mercoledì 21 marzo 2018

La giostra si ferma.

La giostra si ferma. 


   Quello che successe quella sera mi diede modo di pensare al rapporto che avevo con Moana, e arrivai quindi ad una conclusione: le nostre vite stavano viaggiando in direzioni opposte. Quello che vidi dopo cena in qualche modo causò un terremoto che sconvolse il nostro amore, un terremoto che aveva cominciato a farsi sentire già da qualche tempo, ma che solo quella sera si scatenò in modo distruttivo. Già quando Moana mi aveva presentato Romolo come il suo “schiavo”, già allora mi resi conto che c’era qualcosa che non andava. Ma avevo deciso di passarci su, perché avevo pensato che Romolo era soltanto un suo capriccio momentaneo, e che poi si sarebbe stancata presto di quel gioco, e quindi sarebbe ritornata ad essere quella di prima. Ma mi sbagliavo. Moana non sarebbe mai tornata ad essere quella di prima, perché lei era così. E lo capii proprio dopo la cena di compleanno di sua cugina Marica. Eravamo tutti seduti a tavolo, c’era anche Romolo, che se ne stava in religioso silenzio e guardava Moana in modo solenne, quasi come un devoto di fronte alla statua di una santa. La sua presenza mi infastidiva; cosa c’entrava lui nella nostra vita? Eppure Moana si divertiva a punzecchiarlo, dandogli qualche schiaffo senza che ce ne fosse alcun motivo, oppure insultandolo pesantemente. Infatti ogni tanto si rivolgeva a lui chiamandolo “cazzetto moscio” o “porco di merda”, e lui ci godeva come un matto a sentirsi chiamare in quel modo. Ma ripeto, potevo anche passarci sopra a quel tipo di rapporto che si era instaurato tra la mia fidanzata e Romolo. In fin dei conti non andavano mica a letto insieme. Ma fu quello che successe dopo cena che mi fece mettere in discussione il nostro fidanzamento, e che mi fece capire che io e Moana eravamo così diversi e che continuare a restare insieme era una specie di forzatura.
   Già altre volte il nostro rapporto aveva avuto dei problemi, ma questa volta davvero non riuscivo a vedere una soluzione. Voi vi domanderete: ma cosa può essere successo di tanto grave? Ebbene, dopo la cena venne il momento per Marica di aprire il regalo che Moana le aveva comprato. Dentro la confezione c’era uno strap-on. Immagino che non ci sia bisogno che io vi dica di cosa si tratta. In due parole, è una cintura con un fallo di gomma attaccato davanti. Marica rimase molto perplessa, perché non riusciva a capire il senso di quel regalo. Romolo invece guardava la scena con un attenzione perversa; era chiaro sia a lui che a me che a breve sarebbe successo qualcosa di veramente porco. Ma mentre a lui ciò che stava per avvenire non faceva che solleticare i suoi pruriti, a me venne una specie di insofferenza. E allora iniziai a pensare che Moana non si smentiva mai, come se il suo unico pensiero fosse il sesso, e basta. Tutto il resto non aveva alcuna importanza.
   “Non capisco” disse Marica divertita.
   “Ah no?” domandò Moana, che a quel punto si girò e si tirò su il vestito da sera porchissimo che indossava, si scoprì il sedere tra le cui natiche passava l’esile lembo di stoffa del perizoma. “Hai sempre detto che ti piacerebbe impalarmi fino a rompermi il condotto anale. Ecco, adesso puoi farlo. Accomodati pure”.
