la nostra era un’arte.
   Entrai un po’ spaesata nello stanzino. Un luogo caotico, pieno di confusione e ciarpame, e cinque “colleghe” che si facevano belle, con trucchi, borotalco e profumi irresistibili. Una Rumena, una Moldava, una Senegalese, una Polacca e la trans di cui già vi ho parlato. Bella da morire. Aggraziata. Coi tratti del viso molto femminili. E fu lei che subito mi accolse. La Rumena e la Moldava erano piuttosto fredde. Con loro non riuscii a socializzare. Invece con Jay, la trans, era diverso. Lei subito mi accolse, subito mi disse di sedermi e si mise a pettinarmi i capelli. Mi chiamava “amore”. E io mi legai a lei con un certo piacere. Era carinissima, soltanto che sotto c’aveva il cazzo. E che cazzo, signori miei! Quando lo vidi non volevo crederci. Portava dei jeans, e se li tolse per mettersi il perizoma, e lo vidi. Era un'anaconda. Lungo da far paura.
   La Rumena e la Moldava erano belle ma insignificanti. Ed erano antipatiche. Avevano nei miei confronti un atteggiamento negativo, come se in qualche modo fossi lì a rubargli il lavoro. Hai voglia a dirgli che era solo una cosa temporanea! Non volevano sentir ragioni. Io ero l’intrusa, la raccomandata, la nipote del proprietario. Ma Jay mi disse di non starle a sentire quelle due, perché erano due stronze.
   Jay sembrava sempre così felice, così sorridente, piena di vita. E com’era bello il suo sorriso. Rideva a denti stretti, e i suoi denti erano così bianchi, e lei era così seducente. Ma come faceva? Qual era il suo segreto?
   Indossai anche io il perizoma e la camicetta, e iniziai a servire ai tavoli. Nel giro di un'oretta mi avevano già palpato il sedere una decina di volte, e alcuni clienti mi avevano infilato nell'elastico del perizoma delle banconote di grosso taglio. Cavolo, quel lavoro cominciava a piacermi, anche se dovevo beccarmi qualche smanazzata.
   Quella sera sul palco dello strip bar si sarebbe esibita Jay. Lo spettacolo sarebbe cominciato alle dieci, e quindi la vidi ritornare in camerino per mettersi un vestito adatto allo show. Aveva indossato il pezzo di sopra di un frac e un cappello a cilindro, e poi aveva cambiato perizoma, adesso ne aveva uno di lattice nero. Salì sul palco, e tutti cominciarono a scalpitare, a invocare il suo nome, volevano vedere il suo cazzo. E allora cominciarono a infilarle i soldi nelle mutandine, e cercavano di toccarglielo. Jay c'aveva molta passione. 
- Jay, faccelo vedere! – urlavano dalla platea.
   E Jay si sfilò il perizoma e zac! Fece uscire quella proboscide fuori. E tutti a esultare, osannare, in ginocchio. Che meraviglia. Jay era una professionista del settore! Questo potevo dirlo tranquillamente.
  
Moana. 

  

lunedì 27 luglio 2015

La prima volta di Pier Vittorio.

(in foto: Lili, TeenMarvel.com)


   Un giorno mi vidi con Pier Vittorio per un caffè in un bar del centro. Offriva sempre lui, tutto quello che volevo. Mi diceva che potevo prendere quello che volevo, perchè ero una principessa. E la cosa mi mandava su di giri. La gente ci guardava sempre in modo strano, perchè molto spesso eravamo in atteggiamenti piuttosto ambigui. Lui mi prendeva sempre la mano, gli piaceva prendersi la mia mano e tenerla tra le sue. Sembravamo due innamorati, ma era così evidente che io avevo appena diciotto anni e lui ne aveva più del doppio dei miei. Alla gente piace criticare.
   Ma ritorniamo a quel caffè al centro. Pier Vittorio si presentò con un regalo per me. Un pacchetto in una confezione regalo che mi stupì tantissimo, perchè era avvolto nella carta da regalo del negozio di mia madre, "Una notte speciale", quindi capii subito che si trattava di lingerie porchissima, ed era chiaro che voleva che la indossassi in sua presenza. Feci tutti quei ragionamenti ancora prima di aprire il regalo, soltanto leggendo sulla carta "Una notte speciale". E cosa ancora più sorprendente era che aveva scelto quella lingerie porca per me nel negozio di mia madre. E probabilmente per scegliere quell'indumento si era fatto aiutare proprio da lei, la quale certamente non era a conoscenza di chi avrebbe indossato quella roba.
- Non lo apri? - mi domandò.
- So già cosa contiene - gli dissi.
- E come fai a saperlo?
- Il negozio dove lo hai comprato è di mia madre.
   A quel punto Pier Vittorio sembrò ancora più stupito di me. Era un pò imbarazzato, e provò a dire qualcosa ma le parole sembravano uscirgli a stento dalla bocca.
- Tua madre è Sabrina? Proprio Sabrina? Sabrina...
- Sì, dillo. Puoi dirlo tranquillamente. Sabrina Bocca e Culo. Io sono la figlia di Sabrina Bocca e Culo.    

