mercoledì 30 novembre 2016

La monta di mia mamma.

(in foto: Angela White, AngelaWhite.com)


   Era facilmente intuibile che quella sera mio padre avrebbe montato mia madre. Dopo cena io me ne andai in camera mia, o meglio quella che una volta era la mia stanza, e Moana nella sua. I miei genitori rimasero ancora un po' in cucina a bere un altro bicchiere di vino e a stuzzicarsi dicendosi cose porche. La mia stanza era in una posizione strategica, quindi con la porta aperta li sentivo benissimo, e li avrei sentiti chiaramente anche quando sarebbe cominciata la monta. La camera di Moana invece era alla fine del corridoio, quindi a lei risultava più difficile origliare quello che si dicevano. E poi lei aveva chiuso la porta addirittura con una mandata di chiave, affinchè la sua privacy non venisse minata. Io invece la porta l’avevo lasciata aperta. Avevo proprio voglia di sentire le porcate che si dicevano i miei genitori, che a breve certamente si sarebbero trasferiti dalla cucina alla camera da letto per passare dalle parole ai fatti.
   “E allora” disse mia madre. “Ti sono mancata?”.
   “Non sai quanto”.
   “Povero tesoro, ti sarai ammazzato di seghe”.
   “In verità mi sono fatto anche una bella scopata con la costumista che sta lavorando al film di Moana”.
   “Ah sì? Racconta. Voglio tutti i particolari”.
   “Si chiama Loredana. Diciotto anni. Buco del culo immacolato, ma ora non più. Belle tette, ma non molto pratica di spagnole. Ha ancora molto da imparare, ma è sulla buona strada per diventare una professionista del materasso, proprio come te”.
   “Stefano!” esclamò mia madre falsamente indignata. “Davvero ha solo diciotto anni? Ma non ti vergogni? Fare il culo ad una ragazza che potrebbe essere tua figlia”.
   “E allora? Se non lo avessi fatto io glielo avrebbe fatto qualcun altro, perché ha un culo che merita davvero”.
   “Più del mio?” domandò mia madre in tono di sfida.
   “Sabri, lo sanno tutti che il tuo culo non ha rivali. Il tuo culo è la perfezione assoluta”.
   “Ah sì? E allora cosa aspetti a montarmelo? Stasera mi sento molto zoccola”.
   “Prima mi piacerebbe che mi facessi una spagnola”.
   “Ti faccio tutto quello che vuoi, amore mio”.
   A quel punto li sentii percorrere il corridoio e entrare in camera da letto. Chiusero la porta, ma non completamente. Non la chiudevano mai del tutto, lasciavano sempre uno spiraglio aperto. Era sempre stato così, quasi come per dimostrare a me e a Moana che non avevano nulla da nascondere. O almeno questa era la spiegazione che avevo dato a quella loro abitudine.
   Mi era capitato un paio di volte di sorprenderli mentre facevano l’amore. Una volta nel bagno; io ero appena rientrato a casa, ero stato fuori con gli amici, e loro lo stavano facendo sotto la doccia. Spalancai la porta del bagno e vidi mio padre che teneva mia madre sollevata tenendogli le braccia sotto le cosce, e il cazzo infilato in figa, e la fotteva senza ritegno, e mia madre che urlava cose porche, tipo: “dimmi che sono la tua zoccola!”. Quella scena mi mise molto in imbarazzo. Era la prima volta che li vedevo fare l’amore. Loro si accorsero di me, ma non si scomposero più di tanto. Mia madre mi disse: “Rocco! Sei rientrato!”.
   “Sì mà. Scusate, vi lascio in pace”.
   Richiusi la porta e li lasciai finire. Il giorno dopo mia madre entrò nella mia stanza e mi chiese se poteva dirmi due parole. Mi disse che quello che avevo visto era una cosa del tutto naturale. Era normale che due persone che si amano facciano l’amore. Quindi non dovevo sentirmi in imbarazzo, perché quello che le avevo visto fare con mio padre rientrava nella natura delle cose.
   La seconda volta che li beccai a fare l’amore fu una volta che ero rientrato dal lavoro. Lo stavano facendo nella piscina che avevano fatto installare pochi giorni prima sul terrazzo. Loro non mi videro, ma io vidi loro. Erano immersi nell’acqua fino a metà e vidi mio padre di spalle, e mia madre gli stava davanti e faceva su e giù su di lui, con il cazzo che le entrava in figa fino alle palle, e le tette che le sballottolavano una contro l’altra. Da dove mi trovavo io non potevano vedermi, perché ero nella penombra del salotto, e allora rimasi a spiarli. Guardare mia madre fare l’amore era una cosa meravigliosa. Era proprio brava, le veniva proprio naturale. Si vedeva proprio che le piaceva farlo, che le piaceva far godere gli uomini, e soprattutto suo marito. E lo faceva concedendosi interamente, mettendoci anima e corpo. E poi diceva sempre un sacco di porcate. Tipo mentre era in piscina la sentivo gridare: “fottimi, così bravo! Godo come una cagna!”. Li guardai fino alla fine, fino a quando mio padre iniziò a schizzarle dentro. A quel punto me ne andai in camera, e quella scena mi aveva eccitato così tanto che dovetti farmi una sega.
   Ma ogni volta che li avevo sorpresi a fare l’amore era sempre stata una cosa del tutto casuale. Invece quella sera, dopo la nostra riunione di famiglia, non aspettavo altro che quello, cioè che cominciassero a fare l’amore per potermi accostare alla porta e guardarli mentre lo facevano. Avevo proprio tanta voglia di spiarli. Sarà forse per la mia condizione di eterno arrapato, causata dal fatto che Elena continuava a negarsi. Aspettava il fatidico giorno del matrimonio, ma io non ce la facevo. Ce l’avevo sempre duro come il marmo.
   Così mi accostai alla porta e guardai dentro la camera da letto dei miei. La stanza era illuminata dalla luce calda delle abat-jour che stavano accanto al letto. C’era un relativo silenzio, quasi come se stessero dormendo. In realtà c’era silenzio perché mia madre stava facendo godere mio padre con la bocca; lui era seduto sulla sedia di vimini accanto alla porta finestra del balcone, e mia madre era inginocchiata davanti a lui, in mezzo alle sue gambe. Erano nudi, mia madre aveva un aspetto rigoglioso, aveva una pelle liscia come la seta su cui si rifletteva la luce delle due lampade. Mio padre le teneva amorevolmente una mano infilata tra i capelli e la lasciava fare. Poi dopo un po' mia madre lo fece uscire dalla bocca e guardò mio padre negli occhi.
   “Fottimi” gli ordinò. 
   Mio padre si alzò dalla sedia e poi aiutò mia madre a mettersi in piedi, poi la spinse sul letto e lei si lasciò cadere sulle coperte e si mise subito con il culo rivolto verso l’alto, in posizione da monta. Mio padre salì sul letto e indirizzò il suo cazzo verso la figa di mia madre, che entrò tutto nella sua interezza. A quel punto fece una cosa che mi sembrò molto irrispettosa nei confronti di mia madre; praticamente le mise un piede sulla faccia e iniziò a scoparsela in quel modo, in posizione di sottomissione, e a lei sembrava piacerle molto perché non si oppose neanche un po'. In quella posizione mia madre aveva lo sguardo rivolto verso di me, e si accorse della mia presenza, spalancò gli occhi dallo stupore ma non disse niente, ma chiaramente non era a suo agio, né poteva fare nulla per evitare che i nostri sguardi si incontrassero, perché mio padre le teneva la testa bloccata con il piede, quindi era impossibilitata a girarsi dall’altra parte.
   “Che zoccola che sei” le dissi mio padre.
   “Sì” rispose mia madre, ma sempre guardando verso di me. “C’hai una moglie vacca, e lo sai benissimo”.
   Tirai fuori il cazzo e cominciai a masturbarmi, noncurante del fatto che mia madre mi stava guardando. Mio padre invece continuava a ingropparsela con decisione e a tenerle il piede sulla faccia. Non credevo che potesse avere un simile atteggiamento con lei, eppure era proprio quello che stava succedendo. E vi dirò di più, questa cosa sembrava eccitare maggiormente mia madre; il fatto di sentirsi dominata sembrava di suo gradimento.
   Non ci misi molto a sborrare. Arrapato com’ero in quei giorni mi bastava poco per venire. A quel punto decisi di ritornarmene in camera, e lasciare che i miei genitori consumassero il loro rapporto senza la mia invadenza. Ma ero quasi certo che il giorno dopo mia madre sarebbe venuta a chiedermi spiegazioni su ciò che avevo fatto. E forse sarei stato anche rimproverato. Dopotutto non avevo fatto una cosa molto corretta. In effetti avrei dovuto vergognarmi. Ciò che avevo fatto metteva in luce ciò che ero veramente, un porco.

