sabato 28 aprile 2018

L'addestramento di

Godzilla.

(in foto: Alexa Tomas, Mi Amor, NubileFilms.com)


   Indubbiamente Godzilla aveva un problema a controllare la sua voglia di sesso. Era una mina vagante, pronta a tutto, a qualsiasi tipo di esperienza. E Beatrice era come se si fosse messa in testa di addestrarlo a controllare questi suoi irrefrenabili impulsi. Non so se lo faceva per una specie di sfida personale, per dimostrare a se stessa che era capace di questo ed altro, o semplicemente perché provava per lui una certa simpatia, e per questo motivo stava cercando di aiutarlo. Certo era che con quel vestito da sera che indossava era molto difficile tenere a freno i propri istinti primordiali. Era una gnocca colossale con il corpo in bella mostra che quell’abito così corto e indecente riusciva a nascondere a stento.
   Eravamo arrivati al ristorante e avevamo cominciato a cenare; in sala ci guardavano tutti, perché obiettivamente Beatrice era vestita come una puttana, e di conseguenza io e Godzilla potevamo essere dei clienti che dopo avrebbero passato con lei tutta la notte, in un osceno triangolo amoroso. Ma lei era abituata a quel genere di cose. Era pur sempre una transgender, per cui le persone la guardavano o con morboso desiderio o con disprezzo. Perché per la società lei non era né carne né pesce. Lei era appunto una creatura dal sesso indefinito. E quando c’è qualcosa di indefinito la gente ha paura e quindi alza la guardia. Per me invece Beatrice era semplicemente la mia fidanzata, e io mi sentivo l’uomo più fortunato del mondo, e in fin dei conti mi importava poco di quello che pensava la gente. Tanto tutto ciò che pensa la gente è sbagliato.
   Ma ritorniamo alla cena, e a Godzilla, il quale ormai si era decisamente calmato. Non so come, ma Beatrice era riuscita a placare l’animale feroce che era dentro di lui. Quasi come se gli avesse messo il guinzaglio e gli avesse detto di stare buono. E quindi adesso riusciva anche a parlare, non come prima quando eravamo in macchina, che rispondeva in modo svogliato. Adesso sembrava più sereno, e quindi capace di ragionare.
   “Parlami di tua moglie” gli disse lei ad un certo punto mettendogli una mano sulla sua in modo amorevole.
   “Perché?” domandò lui.
   “Perché se vieni allo strip bar per fare l’amore con me vuol dire che con lei c’è qualcosa che non funziona”.
   Godzilla fece di no con la testa. Ma non disse altro. Non ne voleva parlare. Si limitò soltanto a fare quel no con la testa. E aveva ragione. Nel senso che non è che c’era qualcosa che non funzionava con sua moglie, piuttosto c’era qualcosa che non funzionava con lui. Era lui il problema, che non riusciva a controllarsi. E questo lo avevamo capito sia io che Beatrice. Ma dal momento che lui non aveva voglia di parlarne allora la discussione ebbe vita breve.
   “Vedo che non ne vuoi parlare” gli disse la mia fidanzata, “ma lascia che ti dica soltanto una cosa, e cioè che io non ti giudico. Di quello che fai con tua moglie non me ne importa niente. La cosa a cui tengo di più è che tu riesca ad avere una vita sessuale serena”.