   Pier Vittorio fece scena muta per un pò, poi ad un certo punto mi alzai con rabbia dal tavolo dove eravamo seduti.
- Avanti, portami a casa tua, che ti faccio vedere come sono porca con questa roba. Non è questo che vuoi, dopotutto?
   Pier Vittorio mi portò a casa sua e io andai dritta verso il bagno e dissi a lui di aspettarmi in camera da letto. Mi chiusi dentro per circa mezz'ora. Aprii il pacchetto e vidi il regalo. Era davvero bello, un vestito intero nero tutto merlettato e trasparente. Mi sarebbe stato divinamente addosso, gli avrei fatto davvero perdere la testa. Chissà che segone che si sarebbe fatto nel vedermi in quel modo. Però non mi sentivo a posto con la coscienza, quasi come se nell'infilarmi quella lingerie stessi commettendo un crimine. Mi sentivo in imbarazzo, non per quell'indumento, ma perchè quell'indumento era passato nelle mani di mia mamma, e perchè forse era stata lei a consigliare a Pier Vittorio di comprarlo.
   Quando uscii dal bagno andai di corsa in camera da letto e mi distesi sul materasso, mettendomi con le gambe oscenamente aperte, e facendogli vedere il buco del vestito, che metteva a nudo la mia vagina. Lui era lì di fronte a me, in piedi, nudo, in erezione e mi guardava. Era senza parole, ma io di parole ne avevo tante. Volevo sapere, doveva dirmi tutto. Come faceva a conoscere mia madre? Avevano avuto una relazione in passato? Lui si iniziò a masturbare come suo solito, ma io lo fermai. Gli feci di no con la testa e chiusi le gambe, e lui smise di toccarsi.
- No no. Prima devi dirmi come fai a conoscere mia madre. Quando ti ho detto che Sabrina Bocca e Culo è mia madre hai fatto una faccia strana. Come la conosci?
   Pier Vittorio esitò un pò a rispondermi, poi tirò un sospiro e si decise a dirmi ogni cosa. Quando mia madre aveva diciotto anni, e cominciava a farsi conoscere per le sue prestazioni orali e anali, lui aveva venticinque anni, ed era un segaiolo patentato, nel senso che era ancora vergine e non sembravano esserci speranze per lui. Un giorno, i suoi amici, gli avevano organizzato una serata speciale. Lo avevano portato in campagna, nella villa di uno di loro, e avevano portato anche Sabrina affinchè gli facesse provare com'era fare l'amore.
- E così hai perso la verginità con mia madre? - domandai.
- Ebbene sì, Moana. Era lì proprio per questo, e lei è stata molto gentile con me, che era la prima volta, e ero davvero impacciato. E invece di prendersi gioco di me (avrebbe potuto farlo tranquillamente, perchè ero proprio una frana) mi ha trattato con amore. E dopo avermi fatto provare l'amore siamo rimasti amici.
- Non basta. Voglio sapere di più. Raccontami tutto del giorno in cui mia madre ti ha... fatto provare l'amore.
- Beh, mi hanno portato in quella villa dicendomi che c'era una sorpresa per me. Quando siamo arrivati le luci erano accese, e dentro c'era lei. Ebbi l'impressione che i miei amici avessero organizzato un'orgia con tua madre come unica donna, perchè avevano iniziato a smanacciarla, e lei si lasciava fare qualsiasi cosa. Era in preda alle loro voglie porche. E per un pò mi sono sentito di troppo e ho cercato di defilarmi. Ma a quel punto un amico mi ha detto: "dove vai? Non vuoi diventare un uomo vero?". E allora hanno portato me e Sabrina in una camera da letto e ci hanno lasciati soli. Ricordo che tremavo dalla paura, perchè tua madre era così bella, e poi sembrava così esperta per quanto riguarda il sesso. E allora ha cominciato a spogliarsi, e quando l'ho vista nuda... mi imbarazza a dirlo...
- Dillo.
- Sono venuto nelle mutande. Poi ha cominciato a spogliare me, nonostante io cercassi di trattenerla. Quando mi ha tirato giù i pantaloni e ha visto la chiazza di sborra nelle mutande mi ha dato una carezza sul viso e mi ha detto "amore, sei già venuto? Non devi imbarazzarti. Adesso ci penso io a fartelo venire di nuovo duro". E infatti me lo ha preso in bocca e me l'ha fatto ritornare dritto con un pompino.
- E poi avete fatto l'amore. Ma come?
- Io pensavo che lo avremmo fatto alla maniera classica. E invece lei mi ha dato il culo. Mi aveva detto che la vagina non la dava a nessuno, l'avrebbe data soltanto ad un uomo speciale.
   Pier Vittorio era stato molto esauriente. Così allargai di nuovo le gambe mostrandogli la mia vagina per premiarlo, e lui cominciò a segarsi. Poi dopo un pò mi si avvicinò per sborrarmi sui piedi, sapendo che non gli avrei permesso di farlo da altre parti, ma questa volta volli regalargli una sensazione nuova per avermi raccontato quelle cose, e allora mi allargai la vagina con le dita.
- Sborra qui - gli dissi, e lui eccitatissimo cominciò a fiottarmi sulla figa. La sua sborra calda si posò sulle mie labbra di sotto.
   Prima di andarmene mi feci un bidet, e permisi a Pier Vittorio di guardarmi mentre lo facevo. A quel punto indossai i miei vestiti e me ne ritornai a casa.

Moana.    

 

domenica 26 luglio 2015

sabato 25 luglio 2015

venerdì 24 luglio 2015

L'amore ha varie forme. 


