mercoledì 26 aprile 2017

sabato 22 aprile 2017

Un oggetto.

(in foto: Carter Cruise, The Stepdaughter, SweetSinner.com)


   Ormai eravamo tutti e tre nudi, e Berni continuava ad avere quell'erezione enorme. In teoria il gioco era finito, ma rimanemmo ancora un pò in soggiorno a chiacchierare del più e del meno. Anzi, a dirla tutta erano solo loro due a parlare, io me ne stavo seduta a guardarli. Lei continuava a fare domande a Berni sul mio conto, quasi come se stesse cercando di stuzzicarlo. Ma il fatto strano era che lo faceva come se io non ci fossi; ma non era esattamente quello il punto. Piuttosto direi che si stava comportando come se io fossi la bambolina di Berni, il suo buco da riempire, la sua dolce fidanzata remissiva. E io d'altronde non facevo nulla per smentire questa cosa, perchè me ne stavo zitta mentre loro due parlavano di sesso, quasi come se il mio unico scopo fosse quello di accontentare il mio uomo. Non so come aveva fatto, ma mi aveva messo in quella posizione. Forse perchè continuavo a stare sulla guardia, e questo mi faceva assomigliare ad una fidanzata gelosa e taciturna, ma allo stesso tempo remissiva e dalle sembianze di una bambolina da fottere. 
   "Hai mai pensato di condividere la tua Moana con un amico?" gli chiese.
   "Sì, ad essere onesto ci ho pensato, ma ancora non abbiamo trovato la persona adatta".
   "Capisco. Ma mettiamo il caso che la troviate, tu con quale buco preferiresti godere? E di conseguenza, quale buco cederesti al tuo amico?".
   Ecco, lo stava facendo di nuovo. Mi stava riducendo ad un oggetto, come se io nell'ipotesi in cui avessi fatto l'amore a tre non avessi potuto scegliere quale buco dare a Berni e quale buco dare all'altro partner. Eppure non facevo nulla per controbbattere, forse perchè in qualche modo ero curiosa di sentire le risposte che stava dando il mio uomo. Milena era riuscita a mettermi in una posizione di inferiorità.
   "Non so, credo che potremmo alternarci in entrambi i buchi" rispose Berni.
   "E permetteresti al tuo amico di sborrarle in faccia?".
   "Credo di sì, ma dovrebbe essere Moana a deciderlo".
   "Ma nel caso in cui il tuo amico dovesse mancarle di rispetto, magari dandole qualche schiaffetto, oppure rivolgendosi a lei chiamandola in qualche modo offensivo, tipo maiala, puttana, tu cosa faresti?".
   "Dipende, se a lei fa piacere lo lascerei fare. E comunque Moana è in grado di difendersi da sola".
   Non riuscivo a capire il senso di tutte quelle domande da parte della stallona, ma in ogni caso continuavo a starmene buona ad ascoltare. Ci fu qualche minuto di silenzio, in cui lei cominciò a fissarmi in modo insistente. Guardai in direzione del cazzo duro di Berni, ormai era già da una buona mezz'ora che era in quelle condizioni, e ebbi l'impressione che quei discorsi non facevano altro che gettare benzina sul fuoco. L'idea di condividermi con qualcun'altro doveva proprio farlo eccitare tanto.
   "Sai Berni, credo che sei un ragazzo molto fortunato" disse Milena. "Quando sono arrivata al centro commerciale e ho visto per la prima volta Moana, ho subito pensato che fosse un concentrato incredibile di erotismo. Forse non lo sai, ma la tua Moana ha un sacco di ammiratori. I maschietti che bazzicano il centro non fanno che parlare di lei. Tutti vorrebbero avere l'occasione di passare almeno una notte con Moana. Confesso di essere molto invidiosa".
   Invidiosa lei? Mi veniva da ridere. Ma se da quando era arrivata non aveva fatto altro che rubarmi la scena! Ovviamente non glielo dissi, perchè sarebbe stato molto imbarazzante confessarle che anche io ero invidiosa di come la guardavano gli uomini.
   "Certo, gli uomini guardano anche me" disse, quasi come se mi avesse letto nel pensiero. "Però mi guardano in un modo diverso. C'è modo e modo di guardare una donna. A me mi guardano come si guarderebbe un semplice oggetto del piacere, a te Moana ti guardano come ad una donna potenzialmente da sposare. Lo so, è difficile da spiegare, ma è come se gli uomini vedessero in me solo una vacca da monta, e invece in te una donna con la quale trascorrere tutta la vita. E infatti tu hai già trovato un compagno perfetto con cui presto convolerai a nozze. Io invece dovrò aspettare chissà quanto altro tempo".
   Possibile che la stallona fosse davvero invidiosa di me? Questo non me lo sarei mai aspettato. D'altronde, disse lei, io ero la proprietaria di un negozio di intimo (in realtà nominalmente era ancora di mia madre, ma di fatto era ormai mio), e facevo parte anche del comitato del centro commerciale, quindi oltre che ad un corpo spettacolare avevo anche una capacità imprenditoriale fuori dal comune. E lei invece era una semplice commessa. Ero spiazzata da quella confessione, perchè allora avevo frainteso tutto. Avevo creduto fin dal principio che lei volesse muovermi una guerra, con il semplice scopo di tirarmi giù dal trono di reginetta del centro, e invece non era così. La reginetta rimanevo io, e questo nessuno lo avrebbe messo in dubbio.
   "Voglio dire, guarda che corpo" Milena si alzò dalla poltrona e venne verso di noi sul divano, mettendosi a sedere tra me e Berni. Con una mano raggiunse delicatamente il mio collo, e lentamente scese giù, accarezzandomi fino ad arrivare alla figa. A quel punto mi aprì le labbra con due dita. "Tutto questo non ha prezzo, Berni. Ed è tuo. Ti rendi conto di quanto sei fortunato?".
   Il contatto delle dita di Milena mi fece bagnare immediatamente, e se ne accorsero entrambi. Adesso c'è bisogno che vi dica che quando iniziavo a bagnarmi perdevo completamente il controllo. A quel punto la mia volontà si annullava, e diventavo facile preda di chiunque, cioè in sintesi se riuscivi a farmi bagnare poi potevi fare di me ciò che volevi, compreso cose che normalmente non avrei permesso a nessuno. Cioè praticamente diventavo la tua schiava. A quel punto Milena raggiunse il clitoride con il dito medio e iniziò a massaggiarmelo delicatamente, e per me si aprirono le porte del paradiso, e feci roteare gli occhi verso l'alto fino quasi a far sparire le pupille, come facevo di solito quando ero in preda ad un piacere così intenso da farmi perdere la ragione.
   "Guarda che bella la tua Moana" disse Milena a Berni, "è proprio un angelo".
   "Sì, lo so" rispose lui con un filo di voce. Quello che stava facendo Milena lo stava eccitando ancora di più di quanto non lo era già.
   "Vuoi penetrarla? Come vedi lei è pronta, e lo sei anche tu. Coraggio, falla tua".
   "Qui? Davanti a te?".
   "Io me ne starò in disparte a guardarvi. Cosa c'è di più bello di due innamorati che fanno l'amore?".
   A quel punto Milena ritornò sulla poltrona, e Berni prese il suo posto mettendosi sopra di me. Io ero in uno stato di ebbrezza, ubriaca d'amore, incapace di reagire, pronta per essere penetrata. Sentii l'erezione di Berni entrarmi dentro, farsi strada nella fighetta delicatamente, e scivolando a fondo senza alcun problema. Guardai in direzione di Milena, che si era messa con le gambe aperte a guardarci e nel frattempo aveva cominciato a massaggiarsi e a fare dei movimenti circolari delle dita sul suo clitoride. Sentivo il cazzo duro di Berni entrare e uscire dal mio corpo, e nel frattempo mi riempiva di baci sul collo, e sotto di noi il rivestimento di plastica del divano che scricchiolava ad ogni nostro movimento. Milena aveva iniziato a sgrillettarsi pesantemente, probabilmente stava per raggiungere l'orgasmo. Anche Berni era ormai pronto per inondarmi, e infatti dopo qualche minuto si lasciò andare, e il suo seme mi riempì tutta, e ne sentii tutto il calore dentro la vagina, e Milena con un urlo liberatorio iniziò a squirtare come una fontana.
   Dopo essere venuti tutti e tre ci rivestimmo. La cavallona disse che era ora di ritornare a casa.
   "E la macchina?" domandai ingenuamente.
   "Non avrai mica creduto alla balla della macchina guasta?" rispose lei divertita. 
 