   “Tesoro mio!” esultò lei. “Questo è il regalo più bello della mia vita”.
   Ecco cosa stava per succedere. A breve Marica avrebbe indossato lo strap-on e si sarebbe impossessata del buco del culo della mia fidanzata. E fu proprio questo a scatenare in me quella specie di terremoto di cui parlavo prima, che mise in discussione ogni cosa, e che mi fece prendere quella decisione. Ma soprattutto fu quello che vidi a scatenare in me quella reazione. Infatti Marica non perse tempo e prese la mano di Moana e insieme raggiunsero la camera da letto dove appunto sarebbe avvenuta la monta. Romolo si precipitò con loro, non poteva perdersi per nessuna ragione al mondo lo spettacolo che a breve sarebbe cominciato. Io invece decisi di ritirarmi sul terrazzo a fumare una sigaretta. Mi sentivo molto confuso. Avevo certamente bisogno di riordinare le mie idee e la mia vita.
   Dopo aver spento la sigaretta decisi di entrare e raggiungere la camera da letto per vedere cosa stava succedendo, e quindi vidi Moana che era messa a quattro zampe sul letto e Marica le stava dietro, e la teneva con decisione per i fianchi e nel frattempo la penetrava senza ritegno con lo strap-on, e ogni tanto la sculacciava. E Romolo era seduto in un angolino e guardava la scena, aveva i pantaloni abbassati e si stava facendo una sega.
   Non potevamo andare avanti così. Moana forse non se ne rendeva conto, ma stava veramente esagerando. Così il giorno dopo, dopo la partenza di Marica, le parlai dei miei turbamenti, e lei non la prese molto bene. Iniziò a gridare come un’indemoniata, diceva che anche lei era stanca di me, dei miei continui dubbi che avevo sulla nostra relazione. Non ne poteva più dei continui alti e bassi del nostro rapporto. Questa volta eravamo davvero arrivati al punto di non ritorno.
   “Forse hai ragione tu” mi urlò. “Forse sono troppo puttana per te. Dovresti cercarti un’altra”.
   “Forse quello di cui abbiamo bisogno è soltanto un periodo di riflessione” dissi per cercare di calmarla.
   “Un’altro periodo di riflessione? L’ennesimo. No, questa volta no. Non c’è proprio nulla su cui riflettere” mi rispose. “Siamo incompatibili. Tu vivi il sesso come un qualcosa di negativo. Io invece sono stata cresciuta con la convinzione che non c’è nulla di cui vergognarsi nel soddisfare le proprie pulsioni. Quindi faccio quello che mi va di fare, e se a te non sta bene sono problemi tuoi”.
   Da quel giorno il rapporto che avevo con Moana cambiò radicalmente. Vi sembrerà strano ma continuai a vivere con lei, ma senza farci più l’amore. Diventammo quasi come due amici che vivono insieme, e lei iniziò a uscire con altri uomini, e spesso li portava a casa e ci dormiva insieme (in verità non ci dormiva soltanto insieme). E io ormai dormivo nella camera degli ospiti, che era diventata a tutti gli effetti la mia stanza, con tutta la mia roba, i miei vestiti e la mia attrezzatura da lavoro. Insomma, le nostre vite si erano separate, pur continuando a vivere sotto lo stesso tetto, perché in fin dei conti c’era qualcosa che continuava ad unirci, e cioè il bambino che Moana portava in grembo.