   Mio fratello non capiva niente, o forse faceva finta di non capire. Rocco aveva sempre avuto gli occhi chiusi di fronte a questa cosa. Io quella faccenda la sapevo già da un pò. La prima volta che mi ero accorta che mia madre e mio padre non erano una coppia come tutte le altre fu quando una sera rientrai a casa. Ricordo che avevo trascorso una simpatica serata insieme ad un amico, al quale avevo fatto un pompino in macchina per ringraziarlo di avermi riaccompagnata a casa. E ricordo anche che mi aveva sborrato in bocca, nonostante mi fossi raccomandata di avvertirmi quando sarebbe venuto. E invece lui niente, mi ha schizzato in bocca come se niente fosse, come se fossi uno sborratoio. Quindi ero ritornata a casa e la prima cosa che avevo fatto era stata quella di andare in bagno a sciacquarmi la bocca.
   Uscivo con molti ragazzi, e avevo fatto molti pompini, ma mi capitava molto poco di ricevere la sborra in bocca. Di solito mi facevo sborrare in faccia, ma mai in bocca. Sarà perchè sono bionda, per le mie forme, per il mio modo di vestire da zoccola, ma avevo una discreta fila di uomini che mi venivano dietro, desiderosi di entrarmi dentro. E io cercavo di accontentarli tutti, anche se avevo un fidanzato fisso, che puntualmente tradivo. Però lui lo sapeva, a lui dicevo tutto, e all'inizio si incazzava, faceva delle sfuriate pazzesche, ma poi mi perdonava. Mi faceva un pò pena, poverello. Io gli mettevo le corna, e lui diceva che forse era un pò colpa sua se lo facevo, perchè voleva dire che mi trascurava. Berni, così si chiamava (da Bernardo) era proprio buono di cuore. Per questo era il mio fidanzato fisso.
   Ma non è di lui che vi parlerò oggi. Piuttosto vi voglio raccontare di quando ho scoperto che mia madre e mio padre non erano una coppia come tutte le altre. Come dicevo ero lì in bagno a sciacquarmi la bocca, e quando sono uscita dal bagno ho sentito un rumore, come uno schiaffo, ma forte, e poi ho sentito dei mugolii, era mia madre. Ecco un altro schiaffo: sciaff! Veniva dalla loro camera da letto; la porta era leggermente aperta, e da dentro veniva una luce bassa e calda. Era chiaro che i miei stavano facendo l'amore. Era capitato anche altre volte, e non vi nascondo che qualche volta li avevo spiati. Spiarli mi aveva sempre dato una forte eccitazione, come una scossa. Era come guardare un film porno di nascosto, con la differenza che gli attori erano i miei genitori. Mia madre era bravissima a farlo, mio padre un pò meno, un pò impacciato, e nonostante questo ci provava a condurre il gioco, ma alla fine a letto era mia madre che comandava. Si potrebbe dire che lo faceva come una professionista, come una pornostar di grande successo. Queste erano le mie impressioni.
   Di solito lasciavano sempre la porta un pò aperta, quindi era facile spiarli. E qualche volta nel guardarli mi sono anche toccata, e ho raggiunto l'orgasmo insieme a loro. Quindi quella sera mi accostai alla porta della loro camera proprio con l'intento di guardarli mentre lo facevano, ma più mi avvicinavo e più c'era qualcosa che non mi quadrava. Sentivo una voce, una voce maschile, ma non era quella di mio padre.
- Adesso ti rompo il culo - disse la voce maschile.
- Cazzo, quanto sei porco - rispose mia madre. - Abbiamo cominciato solo da dieci minuti e già vuoi il culo? Dai, fottimi ancora un pò la figa. Per il culo abbiamo tutta la notte.
   Nell'avvicinarmi alla porta già cominciavo a farmi un'idea su quanto stava succedendo. Era chiaro che mia madre aveva un altro uomo. Ma arrivata davanti alla porta e guardando dentro, mi accorsi subito che la faccenda era molto diversa da quanto avevo immaginato. Dentro, sul grande letto dei miei, c'era sì un altro uomo che si stava ingroppando mia madre, un uomo bello muscoloso, con un cazzo davvero notevole, ma c'era anche mio padre. Era nudo come loro due, aveva anche un erezione, ma a differenza loro si limitava a guardare e a masturbarsi. I miei genitori erano una coppia cuckold. Ma l'aver appreso quella cosa non mi diede alcun fastidio, anzi, ero felice per loro. Anche la pratica del cuckold è una forma di amore. E i miei genitori si amavano in quel modo. Che male c'era? E poi vedere mia madre farsi ingroppare da quello stallone da monta pieno di muscoli mi fece eccitare tantissimo e mi infilai subito una mano nelle mutandine e cominciai a sgrillettarmi. E mentre venivo immaginavo di essere lì con loro, e che lo stallone ci montava entrambe, un pò a me e un pò a lei, e che poi alla fine veniva in faccia a mia madre, e io le leccavo via la sborra con la lingua. Poi raggiunsi l'orgasmo e dovetti reggermi alle pareti del corridoio per non sbattere per terra. Il piacere era stato così intenso da farmi perdere i sensi. In quello stesso momento lo stallone aveva cominciato a sborrare sul viso di mia mamma, e io me ne andai verso la mia stanzetta. Avevo bisogno di stendermi, perchè le gambe mi tremavano ancora per l'eccitazione.
   Vi ho raccontato di questo fatto per dirvi che a differenza di mio fratello Rocco io ero ben consapevole del fatto che mia madre aveva rapporti con altri uomini. Ma mio padre lo sapeva benissimo.
   Rocco venne da me per dirmi che aveva scoperto una cosa davvero imbarazzante su mia madre. Io ero nella mia cameretta e stavo giocando con un dildo di gomma che mi aveva regalato uno che mi veniva dietro, un tizio di cinquant'anni che mi aveva abbordato per strada, e che spesso mi faceva questi regali un pò porci, ma io non gliel'avevo ancora data, e forse era per questo che non riuscivo a togliermelo di torno. Però continuavo a sentirlo per telefono, perchè mi divertivano i suoi regali e le sue attenzioni. Ebbene, ero lì con quel cazzo di gomma di trenta centimetri in vagina, quando ad un certo punto Rocco entrò in camera senza neppure bussare. Allora io mi tirai fuori il giocattolo dal corpo e mi rimisi a posto il vestitino.
- Cazzo Rocco! Non si bussa prima di entrare? Ma che modi sono?
- Scusami Moana, non volevo - era davvero imbarazzato. - Se vuoi torno dopo.
- No no, tanto ormai mi è passata la fantasia. Che vuoi?
- Senti, io non so a chi dirlo, ma mi è successo qualcosa di veramente imbarazzante.
   Mi raccontò della faccenda della telefonata che aveva intercettato, in cui mia madre parlava con un altro uomo. Mi disse quali erano i suoi sospetti: quell'uomo era il suo amante. Non riuscii a trattenere una risata e lui allora mi disse che non c'era niente da ridere.
- E invece rido. Rido di te, che ancora non hai capito come sono fatti i nostri genitori.
- Perchè? Come sono fatti?
- Tesoro mio, l'amore ha varie forme. I nostri genitori hanno un modo di amarsi diverso da quello degli altri. E non fare finta di non aver capito. Sei abbastanza adulto da arrivarci da solo. E adesso se permetti avrei da fare - gli dissi mostrandogli il grosso cazzo di gomma. - Quindi via dai coglioni.    
      