Rocco.

lunedì 28 novembre 2016

Il ritorno di mamma.

(in foto: Anna Beck, Top of the Titters, XLGirls.com)


   Arrivammo a casa dei nostri genitori per salutare nostra madre che era ritornata dalla Sicilia e quindi per cenare tutti insieme. Ma il mio problema non lo avevo certo risolto. Moana mi aveva fatto una sega sotto la doccia, ma questo non aveva cambiato di una virgola il mio stato di perenne arrapato. Iniziavo a pensare che forse sarei dovuto andare da uno psicologo. Moana tra l’altro quella sera aveva indossato un vestitino porchissimo che non faceva altro che gettare benzina sul fuoco che c’avevo dentro. Un vestitino color sabbia, molto corto, così corto che le si vedeva il sorriso dei glutei. Per non parlare del fatto che era scollato in modo indecente; il vestito aveva un’apertura sul davanti che scendeva fino a sotto l’ombelico, fino quasi all’inguine, da cui si poteva vedere un po' del ciuffetto della sua striscia di peli biondi della figa. Mia sorella quella sera era veramente da sborrarsi nelle mutande. Vestita come una vera zoccola. E io non facevo altro che guardarla. C’avevo una voglia di fottermela che mi stava facendo perdere la ragione, e avrei potuto fare anche una follia se non mi davo una calmata.
   “Quanto sei maiala” le dissi all’orecchio non appena entrammo in casa. “C’ho voglia di fotterti, di riempirti i buchi e sborrarci dentro”.
   “Rocco! Cerca di controllarti” mi rispose lei. “Mi sa che hai bisogno di uno psichiatra. Ma uno bravo davvero”.
   “E mi sa che tu hai bisogno di un bel cazzo in culo che ti faccia gridare come una cagna”.
   “Rocco, se dici solo un’altra mezza parola ti arriva uno schiaffo. Ti ho avvisato”.
   Non appena eravamo entrati in casa subito ci aveva colto un profumo di salse e spezie, tipico della cucina di mio padre. Avrei dato qualunque cosa per saper cucinare come lui. Io ero soltanto un modesto cuoco di ospedale, mio padre invece era uno chef raffinato, e questo aveva sempre fatto impazzire mia madre. Entrammo in cucina e c’era mio padre ai fornelli. Era vestito in modo molto elegante, come se quella fosse una cena davvero speciale. Lo era, perché eravamo di nuovo insieme. Nostra madre era in camera da letto a prepararsi. Aveva appena finito di fare la doccia, ed ero pronto a scommettere che anche lei sarebbe venuta a cena vestita di tutto punto. Dopo essere stata via per tutto quel tempo aveva parecchio da farsi perdonare da mio padre, e così indubbiamente si sarebbe messa in tenuta da rimorchio, con uno dei suoi tipici vestiti da sera ai limiti della decenza.
   “Ehi pà!” esultò Moana. “Che ci cucini di buono?”.
   “Finalmente siete arrivati” rispose lui. “Qui è quasi pronto. Mettetevi a sedere. Tra un po' arriva mamma”.
   Ci mettemmo a tavola e nell’attesa, mentre mia sorella parlava con mio padre, io la stuzzicavo un po' accarezzandole le cosce, e lei puntualmente mi allontanava la mano bruscamente. Dopo qualche secondo ritornavo all’attacco, e con la mano mi avventuravo sempre più sopra, fino a raggiungere la figa. Mi accorsi che non aveva le mutandine e gli aprii le labbra con le dita e le toccai il clitoride, e lei di nuovo mi allontanò la mano in malo modo. Ma io non mi arresi, e rimisi la mano lì in mezzo con più decisione e iniziai a sgrillettarla pesantemente. Cominciò a bagnarsi, e per questo motivo la smise di opporsi e mi lasciò fare. Poi ad un certo punto mi strinse le gambe intorno alla mano per bloccare ogni mio movimento. Adesso ero suo prigioniero, non potevo né sgrillettarla né ritirare la mano.
   “La smetti?” mi sussurrò.
   “Ok ok, lasciami la mano”.
   A quel punto mollò la presa e mi liberai. Intanto sentimmo dalla camera da letto il suono dei tacchi a spillo di mia madre. Stava percorrendo il corridoio, a breve sarebbe entrata in cucina e l’avremmo vista in tutto il suo splendore. Eccola finalmente, sulla soglia della porta, con il vestito da sera più porco che aveva, con uno scollo tremendo da dove le sue grosse tette sarebbero scivolate fuori più volte nel corso della serata. Il vestito era anche molto corto, così da mettere bene in mostra le sue belle cosce e il suo culo divino. Che uomo fortunato che era mio padre, che aveva tutto quel ben di dio a sua disposizione.
   Sia io che Moana ci alzammo e a turno andammo ad abbracciarla. Finalmente era ritornata a casa. Era chiaro che quella sera lei e mio padre avrebbero passato una notte piuttosto piccante. Ne avevano di scopate da recuperare.
   “E allora ragazzi” disse. “Cosa mi raccontate?”.