Berni.
  

lunedì 19 marzo 2018

Sorelle di monta.

Sorelle di monta. 


   Dopo avermi fatto venire con le dita, io e Marica restammo sul divano a confidarci su un argomento che da sempre aveva attirato la nostra curiosità, ovvero il tipo di rapporto che c’era tra suo padre e mia madre. Eravamo entrambe ben consapevoli del fatto che erano stati spesso a letto insieme, ma io sapevo una cosa che lei non poteva sapere, una cosa che avevo appreso da poco tempo, e cioè che suo padre era presente nel momento in cui io ero stata concepita. E addirittura aveva avuto un ruolo attivo nel mio concepimento. Marica non capiva. Sapeva bene della mia situazione, e cioè che avevo due papà, uno biologico, cioè Giuliano il quale aveva inseminato mia madre, e un papà che mi aveva cresciuta, e cioè Stefano il quale anche lui era presente al momento della monta, ma la sua era stata soltanto una partecipazione passiva, dal momento che si era limitato a guardare mia madre che faceva l’amore col mio papà biologico.
   “E cosa c’entra mio padre?” mi chiese.
   “Ebbene, tuo padre era lì”.
   “E cosa ci faceva?”.
   “Praticamente anche lui stava facendo l’amore con mia madre. Sono stata concepita durante una doppia penetrazione. Capisci dov’è il punto? Lui la penetrava analmente, ma se fosse stato il contrario, se fosse stato lui a penetrarla davanti e il mio papà invece l’avesse penetrata dietro, noi saremmo state sorelle a tutti gli effetti”.
   Marica mi guardò con un’indifferenza che mi sorprese. E quindi mi chiesi come mai quella notizia non avesse scatenato in lei alcuna reazione. Per me era stata una specie di rivelazione, perlomeno per quanto riguarda il rapporto che avevo con Marica. Perché dal momento che ero stata concepita durante una doppia penetrazione, e che durante questo rapporto c’era appunto anche suo padre, questo fatto mi legava a Marica ancora di più di quanto non lo fossi già.
   “Non capisco” mi disse. “Tu dici che se fosse stato mio padre a penetrare tua madre davanti noi saremmo state sorelle a tutti gli effetti. Ma non vedo proprio dov’è il punto della questione. Io e te siamo comunque sorelle, a prescindere da chi ha inseminato tua madre”.
   Forse aveva ragione. Che importanza aveva sapere di chi era la sborra che aveva permesso che io nascessi?
   “Diciamo che noi siamo sorelle di monta” concluse Marica.
   “Che vuoi dire?”.
   “Voglio dire che mio padre e tua madre sono andati talmente tante volte a letto insieme che è come se noi due fossimo sorelle. Sorelle di monta, appunto”. 
   Il giorno dopo Marica sarebbe dovuta ripartire insieme alla sua band per altre date in giro per l’Italia, ma io ero riuscita a trattenerla un altro giorno ancora. Questo perché era il suo compleanno, e quindi mi avrebbe fatto molto piacere se lo avesse passato con noi. Per l’occasione avevo pensato di preparare una cena molto elaborata. Devo dire che grazie a mio padre (il papà che mi aveva cresciuta, non quello biologico) avevo imparato qualche trucchetto del mestiere, e quindi in cucina me la cavavo piuttosto bene. E poi avevo pensato di fare un regalo a Marica che ero sicura l’avrebbe resa molto felice. Era da tempo che stavo pensando di regalargli questa cosa, però per un motivo o per un altro avevo sempre rimandato. Per fortuna Marica quando non aveva nulla da fare aveva l’abitudine di dormire fino a tardi, così ebbi la possibilità di uscire e andare a comprare tutto ciò che mi serviva per la cena, e poi passai a prendere il regalo per lei. Ero eccitatissima, perché sapevo che era una cosa che avrebbe gradito più di ogni altra cosa al mondo.