Moana.

 

mercoledì 22 luglio 2015

Bocca di fuoco.

(in foto: Maria, SheIsNerdy.com)


   Insomma, i miei genitori erano degli scambisti o cosa? Forse avevano una relazione aperta, pensai. Insomma, in tutta quella confusione, ebbi voglia di rivedere Laura, la mia fidanzata. Ecco, a questo punto vi parlerò brevemente di lei. Laura è più grande di me di cinque anni. Ne ha ventitrè ed è una maestra d’asilo. Adora i bambini, li adora così tanto che è esclusivamente con loro che riesce a stare a proprio agio, perché con gli adulti è così timida che ha difficoltà perfino a parlarci.
   Ci siamo conosciuti in chat, l’unico posto dove una come lei, col suo carattere chiuso, poteva conoscere un uomo. Io invece ero su quella chat, come tutti quelli della mia età, solo per cercare di scopare. E invece ho conosciuto lei. Ricordo che il nostro primo appuntamento fu al Mc Donalds. Lo so, davvero poco romantico. E lei fece scena muta per tutto il tempo; mi guardava, ogni tanto, da dietro i suoi occhiali da secchiona, e poi riabbassava lo guardo.
   Quando la riaccompagnai a casa con la vespa, pronto ad accannarla per sempre, lei mi chiese di salire a casa sua.
   “Perché?” le chiesi.
   “Sali su” disse semplicemente, con un filo di voce.
   Sbuffai e andai con lei. Non vedevo l’ora d andarmene a casa e farmi una sega, perché con quella, pensai, non si batteva chiodo. Non era proprio il mio tipo, pensai. Troppo timida. Laura abitava con due colleghe di lavoro in un appartamento pulito e ben arredato. Mi fece entrare in camera sua e chiuse la porta. A quel punto si inginocchiò e mi iniziò a sbottonare i pantaloni.
   “Ti prego, non mi lasciare” sussurrò.
   “Cosa?” non capivo.
   “Non mi lasciare, ti prego”.
   Tirò fuori il mio cazzo che nel frattempo, mentre tentava di sbottonarmi i jeans, era diventato durissimo, come il marmo. A quel punto Laura si ritrovò il mio grosso membro praticamente sulla faccia, in tutta la sua interezza, e ne fece un sol boccone. Mi fece un pompino sensazionale. Ragazzi, Laura sarà pure timida, ma sa usare la bocca meglio di chiunque altra. È proprio un dono innato, il suo. Mi fece letteralmente perdere la testa, e come se non bastasse si fece anche schizzare in faccia, e così i miei densi e abbondanti fiotti di sborra saltarono sul suo viso, sui suoi occhiali e sui capelli. Fu una delle sensazioni più belle della mia vita, e capii che non potevo lasciarla, per nessuna ragione al mondo. Dove l’avrei trovata una che faceva pompini di quel livello? E capii anche che Laura doveva essere una ragazza molto sola, davvero bisognosa di affetto. E io gliene avrei dato tanto.
   Ma io sono un mezzo porco, e avevo bisogno anche di “altro” oltre che dell’affetto. Così quando andai da lei per raccontarle quella faccenda dei miei genitori, tirai giù la lampo dei jeans e feci venire fuori il mio cazzo durissimo dalle mutande (lei era seduta sul letto) e glielo misi davanti alla bocca.
   “Laura, devo dirti una cosa importantissima” le dissi. “Mica ti dispiace se mentre te la dico, tu…?”.
   Lei mi capì immediatamente. D’altronde non c’era tanto da capire, dal momento che le avevo praticamente sbattuto i miei venticinque centimetri di cazzo sulla faccia.
   “Certo tesoro” e a quel punto si infilò il mio cazzo turgido in bocca.
   “Brava, così” mentre Laura lavorava con la lingua, le raccontai tutta la storia, partendo da quella telefonata sospetta di mia madre che avevo intercettato. “… E quindi è questo il punto. Credo che mia madre abbia un altro. Oddio come godo! Sto venendo… siiiiiii!” a quel punto le inondai la bocca del mio seme, e lei lo bevve tutto, fino all’ultima goccia. Dopo aver abbondantemente eiaculato rimisi il cazzo nei pantaloni e chiesi a Laura cosa ne pensasse di quella faccenda.
   “Non saprei” rispose.

   Dovevo aspettarmelo che Laura m’avrebbe risposto a quel modo. Che cavolo poteva saperne Laura di queste cose? Aveva ventitre anni ed era ancora vergine, quindi… sì, era ancora vergine perché mi disse che non si sentiva ancora pronta, e io rispettavo questa cosa. D’altronde mi faceva godere lo stesso, con la bocca. Per gli altri buchi avrei aspettato con calma il suo “via libera”, quando sarebbe arrivato, quando si sarebbe sentita pronta.
   Ma se Laura non poteva darmi una risposta, allora a chi potevo chiedere?

Rocco.

martedì 21 luglio 2015

Mamma torna a casa.