   Vidi mia madre andare verso il forno; moriva dalla voglia di scoprire mio padre cosa aveva preparato. Si abbassò a novanta gradi a guardare dentro, ma come già vi ho detto prima il vestito era molto corto, quindi nell’abbassarsi mise tutto il culo in bella mostra; le natiche erano divise dall’esile filo del perizoma nero che indossava. Mio padre vedendola in quel modo non perse l’occasione per darle una bella sculacciata.
   “Eh no, è una sorpresa!” le disse. “Vai a sedere insieme ai ragazzi”.
   “Amore! Non davanti ai ragazzi! Cerca di trattenerti. Hai tutta la notte davanti per sculacciarmi” mia madre venne verso di noi e si mise a sedere.
   Iniziammo a raccontarci le ultime novità, ma senza mai affrontare le tematiche più spinose, ad esempio dov’era stata mia madre tutto quel tempo, e cosa aveva fatto. Oppure cosa stava facendo Moana in quei giorni. O ancora, come andava la mia relazione con Elena. Nessuno di noi sembrava intenzionato ad aprire bocca su questi discorsi.
   Finalmente iniziammo a mangiare. Intanto lo scollo di mia madre aveva ceduto, le sue tette le erano scivolate fuori, ma non fece niente per risistemarle dentro. D’altronde che male c’era? Era pur sempre nostra madre, conoscevamo com’era fatta sotto quel vestito. Non aveva nulla da nascondere. E io non potevo fare altro che pensare a quanto era fortunato mio padre; chissà quante spagnole che gli faceva mia mamma. Chissà quante volte l’aveva fatto sborrare con quelle sue belle tettone. Dovevo cercare di trattenermi, stavo avendo un’erezione a forza di guardarle.
   “Rocco, e tu cosa mi racconti?” mi chiese. “Come va con Elena?”.
   “Ancora non gliela da” disse Moana in modo polemico. “Se continua di questo passo finirà col mandare Rocco al manicomio”.
   “Che fede incrollabile!” aggiunse mia madre.
   “Che figa di legno!” continuò Moana. “Ma vi sembra normale una cosa del genere? Neanche le monache di clausura!”.
   “E tu, Moana? Cosa mi racconti?”.
   A quel punto mia sorella confessò tutto e raccontò a mia mamma la faccenda del film porno. Sentivo che stava per scatenarsi una tempesta. Mia madre non sarebbe rimasta impassibile di fronte a quella notizia. Avrebbe certamente fatto sentire la sua voce. Infatti Moana man mano che andava avanti con il racconto pareva farsi sempre più piccola dalla vergogna. Sembrava quasi impaurita dalla reazione che avrebbe avuto mia madre a breve. Come se sentisse anche lei l’avvicinarsi della tempesta. E per alleggerire quella pillola amara Moana le disse che era ritornata insieme a Berni, e che era stato lui a chiederle di fare quella cosa, dal momento che era lui il regista del film. E comunque ci tenne a precisare che stava avvenendo tutto nel pieno rispetto delle regole, ovvero tutti i suoi partner che avevano avuto rapporti con lei avevano regolari certificati medici e analisi del sangue che provavano la loro negatività ad ogni tipo di malattia venerea. Ci fu un attimo di silenzio, sembrava che mia madre stesse per esplodere di rabbia, ma poi invece fece un sorriso che davvero nessuno di noi ci si aspettava.
   “Un film porno” disse, poi guardò mio padre e gli accarezzò il braccio. “Nostra figlia presto diventerà una pornodiva” poi guardò di nuovo Moana. “E Berni non è geloso di vederti fare l’amore con altri uomini?”.
   “Beh, quello che faccio con loro tecnicamente non è fare l’amore. Con Berni faccio l’amore, perché siamo fidanzati. Con i miei partner è solo finzione. Lo so che sei molto contrariata, mamma. Hai tutto il diritto di esserlo, ma ci tengo a ripeterti che stiamo facendo tutto nel rispetto delle regole. Pensa, nella troupe è presente anche una ginecologa che mi tiene costantemente sotto controllo”.
   “Tesoro, tranquillizzati. Non sono affatto contrariata” disse mia madre facendoci rimanere tutti molto perplessi. “Cos’era quella cosa che ti dicevo sempre? Non permettere a nessuno di mettere bocca su quello che devi o non devi fare. Questa è una tua scelta, e io sono comunque molto orgogliosa di te. E sono molto contenta che ci sia Berni al tuo fianco, perché almeno so che non potrà succederti nulla di male”.
   Poi mia madre volle sapere del suo negozio di lingerie. Gli affari, le rispose mia sorella, procedevano alla grande. Lei andava al negozio praticamente ogni giorno, quando finivano le riprese. Si occupava della contabilità e degli ordini dei fornitori e poi ritornava a casa. Nonostante le riprese del film Moana non aveva mai abbandonato la gestione del negozio di mia madre.
   Intanto la cena si avviava verso la conclusione. Erano ormai le undici di sera, e decisi di rimanere a dormire dai miei. Ero sicuro che non sarei riuscito a dormire molto, perché indubbiamente il letto di mio padre e mia madre a breve avrebbe iniziato a cigolare di brutto.