   Quindi passai gran parte del pomeriggio ai fornelli. Per non sporcare il vestito porchissimo che avrei indossato quella sera avevo deciso di mettermi all’opera con una camicia azzurra che Berni non utilizzava più. Sotto indossavo solo il perizoma (a vista, dal momento che la camicia mi copriva le natiche solo a metà). Marica aveva deciso di passare il pomeriggio sul terrazzo a rilassarsi distesa su una sdraio, in costume modello monokini che le copriva ben poco. Ogni tanto veniva in cucina a riempirsi il bicchiere di tè alla pesca che avevamo in frigorifero, e per l’occasione mi dava sempre un sonoro sganassone sul culo. Non poteva saperlo, ma dopo cena il mio condotto anale, che lei tanto adorava, sarebbe stato suo per tutta la notte.
   A cena c’erano anche Berni e Romolo. Romolo, per chi si fosse perso qualche puntata, era il mio schiavo. Ebbene sì, avevo uno schiavo. Romolo era un mio ammiratore, e spesso veniva in negozio con dei mazzi di fiori o delle confezioni di cioccolatini. Era pazzo di me, ma soprattutto era pazzo dei miei piedi. Un giorno infatti mi disse questa cosa, e cioè che i miei piedi gli facevano perdere la testa, e che avrebbe dato qualsiasi cosa per essere il mio schiavo. Quindi di conseguenza io sarei dovuta essere la sua mistress. E devo dire che questa proposta mi incuriosì molto. Non avevo mai avuto uno schiavo tutto per me con cui soddisfare la dominatrice che era in me Perché diciamolo, ognuna di noi ha una dominatrice dentro. Quindi gli dissi di sì, e da quel giorno diventai la sua sadica mistress. E quindi per farlo contento di tanto in tanto gli permettevo di leccarmi i piedi, oppure gli camminavo con i tacchi a spillo sulla pancia, oppure mi sedevo letteralmente sul suo viso. Insomma facevamo cose di questo tipo.
   Berni sapeva tutto di noi, ma non mi aveva mai detto nulla. Non era geloso, anche perché sapeva benissimo che io non sarei mai andata a letto con Romolo. Non era il mio amante, per carità. Non ero messa così male. Lo trovavo un uomo disgustoso, e quindi l’idea di poter fare l’amore con lui non mi sfiorava neppure. Berni accettava il rapporto che avevo con Romolo in modo passivo, quasi fingendo che non esistesse. Forse perché credeva che fosse soltanto uno dei miei tanti capricci, e che quindi col tempo mi sarei stufata e di Romolo non ne avrebbe più sentito parlare. E  forse aveva ragione. Ma per il momento non avevo voglia di fermare quel gioco che stavo facendo con Romolo, per cui se a Berni non stava bene poteva anche scendere dalla giostra. Io ero fatta così, prendere o lasciare.
   E quindi, per ritornare alla cena per il compleanno di Marica, avevo invitato anche il mio schiavetto. Anche lei sapeva tutto di me e Romolo, e considerava il nostro rapporto tutto sommato come una cosa molto positiva, ma anche molto divertente. Non poteva crederci che ero diventata una mistress. E in effetti neanche io c’avrei mai creduto prima di conoscere Romolo. Era successo tutto per caso, senza premeditazione. Ma devo dire che mi piaceva da morire.