   Ero davvero combattuto. Non sapevo se raccontare tutto a mio padre o tenermi il segreto per me. Su una cosa non c’erano dubbi, ovvero mia madre c’aveva uno scheletro nell’armadio bello grosso. L’aspettai tutta la notte, anche perché non riuscivo a prendere sonno. Non facevo altro che pensare a lei e a quell’uomo, che a quello che aveva detto al telefono mia madre, c’aveva un cazzo insaziabile.
   Quando mia madre rincasò erano circa le quattro del mattino. Era alquanto sorpresa di vedermi ancora in piedi.
   “Rocco, cosa ci fai ancora sveglio?”.
   “Mamma, credo che tu mi debba delle spiegazioni. So tutto. So tutto di lui, del tuo amante”.
   Sul viso di mia madre comparve prima un espressione di dispiacere, che nel giro di cinque secondi si trasformò in rabbia e a quel punto venne verso di me e mi colpì con uno schiaffo. Il forte movimento del braccio le aveva fatto scuotere le tette, le quali erano scivolate fuori dalla scollatura, e ora erano lì, al vento, con quei turgidi capezzoli e le larghe aureole rosa.
   “Io non ho nessun amante, mettitelo bene in testa. Io amo solo una persona, e quella persona è tuo padre”.
   Non mi aveva mai colpito con uno schiaffo, e rimase a guardarmi per capire cosa diavolo le era preso. Poi la sua rabbia si trasformò in pochi attimi in un sincero rimorso, e allora mi prese la faccia e se la portò al seno. Mi ritrovai con il viso in mezzo alle sue grosse tette, dove probabilmente poco prima c’era stato il grosso cazzo di quell’uomo che avevo sentito al telefono. Sì, proprio così. Probabilmente mia madre lo aveva fatto godere con una sega spagnola, e chi lo sa, magari le aveva anche sborrato lì in mezzo, proprio dove ora c’erano le mie guance.
   “Scusami tesoro, scusami. Non volevo farlo” mi sussurrò. “Ma ora va a dormire, ti prego”.

   Era chiaro che da lei non avrei avuto alcuna confessione. Decisi a quel punto di rivolgermi a zio Giuliano, il quale non era in verità mio zio, ma un amico dei miei, ma così amico che era diventato quasi uno di famiglia. Lo zio era una specie di playboy, e gestiva uno strip bar. Era uno a cui i soldi non mancavano, e nelle ricorrenze si ricordava sempre di me, facendomi dei regali molto costosi. Andai a casa sua. Era in compagnia della sgallettata di turno, una bella ragazza, molto giovane, mora, con un paio di cosce che non finivano più. Doveva avere all’incirca la mia stessa età, lui invece ne aveva quaranta, come i miei genitori. Ma a differenza loro, non si era mai sposato. Una volta glielo chiesi del perché non l’avesse mai fatto, e lui mi rispose che non aveva alcun bisogno di prender moglie, dal momento che poteva avere quelle degli altri. Trovai la cosa molto divertente. Zio Giuliano era per me un vero e proprio idolo, in questo senso, anche se io non ero per niente come lui. Io avevo una fidanzata, e le volevo un gran bene, e non avrei saputo che farmene di uno stile di vita come quello dello zio.
   Ma poi della mia fidanzata ve ne parlerò, a breve. Non preoccupatevi.
   Ebbene, lo zio mi accolse calorosamente, come sempre. Ci scommetto che lui e la moretta avevano appena finito di fare l’amore, perché erano entrambi in accappatoio. Ci mettemmo a sedere sul sofà del soggiorno e lo zio andò in cucina e tirò fuori dal frigorifero due bottiglie di birra; me ne diede una e ci mettemmo a discutere delle solite cose. Soprattutto volle sapere da me cosa ne pensassi di quella “topina”, così l’aveva chiamata. Gli dissi che non era per niente male.
   “E come stanno mamma e papà?”.
   “Ecco, era proprio di loro che volevo parlarti. Non è facile per me dirlo, ma sono sicuro che mia madre ha un amante”.
   “Sabrina?” lo zio scoppiò a ridere. “E allora? Tutto qui quello che dovevi dirmi?”.
   “Ma come, non dici niente? Ti sto dicendo che mia madre ha un amante!”.
   “Cosa vuoi che ti dica? Sono contento per lei. E in parte, invidio lui, il suo amante, come lo chiami tu. Lui sì che è un uomo fortunato. Guarda io come sono ridotto, con una sgallettata che quando facciamo l’amore sembra di farlo con una bambola gonfiabile scadente”.
   “Ma insomma, da che parte stai?” questa volta alzai la voce.
   “Dalla parte di tua madre, Rocco!” il mio atteggiamento lo fece imbestialire. Non lo avevo mai visto adirarsi in quel modo, era sempre stato molto accomodante con me. “Non te lo dimenticare che prima di essere tua madre, Sabrina è anche una donna. Una donna con le sue esigenze, anche carnali, e se vuole farsi una scopata con un altro uomo, ne ha tutto il diritto”.
   “Ma mio padre lo deve sapere” sussurrai.
   “Tuo padre lo sa. Fidati. Lo sa. Ma non è come credi. Questa cosa non compromette il loro amore. Loro continuano ad amarsi come quando erano fidanzati. D’altronde, è sempre stato così”.  

Rocco.

lunedì 20 luglio 2015

La nuova generazione.


   Ormai, cari amici del blog, Rocco e Moana sono grandi. Hanno entrambi diciotto anni e in qualche modo anche la loro versione dei fatti è importante per raccontarvi la nostra vita. Il loro punto di vista è un importante tassello del puzzle, e quindi vi lascio ai loro racconti.

Stefano.