Rocco.  

sabato 26 novembre 2016

Doccia con mio fratello.

(in foto: Sam Tye, Shower, SkinzErotica.com)


   Ma ritorniamo al film che stavamo girando, ovvero I Buchi della moglie del senatore. Eravamo arrivati all’ultima scena, cioè dove il mio personaggio si apprestava a concedersi all’imperatore, il quale avrebbe poi dato la concessione edilizia a mio marito. Ma in realtà il film non si concludeva in questo modo. Il film aveva un finale molto più cruento e il mio personaggio andava incontro ad un destino davvero crudele. Ma non vi voglio anticipare niente. Ne parlerò magari in un altro post. Purtroppo ci fu un ostacolo davvero imponente che causò il rallentamento dei lavori. Il pornoattore che avrebbe dovuto impersonare l’imperatore si era presentato con le analisi del sangue positive a non so che tipo di malattia venerea. Non potevo rischiare di buscarmela anche io, e così decidemmo di sospendere le riprese fino a quando non avremmo trovato un rimpiazzo. Già, ma dove trovarlo? Bisognava fare un altro casting e quindi ci sarebbero voluti un po' di giorni. Ma il tempo è denaro, si sa, e nessuno aveva voglia di perdere tempo in quel modo.
   Questa situazione ci rese tutti un po' nervosi. Io ero costretta a starmene nel mio camerino a non fare nulla, mentre quelli della troupe cercavano una soluzione a quel problema. Non potevo lamentarmi di niente, perché ero trattata come una regina. Nel senso che siccome ero molto nervosa per quella faccenda, ogni cinque minuti qualcuno della troupe veniva a viziarmi in camerino con ogni ben di dio; cioccolata calda, frutta, caffè, fette di torta. Tutto per tenermi buona e per non rischiare che cominciassi a dare di matto, andandomene via e causandogli un ulteriore problema da risolvere. Se me ne andavo io era davvero finita, nel senso che un pornoattore lo potevano anche rimpiazzare, ma come avrebbero fatto senza di me, che ero la protagonista del film? Sapevo benissimo che ero indispensabile, e così me ne approfittavo un po', e allora trattavo tutti come servi. E il bello è che mi accontentavano in tutto. Mi bastava chiamare uno della troupe, dirgli cosa volevo e in qualche minuto riuscivo ad ottenere quello che avevo chiesto. Per esempio chiesi dell’uva, e subito mi venne servita su un piatto d’argento. Questa sì che è vita, pensai, e tutto grazie a lei, alla mia fighetta. Le dovevo molto. Mi aveva fatto guadagnare una certa popolarità, mi aveva reso una diva.
   Quel giorno venne a trovarmi mio fratello Rocco. Era la prima volta che veniva sul set. Lui lo sapeva cosa stavo facendo. Non gli nascondevo niente, come sapete. Né a lui e né ai miei genitori. Rocco era consapevole del fatto che sua sorella stava girando un film porno, ma non sembrava dargli particolarmente fastidio. In fin dei conti non era mai stato un fratello iperprotettivo nei miei confronti. Mi aveva lasciato sempre vivere le mie esperienze, anche di natura sessuale, liberamente. E io non gli avevo mai nascosto niente.
   In principio non vollero farlo entrare in camerino. Gli dissero che non volevo essere disturbata. In effetti era vero. Avevo detto alla troupe di tenere lontane dal mio camerino tutte le persone non autorizzate. Ma cazzo, mio fratello non era una persona non autorizzata. Era mio fratello, appunto.
   Quando entrò nel camerino io ero seduta sulla mia sedia con il mio nome stampato sullo schienale di tela. Ero nuda, con le gambe oscenamente aperte e stavo leggendo una rivista di gossip e Rocco mi guardò in modo insistente la figa.
   “Che c’è?” gli chiesi. “Non è mica la prima volta che mi vedi nuda. Quindi non fare quella faccia da allupato”.
   “Beh, era da parecchio tempo che non ti vedevo così. Mi ero dimenticato di come sei bella”.
   Quelle parole mi ammorbidirono parecchio. Mio fratello era sempre stato molto tenero con me. Che stupida quella Elena! Che aspettava a farsi montare da Rocco? Io al posto suo non avrei esitato a dargliela. Anzi, gli avrei dato anche l’orifizio anale. Ad un ragazzo dolce come Rocco avrei dato qualunque cosa. Ma io ero sua sorella, quindi…
   “Grazie Rocco, sei un vero tesoro” gli dissi.
   “Come proseguono le riprese?” mi chiese.
   “Molto male. Il tizio che doveva fare l’imperatore ha una brutta malattia venerea, quindi ci serve un sostituto, e ci serve al più presto. Tu per caso lo conosci uno stallone da monta referenziato?”.
   Rocco si mise a guardare un punto non meglio precisato. Ma più che altro sembrava che stesse pensando a qualcuno che poteva fare a caso nostro. Io in verità gli avevo domandato quella cosa solo per scherzo. Non credevo che potesse avere davvero qualche amico in grado di vestire i panni di un imperatore depravato con voglie fuori dal comune. Per inciso, e penso di averlo già scritto, in questa scena dovevo lasciarmi anche orinare in faccia. Questo per farvi capire la perversione che caratterizzava la figura di questo imperatore romano. Un vero porco, e io la sua vittima.
   “E allora?” gli domandai dopo attimi di silenzio. “Lo conosci?”.
   “No”.
   “Bene. Ci voleva tanto?”.
   A quel punto mi alzai dalla sedia e andai verso il bagno. Le mie intenzioni erano quelle di fare una doccia, rivestirmi e poi ritornare a casa dei miei insieme a Rocco. Mia madre era ritornata a casa dopo la sua fuga d’amore in Sicilia, e mio padre aveva preparato una cena speciale per festeggiare.
   Aprii il rubinetto dell’acqua e mi misi sotto il getto caldo. Mi girai e vidi mio fratello che mi guardava in modo insistente. Era proprio malato di sesso! Non pensava ad altro. Mi guardava come se avesse voglia di montarmi. Ma cazzo non si rendeva conto che ero sua sorella? O forse per lui ero soltanto un buco da riempire?
   “Smettila di guardarmi in quel modo!” sbottai.
   Poi chiusi gli occhi e mi insaponai il viso. Quando li riaprii Rocco non c’era più. Forse era uscito dal camerino. Chissà, forse aveva capito che stava esagerando nel guardarmi in quel modo. E invece mi sbagliavo, Rocco semplicemente non era più nella mia visuale. Si stava spogliando e dopo un po' venne sotto la doccia con me, con un’erezione allucinante, dura come la pietra, che puntava fieramente verso l’alto.
   “Rocco, ma che fai! Esci subito di qui, e soprattutto tieni quell’affare lontano da me” ma non ci fu verso, mi disse che non c’era niente di male se un fratello e una sorella facevano la doccia insieme. E allora io gli feci notare che non c’era niente di male solo nel caso in cui il fratello non aveva un’erezione dura come la sua. E allora lui mi disse che era tutta colpa del fatto che in quei giorni era perennemente arrapato, e non sapeva cosa farci. Il fatto di avere sempre il cazzo duro lo portava a fare delle cose ai limiti della decenza. Mi raccontò di essere stato addirittura con una trans africana, e di aver avuto un’esperienza sadomaso con una ragazza di nome Marta.
   Era tutta colpa di Elena. Il fatto di voler rimanere vergine fino al matrimonio stava mandando mio fratello al manicomio. Dovevo assolutamente parlarle. Dovevo farle cambiare idea, in qualsiasi modo. Non potevo lasciare che mio fratello andasse in giro in quella maniera, con il cazzo perennemente in erezione e tante strane idee per la testa.
   Io intanto avevo dato le spalle a Rocco e lui si era messo dietro di me, con la sua erezione premuta in mezzo alle mie natiche. Sentivo la sua asta strofinare contro il mio orifizio anale e gli intimai di stare buono sennò gli avrei dato uno schiaffo.
   “Moana, ti prego. Se non sborro sbrocco di brutto”.
   “Ti faccio venire con una sega, va bene? Ma il culo non te lo do” glielo presi in mano e iniziai a masturbarlo.
   Intanto l’acqua continuava a scorrere e nel box doccia e tutt’intorno si fece una nuvola di vapore. Ero abbastanza brava a fare lavoretti di mano agli uomini, quindi Rocco non poteva proprio lamentarsi. Magari non ero brava come la sua Elena, che a quello che mi aveva detto mio fratello era davvero specializzata in quella pratica. Praticamente era l’unica cosa che gli faceva per farlo godere. Le seghe. Era diventata una segaiola da competizione. Doveva avere un polso molto allenato, su questo non c’era dubbio. In ogni caso fui molto brava anche io, perché lo feci sborrare nel giro di cinque minuti. Schizzò come una fontana. Lo sapevo che avrebbe voluto il mio orifizio anale, ma doveva accontentarsi di quella sega. Non mi andava proprio di essere impalata da mio fratello. Era una cosa che proprio non mi andava di fare.
   “Ok, ora esci e vatti a rivestire, che tra dieci minuti dobbiamo andare a cena da mamma e papà”.
   “Grazie Moana”.
   “Sì sì, ma ora vai. Sennò facciamo tardi”.

Moana. 

giovedì 24 novembre 2016

Duecento euro, culo e figa.