Moana.
    

venerdì 16 marzo 2018

Gira tutto intorno alla topa.

Gira tutto intorno alla topa. 

(in foto: Carter Cruise, Girls Kissing Girls 17, SweetHeartVideo.com)


   Alla fine del concerto ritornammo a casa e Marica venne a stare da noi. In principio lei aveva optato per andare in albergo con la sua band, però io ero riuscita a farle cambiare idea. Non avevo molte possibilità di vedere la mia cuginetta a causa dell’enorme distanza che ci divideva, per cui una volta che potevo averla tutta per me non potevo permetterle di andare a dormire in una camera d’albergo.
   Lungo il tragitto in macchina si era scatenata una vera e propria diatriba musicale tra lei e Berni. Marica infatti gli aveva chiesto se il concerto gli era piaciuto, e lui aveva risposto di no, e quando lei le aveva chiesto il motivo lui aveva detto che secondo i suoi canoni di giudizio “quella non era musica”. Berni era sempre stato così, molto sincero e molto schietto. Non le sapeva dire le bugie.
   “Ah sì?” le domandò lei divertita. “E secondo te cos’è la musica?”.
   “Marica, non te la prendere” le rispose, “ma secondo me la musica è ben altro. Quello che fai tu è semplicemente esibizionismo”.
   “Esibizionismo?”.
   “Dai, non prendiamoci in giro. Basta vedere come ti presenti sul palco”.
   “Quelli sono costumi di scena, Berni” rispose lei. “Fanno parte del mio spettacolo”.
   “Sì ma non è solo quello che non mi piace. Sono anche i testi. È pura pornografia. Non fai che parlare di rapporti anali e storie d’amore cuckold. Possibile che tu non abbia mai provato a scrivere un testo che affronti delle problematiche più importanti?”.
   “Più importanti del sesso?” chiese Marica divertita. “Ma Berni, mi meraviglio della tua ingenuità. Il sesso è tutto. Il sesso è come il denaro, e talvolta il denaro serve a comprare il sesso, quindi la nostra società si basa su questo. Gli affari, le guerre, il potere, è tutto riconducibile all’insoddisfazione sessuale. Perché gli uomini desiderano essere potenti? Per poter essere circondati da quanta più topa è possibile. E perché desiderano avere molto denaro? Per poter comprare tutta la gnocca del mondo. E le guerre? Servono soltanto ad acquisire il potere e il denaro, gli unici strumenti che ti permettono di avere libero accesso al fantastico mondo della topa”.
   Insomma, questo battibecco andò avanti per tutto il tragitto verso casa. E continuò anche nel nostro appartamento; eravamo nel salotto e Berni continuava a sostenere la sua tesi, e cioè che la musica era una cosa ben diversa dall’esibizionismo. E allora a quel punto Marica mi alzò la minigonna scoprendomi la fighetta. Non avevo niente sotto; ogni tanto lo facevo. Uscivo senza mutandine. Era una sensazione piacevole, mi faceva sentire libera. E quella sera infatti avevo deciso di lasciare la mia patatina libera di respirare.
   “Lo vuoi capire che le persone vogliono questa?” gli disse, e con le dita mi allargò le labbra, e siccome da quando avevo scoperto di essere incinta ero sempre arrapata, il contatto con le dita di Marica mi bastò a farmela bagnare oscenamente. “Moana! Non dirmi che sei venuta al concerto senza mutande!” mi disse lei divertita. Poi si rivolse a Berni: “e tu non le dici niente? La tua futura moglie esce di casa con la patatina di fuori e tu non hai nulla da dire?”.
   “E cosa dovrei dirle? Dovresti conoscere bene Moana, lo sai che alla fine fa sempre di testa sua”.
   “Eh già. È proprio una vacca. Guarda qui che roba! È bagnata da far schifo!” Marica iniziò a sgrillettarmi proprio di fronte a Berni, ma lo faceva più per gioco che altro, e io la lasciai fare, ero troppo eccitata per impedirglielo.
   “Ragazze, avete sempre voglia di scherzare” disse Berni, e poi se ne andò in camera da letto a dormire. Marica aveva smesso di toccarmi, io invece ero rimasta appoggiata con il sedere contro il poggiatesta del divano, e avevo le gambe aperte e sgocciolanti, e avevo il fiatone, perché ormai la mia eccitazione era arrivata alle stelle.
   “Ehi, ma che ti succede?” mi chiese. “Sembri indemoniata. Dì un po', non è che Berni ti trascura?”.
   “No, il problema non è Berni” risposi. “Il problema sono io. Da quando ho scoperto di essere incinta sono sempre arrapata”.
   “Ah, è così? Se vuoi ricomincio” disse alzando la mano destra a mezz’aria e facendomi intendere che se volevo poteva proseguire quello che aveva cominciato.
   “Lo faresti davvero?” domandai. Ero fuori di me, non chiedevo altro, soltanto le attenzioni della mia cuginetta.
   “E che problema c’è? D’altronde mica sarebbe la prima volta. Non te lo ricordi più?”.
   Marica si riferiva a una serie di episodi che riguardavano il passato. Quando ancora non stavo con Berni infatti ci eravamo spesso “coccolate” durante le vacanze estive che ero solita passare insieme alla mia famiglia a casa dei genitori di Marica. Lo avevamo fatto varie volte, un po' per curiosità e un po' per smorzare i nostri bollenti spiriti giovanili. La cosa particolare è che tra di noi tutto era lecito; tra di noi c’era un rapporto davvero speciale, come vi ho sempre detto eravamo come sorelle, e quindi non c’era alcuna forma di pudore a frenare le nostre pulsioni. E ricordo ancora la prima volta che lo avevamo fatto, che ci eravamo “coccolate” a vicenda. Eravamo ritornate dal mare e quindi di solito cosa si fa quando si ritorna da una giornata passata in spiaggia? Una doccia. Ebbene, quel giorno Marica mi propose di fare la doccia insieme a lei, e io le dissi di sì. Pensai che sarebbe stata una cosa divertente. E quindi siamo entrate nel box doccia e abbiamo iniziato a insaponarci a vicenda, e poi le nostre mani hanno iniziato ad infilarsi nei nostri punti più caldi, e poi lei ha iniziato a sgrillettare me, e io lei, e siamo venute quasi insieme. Era stata un’esperienza davvero appagante.

Moana.   

mercoledì 14 marzo 2018

lunedì 5 marzo 2018

Data via per un debito di gioco.

Data via per un debito di gioco.