   Dopo cena Godzilla ci riaccompagnò a casa. Ma ad un certo punto dovette fermarsi lungo la strada, perché Beatrice aveva deciso di “premiarlo” per essere stato buono tutta la serata, e quindi di aver resistito tutto quel tempo. E quindi mentre stava guidando la mia fidanzata gli aveva tirato giù la lampo dei pantaloni e glielo aveva tirato fuori e aveva cominciato a fargli un colossale pompino. Così, dopo cinque minuti di bocca, Godzilla decise che era meglio accostare la macchina per passare dalla bocca al buco del culo. E allora uscimmo dalla macchina; eravamo praticamente in aperta campagna, per cui non poteva vederci nessuno. Ogni tanto passava un’auto con gli abbaglianti, ma noi eravamo messi dietro quindi non potevano vederci. Beatrice si era messa con le mani contro l’auto e si era piegata in avanti, con il culo ben aperto, il perizoma tirato giù all’altezza delle caviglie, e Godzilla la penetrava in modo furioso tenendola per i fianchi.
   Io non sapevo con esattezza cosa fare. La mia fidanzata continuava a guardarmi, aspettandosi da parte mia qualcosa. Rimanere lì a guardare non sembrava una cosa che poteva accettare. E allora mi avvicinai e sgattaiolai sotto le sue cosce, mettendomi a sedere con la schiena contro lo sportello della macchina e il viso rivolto verso il suo sesso. Iniziai a leccarle le palle, mentre Godzilla da dietro la inculava e io sentivo l’energia delle sue spinte contro il corpo della mia fidanzata, e quindi a causa dei contraccolpi i testicoli di Beatrice mi sbattevano sulla bocca. Poi ad un certo punto lei fece uscire l’enorme trave di Godzilla dal suo condotto anale e se la fece passare tra le cosce, facendomelo sbucare davanti alla bocca, e quindi iniziai a fargli un pompino e lui non pretestò, anzi sembrava piacergli. Ma solo per una manciata di minuti, perché poi lo rimise in culo alla mia fidanzata. Altre feroci stantuffate fino a quando prese Beatrice per un braccio e la fece girare e la fece mettere inginocchio, proprio accanto a me, piantandogli il suo enorme pezzo di carne sulla faccia, e lei lo prese in bocca fino a farlo sborrare copiosamente, e poi alla fine mi diede un bacio e la mia lingua entrò nella sua bocca piena di sborra. E lei a quel punto mi fece un sorriso di complicità; era divertita dal nostro gioco di squadra, che aveva indubbiamente rafforzato il nostro rapporto.
   Ma adesso che lui aveva eiaculato il gioco era finito, e infatti ci disse di ritornare in macchina perché era ora di ritornare a casa. E lungo il tragitto non ci fu verso di farlo parlare. Dopo aver fatto l’amore Godzilla si chiuse nel suo solito silenzio, e ci restò fino a quando non arrivammo a casa di Beatrice. A quel punto ci fece scendere dalla vettura e diede dei soldi alla mia fidanzata, e lei li prese senza esitare, ma io le dissi di ridarglieli perché non aveva senso. Perché prendere quel denaro?
   “Perché ce l’ha offerto lui” mi rispose. “Io non gli ho chiesto niente”.
   “Sì ma noi non ne abbiamo bisogno” le dissi sottovoce. “Non siamo mica mercenari?”.
   Allora a quel punto Beatrice si guardò le banconote che aveva in mano e dopo aver riflettuto per qualche istante le ridiede al suo legittimo proprietario, passandoglieli attraverso il finestrino abbassato.
   “Riprendili” disse a Godzilla. “Non ne abbiamo bisogno. Se stasera abbiamo fatto l’amore con te è perché ci andava di farlo, e non per battere cassa. Non siamo mercenari”.
   Beatrice era veramente speciale, e io ero l’uomo più fortunato del mondo, perché ero il suo fidanzato.