(in foto: Chary Kiss, Double The Fun, 21Sextury.com)


   A questo punto è giusto che dica due parole anche io, dal momento che i buchi in vendita erano i miei. La storia che Roberto e Carlo hanno cominciato a raccontarvi risale a due anni fa. Se mi stavo vendendo, perché è questo che stavo facendo, era solo per vendicarmi. Avevo appena avuto una discussione con Berni, e lui mi aveva detto che ero una puttana. E allora per dargli una lezione avevo deciso di vendermi al primo che capitava. Duecento euro per culo e figa erano una somma molto modesta. In verità avrei potuto chiedere di più, non vorrei sembrarvi presuntuosa ma credo di valere di più di duecento euro. Ma avevo chiesto quella cifra per due motivi; in parte per venire incontro a Carlo e Roberto, che certamente non erano sceicchi. E poi per rendere la vendetta nei confronti di Berni ancora più amara. Non solo mi vendevo come una puttana, ma lo facevo anche per poco. Mi stavo offrendo sia davanti che dietro per soli duecento euro.
   Quando Carlo e Roberto mi dissero che non avevano quella cifra io li mandai via in malo modo. Ma ero sicura che sarebbero ritornati. Quei due morti di figa non se la sarebbe mai persa un’opportunità del genere: avermi tutta. E quando gli ricapitava? Quindi non dovevo fare altro che aspettarli, incassare i soldi e farmi montare. E finalmente Berni avrebbe avuto la punizione che meritava. E non dovetti aspettare molto, infatti mezz’ora dopo ritornarono. Andai ad aprirgli la porta così come mi avevano lasciata, cioè nuda.
   “Li avete portati i soldi?” gli chiesi bruscamente.
   “Certo, eccoli” Carlo me li diede e io li feci entrare. Li portai in sala da pranzo, pensai che fosse il posto più opportuno dove farlo. Potevo lasciarmi montare sul divano, era piuttosto comodo per farci l’amore. Già l’avevo sperimentato con Berni. E poi c’era una bella luce che entrava dalla portafinestra che dava sul terrazzo. Avremmo potuto farlo anche lì, ma pensai che era meglio non dare spettacolo. I nostri dirimpettai avrebbero potuto vederci. Una volta giunti in sala da pranzo mi misi davanti a loro con i pugni contro i fianchi a fissarli. Erano come imbambolati, come se non sapessero cosa fare o da che parte cominciare.
   “Cosa state aspettando?” chiesi. “Forza, togliete i vestiti e tirate fuori i vostri cazzi”.
   Non se lo fecero ripetere due volte e si spogliarono in fretta e furia, tirarono giù le mutande e le loro erezioni schizzarono fuori, pronte per entrarmi dentro. E neanche a quel punto presero alcuna iniziativa, ma continuarono a fissarmi come se aspettassero da me un cenno a procedere. A quel punto mi avvicinai e gli accarezzai delicatamente le loro erezioni, e fu in quel momento che cominciarono a darsi da fare toccandomi e baciandomi dappertutto. Carlo cominciò a succhiarmi i capezzoli, Roberto invece mi baciava sul collo, nel frattempo con le mani mi accarezzavano un po' il culo e un po' la figa. Erano molto tesi, me ne accorsi dalla loro goffaggine. Quasi come se fosse la prima volta che facevano l’amore. Ma in verità avevano già avuto qualche esperienza con l’altro senso. Era come se fossi io a metterli a disagio, quasi come se avessero aspettato questo momento da anni, e adesso finalmente avevano la possibilità di appropriarsi di ciò che avevano tanto desiderato. Questo loro atteggiamento mi divertì molto e provai nei loro confronti un senso di tenerezza. Dovevano proprio desiderarmi molto, perché non sapevano neppure loro da dove cominciare per trarre piacere dal mio corpo. Era così tanto il desiderio di avermi che non la smettevano più di baciarmi. Ad un certo punto vollero anche baciarmi in bocca a turno, e io li lasciai fare, prima Carlo e poi Roberto. Mentre uno mi baciava in bocca l’altro mi succhiava le tette, e io intanto gli tenevo le loro erezioni dure nelle mani e li masturbavo delicatamente. Poi Roberto fece una cosa che nessun uomo mi aveva mai fatto, e cioè mi alzò un braccio e cominciò a leccarmi le ascelle. La cosa mi stupì e mi divertì molto. Glielo lasciai fare. D’altronde mi avevano dato del denaro in cambio del mio corpo, quindi erano in diritto di fare ciò che volevano di me. Passarono circa venti minuti a leccarmi ogni centimetro del corpo. Erano insaziabili, come se non ne avessero mai abbastanza di me. Avevo la loro saliva dappertutto.
   “Non immagini neppure quanto abbiamo desiderato questo momento” disse Carlo.
   “Lo vedo” risposi divertita. “Chissà quanta voglia avevate di avermi”. 
   “Tantissima” continuò Roberto. “Sapessi quante seghe che ci siamo fatti pensando a te. Eri una specie di idolo per noi. La mitica sorella di Rocco”.
   Quando smisero di baciarmi e leccarmi mi si misero uno davanti e uno dietro. Le loro erezioni premevano contro i miei orifizi, per l’esattezza quella di Carlo (che mi stava dietro) fremeva per entrarmi nel condotto anale, e quella di Roberto era premuta contro la mia vagina. Sentivo le loro aste dure sfregare contro i miei buchi, e intanto mi baciavano. Roberto che mi stava davanti non ne voleva sapere di lasciare la mia bocca, mentre Carlo da dietro mi tempestava di baci il collo e le spalle. Poi sentii il cazzo di Roberto farsi strada dentro le mie labbra di sotto. Il glande entro delicatamente dentro, e la mia fighetta lo risucchiò dentro, e lui lo fece entrare tutto fino alle palle. Poi fu il momento di Carlo; per lui fu un po' più difficile, perché a causa del fatto che eravamo in piedi la penetrazione anale era molto difficile.