Moana. 

giovedì 20 aprile 2017

Giù le mutande. 

(in foto: AJ Applegate, Slave Training, SweetSinner.com)


   Adesso era nuda anche lei; si era tolta la maglietta, e sotto non indossava nulla, quindi praticamente adesso aveva solo quella striminzita minigonna e i tacchi, per il resto era così come mamma l'aveva fatta. E la cosa che mi fece davvero incazzare era che Berni cominciò a dimostrare di apprezzare il corpo della stallona, perchè cominciai a vedere degli strani movimenti sotto i suoi slip. Nel giro di qualche minuto il suo cazzo raggiunse la massima erezione. Me ne accorsi io, ma se ne accorse anche Milena, che non faceva che guardargli proprio lì, dove c'era il rigonfiamento, e sorrideva, contenta del fatto che il suo corpo avesse scatenato quella reazione. Io invece ero nera di rabbia; guardavo anche io l'erezione di Berni. Come potevo non guardarla? Era come un totem sacro eretto in onore di lei. Ed ero così arrabbiata per questo che avrei voluto dargli un pugno proprio lì, per dargli una bella lezione.
   Poi venne anche il mio turno; il collo della bottiglia puntò nella mia direzione. E qualsiasi domanda mi sarebbe stata rivolta, pensai, non avrei risposto. Volevo togliermi qualcosa anche io, anche se io in realtà se mi fossi tolta il vestitino che indossavo sarei rimasta completamente nuda, dal momento che sotto non indossavo altro. E allora alla domanda che mi fece Berni, il quale aveva fatto girare la bottiglia, non risposi. La domanda era: "quante volte mi hai tradito?". Sapevamo entrambi che lo avevo fatto un sacco di volte, ma chissà per quale motivo voleva sentirselo dire. Ma io gli dissi che non volevo dirlo, e allora mi tolsi il vestitino e lo gettai a terra. Ero completamente nuda, e mi rimisi a sedere sul divano con le gambe aperte, esibendo il mio sesso con un certo orgoglio, quasi come se volessi dimostrare a Milena che io ero meglio di lei. Ecco, pensavo, questo è il mio corpo e non ho paura di esibirlo. Poi guardai verso l'erezione di Berni, sempre più dura, ed era comparsa sul tessuto dello slip una gocciolina, all'altezza del glande, quasi come se fosse in procinto di iniziare a fiottare. Ma mi chiesi: quella gocciolina era per me oppure per Milena? Cos'era che aveva scatenato quella fuoriuscita di liquido pre-eiaculatorio? La mia presenza o quella della cavallona? Una cosa era certa, e cioè che gli stava esplodendo.
   Milena fece roteare di nuovo la bottiglia, e il collo puntò di nuovo verso Berni.
   "Allora Berni, tocca di nuovo a te" disse. "Ti piacerebbe vedere la tua Moana fare una gangbang?".
   "In verità è già capitato" rispose.
   Sì, aveva ragione. Era successo tanto tempo prima. Eravamo in vacanza in Sicilia. I lettori più affezionati lo ricorderanno. Avevamo litigato, e per quel motivo avevo deciso di fargliela pagare, e quindi mi ero lasciata rimorchiare da un gruppetto di ragazzi, i quali mi avevano portata in un motel e mi avevano montata di brutto, e lui aveva assistito a tutto quanto.
   "Ma ti piacerebbe rivederla fare una gangbang?".
   "Non so".
   "Mi dispiace, ma questa non è una risposta. Giù le mutande".
   Era venuto il momento della verità. Togliendosi gli slip Berni avrebbe messo a nudo la sua erezione, e allora semmai ci fossero stati dei dubbi sulla sua eccitazione sarebbero stati sfatati. Era ovvio che era eccitato, perchè i suoi slip come già vi ho detto non riuscivano a nascondere nulla; la sua erezione era evidente. Però a quel punto sarebbe stato inequivocabile: Berni era arrapato come un toro, e una spiegazione era d'obbligo. Doveva confessare senza girarci intorno chi era che lo faceva arrapare in quel modo, se io o lei. E allora a quel punto infilò due dita nell'elastico degli slip e li tirò giù, e il suo cazzo duro come la pietra uscì fuori svettando fieramente verso l'alto, con il glande turgido e rosso, con la sua superificie luccicosa e liscia come la seta.
   "Wow!" esclamò la stallona. "Accidenti Berni! Hai proprio un attrezzo enorme!".
   A quel punto mi salì il sangue alla testa, e avrei voluto fare una sfuriata di gelosia, ma certamente non la volevo fare di fronte a lei, e così me ne andai in cucina con un pretesto, cioè dicendo che sarei andata a prendere un'altra bottiglia di vino. In verità ne avevo davvero voglia, però era anche il pretesto per allontanarmi e quindi cercare di sbollentare la rabbia. E così mi alzai dal divano e andai verso la cucina; andai verso il lavello e mi ancorai con le mani alla vasca dove giacevano alcuni piatti sporchi, chiusi gli occhi e feci dei lunghi respiri, poi chiamai Berni.
   "Berni, puoi venire un momento?".
   Mi raggiunse quasi subito, insieme alla sua sfrontata erezione. Guardai il suo palo pronto per la penetrazione, e feci un gesto con la mano molto eloquente, come per chiedergli una spiegazione.
   "Cosa vuol dire questo?" gli chiesi.
   "Beh amore, non puoi mettere in dubbio che il gioco che stiamo facendo è piuttosto eccitante".
   "Fammi capire, chi è che ti eccita? Io o lei?".
   "Tesoro, sei gelosa? Lo sai che io amo soltanto te".
   "Ami soltanto me, ma a quanto pare la presenza di Milena ti fa un certo effetto" dissi afferrandogli il cazzo con decisione e stringendolo quasi con l'intento di strozzarlo. "Dimmi la verità, vuoi scopartela, non è così?".
   "Moana, ti stai sbagliando. Sono eccitato perchè è il gioco che mi eccita".
   "Spero per te che è come dici, altrimenti te lo stacco questo tuo bel pisellone. Capito?" diedi uno strattone al suo cazzo per fargli capire che non stavo scherzando, e poi ritornammo in soggiorno. Milena era lì ad aspettarci. Questa volta toccava a me far girare la bottiglia, e il collo puntò verso lei. Qualsiasi cosa le avessi domandato ero sicura che lei avrebbe scelto di pagare il pegno, e quindi di togliersi anche la minigonna che ancora indossava. Quindi non aveva senso spremermi tanto per trovare una domanda da fargli, e allora buttai lì la prima cosa che capitava: hai mai fatto sesso di gruppo? E lei allora scoppiò a ridere, e disse che quella era un'informazione top secret, e allora si tirò giù la gonna. Sotto, e non c'era da stupirsi, non portava niente. Quindi adesso era completamente nuda come me.