Rocco.

giovedì 26 aprile 2018

Goditi l'attesa...

...e dopo sarà ancora più bello.


   Voi forse non ci crederete, ma la mia fidanzata aveva dei dildo grossi quasi un metro. Io non ci potevo credere che riuscisse ad infilarseli su per il culo, e infatti una volta glielo dissi. E allora lei mi rispose che invece sì, ce la faceva. E allora me ne diede la prova. Ne prese uno e se lo fece scivolare nel condotto anale in tutta la sua interezza. Io non potetti credere ai miei occhi; era riuscita a farsi entrare in culo quella montagna di silicone, senza neppure troppe difficoltà. Beatrice aveva certamente il culo molto allenato, ma non avevo mai visto una cosa del genere. La mia fidanzata era una vera e propria acrobata del sesso anale. Non c’era nulla che non riuscisse a infilarsi dentro. Aveva il culo così sfondato che per lei infilarsi quel dildo di un metro dentro era una passeggiata. E infatti la pratica di infilarsi di tutto nell’orifizio anale era uno dei suoi numeri che faceva quando si esibiva allo strip bar. Una volta si era infilata ben sei arance nel culo, e poi le aveva risputate fuori sul suo pubblico, il quale rimaneva sempre estasiato di fronte a questo tipo di performance. Beatrice non aveva limiti. Si infilava dentro tutto ciò che voleva, con una disinvoltura impressionante.
   Ma ritorniamo alla cena con Godzilla, il cliente dello strip bar che spesso Beatrice portava nel privè per farci l’amore. A breve sarebbe passato a prenderci con la sua auto, e poi saremmo andati a mangiare. La mia fidanzata era in bagno che stava finendo di truccarsi, e io stavo curiosando tra le sue cose e incappai in alcune fotografie che erano attaccate con delle calamite al frigorifero della cucina. Erano foto che ritraevano lei in svariate occasioni, per esempio insieme alle sue amiche (la maggior parte delle quali  erano transgender come lei). Poi c’era anche una fotografia che ritraeva noi due, e ricordo anche quando era stata scattata; avevamo appena finito di fare l’amore, e lei aveva voluto scattare quella fotografia di noi due nudi stretti in un tenero abbraccio. E poco più sotto di questa immagine c’era la fotografia di un giovane bello come il sole, con uno sguardo penetrante e seducente da felino. Era al mare, in costume da bagno a slip, e aveva un fisico atletico e la pelle liscia come la seta. Era la mia Beatrice prima di diventare donna. Dai suoi occhi si evinceva una cospicua dose di insicurezza e un grande conflitto interiore che probabilmente stava affrontando in quel periodo, poco prima di diventare la Beatrice che ho conosciuto io.
   Intanto lei aveva finito di truccarsi ed era uscita dal bagno, e venne verso di me che intanto ero rimasto in cucina a contemplare quella fotografia. La vidi arrivare con quel vestito da sera molto provocante, e sui suoi tacchi a spillo che donavano ai suoi movimenti un’eleganza e una sensualità che avrebbe fatto invidia a qualsiasi ragazza.
   “Questa foto è bellissima” le dissi indicandogliela. “Sai, avrei sempre voluto chiederti qual’era il tuo nome prima di diventare Beatrice” era una cosa che non le avevo mai chiesto fino a quel momento, forse perché avevo paura di sentirmi dire che non aveva voglia di dirmelo.
   “Che importanza ha?” mi chiese. “Ormai quel ragazzo della fotografia non esiste più”.
   “Beh, questo non è vero. Quel ragazzo sei tu. Hai cambiato aspetto e forma, ma sei sempre tu”.
   “Perché ti interessa così tanto? L’importante è che adesso c’è la tua Beatrice”.