   “Non riesco a farlo entrare” mi disse.
   “Dai, ci sei quasi” lo rassicurai, sentivo il glande già per metà dentro. “Lo sento”.
   “Ecco, ci sono!” finalmente il cazzo scivolò dentro e iniziò a salire sempre più su, con non poche difficoltà.
   “Ce l’hai fatta?” gli chiese Roberto.
   “Missione compiuta. È dentro”.
   Ero completamente in balia dei loro cazzi, non riuscivo neppure a muovermi. Ma tanto a quello ci pensavano loro. Devo riconoscere che era una posizione molto scomoda, e credo che lo pensassero anche loro. Ma era così tanta la voglia di avermi che accettarono ben volentieri la scomodità di fottermi in piedi. Poi ad un certo punto il cazzo di Carlo si sfilò dal mio culo.
   “Non ci voleva” disse. “Ci ho messo tanto a farglielo entrare dentro, e adesso devo ricominciare d’accapo”.
   “Aspetta” dissi. “Forse se cambiamo posizione ci riesci meglio. Mettiamoci sul divano”.
   Feci sedere Roberto sul sofà e mi misi a cavalcioni su di lui, facendo scivolare dentro la mia vagina la sua vigorosa erezione. In quel modo Carlo poteva penetrarmi dietro con molta più facilita. E infatti si mise dietro di me e gli bastò semplicemente appoggiare il glande contro il mio orifizio anale e spingere appena il bacino in avanti per farmelo entrare di nuovo.
   “Ecco, vedi? Così è molto più facile” dissi.
   “Hai ragione Moana, così è meglio. Adesso posso montarti il culo con più facilità”.
   Infatti mi afferrò saldamente per i fianchi e iniziò a ingropparmi di brutto. Roberto, da sotto, faceva lo stesso. Stando sotto aveva anche l’opportunità di succhiarmi i capezzoli, e lo faceva in modo ossessivo, come se non ne potesse fare a meno di separare la bocca dalle mie tette. L’unico problema era che si moriva dal caldo. Eravamo tutti e tre zuppi di sudore. Ma il piacere che ne traevamo da quella monta superava di gran lunga l’insofferenza per l’afa di quel giorno. Poi ad un certo punto vollero cambiare i buchi, e allora Carlo si mise dietro per penetrarmi il retto e Roberto si mise sotto per scoparmi davanti. L’unica mia preoccupazione era che se fossero rientrati i miei sarebbe successo un casino. Di solito rientravano alle otto, ma certe volte anche prima. Guardai l’orologio digitale del televisore che segnava le sette. Sarebbero potuti rientrare anche da un momento all’altro. E sicuramente non gli sarebbe piaciuto vedermi in quella posizione, in mezzo a due ragazzi, uno a scoparmi davanti e uno dietro, senza preservativi. Non osai neppure immaginare al casino che sarebbe successo. Per fortuna dopo un po':
   “Dio mio, sto per sborrare!” esultò Roberto.
   “Sì, anche io. È bellissimo!” aggiunse Carlo. “Moana, possiamo venirti in faccia?”.
   “Sì dai, basta che ci sbrighiamo” risposi, ero nel panico perché pensavo alla possibilità che i miei potessero rientrare prima dal lavoro.
   A quel punto mi misi in ginocchio e loro si misero in piedi davanti a me con le loro erezioni puntate contro il mio viso. Il primo a schizzare fu Carlo, uno schizzo lungo che in parte mi arrivò anche sui capelli. Poi venne anche Roberto, con uno schizzo similare, ugualmente lungo e denso. Poi ne seguirono molti altri. Sembrava che non finivano più. Fui anche costretta a chiudere gli occhi, perché schizzarono così tanto che ebbi paura che la sborra potesse finirmi negli occhi.
   “Porca puttana, eravate proprio belli carichi” dissi divertita.
   “Moana, sei stata fantastica” mi disse Carlo strofinandomi il cazzo ancora sgocciolante sulla bocca, e Roberto fece lo stesso, e io glieli leccai e glieli succhiai un po'. “Sei veramente la numero uno. Berni è molto fortunato ad averti”.
   “Sì, beh…” a quel punto mi misi in piedi e mi tolsi un po' di sborra dalla faccia con le mani. “Ora però è meglio che andiate. Non raccontate a nessuno quello che abbiamo fatto oggi, mi raccomando”.
   “Ci mancherebbe altro” rispose Carlo. “Sarà il nostro piccolo segreto”.
   “Benissimo. Sapete dov’è la porta, io vado a fare una doccia. Ciao” baciai entrambi sulle guance e mi avviai verso il bagno. Loro invece si rivestirono e uscirono dall’appartamento. Da quel giorno ogni volta che li rincontravo per strada, oppure ogni volta che venivano a casa per stare con Rocco, fingevamo che non fosse mai successo niente. Ma tutti e tre sapevamo che tra di noi c’era stata un’esperienza davvero piacevole. Loro erano riusciti a esaudire il loro desiderio di avermi, e io ero riuscita a vendicarmi con Berni, il quale quando glielo dissi diede un po' di matto. Però poi ci riappacificammo, e lui mi promise che non mi avrebbe mai più chiamata puttana, ma solo se io gli promettevo che non lo avrei mai più tradito. Lui la sua promessa la mantenne, non mi chiamò più in quel modo orribile. Ma io purtroppo non fui in grado di mantenere la mia.