Moana.

domenica 16 aprile 2017

Un'eccezionale orgasmo notturno. 

(in foto: Carter Cruise, Second Chances, NewSensations.com)


   Ero così arrabbiata con Berni che gli dissi che quella notte avremo dormito in stanze separate. Lui nella camera degli ospiti, io nella camera da letto e la stallona sul divano del soggiorno.
   “Ma cosa avrei dovuto dirle?” protestò. “Hai sentito? La macchina è rotta”.
   “Non me ne frega niente” risposi. “Io quella lì in casa mia non ce la voglio”.
   E quindi ci mettemmo tutti a letto, ma io non riuscii a chiudere occhio. Avevo paura che nel cuore della notte la cavallona decidesse di infilarsi sotto le coperte insieme a Berni, e quindi facendomi diventare una cornuta proprio sotto il tetto di casa mia. Era strano stare a letto senza il mio uomo, ma dovevo pur dargli una lezione. Ma poi che lezione dovevo dargli? Non aveva fatto nulla di male. Si era comportato soltanto in modo gentile. Ma il punto era che io non potevo sapere se in effetti dietro quella gentilezza si nascondessero degli interessi. Cioè, e se magari Berni era davvero interessato a farsi la cavallona?
   Intanto continuavo a girarmi e a rigirarmi sotto le lenzuola. Sapere che lì in casa, al piano di sotto, cioè nella zona giorno, c’era lei che chissà cosa stava pianificando di fare, mi stava facendo diventare matta. E allo stesso tempo pensavo che ero stata troppo severa con Berni. Mi sentivo terribilmente in colpa. Addirittura cacciarlo dalla camera da letto, mandarlo a dormire nella stanza degli ospiti, come se fosse un estraneo. Povero Berni. Non lo meritava.
   Ad un certo punto sentii la porta della camera da letto che si apriva delicatamente. Ma in principio non gli diedi molta importanza. L’avevo lasciata aperta proprio per origliare ciò che avveniva al piano di sotto, dove stava Milena, e quindi pensai che un filo di vento l’avesse aperta un po' di più. Ma dopo un po' capii che non si trattava del vento; qualcuno era appena entrato in camera. Sicuramente Berni. Forse era venuto a cercare il mio perdono. E quindi alzò il lenzuolo dalla parte di sotto, cioè dove stavano i miei piedi, e si infilò sotto, e con le mani percorse le mie cosce, fino ad arrivare con la bocca alle mie labbra di sotto. Premetto che ero nuda, quindi non gli fu difficile raggiungere il mio sesso. Sentii il calore del suo respiro contro le mie labbra.
   “Berni, che stai facendo?” gli chiesi in modo brusco. “Ti avevo detto che volevo stare da sola. Ritorna nella camera degli ospiti”.
   A quel punto la sua lingua calda e umida si posò sulla mia fighetta e iniziò a leccarla con passione, e io non riuscii a sottrarmi da quel piacere e lo lasciai proseguire. Doveva averci proprio tanta voglia, perché lo sentivo succhiare con molta intensità. Nel giro di pochi minuti in mezzo alle gambe mi si creò un vero e proprio lago; sbrodolavo in modo indecente. Allora con una mano raggiunsi la sua testa e mi accorsi che c’era qualcosa di strano. I suoi capelli erano lisci come la seta, e soprattutto erano lunghi, e quindi non mi fu difficile capire che non si trattava di Berni, bensì di Milena. Allora con una mano cercai l’interruttore della lampada che c’era sul comodino e accesi la luce, e tirai via il lenzuolo che ci copriva entrambe.
   “Milena!” esclamai. Anche lei era nuda come me, e aveva un corpo davvero perfetto come avevo immaginato. “Ma cosa stai facendo?”.
   “Non lo vedi?” domandò lei divertita. “Ti lecco la patata”.
   “Sì ma non credo che sia una cosa opportuna”.
   “Sarà il nostro piccolo segreto. Rilassati”.
   La cavallona mi si mise accanto e con una mano raggiunse la mia fighetta, e la aprì con due dita e nel frattempo con il dito medio mi massaggiava il clitoride muovendolo in modo circolare. Era una sensazione paradisiaca. Chiusi gli occhi e aprii la bocca; ero completamente imbambolata, incapace di reagire per l’intenso piacere che stavo provando. Milena ci sapeva davvero fare; sapeva esattamente quali erano i miei punti deboli. Nel frattempo aveva iniziato a baciarmi il collo e dopo un po' salì verso la mia bocca e agguantò la mia lingua e la fece sua, e la mia bocca fu invasa dalla sua saliva, e ebbi la sensazione che ormai eravamo diventati un’unica cosa, un unico corpo in preda alle palpitazioni.
   Non potevo credere che stesse succedendo per davvero, che io e la mia rivale eravamo a letto insieme, e lei mi stava regalando uno degli orgasmi più intensi della mia vita. Intanto aveva iniziato a sgrillettarmi con un’intensità davvero notevole, tanto da farmi squirtare come una fontana, e i miei schizzi finirono dappertutto e le lenzuola diventarono un pantano. Nel frattempo cercavo di strozzare le mie urla di piacere; non volevo che Berni ci sentisse. Il piacere che stavo provando era così intenso che cominciarono a tremarmi le gambe, come se fossi in preda ad una specie di crisi convulsiva, e non ci potevo fare niente. Controllare il mio corpo era completamente impossibile. Quando finii di squirtare Milena mi ficcò in bocca la mano che aveva usato per sgrillettarmi, costringendomi a bere i miei stessi umori, poi la fece uscire e mi strinse le guance in una morsa, come certe volte si fa con i bambini paffutelli, poi allentò la morsa e mi diede uno schiaffo. Mi fece un po' male, ma ero così annebbiata dal piacere che avevo appena provato che neppure me ne accorsi.
   “Ti è piaciuto, puttana?”.
   Ero così stravolta che non riuscivo neppure a risponderle. Me ne rimasi lì sul letto con le gambe spalancate, la figa che sbrodolava ancora, e cercai di riprendere fiato. Ero esausta. Nel frattempo lei spense la luce e uscì dalla stanza. A quel punto mi addormentai.
   Al mio risveglio cercai di capire se era successo per davvero oppure se mi ero sognata tutto. Le lenzuola erano ancora umidicce, quindi qualcosa era accaduto. E poi avevo ancora l’odore di Milena in bocca, di quando mi aveva baciata con la lingua. Sentivo ancora la sua saliva attaccata alle mie guance e al mio collo. Non riuscivo a darmi una spiegazione. Perché lo aveva fatto? Proprio lei che sembrava aver cominciato una guerra contro di me, con l’apparente scopo di rubarmi il trono da reginetta del centro commerciale e soprattutto il mio Berni. Ma allora non era a Berni che la cavallona mirava, bensì il suo obiettivo ero io.
   Mi alzai dal letto e andai come una furia verso il soggiorno, ma lei non c’era più. Al suo posto c’era Berni che stava facendo colazione seduto davanti alla tivù, su cui scorrevano le immagini di un telegiornale e di un attentato appena avvenuto in medio oriente.
   “Lei dov’è?” chiesi.
   “È andata via con un taxi” rispose, e poi mi guardò. Ero ancora nuda, e nei suoi occhi lessi una certa eccitazione. Vedermi così, come mamma mi ha fatta, gli faceva sempre quell’effetto. “Moana, sei da erezione”.
   “Bada a come parli” lo ammonii. “Sei ancora in punizione”.
   Mi feci una doccia e poi andai dritta al centro commerciale. Ma prima di ritornare in negozio andai a trovare Milena, che stava sistemando della merce su degli scaffali. Fece finta che non fosse successo nulla, e quando le chiesi delle spiegazioni su ciò che era successo la notte precedente lei alzò le spalle e mi domandò a cosa mi riferissi.
   “Non fare la stupida, tu mi hai…”.
   “Cosa? Cosa ti ho fatto?”.
   “Lo sai bene. Perché lo hai fatto?”.
   “Perché mi andava di farlo. E poi perché mi piaci”.
   “Io credevo che tu fossi interessata a Berni”.
   “Mi piace anche Berni. Mi piacete entrambi. Ma tu mi piaci di più”.