(in foto: Madison Rose, Madison Makes It Bounce, Brazzers.com)


   Ha ragione Moana quando dice che non potevo fare a meno dei suoi due papà. E infatti avevo deciso di vivere con entrambi. Ormai Giuliano dormiva con me e Stefano da diversi giorni; era come avere due mariti. E il fatto positivo era che a loro andava bene, e tra loro due si era instaurata una pacifica convivenza. Anche perché sapevano di non essere in competizione; non c’era nessuna rivalità tra loro, perché non c’era nessuna gara, io non ero una preda da conquistare, perché potevano avermi entrambi in qualsiasi momento. Potevamo avermi anche nello stesso momento se gli andava di farlo. Però questo di solito non avveniva mai. Quando facevo l’amore con Giuliano di solito Stefano ci guardava soltanto; gli piaceva un casino guardarci mentre lo facevamo. Qualche volta avevo provato a invitarlo a unirsi a noi, facendogli presente che potevano penetrarmi entrambi, uno davanti e uno dietro, ma lui mi aveva sempre risposto che preferiva guardarmi mentre facevo l’amore con Giuliano.
   Ero arrivata alla conclusione che Stefano non si sentisse all’altezza di fare una cosa del genere, perché ci avrebbe fatto soltanto una pessima figura a mettersi a fare l’amore con noi due. Lui sapeva che Giuliano era nettamente superiore a lui riguardo al sesso, quindi probabilmente non ci provava neppure a mettersi sul suo stesso livello. D’altronde come dargli torto. Giuliano era davvero superiore a lui. Giuliano era il massimo. E non lo dico soltanto perché aveva un cazzo enorme, ma anche perché con le donne ci sapeva fare. Riusciva a manipolarle in modo tale da farci ciò che voleva. Con me, come sapete, ci era riuscito benissimo. Praticamente ero la sua schiavetta del sesso da quando avevamo diciotto anni. Avevo accontentato talmente tanti dei suoi capricci che a volte mi chiedevo come era stato possibile. Avevo fatto delle cose assurde per lui senza neppure battere ciglio, proprio come se appunto fossi la sua schiavetta, e quindi non avessi alcun diritto di rifiutarmi di fare ciò che mi chiedeva.
   Una volta mi diede via ad un tizio a cui doveva del denaro. E credo che a questo punto non ci sarebbe altro da aggiungere per farvi capire quanto ero sottomessa a Giuliano. Moana aveva ragione quando diceva che il tatuaggio che ho dietro il collo, l’iniziale stilizzata del nome del suo papà, denotava la mia totale dipendenza da lui. Io le avevo detto che non era come diceva lei, ma in realtà aveva proprio ragione. Moana aveva capito ogni cosa del rapporto che avevo con suo padre. E il fatto è che mi stava bene così. Ero felice di essere la schiavetta del sesso di Giuliano. Per me non era mai stato un problema, anzi, questa cosa mi rendeva molto felice, perché lo amavo follemente. E quindi ero felice di accontentare tutti i suoi capricci.
   Giuliano aveva sempre avuto la passione per il biliardo, e per un periodo si era messo pure in un brutto giro, e si era messo a giocare d’azzardo. Devo dire che vinceva spesso, perché era molto bravo, però poi un giorno si era messo a giocare con uno ancora più bravo di lui, e aveva perso. Purtroppo non aveva tutto il denaro che gli doveva, e così gli disse che glieli avrebbe dati al più presto. Soltanto che passarono i giorni ma Giuliano non riuscì a rimediare la somma di cui aveva bisogno. E così il tizio gli si presentò in casa senza preavviso. Ricordo che quel giorno ero in camera con lui quando tutto ad un tratto qualcuno bussò alla porta. Era lui. Era venuto per estinguere il debito e disse che non poteva più aspettare.
   “Ma io i soldi non ce li ho” disse Giuliano senza tergiversare troppo.
   “E allora dovrai darmi qualche altra cosa” rispose lui e mi guardò con due occhi accesi di desiderio. “La tua fidanzata, per esempio”.