   Praticamente non voleva dirmelo, e allora lasciai perdere. Perché insistere se non era ancora pronta per parlarmi del suo passato? Forse un giorno l’avrebbe fatto, e io potevo aspettare. Per il momento avevamo un appuntamento con Godzilla, il quale passò a prenderci in macchina e poi ci portò a cena in un ristorante che conosceva lui, in aperta campagna e quindi lontano da occhi indiscreti. Lungo il tragitto Godzilla era già arrapato come un toro. Era l’effetto che gli faceva la mia Beatrice. Vederla scatenava in lui voglie porchissime incontrollabili, e a quel punto si trasformava, da uomo comune quale era diventava una specie di predatore sessuale senza scrupoli, che poi si placava soltanto dopo aver sborrato. E quindi durante il tragitto ad un certo punto, proprio mentre stava guidando, si tirò giù la lampo dei pantaloni e fece uscire fuori il suo enorme cazzo. Io ero seduto dietro, ma riuscii comunque a vederlo, e allora capii perché la mia Beatrice lo aveva ribattezzato Godzilla. Poi mise una mano dietro la nuca della mia fidanzata, che era seduta accanto a lui, e cercò di farla abbassare sulla sua erezione per mettergliela in bocca, ma lei si divincolò.
   “Aspetta tesoro” protestò. “Che fretta hai? Abbiamo tutta la notte”.
   “Non vedi quanto sono arrapato? Dai, ti prego. Fammi venire con la bocca, come sai fare tu. Non posso aspettare”.
   “Amore prova a rilassarti” rispose Beatrice. “Goditi l’attesa, e vedrai che dopo sarà ancora più bello”.
   Ma Godzilla era già al settimo cielo, e aspettare sarebbe stato un vero tormento. Ma la mia Beatrice era stata molto convincente, così lui sbuffò e rimise il cazzo duro dentro i pantaloni e tirò su la lampo. D’altronde lui non lo capiva perché era troppo arrapato, ma venire subito equivaleva a rovinare la serata. E invece la mia fidanzata lo sapeva bene, e quindi aveva deciso di temporeggiare.
   “Hai sempre così tanta fretta di venire” gli disse. “Facciamo l’amore e poi scappi via come un ladro. Stasera invece ho voglia di conoscerti meglio. Ho portato anche il mio fidanzato perché gli parlo spesso di te, e quindi volevo presentartelo”.
   “Secondo me lo hai portato perché gli piace guardare” rispose lui con un tono davvero poco amichevole, quasi come se la mia presenza in qualche modo lo mettesse di cattivo umore.
   “In realtà l’ho portato con me perché siamo molto innamorati” continuò lei. “E ci piace condividere le cose”.
   Godzilla era di umore nero, perché era arrapato da far schifo e la mia fidanzata al momento non voleva saperne di accontentarlo. Lei cercò di farlo parlare, di fargli raccontare qualcosa della sua vita, ma lui rispondeva in modo svogliato. Era evidente che non aveva voglia di parlare, ma soltanto di chiavarsi Beatrice. Ma se lei si fosse lasciata montare subito probabilmente la serata si sarebbe conclusa lì.
   “Tesoro, io non sono solo un buco da riempire” gli disse la mia fidanzata accarezzandogli delicatamente il viso. “Forse tu non te ne sei accorto, ma oltre al condotto anale ho anche dei sentimenti”.
   “Lo so, lo so” rispose Godzilla con un filo di voce. Era talmente eccitato che le parole gli uscivano a stento.
   “E allora visto che lo sai perché continui a trattarmi come una puttana?” il tono di voce di Beatrice non era affatto polemico, anche se poteva sembrarlo, ma al contrario era un modo di parlare molto affettuoso, molto dolce. Era come se stesse cercando di farlo ragionare e di tranquillizzare l’animale assetato di sesso che albergava in lui. In verità in ognuno di noi c’è un’animale assetato di sesso, ma il suo era così feroce e prepotente che gli annebbiava la mente. E in quel momento la mia fidanzata stava cercando il modo di addomesticarlo. Ed ero quasi certo che ci sarebbe riuscita.