Moana.

venerdì 14 aprile 2017

A casa con lui.

(in foto: Kira Queen, Bring The Heat, Babes.com)


   Il giorno dopo fu terribile. Erano le nove di sera e io ero all’assemblea del comitato del centro commerciale, ma non facevo che pensare a Berni, che in quel momento era da solo a casa con quella stallona di Milena, e chissà come si era conciata quella zoccola per fare colpo su di lui, e chissà quali porcate era pronta a fare pur di portarmelo via. Ma chi era quella Milena? Da dove era sbucata fuori? E soprattutto perché ce l’aveva così tanto con me? Quasi sembrava che il suo obiettivo fosse quello di rovinarmi la vita. E se continuava con quelle strategie ci sarebbe riuscita, perché aveva cominciato una vera e propria guerra psicologica a cui al momento non sapevo come rispondere.
   L’assemblea sembrava ancora in alto mare, e tutte le cose di cui si discuteva mi sembravano così inutili che sbuffavo ogni cinque secondi. Il primo argomento di discussione riguardava l’installazione di una fontana all’ingresso del centro, e io pensai: installate quello che vi pare, basta che ci sbrighiamo e mi lasciate ritornare a casa. Poi la discussione si spostò sull’opportunità di creare una nuova area fumatori con un sofisticato impianto di areazione. Ero esausta, non ce la facevo più. Potevo fingere di sentirmi male, questo mi avrebbe permesso di allontanarmi. Ma poi pensai: ma che importa? Potevo mettere la mano sul fuoco sull’onestà e sulla fedeltà di Berni. Non si sarebbe lasciato mettere sotto da Milena.
   E se invece sì?
   Iniziai a battere nervosamente il piede per terra, tanto che la proprietaria del negozio di piante, che era seduta accanto a me, mi chiese se ero nervosa.
   “Va tutto bene, mia cara?” mi disse con il suo tono di voce rassicurante.
   “No, per niente” risposi. “Lei ci crede al fatto che un uomo possa essere fedele alla sua donna al cento per cento?”.
   “Io non credo più a niente da quando il mio Berto mi ha lasciata per andare a vivere con una moldava”.
   “Questo è molto rassicurante” strinsi i denti e chiusi gli occhi cercando di calmarmi, ma con gli occhi chiusi riuscivo a vedere Milena tutta nuda sul nostro letto, e Berni dietro che procedeva con un’appassionata penetrazione anale. Allora spalancai gli occhi per far sparire quell’immagine dalla mia mente.
   Il terzo argomento di discussione era l’installazione di un nuovo impianto di videocamere di sorveglianza. Eh già, le telecamere! La stallona doveva portare a Berni della strumentazione di ultimissima generazione, e quindi di conseguenza l’avrebbero provata. E cosa c’era di meglio per provare la qualità delle immagini se non riprendersi mentre facevano l’amore? E quindi la monta sarebbe stata immortalata in alta definizione, e probabilmente poi la stallona me ne avrebbe data una copia per farmi vedere quanto era brava a farsi il mio fidanzato. E allora a quel punto sarei stata capace di qualsiasi cosa. Probabilmente le sarei saltata addosso e l’avrei riempita di botte. Certo, lei era più alta di me, forse me le avrebbe suonate di brutto, ma io sono sempre stata molto brava a usare le mani, quindi alla fine l’avrei messa al tappeto, e le sarei pure salita coi piedi sopra, tipo lottatrice di wrestling.
   “Devo assolutamente andarmene” dissi con un filo di voce, ma la proprietaria del negozio di piante mi sentì e disse che non ero obbligata a rimanere fino alla fine. “Dice davvero?”.
   “Ti copro io. Se qualcuno me lo chiede gli dico che sei andata al bagno”.
   “Ma come si fa per la firma?” alla fine dell’assemblea avevamo l’obbligo di firmare sul foglio delle presenze.
   “Tranquilla, ci penso io a mettere uno scarabocchio al posto tuo”.
   “Signora, lei è un angelo. Non riesco proprio a capire perché suo marito l’abbia mollata per una moldava”.
   “Chi lo sa. Forse perché era vent’anni più giovane di me e aveva la pelle fresca come i petali di una rosa”.
   Sgattaiolai fuori dal centro commerciale e andai a prendere la macchina. Feci la strada tutta di corsa, bruciando qualche semaforo e facendomi perfino qualche controsenso. Arrivai sotto casa nel giro di cinque minuti. Tempi record dal momento che dal centro ce ne volevano circa una ventina. Uscii dalla macchina e mi lanciai come una furia verso la porta di casa; per la fretta che avevo di entrare non riuscivo a trovare le chiavi, che erano sepolte nella borsa chissà dove. Avrei potuto anche suonare e farmi aprire, ma in questo caso avrebbero avuto il tempo di rivestirsi, nell’ipotesi in cui stessero facendo l’amore. Se invece entravo da sola potevo anche sperare di beccarli sul fatto, e a quel punto sarei saltata addosso a Milena e l’avrei riempita di pugni. A Berni invece lo avrei cacciato di casa e gli avrei detto che tra noi era finita.
   Finalmente riuscii a trovare le chiavi e le infilai nella toppa della porta. Entrai senza fare troppo rumore e mi feci strada lungo il corridoio che portava al soggiorno, ma ad un certo punto mi bloccai, diventai come il marmo, incapace a muovermi, perché cominciai a sentire i rantoli tipici di una donna che sta godendo in modo incontrollato. Il sangue mi salì tutto al cervello e stavo quasi per perdere le forze, e quindi probabilmente a breve sarei stravaccata sul pavimento. Poi però mi accorsi che c’era qualcosa di anomalo in quei rantoli, perché inspiegabilmente sembravano i miei. Ma come era possibile? Ero proprio io, e stavo godendo come una cagna. Per scoprire quel mistero non potevo fare altro che addentrarmi nel soggiorno, dal quale provenivano i miei versi orgasmici. Finalmente capii cosa stava succedendo; Berni e Milena erano in piedi davanti allo schermo ultrapiatto e stavano guardando il nostro film. Lui le stava spiegando nei minimi particolari le tecniche che aveva utilizzato, facendo uso di un linguaggio molto tecnico che facevo fatica a capire, ma che per Milena invece era abbastanza comprensibile, e infatti sembrava molto interessata a quello che stava dicendo Berni, e annuiva e poi ritornava a guardare lo schermo.
   “Berni, cosa sta succedendo? Perché le stai facendo vedere il film?” chiesi un po' indispettita. L’idea che Milena potesse vedermi in quel modo non mi piaceva affatto. Non nutrivo molta simpatia per lei, e quindi il fatto che mi stesse guardando mentre facevo l’amore (o comunque mentre fingevo di farlo) era una cosa molto fastidiosa.
   Berni e Milena, che fino a quel momento mi avevano dato le spalle, si girarono verso di me. Lei mi sorrise in modo beffardo, quasi come se volesse farmi capire che mi aveva smascherata, era riuscita a scoprire la mia vera identità. E adesso dovevo stare in guardia, perché avrebbe potuto dirlo a chiunque. Ma io mi misi coi pugni contro i fianchi e alzai fieramente la fronte guardandola con aria di sfida, per farle capire che non mi vergognavo affatto di quello che avevo fatto. Anzi, ne andavo fiera.
   “Tesoro!” esultò Berni. “Milena mi ha portato quella strumentazione di cui avevo bisogno. Poi mi ha chiesto di farle vedere il film che abbiamo realizzato, e io ho pensato che non ci fosse nulla di male, e così ho deciso di mostrarglielo. Ho fatto male?”.
   “No no” risposi, “è solo che magari Milena non è abituata a guardare i porno”.
   “Moana, non sentirti in imbarazzo” disse lei. “Lo stiamo guardando soltanto con spirito critico, senza nessuna malizia”.
   “Non mi sento in imbarazzo, figurati”.
   “Comunque complimenti davvero. Sei davvero brava a farti montare”.
   “Modestamente ci so fare” poi guardai l’orologio che avevo al polso, volevo proprio mandarla via, quindi mi attaccai al pretesto che era molto tardi. “Beh, io sono molto stanca. È stata davvero una giornata pensante. Quindi Milena, se non ti dispiace…”.
   “Assolutamente, tolgo subito il disturbo”.
   A quel punto la accompagnammo alla porta, dopodichè ritornammo nel soggiorno, e io avevo voglia di fare un interrogatorio di terzo grado a Berni, per sapere tutto ciò che avevano fatto e tutto quello che si erano detti. Ma tempo cinque minuti e Milena bussò di nuovo alla porta. Non vi erano dubbi sul fatto che fosse lei. Chi poteva essere sennò? Allora feci segno a Berni di andare ad aprire. Io restai in soggiorno; ero piuttosto amareggiata, e tenevo l’orecchio teso per sentire la cavallona cosa aveva dimenticato.
   “Berni, ho un problema” disse. “La macchina non parte. Potrei rimanere a dormire qui da voi?”.
   “Ma certo. Non c’è nessun problema”.
   In quel momento avrei preso Berni per il collo fino a strozzarlo.