Moana.

martedì 22 novembre 2016

domenica 20 novembre 2016

venerdì 18 novembre 2016

Quella volta che feci l'amore con Moana. 

(in foto: Chary Kiss, Taking Care, 21Naturals.com)


   Rocco mi ha chiesto di scrivere un post per parlare di quella volta che feci l’amore con sua sorella. Intanto mi presento; mi chiamo Armando e sono amico di Rocco fin da quando eravamo ragazzini. E siamo rimasti amici anche dopo quella volta che mi feci sua sorella. Ma partiamo dal principio. Anzi, partirò dalla fine.
   Stavo finendo di fare l’amore con Moana. Ero sul punto di eiacularle dentro. Le stavo sopra e lei mi teneva le mani sui muscoli delle braccia, e aveva la testa leggermente piegata all’indietro, sui cuscini colorati del suo letto. Che bel corpo. Ricordo che tutti avevamo sognato, chi prima chi dopo, di andarci a letto e di scoparcela. Però eravamo troppo piccoli e Moana ci snobbava un po’. Adesso che eravamo un po' più grandicelli (avevamo diciotto anni) a quanto pare aveva cambiato idea. La sua camera era cambiata poco; era sempre la stessa da oltre quindici anni.
   C’aveva un balconcino da cui si vedeva la tangenziale. Eravamo in alto. Era il sesto piano. E io sentivo il cazzo gonfiarsi dentro il suo corpo. La mia sborra ribolliva e tra un po’ le avrei inondato il corpo. Era la prima volta che facevo l’amore senza protezione. In genere usavo il preservativo, ma Moana mi aveva detto che potevamo farne a meno. E allora preparati amore, le dissi, che stai per ricevere un bel po’ di sperma dentro.
   Per fortuna avevo avuto la bella idea di nascondere una videocamera per riprendere tutto. Altrimenti cosa avrei raccontato ai miei amici? Non c’avrebbero mai creduto. Ripeto, tutti avevano sognato di finire a letto con Moana. E se gli avessi raccontato quello che stava succedendo, non mi avrebbero mai creduto. Ma con un sex tape tutto cambia. Avevo le prove.
   In quel periodo lei era già fidanzata con Berni. Ma lo tradiva spesso e volentieri. Era più forte di lei. Le piaceva proprio tanto fare l’amore. A me non importava più di tanto il fatto che fosse fidanzata, d’altronde non volevo mica sposarla. Volevo solo farmici una scopata. 
   Lei ansimava tanto, in un crescendo molto eccitante, come se avvertisse l’avvicinamento del mio orgasmo. Iniziai ad irrigidirmi e il mio seme iniziò a schizzare nel suo corpo. Sentivo il cazzo fiottare e le tenni le cosce ben divaricate continuando a darle le ultime botte. Poi lo sfilai fuori e mi accasciai su di lei. Eravamo molto sudati e lei aveva il fiatone.
- È stato sensazionale – mi sussurrò all’orecchio.
- Ti ricordi quando eravamo ragazzini? – le chiesi.
- Sì. E allora?
- Non sai quante volte mi sono masturbato pensando a te.
   Lei sorrise e chiuse gli occhi. Era divertita da quella mia affermazione, ma dovette anche piacergli, perché mi abbracciò con più decisione.
- In realtà credo che lo abbiano fatto anche gli altri, anche se non ne ho le prove.
- Quali altri?
- Ma sì, tutti gli altri amici di tuo fratello. Tu eri una specie di idolo per noi. Un idolo del sesso. Forse non te ne rendevi conto, ma eri venerata da tutti.
   In tutto eravamo sei, escludendo il fratello di Moana. Sei sfigatissimi ragazzetti per bene, in un quartiere piuttosto tranquillo se non si conta i classici bulletti che alzavano le mani alla prima occasione. E vi garantisco che ogni occasione era buona per mettere le mani addosso a un altro. Il fratello di Moana era quello che ne prendeva di più, perché era esile e un po' effeminato. E poi faceva un sacco di cose strane. Strane per un maschietto della sua età. Ad esempio gli piaceva disegnare i vestiti. Già a dodici anni voleva fare lo stilista. Trovava incredibilmente appassionante il mondo della moda. Ma vi renderete conto che, a dodici anni, a dichiarare certe cose, minimo si diventa il “soggetto” della situazione.
- Torno subito – mi disse Moana mettendosi in piedi. – Non rivestirti.
   La vidi incamminarsi verso il bagno. Sculettava. Aveva un culo divino, scultoreo direi. Un corpo perfetto. Le vidi i capelli biondi accarezzarle le spalle, e con una mano se li portò in avanti, come se pensasse al fatto che potessero rovinarmi la visuale. Poi sparì nel bagno. La sentii fare la pipì.
   Mi alzai anche io per controllare in fretta e furia la videocamera che avevo nascosto in mezzo ai suoi peluche. Era ancora attiva e la batteria poteva reggere per un altro paio d’ore. Ritornai a letto e lanciai uno sguardo nel corridoio, quasi temendo che potesse arrivare qualcuno. Magari il padre. Sai che tragedia! Sarebbe stato imbarazzante. Però se mi aveva detto di non rivestirmi, era chiaro che potevamo starcene tutto il giorno a scopare come ricci, perché sapeva che non sarebbe tornato nessuno prima di una certa ora.
   Intanto il cazzo mi era tornato duro, e cominciai a massaggiarlo lentamente. E quando Moana uscì dal bagno si mise a guardarmi, con i pugni contro i fianchi. Aveva la vagina depilata alla brasiliana.
- Che fai? Ti masturbi? – mi domandò con tono severo. – Non ti sono bastata io?
- Questo che sto facendo è un di più.
- Che stronzo – era divertita.
   Poi andò a sedersi alla sua scrivania e guardandosi allo specchio si aggiustò i capelli. Andai da lei e le misi la nerchia eretta proprio davanti alla bocca. Lei sorrise e mi baciò l’asta, poi mi guardò, ma quasi con un’aria di sfida; sapeva cosa volevo, ma allo stesso tempo le sue intenzioni erano di farmelo sudare quel pompino.
- Dai, ti prego – piagnucolai. – Solo un po’.
   Le sfiorai le labbra con la punta del cazzo e lei sorrise.
- Va bene, ma avvertimi quando stai per venire.
   Moana è la classica ragazza che ti tromberesti pure la mattina, quando è risaputo che certe ragazze sembrano degli zombie. E tra i tanti pregi, faceva certi pompini che ti facevano venire nel giro di pochi secondi. Di gusto, non so se mi spiego, sentivi le sue labbra, la sua lingua circondare il glande gentilmente, girarci attorno, quasi gustandoselo, e allora sentivi lo schioppettìo della lingua inumidita dalla saliva a contatto con il tuo bel cazzo duro e allora ecco che sentivi la sborra risalire su, lungo l’asta, e dovevi fermarla, altrimenti le avresti eiaculato in bocca.
- Aspetta! – riuscii a tirarlo fuori dalla sua bocca giusto in tempo, ancora un attimo e avrei cominciato a schizzare. – Sto per venire.
- Va bene, ora ti sego, così ti faccio venire.
- Però ho paura di sporcarti il pavimento.
- E allora? Non vorrai mica… ?
- No, non in bocca – le risposi. – Che ne dici se ti venissi in faccia?
- Cosa?! – sembrò molto disgustata. – Ma tu sei pazzo. Come ti permetti?
- Dai Moana, tanto sono già venuto una volta, adesso è poca roba. Uno schizzetto, al massimo due.
- Va bene dai, però attento a non farmela arrivare sui capelli.
   Così le direzionai il cazzo verso il viso e mi masturbai, fino a quando un copioso schizzo di sborra le saltò sulla faccia. E poi un altro, e un altro ancora e a quel punto Moana si ritrasse e si alzò in piedi.
- Cazzo, avevi detto che era poca roba! Guarda qui, ce l’ho pure sui capelli! – corse in bagno a sciacquarsi. – Mi viene da vomitare!
   Ce l’avevo fatta! Ero riuscito a scoparmi la ragazza più desiderata del quartiere. E avevo un sex-tape per dimostrarlo. Lo feci vedere prima a suo fratello, che non voleva credere alla sua impresa. Ma lui mi disse che quelle immagini non volevano dire niente. Sua sorella non mi avrebbe mai amato, perché era fidanzata con quel Berni. Ma a me non me ne fregava niente, intanto io ero riuscito a scoparmela, e nessuno poteva metterlo in dubbio. Poi feci girare il sex-tape anche nel nostro gruppetto di amici. Ma mi feci promettere solennemente di non diffonderlo, altrimenti li avrei denunciati tutti quanti. Moana non meritava una cosa del genere. Per fortuna i miei amici mantennero la promessa, e conservarono il sextape gelosamente, senza diffonderlo o passarlo ad altri.
  
Armando.

mercoledì 16 novembre 2016

lunedì 14 novembre 2016

Sottomesso.

(in foto: Brutal-Facesitting.com)