Rocco. 
   

martedì 24 aprile 2018

Appuntamento con Godzilla.

(note: abbiamo problemi tecnici con la rete, per cui i racconti potrebbero non essere pubblicati regolarmente)


   Ovviamente non è che tutti vedevano la mia Beatrice con gli occhi dell’odio e dell’intolleranza, c’era anche chi la guardava come una diva, e mi riferisco ai suoi numerosi ammiratori che bazzicavano lo strip bar dove lavorava. Per alcuni di loro la mia fidanzata era una vera e propria dea del sesso da venerare inginocchio. E spesso la ricoprivano di regali costosi, tipo bracciali d’argento, collier di perle e vestiti da sera provenienti da atelier molto importanti. Ovviamente mi rendevo conto benissimo che ogni regalo che le veniva fatto corrispondeva a un pompino o a una penetrazione anale. Ma lei ormai non me lo nascondeva più. Prima me lo aveva tenuto nascosto, ma adesso mi diceva ogni cosa. E io sapevo bene che quando c’era un cliente piuttosto facoltoso lei lo portava nei privè dello strip bar e si faceva fare il culo o lo sbocchinava per bene. Ecco perché tutti quei regali.
   Mi aveva raccontato in particolare di uno di questi clienti “facoltosi”, il quale lei lo aveva ribattezzato Godzilla, perché aveva un cazzo decisamente grosso. Aveva all’incirca quarant’anni ed era sposato, però veniva lì allo strip bar per evadere dalla monotonia della sua vita coniugale. Ebbene, ogni volta che andava al locale i suoi occhi cercavano esclusivamente la mia Beatrice. Le regalava spesso delle cospicue somme di denaro, e allora lei lo portava nel privè. Non appena entravano lui le saltava letteralmente addosso; aveva una voglia di farsela che non ci capiva più niente. Era una vera furia, e allora lei prima gli faceva un pompino e poi si metteva in ginocchio sul divanetto dandogli le spalle e il busto piegato in avanti, con le natiche oscenamente aperte e il buco del culo ben in mostra, e allora lui a quel punto la faceva sua, afferrandola per i fianchi e chiavandosela di brutto. Poi dopo aver sborrato (lo facevano col preservativo, e quindi la sua sborra si riversava copiosa tutta nel serbatoio del condom) si rivestiva frettolosamente e scappava letteralmente via, salutandola a stento.
   “Secondo te perché si comporta così?” mi chiese dopo avermi raccontato di questo Godzilla, come lo chiamava lei.
   “Forse perché essendo sposato ha il rimorso di aver appena tradito la moglie con una transgender” mi sembrava l’ipotesi più plausibile.
   Probabilmente Godzilla quando arrivava allo strip bar era così arrapato che perdeva completamente la ragione, e poi gli ritornava soltanto dopo aver sborrato. Però comunque Beatrice mi disse che se fosse stato come dicevo io allora non sarebbe più dovuto ritornare, e invece lui puntualmente si rifaceva vivo nel fine settimana e se la scopava, e poi di nuovo se ne andava via senza dire una parola.
   “Il fatto è che agli uomini quando parte il cervello a causa delle loro pulsioni sessuali non riescono a controllarsi” risposi. “Poi dopo essere stati appagati ripensano a quello che hanno fatto. Alcuni uomini si ficcano in guai seri per questo motivo”.