Moana.

mercoledì 12 aprile 2017

Gelosa e possessiva.


   Intanto il film hard che aveva realizzato Berni, e in cui comparivo io come protagonista, aveva raggiunto un notevole numero di vendite online, tanto che la piattaforma che lo aveva distribuito aveva dato l’ok a Berni per la realizzazione di un altro film. E così aveva riunito tutta la troupe che aveva partecipato alla realizzazione de I Buchi della Moglie del Senatore e si era messo subito a lavoro. Bisognava innanzitutto creare una storia, poi un copione e cercare gli attori. Ovviamente avrebbe fatto piacere a tutti che fossi stata di nuovo io la protagonista di questo nuovo progetto, ma a tal proposito ero molto dubbiosa. Dissi loro che ci avrei pensato. Ma era più no che sì, perché diventare una pornodiva non era certamente una delle mie aspirazioni. La popolarità che ne sarebbe conseguita avrebbe reso certamente la mia vita molto difficile. E quindi essendo ben consapevole di questa cosa ero più orientata nel rifiutare quella proposta.
   Berni me lo chiese più volte, ma io gli risposi sempre che ci dovevo pensare. Un giorno passò dal negozio di intimo per salutarmi. Mi piaceva tanto quando lo faceva. Andammo al bar a prendere un caffè e me lo chiese di nuovo.
   “Allora” mi disse, “ci hai pensato?”.
   “Certo che ci ho pensato, ma lo sai quello che penso, e cioè che diventare una pornostar renderebbe la mia vita un vero inferno. Piuttosto voi avete pensato ad un soggetto?”.
   “Forse sì. Abbiamo pensato ad una trasposizione in chiave hard della celebre canzone Bocca di Rosa. Cosa ne pensi?”.
   “Bello. Si presta molto”.
   Dopo il caffè Berni mi riaccompagnò al negozio e si accorse che di fronte si era aperta una nuova attività, quella di cui vi parlavo nel post precedente, dove ci lavorava quella stangona esagerata di nome Milena. Stavo quasi per dire a Berni di andare a chiedere a lei se fosse interessata a diventare una pornostar, d’altronde aveva tutte le carte in regola per farlo, aveva un corpo perfetto, e poi secondo me era abbastanza zoccola per diventare una nuova diva del porno. Poi però mi trattenni dal dirglielo; se avesse accettato sarei diventata nera di gelosia. Ancora una volta quella stronza mi avrebbe rubato la scena. Non potevo permettere che una cosa del genere accadesse. Ero io la protagonista dei film del mio Berni.
   “Un negozio di attrezzature per le videoriprese” disse quasi distrattamente. “Molto interessante. Quasi quasi ci faccio un salto”.
   “No, forse è meglio di no” gli dissi prendendogli il viso con entrambe le mani e baciandolo, quasi come se inconsciamente stessi cercando di distrarlo.
   “Perché no? Avrei proprio bisogno di un’attrezzatura nuova”.
   “Ma perché? Io credo che quella che hai va benissimo”.
   “E invece no, lo sai. Ormai è roba vecchia la mia. Ho bisogno di qualcosa di nuovo”.
   “Lo sai di cosa hai bisogno tu?” gli chiesi facendogli un’espressione da panterona arrapata. “Hai bisogno di andare a casa e aspettarmi, poi io ti raggiungo e facciamo una bella doccia insieme, e poi ci trasferiamo in camera da letto e mi fotti fino allo sfinimento, e magari mi fai anche il culo. Cosa ne pensi?”.
   “Wow Moana, sei arrapata di brutto!”.
   “Sì, proprio tanto” risposi morsicandomi il labbro inferiore. “Mi sento la figa bollente oggi”.
   “Ok, allora stasera ci diamo dentro di brutto. Però prima andrò a dare un’occhiata a quel negozio”.
   Insomma, fu impossibile trattenerlo. Mi diede un bacio e poi andò spedito in quella direzione. Lo vidi entrare dentro e Milena subito gli andò incontro. Iniziarono a chiacchierare e io stavo per perdere la pazienza, perché vedevo lei che faceva la gatta morta. Era un atteggiamento che aveva con tutti i clienti. Più lei si comportava da zoccola e più quelli compravano. Era quasi come flirtare, soltanto che lo scopo ultimo era quello di vendere. In effetti era un trucchetto che conoscevo bene anche io, e spesso avevo fatto la stessa cosa. Devo dire che funzionava sempre. Ma il discorso è che in questo caso Milena lo stava facendo con il mio Berni, e la cosa mi stava facendo proprio incazzare. Per non pensarci me ne ritornai al mio negozio e cercai di distrarmi mettendo a posto gli scaffali. Ma era impossibile lavorare in quelle condizioni. Il pensiero di quella stallona che flirtava con Berni mi rendeva tutto molto difficile, e allora andavo continuamente fuori a vedere cosa stesse succedendo dall’altra parte. E intanto il tempo passava; era passato un quarto d’ora e loro erano ancora lì dentro, e parlavano animatamente, e ridevano, e Milena era passata dalle parole alle toccatine, e allora mentre parlava gli toccava il braccio come gesto di amicizia. Molto furba la cavallona, di questo passo a Berni sarebbe venuta un’erezione e probabilmente avrebbe comprato qualche stupidaggine di cui non aveva bisogno. A quel punto decisi che non potevo starmene lì a guardare, e allora partii spedita e li raggiunsi.
   “Ciao Moana!” esultò Milena non appena mi vide e mi sorrise in modo platealmente finto.
   “Ciao” le risposi senza troppo entusiasmo, poi mi rivolsi a Berni. “Tesoro, hai trovato quello che cercavi?”.
   “Forse sì. Milena mi sta dando degli ottimi consigli”.
   “Moana, non mi avevi detto che il tuo fidanzato è un regista di film per adulti”.
   “Beh, sono tante le cose che non ti ho detto di me. Per esempio non ti ho detto che sono una ragazza molto gelosa e possessiva” dissi abbracciando Berni da dietro, e quindi con l’intento di far capire a lei che quell’uomo era mio e non si toccava.
   “Berni comunque quell’attrezzatura di cui ti parlavo poco fa purtroppo non ce l’ho qui in negozio. Però se vuoi posso portarla a casa tua domani, magari quando stacco dal lavoro”.
   “Va bene, allora ti do l’indirizzo”.
   “Mi sembra una pessima idea” dissi in modo brusco.
   “Perché tesoro? Cosa c’è di male?” mi chiese Berni.
   “Infatti. Cosa c’è di male? Moana, non sarai mica gelosa di me? Dopotutto siamo amiche”.
   Questo lo diceva lei, ma in effetti non eravamo amiche per niente. Anzi, c’era un vicendevole odio, e lo sapevamo bene entrambe. E il fatto che si era autoinvitata a casa nostra, e proprio dopo l’orario di lavoro, era stata proprio una gran furbata. Sapeva benissimo infatti che io facevo parte del comitato del centro commerciale, e che proprio il giorno dopo era prevista una riunione del comitato proprio dopo la chiusura del centro, e che quindi non sarei ritornata a casa prima delle undici di sera. Di solito le riunioni del comitato duravano un paio d’ore, e lei in quelle ore in cui sarei stata impegnata lì al centro avrebbe potuto fare qualsiasi porcata insieme al mio Berni, nella privacy di casa nostra. La cavallona mi aveva sferrato un altro colpo basso, e questo devo dire che faceva davvero male. Anche perché non potevo assentarmi dalla riunione. A questo punto potevo soltanto fare affidamento sulla fedeltà di Berni. Era tutto nelle sue mani. Era scontato che Milena in mia assenza ci avrebbe provato con lui e quindi avrebbe tentato di farci l’amore, e quindi dipendeva tutto da lui. Ma sarebbe riuscito a resistere alla tentazione di penetrare un corpo come quello di Milena? Si sa che gli uomini non sono molto bravi a resistere alle tentazioni. E quindi da come si sarebbe comportato probabilmente molte cose sarebbero potute cambiare. Se Berni fosse andato a letto con lei probabilmente non sarei più riuscito a guardarlo negli occhi. E probabilmente sarebbe saltato anche il matrimonio e la nostra storia sarebbe finita per sempre.
   La stallona mi aveva rubato la scena, era diventata la reginetta del centro, e adesso stava cercando anche di rubare il mio uomo.

Moana.

lunedì 10 aprile 2017

giovedì 6 aprile 2017

Il rispetto per il proprio corpo.

(in foto: Jana Cova, ClubJanaCova.com)