   Fu piuttosto strano capire il tipo di vita di coppia che c’era tra i miei genitori. Avevo diciotto anni, e fortuitamente intercettai una telefonata di mia madre; avevo bisogno del telefono, e così attivai il cordless, e beccai mia madre che stava parlando con un uomo. Stavo per riattaccare quando le sentii dire delle cose che non mi sarei mai aspettato.
   “L’altra notte sei stato meraviglioso. Certo che c’hai un cazzo insaziabile!”.
   E la voce del suo interlocutore non era certo quella di mio padre. Mia madre c’aveva un altro, ecco che pensai. Però ero abbastanza grande da risolvere quella faccenda. Mio padre doveva saperlo, ma non sarei stato io a dirglielo. Avrei parlato a mia madre, e avrei fatto in modo che fosse lei a dirglielo.
   E allora, convinto di dover risolvere quella questione, il giorno dopo me ne andai al negozio di mia madre, la quale, con tanti sacrifici aveva aperto un negozio di lingerie all’interno di un centro commerciale. Si chiamava “Una notte speciale, intimo maschile e femminile”. L’attività andava molto bene, e c’era sempre un sacco di gente ad affollare il negozio. C’erano quattro commesse, tutte molto carine, di non più di vent’anni. Ma mia madre era la più bella di tutte, nonostante i suoi quarant’anni. Era una donna esplosiva, con delle forme da urlo; c’aveva un seno prosperoso che le piaceva mettere in mostra con degli scolli molto generosi, e un culo che parlava da solo. Certe cose non si dovrebbero dire sul conto della propria mamma, ma io sono uno che dice sempre le cose come stanno. C’aveva un culo bello tondo e morbido, di quei culi che ti fanno venire voglia di dargli una bella palpata.
   Quando le commesse del negozio mi videro mi riempirono di attenzioni e di baci, forse perché essendo il figlio della proprietaria, ci tenevano a fare con lei una bella figura. Poi arrivò mia madre che mi strinse tra le sue braccia, e come sempre, sentii premere le sue grosse tette contro il mio petto. Adoro mia madre; porta sempre con se una scia di profumo molto seducente, e indossa sempre dei vestiti che le donano tantissimo, anche se devo confessare che sono sempre molto corti. Non di rado infatti è costretta a tirarseli giù, per non rischiare che le si veda il perizoma.
   “Che ci fai qui?” mi domandò.
   “Ecco, dovrei parlarti”.
   “Che hai combinato ‘sta volta, Rocco?” mi disse facendo finta di essere arrabbiata.
   “Niente. Io niente. Tu, invece, credo che dovresti raccontarmi qualcosa. Anzi, dovresti raccontarlo a papà”.
   “Ma di cosa stai parlando? Ti metti a fare il misterioso, adesso? Ascoltami Rocco, non ho molto tempo adesso” poi mi mise in mano una banconota da cinque euro. “Ecco, vatti a prendere un caffè. Ne riparliamo stasera, a casa”.
   I miei genitori erano una coppia molto affiatata. Li sentivo fare l’amore con molta passione. E mia madre non si tratteneva di certo nel dire porcate di ogni tipo mentre lo facevano. Una notte la sentii dire a mio padre delle cose molto zozze:
   “Dai, dimmi che sono la tua puttana” gli disse.
   Certe volte erano davvero eccessivi, così mi tappavo le orecchie con le cuffie e ascoltavo la musica dei Deep Purple per non sentire le loro porcate. Certo, mia madre era una donna con una passione molto accesa, ma arrivare a immaginare che aveva una relazione con un altro uomo, mi sembrava troppo. Era una cosa piuttosto irrispettosa per mio padre. 
   Così, quella sera, quando rientrò dal lavoro, andò a farsi la doccia. Quando ebbe finito entrai in camera sua. Era in lingerie; aveva un perizoma nero e le calze autoreggenti. Era uno schianto.
   “Mamma, dove stai andando?” le domandai.
   “Vado a cena con un amico, e probabilmente farò tardi” mia madre si infilò un vestito bianco, senza neanche mettere il reggiseno (indumento che, devo dire, utilizzava raramente). Il vestito aveva uno scollo davvero eccessivo; il pericolo che le sue grosse tette scivolassero fuori era davvero concreto.
   “Secondo me non dovresti andarci. Soprattutto non dovresti andarci così” le dissi, riferendomi al modo com’era vestita.
   “Ma perché?” mi chiese lei divertita da quel mio atteggiamento.
   “Perché sei troppo… bella” avrei voluto dirle che non mi andava che lei, essendo mia madre, andasse in giro in quel modo. Poi però mi resi conto che era una follia, dal momento che quello era il suo solito modo di vestire. E non mi aveva mai dato tanto fastidio; certo, solo un pochino, per esempio quando gli uomini in strada non le staccavano gli occhi di dosso. Un po’ mi infastidiva, però non gliel’avevo mai detto.
   “Tesoro” mi disse dandomi un bel bacio sulle labbra. “Non è la prima volta che metto su questo vestito. A tuo padre piace tantissimo”.
   Sì, a mio padre. Ma anche al suo amante, pensai.

Rocco.

domenica 12 luglio 2015

Il giorno tanto atteso.