   Mi ero messo a letto in mutande a guardare il soffitto e a pensare a quello che era successo. Che figuraccia. Adesso più che mai era stato appurato chi era il vero maschio della casa, e cioè Rocki, che intanto era rimasto in soggiorno a montarsi le due ragazze, Giada e Marta. Le aveva messe l’una sull’altra e lui dietro e se le stava scopando alternando i buchi. Le sentivo godere come se fossero lì, accanto a me. Poi ad un certo punto smisero e ci fu un gran silenzio. Mi chiedevo cosa stesse succedendo. In ogni modo io ero stato escluso dal gioco, quindi non avrei potuto saperlo. Non meritavo di prendere parte a quell’orgia di sensi, non ne ero all’altezza. Ma cosa stavano facendo? Perché le ragazze non ansimavano più?
   Dopo un po' sentii bussare alla porta della mia stanza. Mi chiesi cosa volessero da me. Cosa potevo mai offrirgli se non la mia mediocre presenza di guardone? Andai ad aprire un po' controvoglia; fuori c’era Marta, la ragazza che mi aveva fatto venire con la bocca. Era tutta nuda, un corpo snello, slanciato, ma essenzialmente piatta, ma nonostante questo era un capolavoro. Mi sorrise e poi mi guardò in basso; vedendola tutta nuda il mio cazzo aveva ricominciato a ritornare su. Mi chiese se mi andava di ritornare a giocare con loro. Notai che Marta nascondeva le mani dietro la schiena, quasi come se avesse qualcosa che non dovevo vedere, o perlomeno non ancora.
   “Non so se è il caso che io mi unisca a voi” risposi. “Non vorrei deludervi ulteriormente”.
   “Non ti preoccupare” mi disse. “Questa volta non ci deluderai. Adesso abbiamo capito che tipo di uomo sei, e quindi questa volta andrà molto meglio”.
   “Va bene. Cercherò di fare del mio meglio”.
   “Però prima devi toglierti le mutande e chiudere gli occhi”.
   “Perché?” domandai divertito.
   “Perché sì. Forza. Tira giù quei cazzo di slip e chiudi gli occhi” il tono della voce di Marta cambiò radicalmente e diventò rude e sgarbato. Ma pensai che stesse solo scherzando, e allora le sorrisi e tirai giù le mutande e il mio cazzo, che ormai era ritornato fieramente in erezione, schizzò fuori pronto per la sua rivincita.
   “Che cazzo hai da ridere?” mi domandò, e dal soggiorno sentii Rocki e la maggiorata che ridevano. Probabilmente stavano ascoltando la nostra conversazione, e anche loro trovavano divertente quel cambiamento di atteggiamento di Marta. “Adesso chiudi gli occhi”.
   Chiusi gli occhi e sentii Marta venirmi dietro. Sentivo il calore del suo corpo contro la mia schiena, la delicatezza della sua fighetta glabra contro i miei glutei, poi qualcosa contro il mio collo che si chiudeva con uno scatto. A quel punto mi disse di aprire gli occhi e vidi che mi aveva messo un guinzaglio e lei teneva il cordino e mi strattonò per farmi capire cosa stava succedendo.
   “Accuccia, mezza sega” mi ordinò.
   “Ma cosa…?” non sapevo come comportarmi.
   “Ho detto accuccia!” urlò e mi diede una bella sculacciata, a quel punto mi misi a terra a quattro zampe per non farla spazientire ulteriormente. “E ora andiamo nel soggiorno, forza!” e si mise a cavalcioni su di me. Sentivo la sua figa calda premuta contro la mia schiena. A quel punto avrei dovuto portarla di là, ma mi vergognavo da morire, e lei mi diede un'altra sculacciata. “Forza!”.
   Marta mi stava dominando e decisi di assecondarla. In fin dei conti la dominazione era una pratica del sesso che mi aveva sempre intrigato, anche se era la prima volta che mi capitava una cosa del genere. L’unica cosa che mi seccava un po' era farmi vedere da Rocki in quel modo. Ma mi feci coraggio e andai nel soggiorno, dove c’era la maggiorata che stava facendo una spagnola a Rocki, ma quando mi videro si fermarono e scoppiarono a ridere.
   “Marta, sei fenomenale!” disse la maggiorata.
   “Rocco, ma che mi combini?” domandò lui divertito. “Ti fai mettere i piedi in testa così?”.
   Non sapevo cosa fare, ma mi venne una specie di scatto di orgoglio e cercai di ribaltare la situazione disarcionando Marta, ma lei non ne volle sapere e mi afferrò per i capelli.
   “Che cazzo stai cercando di fare, segaiolo?” poi mi strattonò con il cordino e allora abbandonai l’idea. Era meglio se me ne stavo buono.
   Rocki e la maggiorata avevano smesso di guardarci e cominciarono a scopare di brutto, con lei messa a cavalcioni del poggiatesta del divano e lui dietro a farle il culo. Intanto Marta era scesa dalla mia schiena e mi diceva di guardare bene come si fa a far godere una donna.
   “Ecco, vedi? Lui è un uomo. Non tu. Guarda bene come si fa, magari impari qualcosa”.
   Guardavo, sì. E mi rendevo conto che Rocki era un vero professionista a montarsi le donne. Nel frattempo sentivo Marta armeggiare dietro di me. Aveva lasciato il guinzaglio ed era impegnata a fare qualcos’altro, cioè allacciarsi uno strap-on intorno alla vita. A quel punto allargò le gambe mettendosi dietro di me, mi afferrò per i fianchi e iniziò a penetrarmi. Ogni tanto mi sculacciava a mi diceva che ero la sua zoccola. E devo dire che mi stava piacendo moltissimo, e il piacere di essere penetrato mi inebriò completamente, mi sentivo come se fossi ubriaco a tal punto da perdere la sensazione di vergogna che mi attanagliava all’inizio, quando ero entrato nel soggiorno con Marta a cavalcioni su di me. E sentivo come se stessi per venire di nuovo, ma poi non venivo mai.
   “Chi è la tua padrona, pisciasotto?” mi chiese, ma io non risposi, stavo godendo troppo per poterlo fare, e allora lei gridò: “chi è la tua padrona? Rispondi!”.
   “Sei tu la mia padrona” risposi con un filo di voce.
   La maggiorata scoppiò a ridere; era divertita da quello che mi stava facendo Marta, che intanto mi montava come una furia, e più spingeva più sentivo che stavo per sborrare. Poi ad un certo punto uscì dal mio condotto anale e si tolse lo strap-on. Non capivo più niente. Ero in estasi e quindi non fecevo neppure caso al fatto che eravamo in quattro nel soggiorno. Era come se fossimo solo io e Marta.
   In ogni caso si tolse lo strap-on e con un piede mi fece ribaltare con la pancia all’aria, e allargò le cosce davanti al mio viso e si abbassò su di me sedendosi letteralmente sulla mia bocca. Avevo il suo orifizio anale premuto contro le labbra, quasi come se volesse soffocarmi. Vi ripeto, era completamente seduta, come se io fossi il suo sgabello, e intanto guardava Rocki e Giada che facevano l’amore, i quali ormai stavano quasi per venire. Dopo qualche minuto Marta si alzò dal mio viso, per fortuna, altrimenti sarei soffocato. Ma fu solo per farmi riprendere fiato, poi si rimise a sedere e ripiombai di nuovo nel buio. Non so con precisione cos’è che mi fece schizzare; forse la situazione del tutto nuova, forse la sensazione di soffocamento o forse l’odore dell’orifizio anale di Marta. So solo che cominciai a schizzare. Poi Marta si alzò e mi lasciò libero di respirare.
   “Marta, noi andiamo a fare una doccia” disse Rocki. “Vuoi unirti a noi?”.
   “E di lui cosa ne faccio?” chiese lei riferendosi a me, che intanto ero rimasto sul pavimento quasi privo di forze.
   “Mi sa che non c’è spazio per tutti e quattro nel box doccia”.
   “Ok, lasciamolo qui il verme” rispose Marta e poi con un balzo raggiunse i due con i quali entrò nel bagno e poi nella doccia.
   L’acqua iniziò a scrosciare e le ragazze ridevano divertite. Sicuramente Rocki era ripartito all’attacco e a breve se le sarebbe chiavate entrambe di nuovo. Io non appena ripresi le forze mi rialzai e me ne tornai in camera mia. Avevo proprio bisogno di riposarmi. Marta mi aveva sfiancato. Mi aveva proprio montato a dovere. Avevo il condotto anale in fiamme.

Rocco.

sabato 12 novembre 2016