   “Non capisco” gli dissi una volta tornati nel nostro alloggio. “Perchè ti sei fermato? Ho fatto qualcosa che non andava, forse?”.
   Mi misi a sedere sul divano, mentre Berni faceva avanti e indietro nervosamente, quasi come se volesse dirmi qualcosa ma non ne avesse il coraggio per paura di ferirmi. Lo conoscevo bene il mio Berni, quando faceva così, quando iniziava ad andare avanti e indietro senza dire nulla era perché c’era qualcosa che gli ronzava per la testa. Forse, pensai, ci ero andata pensante facendomi baciare da quello lì. Ma se l’avevo fatto era solo per gioco, perché sapevo che Berni ci stava guardando, e le intenzioni di quel bacio erano quelle di eccitare il mio uomo, non quel perfetto sconosciuto. Insomma, me l’aveva detto lui che gli era piaciuto vedermi fare l’amore con altri uomini durante le riprese del film, e quindi avevo pensato che magari vedermi baciare un altro uomo lo avrebbe fatto eccitare.
   “E dai, dimmi qualcosa” gli dissi. “Dove ho sbagliato?”.
   “Moana, tu sei perfetta” mi rispose. “Credo che ogni uomo vorrebbe una donna come te, pronta a tutto pur di soddisfarlo. Però ho come la sensazione che rischiamo di esagerare”.
   “Esagerare?”.
   “Sì, esagerare. Insomma, mentre ti stavo penetrando analmente e c’erano quei tre che ci spiavano, mi sono chiesto se fosse giusto che altre persone assistano ai nostri momenti privati. E poi mentre ti baciavi con quello lì, ho pensato che stava capitando tutto troppo in fretta. Sì, come ti ho spiegato vederti fare l’amore con altri uomini è una mia fantasia ricorrente, ma da qui a vederti fare l’amore con un emerito sconosciuto c’è una bella differenza. Se deve accadere voglio che sia con una persona di cui ci fidiamo, magari un amico, non con il primo che capita”.
   Berni aveva ragione. Ero stata proprio una stupida, per non parlare del fatto che avevo anche messo a rischio la mia incolumità. E se quello avesse avuto qualche malattia contagiosa e me l’avesse mischiata nel penetrarmi? Posso dire tranquillamente che avevo agito soltanto affidandomi al mio sesso, e poco al mio cervello. Berni invece aveva usato la materia grigia, e non il cazzo. Se avesse fatto come me, e cioè pensare soltanto all’appagamento sessuale, ora probabilmente mi sarei ritrovata dietro ad una stalla a farmi fottere da un perfetto sconosciuto. E tutto si sarebbe concluso con una sborrata sul viso e nella peggiore delle ipotesi con qualche strana malattia. Sì, avevo decisamente sbagliato, e un po' mi vergognai di me stessa, perché ebbi l’impressione che con Berni avessi perso punti. E allora tentai di giustificarmi.
   “Tesoro, ti prego non pensare di me che sono una puttana. Se ho baciato quell’uomo è solo per piacerti di più, per aiutarti a realizzare la tua fantasia”.
   “Moana, io non penso affatto che sei una puttana, penso invece che presto sarai mia moglie. E non voglio che degli sconosciuti ti trattino come un oggetto con cui divertirsi. Sei una donna, non una bambola gonfiabile. E quindi se deve accadere, voglio che sia con un uomo che sia in grado di rispettarti”.
   Mi venne da ridere, perché pensai a quel tipo con cui mi ero baciata, il quale mi aveva dato appuntamento dietro alla stalla. Si sarebbe dovuto accontentare di farsi una sega. In ogni caso ero felice di aver chiarito quella cosa con Berni, ma allo stesso tempo mi sentivo una stupida perché non lo avevo capito da sola.
   Possibile che ci fosse in me qualcosa che non andava? Cioè, ero davvero così? Senza freni, pronta a tutto pur di fare l’amore, di sentirmi appagata sessualmente. Non c’era niente da fare, in me scorreva lo stesso sangue di quella zoccola di mia madre. In me c’era un po' di Sabrina Bocca e Culo. Ma per fortuna avevo accanto un uomo come Berni, che mi avrebbe rispettata per tutta la vita, e che probabilmente mi avrebbe distolta dal fare delle stupidaggini. Perché era chiaro che ero tendenzialmente portata a farne un sacco di stupidaggini. Era come se io fossi l’eterna ragazzina in preda agli ardori giovanili, e invece lui fosse l’adulto, quello che pensa che va bene fare l’amore, va bene fare anche qualche sciocchezza, ma sempre in modo coscienzioso, nel pieno rispetto del proprio corpo.
   Forse era questo il punto; forse non avevo abbastanza rispetto e considerazione del mio corpo, e quindi lo davo via senza troppi problemi, come se fosse un oggetto. E invece Berni sì che ce l’aveva. Forse lui considerava il mio corpo come un qualcosa che non doveva essere violato, se non in nome dell’amore. E concedermi ad un uomo qualsiasi per puro divertimento non era amore. Era sicuramente questo il suo pensiero a cui io non ero riuscita ad arrivare. Lui non voleva che io diventassi una suora, e che mi limitassi a fare l’amore solo per procreare. Sarebbe stato assurdo chiedermi una cosa del genere. Piuttosto lui voleva che io dessi al mio corpo l’importanza che meritava. E se io mi davo via al primo che capitava era come una mancanza di rispetto per le mie cavità.
   Ma d’altronde cosa si poteva pretendere da me? Ero nata da una scopata extraconiugale. Non potevo sapere che cos’è l’amore. Forse l’unico che poteva insegnarmelo era proprio Berni. Per questo in un certo senso mi sentivo sua, perché sentivo che era l’unico uomo in grado di potermi fare capire che cos’era l’amore. Per gli altri maschi non ero che una vacca da monta, un buco con cui godere. Ebbene, proprio per questo motivo decisi di prendere una decisione netta: questo buco da riempire era proprietà privata di Berni, e lo avrei affidato soltanto a lui, e soltanto lui poteva decidere cosa farne, se tenerselo per se oppure condividerlo con altri uomini. Era suo di diritto, perché solo lui sapeva trattarmi con il rispetto che meritavo.
   Quello che era successo quel giorno mi aveva fatto aprire gli occhi; ero una troia patologica, proprio come mia madre, e forse non sapevo che cos’era l’amore. Ma sapevo con certezza che se fossi rimasta accanto a Berni per tutta la vita forse un giorno lo avrei capito.
   Quel pomeriggio prendemmo le nostre cose, pagammo il conto dell’agriturismo e ce ne ritornammo a casa. Si apriva un nuovo orizzonte di fronte a noi. Lungo la strada fummo bloccati da un gregge di pecore, e passare era praticamente impossibile, così dovemmo aspettare che se ne andassero da sole. Nel frattempo cogliemmo l’occasione per fare l’amore. Non avevo mai potuto sopportare l’idea di fare l’amore in macchina, perché la trovavo una cosa estremamente scomoda. Ma ne avevo troppa voglia. E così mi misi a cavalcioni su Berni, feci salire la minigonna fino ai fianchi e tirai giù la lampo dei suoi jeans. Tirai fuori il suo cazzo già bello duro e me lo feci entrare in figa. Portavo il perizoma, quindi prima spostai il lembo di stoffa che copriva le mie labbra di sotto, e poi lasciai entrare Berni dentro. Mentre lo cavalcavo lui mi alzò il top abbastanza da far uscire fuori le mie tette, e iniziò a succhiarmi i capezzoli.
   Dopo qualche minuto le pecore lasciarono la strada, nel frattempo Berni aveva iniziato a schizzarmi dentro. Dopo esserci ricomposti ripartimmo. In fin dei conti era stato un fine settimana molto istruttivo, che mi aveva aiutato a conoscere meglio me stessa e quelli che sarebbero stati i miei obiettivi. Uno di questi obiettivi era l’amore.

Moana. 

martedì 4 aprile 2017

Mancava solo la mia approvazione.

(in foto: Silvia Saint, Penthouse.com)