   Arrivò finalmente il giorno tanto atteso. Il giorno della monta. Mia moglie per l'occasione aveva indossato, come le avevo chiesto, un vestito elegante ma porchissimo. Io ero in salotto che l'aspettavo mentre si preparava. Ero su di giri, teso come una corda di violino. Gli stalloni ci stavano aspettando a casa di Giuliano, dove tutto era cominciato. Finalmente sentii i tacchi di Sabrina venire verso di me. Era stupenda, si lasciò guardare facendo una giravolta su se stessa. Il vestito che indossava era così stretto che potevo chiaramente vedere la forma del perizoma che portava sotto.
- E allora - mi disse, - non mi dici niente?
- Non ho parole.
   A quel punto venne verso di me e mi prese il viso con entrambe le mani. Mi disse che se volevo potevamo anche fare un passo indietro. Non eravamo obbligati a fare quella cosa. Ma sia io che lei lo volevamo moltissimo, quindi le dissi che saremo andati fino in fondo. Il seme di altri uomini sarebbe circolato nel corpo di mia moglie, e io avrei assistito ad ogni cosa. E poi finalmente sarebbe arrivato il frutto del nostro amore. Non c'era tempo da perdere, così le dissi che era meglio andare.
   Arrivammo alla villa dei genitori di Giuliano; il cancello era aperto e feci entrare l'auto percorrendo il sentiero di ghiaia che portava fino all'ingresso. Non c'era nessuno ad aspettarci, ma ero sicuro che i due stalloni erano a qualche finestra a guardarci. Spensi il motore e scesi dalla macchina e poi per galanteria andai ad aprire lo sportello a mia moglie, le diedi la mano e l'aiutai a scendere. Ci guardammo in giro e non c'era nessuno per chilometri. Anche Sabrina era tesa, perchè lungo la strada non ci eravamo detti nulla. Le presi la mano e la portai dentro quella casa che conosceva bene e che le revocava molti ricordi: i primi rapporti anali, i primi pompini, la prima spagnola, la prima sborrata in faccia. Tutto era avvenuto lì, in quella casa immersa nella campagna, in gran segreto, alle spalle della sua migliore amica Manuela.
   Entrammo nel soggiorno e trovammo Franco e Giuliano a braccia conserte ad aspettarci. Erano vestiti in modo elegante anche loro ed erano seri come non mai, come se fossero lì per portare a termine un'operazione molto seria, della massima importanza. A quel punto lasciai la mano di mia moglie lasciandola andare da loro, e lei fece qualche altro passo fino a raggiungerli. Ormai Sabrina era nelle loro mani. Il mio compito, cioè quello di portarla alla monta, si era concluso. Ora non mi restava che aspettare che avvenisse la magia. Sabrina era di fronte a loro, e li guardava, e loro guardavano lei. Poi Franco gli si mise dietro, e con le mani le accarezzò i fianchi baciandola sul collo, con il cazzo premuto contro le sue natiche. Guliano invece si mise davanti, iniziava il corteggiamento, e mia moglie li lasciò fare senza opporsi, senza prendere alcuna iniziativa. Erano loro gli impollinatori, erano loro che dovevano darsi da fare.
- Sabri, noi siamo pronti - disse Giuliano.
- Anche io sono pronta - rispose lei. - Sono pronta a ricevere la vostra sborra dentro.
   A quel punto cominciarono a baciarla appassionatamente, uno alla volta, e intanto Franco da dietro le aveva preso le tette con entrambe le mani e gliele aveva fatte uscire dallo scollo. Cominciò a premerle una contro l'altra e mia moglie mugolava di piacere. Giuliano intanto le aveva tirato su il vestito, scoprendole il suo bel sedere, coperto solo da quella sottile striscia di stoffa del perizoma. Il corteggiamento diventava man mano sempre più spinto, e io avevo un erezione incredibile, tanto che dovetti controllarmi per non sborrarmi nelle mutande. Stava avvenendo. L'inseminazione di mia moglie stava avvenendo proprio davanti ai miei occhi, ed era lo spettacolo più bello a cui avessi assistito.
   Franco e Giuliano sfilarono dolcemente il vestito di mia moglie che rimase lì davanti a loro vestita solo del perizoma e i tacchi a spillo. Giuliano si inginocchiò davanti a lei tirandogli giù anche la mutandina, e avvicinò il naso alla sua vagina per odorare il profumo del suo sesso. A quel punto si spogliarono anche gli stalloni e quando furono nudi presero mia moglie per mano e la portarono su, verso la stanza di Giuliano, proprio dove mia moglie aveva perso la verginità anale. Li seguii in modo ossequioso, per non disturbare troppo. Quello ero un momento davvero speciale per Sabrina e non volevo rovinarglielo. La vidi salire su per la scala che portava al primo piano, insieme ai suoi due stalloni da monta. Una volta raggiunta la stanza, Giuliano si stese sul letto e Sabrina si mise sopra di lui. L'enorme cazzo duro le entrò nella vagina in tutta la sua interezza, e a quel punto Franco le si mise sopra, indirizzando il suo di cazzo verso il condotto anale di mia moglie. Iniziarono a pompare, ma lo fecero lentamente, in modo rispettoso, con amore mi verrebbe da dire, ma non era soltanto amore, era vera e propria devozione quella che stavano provando nei confronti di Sabrina. Dalla mia postazione da spettatore, di mia moglie potevo vedere solo i buchi, riempiti all'inverosimile dai grossi cazzi dei nostri due amici, i quali spesso si davano il cambio, alternando vagina e buco del culo. Ma la posizione a sandwich, per una questione di praticità, rimase la stessa. Ad un certo punto decisi di uscire dalla stanza. Non volli assistere al momento dell'inseminazione, per il semplice motivo che non volevo sapere chi dei due sarebbe stato effettivamente il padre di mia figlia. Me ne rimasi fuori alla porta ad origliare, e ad un certo punto li sentii. Stavano fiottando. Stava avvenendo la magia. Presto Sabrina avrebbe avuto un dolce pancione, e io non potevo essere più felice. 
- Vengo! - urlò Fanco. - Oh sì, come vengo! 
- Ci sono anch'io! - esclamò Giuliano. - Sborro! Dio, che sborrata!
   A quel punto si acquietarono sul letto per qualche manciata di minuti. Dopo un pò vennero fuori sia Giuliano che Franco e si chiusero la porta alle spalle.
- E Sabrina? - domandai.
- Sabrina è rimasta dentro, è meglio se la lasciamo riposare - mi disse Giuliano. - Ne ha tutto il diritto.
   Vidi gli stalloni scendere verso il piano terra, probabilmente dovettero aver pensato che era meglio lasciarci un pò soli. Il loro lavoro era finito, ora iniziava il nostro. Ma chi le aveva eiaculato in vagina? Non mi importava saperlo. Volevo che fosse una sorpresa, e infatti non mi sarei neppure azzardato a chiederlo a mia moglie.

Stefano.