   Poi Godzilla ritornò a fare visita alla mia fidanzata. Non ne poteva fare a meno. La mia Beatrice era il suo appuntamento settimanale che gli permetteva di dimenticare il fatto di essere un uomo infelice. Perché secondo me questo era Godzilla, un uomo malato di infelicità, e la mia Beatrice era la sua medicina. Però questa volta la mia fidanzata cercò di parlargli; di solito lui non ne voleva sapere di parlare, voleva andare soltanto nel privè e farsela. Beatrice invece, dopo averlo portato nel privè e dopo aver chiuso accuratamente la tenda rossa che assicurava la privacy del cliente, gli domandò se aveva voglia di parlare. Ma lui le saltò addosso, come ogni volta, e si tirò fuori il cazzo già bello dritto e pronto per l’amore. Ma Beatrice cercò di calmarlo, dicendogli che non doveva avere tutta quella fretta, perché avevano tutto il tempo che volevano per godere. Ma lui non poteva aspettare, voleva (anzi, doveva) farlo subito, e allora l’afferrò per i capelli e la fece inginocchiare davanti al suo enorme palo di carne, piantandoglielo davanti alla bocca e attendendo che lei facesse il suo lavoro.
   “Ok, se proprio non puoi aspettare allora l’amore lo facciamo subito, ma devi promettermi che una di queste sere mi porti a cena fuori”.
   “Va bene, ma adesso inizia a sbocchinare come sai fare tu, ti prego” rispose lui quasi in preda ad una crisi di astinenza. Voleva la sua dose settimanale di Beatrice, e la voleva subito.
   “Con noi ci sarà anche il mio fidanzato” gli disse. “Mi piacerebbe fartelo conoscere. Ti va?”.
   “Sì sì, tutto quello che vuoi, ma adesso comincia” a quel punto Godzilla afferrò il suo cazzo dalla base e lo mise in bocca a Beatrice, e lei iniziò a lavorarselo per bene.
   E così due giorni dopo andammo a cena fuori con Godzilla. Beatrice mi disse che non credeva che avrebbe mantenuto la promessa. Credeva che lui avesse detto di sì solo per farla stare zitta e metterle il cazzo in bocca. E invece poi lui le aveva mandato un messaggio su what’s up e aveva confermato l’appuntamento. Così, dopo aver finito di lavorare, andai a casa di Beatrice ad aiutarla a scegliere il vestito da indossare per quella cena. Lei voleva mettere su un vestito che fosse elegante ma allo stesso tempo molto porco. E devo dire che non fu affatto difficile trovarne uno; Beatrice infatti aveva una ricca collezione di abiti da utilizzare a seconda delle situazioni che le si presentavano. Così scelse un vestito molto corto, con un’apertura dietro che le metteva a nudo la schiena, e davanti aveva uno scollo molto generoso che ero certo che avrebbe messo a dura prova le sue tette, dal momento che avrebbero tentato di scivolare fuori in continuazione. 
   Mentre lei si truccava, con maniacale attenzione per i dettagli, io mi misi a curiosare un po' in giro. Il monolocale in cui viveva era sempre in disordine. La cucina poi, era piena di piatti sporchi e avanzi di cibo dappertutto. Beatrice non era mai stata fissata con l’ordine. Più che un appartamento sembrava la tana di un’animale selvatico. Spesso glielo facevo notare e lei scoppiava a ridere. Mi diceva: “stai dicendo che sono un’animale?”. E io: “sì, una pantera assetata di sesso”. E lei: “ah sì?”. Le piaceva un casino quando le dicevo che era una pantera, e allora lei a quel punto si comportava appunto come se lo fosse, e mi saltava addosso facendo finta di darmi dei morsi. E poi di solito quando faceva così finiva che facevamo l’amore.
   Tra la sua roba sparpagliata in giro c’erano anche i suoi sex toys: butt-plug, vibratori, masturbatori e dildo di ogni colore e dimensione. Una volta gliene avevo regalato uno io di sex toys, era un butt plug con una coda nera. Non so se ne avete mai visti, ma ci sono dei butt plug che hanno una coda attaccata all’estremità. Si infila il giocattolo nel buco del culo e quindi poi sembra che chi lo indossa abbia una coda. E io gliene avevo comprato uno con una coda nera tipo quella di una pantera, perché appunto lei impazziva quando le dicevo che assomigliava a quel felino gigante. Quel butt plug caudato le piaceva così tanto che lo indossava molto spesso quando facevamo l’amore. Ovviamente poi ad un certo punto lo toglieva per fare spazio a me.