   Mi pare che non vi abbiamo ancora raccontato com’era l’appartamento che ci avevano assegnato all’agriturismo. Era essenzialmente un bilocale, con una camera da letto rustica, con un letto a baldacchino di legno grezzo davanti ad un camino, e poi c’era l’area giorno in cui c’era la cucina e un divano un po' logoro. Sembrava un’antica casa contadina, senza grandi pretese a dire il vero, ma l’aspetto povero era davvero piacevole. Ma la cosa di maggior interesse era il piccolo giardino privato chiuso da una staccionata piena di piante rampicanti, che in parte preservava la nostra privacy dai numerosi guardoni che spesso si avvicinavano per vedere cosa stavamo facendo. Quella sera, dopo la gita in barca, cenammo appunto in giardino. Prima di rientrare all’agriturismo infatti ci eravamo fermati lungo la strada in un market, e avevamo comprato dei prodotti alimentari. Dopo aver cenato in giardino ci eravamo messi su una sdraio a fare l’amore, ed ero quasi certo che oltre la staccionata ci fosse qualcuno che ci stava spiando. Non lo vedevo molto bene, ma percepivo la sua presenza. Non so se Moana se ne fosse accorta, ma comunque proseguimmo come se niente fosse.
   Il giorno dopo mi svegliai e proprio come il mattino precedente Moana non era nel letto accanto a me, ma anche questa volta riuscivo a sentire la sua voce allegra e spensierata. Proveniva dalla piscina, così decisi di andare a dare un’occhiata. E infatti la trovai in acqua che si intratteneva con uno degli ospiti dell’agriturismo. Ma più che intrattenersi sembrava intenta a flirtare. Lui aveva più o meno una trentina d’anni, aveva un corpo ben scolpito, proprio come piaceva a lei. Ma la cosa che mi sorprese maggiormente (o forse no) era il fatto che aveva un’erezione pazzesca, e Moana si divertiva a stuzzicarlo dandogli dei colpetti con le dita, e lo sfotteva chiamandolo Mister Ossoduro. Lui stava tentando con non poche difficoltà di aprire una bottiglia di spumante, e finalmente ci riuscì e il tappo schizzò via, e un getto spumoso eruttò dal collo della bottiglia inondando Moana, la quale cercò di difendersi parandosi il viso con le braccia.
   Quella scena che avevo davanti aveva qualcosa che non riuscivo a comprendere; non mi dispiaceva affatto vederla giocare insieme ad un altro uomo. Una volta, pensai, avrei dato di matto. I primi tempi che stavamo insieme mi bastava vederla in compagnia di qualcun altro, anche solo vederla parlare con un altro ragazzo, e subito andavo in paranoia. Adesso invece vederla in compagnia di altri uomini era per me fonte di grande eccitazione. Come potevo starmene lì con le mani in mano, mentre un altro uomo flirtava con la mia futura moglie? Per di più erano entrambi nudi, e lui aveva un’erezione incredibile. 
   Poi lui fece una cosa che avrebbe fatto saltare i nervi ad ogni fidanzato; versò lo spumante sulle tette di Moana e le succhiò i capezzoli, e lei scoppiò a ridere. Mi chiedevo lei fino a dove si sarebbe spinta. Perché fino a quel momento mi sembrava tutto nei limiti del petting, ma era chiaro che le intenzioni di lui erano ben altre. Era evidente che lui aveva voglia di montarla. Ma lei si sarebbe lasciata montare, oppure stava soltanto giocando a fargliela odorare? Poi ad un certo punto Moana si accorse della mia presenza. Credevo che da dove mi trovavo non ci sarebbe riuscita, perché ero nascosto dietro ad una siepe. E invece era riuscita a vedermi, ma il suo atteggiamento non cambiò, continuò a fare la porca con quello lì, ma mi fece un sorriso di complicità, e poi mi fece anche l’occhiolino. Stava cercando di comunicarmi qualcosa, come se mi stesse dicendo: “ti piace quello che sto facendo?”. Poi con una mano cinse il cazzo duro di lui e iniziò a segarlo lentamente, e allora lui si avventò con la bocca contro quella della mia futura moglie, e iniziarono a baciarsi con tanto di lingua. Ma lei continuava a guardare verso di me, forse in cerca della mia approvazione, quasi come se volesse farmi intendere che era tutto nelle mie mani. Potevo decidere di restare lì a spiarli, e magari fargli avere un rapporto completo, oppure farli smettere, facendomi avanti e allontanando Moana da lui con un pretesto. Dipendeva tutto da me.