   Stavo per dirgli che io non ero la sua fidanzata, e che non c’entravo niente con gli impicci che combinava Giuliano. Per cui se voleva davvero estinguere il debito in quel modo, e cioè in natura, allora doveva andare da Manuela. Era lei la sua fidanzata, non io. Ma non dissi niente di tutto ciò. Pensai che in qualche modo Giuliano avrebbe risolto quella faccenda in un altro modo, e non dandomi via al primo che capitava. E poi, pensai, se anche avesse deciso di concedermi a lui, in qualche modo gli avrei dimostrato ancora una volta l’immensa disponibilità che avevo a permettergli di fare di me ciò che voleva. Così, ma mi illudevo, avrebbe finalmente capito che la cosa giusta da fare era mollare Manuela per mettersi definitivamente con me. Insomma, ero pronta a quell’ennesima prova d’amore. Manuela, e credo che lui lo sapesse bene, non avrebbe ceduto mai e poi mai ad una cosa del genere. Io invece, per l’amore che provavo per lui, ero pronta a fare questo ed altro.
   E così, dopo aver contrattato a lungo, mi diedi da fare e mi concessi a quello lì. Lui in realtà voleva penetrarmi vaginalmente, ma io risposi categoricamente di no, che se voleva poteva avermi solo analmente. Su questo non mi sarei tirata indietro mai e poi mai. Alla fine la ebbi vinta. Disse che si sarebbe accontentato del mio culo e della mia bocca. Infatti cominciammo con un pompino. Lui si mise a sedere sul letto, con i pantaloni e gli slip tirati giù e io inginocchiata in mezzo alle sue gambe. Giuliano ci guardava seduto di fronte a noi. Un po' era dispiaciuto di vedermi fare quella cosa, ma non c’erano alternative. O lo facevo o quello lì lo avrebbe gonfiato di botte.
   Poi dopo averlo fatto godere con la bocca mi misi a cavalcioni su di lui facendomi entrare il suo cazzo nel buco del culo, e mi feci penetrare per buoni dieci minuti. Mentre andavo su e giù ogni tanto mi giravo a guardare Giuliano, che continuava a guardarci con un’aria sconfitta e afflitta. Ma io ero felice di farlo, perché dentro di me pensavo che quella era, come vi dicevo prima, una prova d’amore. L’ennesima. Era come se stessi dimostrando, facendomi inculare da quello sconosciuto, che io per Giuliano ero disposta a fare qualsiasi cosa, che io sarei stata una fidanzata esemplare, una moglie perfetta, felice di assecondare tutte le sue richieste, e di sacrificare i miei buchi come stavo facendo per tirarlo fuori dai guai.
   Vi lascio immaginare come fui trattata da quello lì mentre mi inculava; praticamente come una puttana. Non faceva che sculacciarmi le natiche e mi chiamava con epiteti davvero poco lusinghieri sempre peggiori. Credo che lo facesse soprattutto per ferire Giuliano, ma ovviamente stava facendo del male anche a me sentirmi chiamare in quel modo; vacca, bocchinara, puttana, rottainculo. Ma non erano quelle parole in sé a ferirmi, quanto il modo come le diceva, con disprezzo e cattiveria. Poi prima di venire mi fece mettere in ginocchio per farmi una cumshot, e quindi rivolgendosi a Giuliano gli disse di guardare bene quello che stava per fare. A quel punto iniziò a sborrarmi sul viso, quattro schizzi decisamente copiosi che trasformarono la mia faccia in un vero e proprio sborratoio.
   Soddisfatto di ciò che aveva appena ottenuto, il tizio se ne andò via e il debito era finalmente estinto. Rimasi da sola con Giuliano, il quale era visibilmente mortificato per ciò che era appena accaduto.
   “Sabri, ti chiedo scusa” mi disse. “Non sai quanto mi dispiace”.
   “Dispiace anche a me” gli risposi amareggiata. “Cerca di riflettere su ciò che ho appena fatto”.
   Quello che gli stavo chiedendo era di capire il motivo per cui mi ero lasciata inculare. L’avevo fatto per lui, perché lo amavo, e quella era stata appunto una prova d’amore. E quindi adesso spettava a lui fare qualcosa di concreto, e cioè lasciare Manuela per mettersi con me, che avevo sacrificato il mio buco del culo e la mia bocca per aiutarlo. Ma come ben sapete non lo fece. Nonostante il mio gesto lui rimase insieme a lei, e io continuai ad essere la sua schiavetta del sesso. Insomma, quello che avevo fatto non era servito a niente.

Sabrina.