        

venerdì 10 luglio 2015

Ingannare l'attesa


Quei giorni di attesa della monta furono giorni di preparazione e riflessione. Decisi di tenere a riposo la vagina, doveva essere un dono speciale, quasi sacro quindi evitai perfino di masturbarmi. Allo stesso tempo desideravo tanto mio marito per quello che stavamo per fare e decisi che per ingannare l'attesa avrei avuto solo lui, basta uomini, non potevo tradire i futuri padri di nostra figlia. Chiaramente tutta quella situazione mi faceva sentire porca all'inverosimile. 
Provai a indossare dei tacchi altissimi, a spillo, le gambe nude, la posizione causata dai tacchi ne esalta le forme. Indossai una minigonna insolita: di lattice nero, chiusa sul davanti mentre dietro scopre completamente il culo ed è chiusa, sotto i glutei da due fibbie. Non ho addosso niente altro, salvo qualche gioiello e un plug anale che esce dal culo e a cui è attaccata una sorta di coda di cavallo. Volevo provare che effetto facessi su Stefano vestita così, magari gli sarebbe piaciuto come abbigliamento per il gran giorno.
Procedo a quattro zampe protendendo in fuori il culo e la mia coda. La mia destinazione è Stefano, seduto sul divano, nudo, che si mena il cazzo. Dietro di me un uomo mi segue e mi inquadra con una telecamera.
E' un vouyer, un ricco vouyer anziano che si diletta nel girare dei video pornografici, per la sua collezione personale. Era stata Tiffany a segnalarcelo, a metterci in contatto e io pensai che una volta diventata mamma avrei avuto meno possibilità di dilettarmi in queste porcate quindi accettai con piacere.

Purtroppo non potrò rivedermi, nessuna copia esce dal suo archivio. Un archivio così ben protetto che tante donne, anche della società bene, hanno acconsentito a lasciarvi una testimonianza delle loro perversioni.
Non faccio in tempo a sentire la mancanza del plug anale, Stefano me lo sfila lentamente, a beneficio della telecamera, e poi lo sostituisce con il suo cazzo che entra facilmente, ben accolto nell'unico posto che potevo concedergli.
Il vecchio è molto discreto e noi due ci comportiamo come se non ci fosse, che è poi quello che ci è stato richiesto.
Finito l’amplesso devo uscire dalla stanza, camminando sui tacchi. Ora non ho più la coda, ma il vecchio continua a seguirmi inquadrandomi il fondoschiena la cui rotondità è esaltata dalla postura, dalla gonna e probabilmente anche dal grandangolo dell’obiettivo.
Uscita nel giardino dell'Oasi mi aspetta Andrea, la sorella di Stefano. La ho voluta accanto in quel momento molto importante per tutta la famiglia e mi avrebbe dato una grande mano durante il periodo della gravidanza. Il vecchio ci propone un rapporto saffico, a sessantanove. E' dispoosto a pagare il mantenimento di Moana per avere quella scena, una specie di padrino segreto.
Stefano ci ha seguito. Ci osserva per un po’, menandosi il cazzo. Poi si aggrega, anche se non credo fosse previsto. Osservo da pochi centimetri di distanza il suo glande che allarga impietoso le pieghe dell’ano della sorella. Con la lingua raggiungo il punto in cui le carni si congiungono.

Questo riepilogo non è disponibile. Fai clic qui per visualizzare il post.

mercoledì 8 luglio 2015

Le foto di Franco


E invece da Franco ci andai prima io. Senza dire nulla a Stefano perchè non volevo influenzare la sua scelta ma appena la vidi indeciso sul padre biologico di nostra figlia io pensai immediatamente a lui.
Entrai in casa sua, esuberante e sbarazzina, con un vestitino molto corto. Ero sempre molto espansiva in sua compagnia.
“Vuoi qualcosa da bere?” e io dovetti trattenermi dal rispondere che ero venuta per quello, per bere la sua sborra perchè mi mancava.
Chiaccherammo un po’. Mi raccontò del viaggio in spagna da cui era appena tornato.
Ci mettemmo a guardare le foto quando lui si ricordò delle foto fatte insieme tanto tempo fa e le prese.
Nella prima foto c'ero io, nuda e di schiena, a partire dal culo fino ad arrivare al viso, visibile in quanto girato verso la fotocamera al momento dello scatto. Sul volto una espressione di lussuria, dovuta a ciò che si scorgeva al bordo dell’inquadratura: il suo cazzo era in buona parte infilato, senza ombra di dubbio, dentro il mio culo.
“Oh, scusa.” disse fintamente imbarazzato visualizzando quella precedente, nella quale ero immortalata mentre ero intenta a succhiargli l’uccello, in preparazione, probabilmente, per l'inculata successiva.
Rimanemmo un po’ immobili e in silenzio. Fingendo imbarazzo.
“Scusami, non ricordavo più queste foto.” abbozzò.
“Non è colpa tua. Ti chiesi io di farle e sono venute proprio bene, come vieni sempre bene tu del resto”
“Ora le cancello subito.”
Stava per farlo ma lo fermai.  
“Aspetta. io non le ho mai viste. Dopo che me le hai fatte le avevo dimenticate, ma ora che ne ho viste due devo dire che, non so come dire, ma mi sono piaciute…”. feci un sorrizo malizioso.
“Credi piaceranno anche a Stefano?” chiese, ed era la cosa che più gli interessava di tutta la faccenda.
"Beh tu hai sempre scopato da Dio, mi hai fatto fare di tutto, comprese quelle foto. Con mio marito certe cose non le faccio. Cioè, intendo non solo le foto.” risi di gusto e poi aggiunsi: "Fammene una copia stasera gliele porto" e ci salutammo così da buoni amici ma era chiaro che qualcosa fosse ancora rimasto in sospeso tra noi, qualcosa di molto importante.
La sera dopo cena mostrai le foto a Stefano e gli confessai che stavo pensando a Franco come futuro padre, se lui fosse d'accordo naturalmente.
“Scommetto che ti è venuto duro, ma per le foto o per quello che ho detto?”
Le riguardammo da capo insieme tutte.
“Dai, tiratelo fuori e menatelo. Voglio vedere mio marito che si masturba davanti alle mie foto.”
Erano tutte fatte dal punto di vista di Franco e testimoniavano lunghe sessioni di sesso, con tante posizioni diverse ma con una netta prevalenza del rapporto anale.
“Ti piace così tanto?” mi chiese Stefano.
“Prendi la macchina fotografica te lo dimostro.”