   A quel punto decisi di farmi avanti e fermare quel gioco. Prima di cedere la mia donna ad altri uomini volevo avere le idee più chiare su ciò che voleva realmente dire una cosa del genere. E così la mia presenza interruppe i loro preliminari hard, e il tizio che stava limonando con la mia fidanzata si nascose dietro di lei affinchè io non vedessi la sua erezione.
   “Tesoro!” esultò Moana. “Ben svegliato! Lo sai che ore sono? È quasi mezzogiorno, dormiglione!”.
   “Sì, avevo molto sonno” risposi e poi guardai verso lui. “Ciao, io sono il fidanzato di Moana”.
   “Ciao” rispose lui, poi avvicinò la sua bocca all’orecchio di Moana per sussurrarle qualcosa. “Io vado. Vediamoci più tardi vicino alla stalla, da soli, così possiamo completare ciò che abbiamo iniziato”.
   “Vedrò cosa posso fare” gli rispose lei.
   A quel punto lui sgattaiolò via e ci lasciò soli. Avevamo tanto di cui discutere. Così entrai in piscina insieme a lei; l’acqua arrivava all’altezza delle ginocchia, poi la vasca man mano diventava più profonda, ma dove eravamo noi era piuttosto bassa. Moana mi sorrise compiaciuta per quello che aveva appena fatto, io invece provavo delle sensazioni molto contrastanti. Ero eccitato, lo ammetto, perché quello che avevo visto mi era piaciuto. Ma allo stesso tempo ero anche un po' arrabbiato con lei.
   “Perché lo stavi facendo?” le chiesi.
   “Credevo che ti piacesse” rispose, poi abbassò lo sguardo verso il mio cazzo che (me ne accorsi in quel preciso istante) era diventato duro come il marmo. “E comunque vedo che a lui piace”.
   “Non voglio che fai la puttana con gli altri uomini” urlai, e le afferrai un braccio con rabbia. Non avevo mai fatto una cosa del genere, e Moana mi guardò incredula, quasi come se volesse chiedermi del perché di quella mia reazione.
   “Ma Berni, me l’hai detto tu che ti piace vedermi fare l’amore con altri uomini” si giustificò.
   “Ti ho detto che mi eccitava vederti fare l’amore durante le riprese del film, non di vederti fare la troia con altri maschi. Certe volte mi verrebbe voglia di prenderti a sculacciate”.
   A quel punto sempre tenendola per il braccio la feci girare e la feci piegare in avanti, e lei si mantenne con le mani ai bordi della piscina, offrendomi il suo bel culo. Le natiche erano ben aperte e le vidi l’orifizio anale, pronto per essere penetrato; avevo proprio voglia di incularla di brutto. Era questo che sentivo dentro. Sentivo che in qualche modo dovevo punirla, e allora le diedi una gran bella sculacciata, e lei piagnucolò pregandomi di smettere. Ma era chiaro che stava fingendo. Moana non si era mai lasciata mettere sotto. Se lo aveva fatto era stato perché era anche lei a volerlo. Era sempre stata molto combattiva; se quello che stavo facendo fosse stata una cosa che non era di suo gradimento, allora probabilmente mi avrebbe dato uno schiaffo per farmela pagare. E invece no, rimase in quella posizione quasi in attesa che continuassi quello che avevo cominciato. E allora continuai a sculacciarla.
   “Sei uno stronzo” disse. “Che ho fatto di male?”.
   “Lo sai bene cosa hai fatto. Ti ho vista mentre ti baciavi con quello lì, cosa credi?”.
   A quel punto afferrai il mio cazzo dalla base e lo indirizzai contro il suo buco del culo. Lo feci entrare tutto fino alle palle e tenendole le mani ai fianchi iniziai a penetrarla. E mentre la inculavo mi guardai intorno; avevamo attirato l’attenzione di tre ospiti dell’agriturismo, i quali si misero a spiarci senza ritegno e nel frattempo si segavano. Cercai di non pensarci e allora guardai esclusivamente Moana; provai molta tenerezza per lei. Ma cosa stavo facendo? Volevo davvero che la nostra vita si riducesse a questo? Allora delicatamente feci uscire il cazzo dal suo condotto anale e lei mi guardò un po' stupita, come a chiedermi: “cosa cavolo stai facendo? Perché lo hai tolto? Perché non lo rimetti dentro?”. Ma prima di farla parlare le presi una mano e le dissi che forse era meglio ritornare all’appartamento. Lei a quel punto si accorse dei guardoni che ci stavano spiando, e allora capì che forse quello che cercavo era solo un po' di privacy, e quindi decise di accontentarmi e ce ne ritornammo nell’alloggio.

Berni.