Rocco.

giovedì 19 aprile 2018

Un rapporto

di complicità.


   Quel doppio pompino insieme alla mia fidanzata cambiò ogni cosa. Si instaurò infatti un rapporto di complicità incredibile, che in qualche modo solidificò il nostro amore. Lo capii immediatamente, da come Beatrice mi guardava negli occhi mentre le nostre bocche percorrevano quell’enorme pezzo di carne. Il suo sguardo era molto eloquente, e mi parlava, mi diceva: “ti amo con tutta me stessa, perché stai facendo questa cosa con me, perché hai deciso finalmente di giocare con me insieme agli altri uomini”. Era come se fosse il suo sogno erotico da sempre, avere un fidanzato con cui condividere il piacere dei cazzi duri. Tra me e la mia fidanzata si era finalmente instaurata una sintonia che non c’era mai stata; prima era tutto diverso, io ero sempre stato molto innamorato di lei, e lei pure, ma non quanto me, perché lei amava anche gli altri uomini. Ma dopo quello che era successo quel giorno, cioè dopo essere stati rimorchiati in spiaggia, e dopo aver avuto quel simultaneo rapporto orale, era come se si fosse aperto un mondo. Finalmente anche Beatrice aveva iniziato ad amarmi in modo incondizionato, come io amavo lei, perché aveva ormai trovato un “complice”. E cos’è un rapporto d’amore se non un rapporto di complicità?
   Comunque il toro, dopo aver eseguito una colossale cumshot sul viso di Beatrice (solo sul suo, io mi limitai a leccarle un po' di sborra dalle guance), ci fece accomodare in soggiorno, e ci offrì qualcosa da bere, altro succo di frutta come prima di fare l’amore. Restammo nudi tutta la serata a chiacchierare e a conoscerci meglio. Poi verso mezzanotte ci accompagnò a casa in macchina. Ci scambiammo i numeri di telefono con la promessa di rivederci presto. E comunque certamente lo avremmo rivisto lì alla spiaggia nudista dove lui ci aveva rimorchiato, perché sia lui che noi ne eravamo dei frequentatori abituali.
   Tra l’altro non so come, ma la voce che io e Beatrice eravamo una coppia facile da rimorchiare si era diffusa su tutta la spiaggia nudista. Forse perché eravamo un po' come una piccola comunità, e quindi si sapeva tutto di tutti. Si sapeva infatti che la coppia con l’ombrellone verde era una coppia di mezza età a cui piacevano i giochi di sottomissione. E si sapeva anche che la coppia di ragazze con l’ombrellone a pois preferiva non essere disturbata per nessun motivo, quindi gli uomini in cerca di avventure dovevano stargli alla larga, altrimenti si sarebbero beccati un bel due di picche grosso come una casa. L’amore preferivano farlo da sole, e non avevano bisogno di uomini per essere appagate. E quindi, dopo essere stati rimorchiati dal toro, anche di me e Beatrice si venne a sapere tutto, e principalmente che eravamo una coppia facile da rimorchiare. E infatti furono numerosi i tentativi di rimorchio da parte di avventurieri in cerca di divertimento, a cui nella maggior parte dei casi non ci siamo mai sottratti. Insomma, la nostra vita intima diventò notevolmente appassionante e ricca di sorprese.
   Certo non tutti approvavano quello che facevamo con gli altri uomini; le ragazze con l’ombrellone a pois, quelle che non volevano essere disturbate, spesso ci guardavano in malo modo. E una volta lessi il labiale di una delle due che diceva: “quei due mi fanno vomitare”. Si riferiva a noi, lo capii perché mentre diceva quella cosa guardava nella nostra direzione. Quindi era inequivocabile; stavano parlando di me e Beatrice. Ma d’altronde ero sempre preparato a questo genere di commenti, perché non tutti riuscivano ad accettare il nostro stile di vita. Alcune persone facevano persino fatica ad accettare il fatto che Beatrice non era una ragazza come tutte le altre; Beatrice era per metà uomo, e per alcuni era motivo di imbarazzo e disgusto. Per farvi un esempio vi racconterò un episodio che era successo proprio in spiaggia. Devo premettere però che la spiaggia nudista che eravamo soliti frequentare, da tutti ribattezzata “l’ultimo scoglio” per via di uno scoglio molto imponente che delimitava la zona naturista, era spesso meta di curiosi provenienti da altri lidi dove il costume da bagno era d’obbligo. Ci venivano per la morbosa curiosità di vedere noi che non avevamo alcun problema ad andare in giro nudi. E alcuni ci guardavano con disgusto. Un giorno vidi due donne in costume da bagno che provenivano dall’altra parte dello scoglio (dove appunto il nudismo era vietato); erano entrambe sui cinquant’anni, e venivano verso di noi. Io e Beatrice eravamo a riva, con l’acqua che ci arrivava alle caviglie, intenti a goderci il sole e la brezza marina. Le due donne ci passarono accanto, e vidi una di loro guardare in modo sdegnoso la mia fidanzata. Dopo averla squadrata dalla testa ai piedi disse una cosa molto cattiva: “che schifo. Certe cose ti fanno passare la voglia di vivere”. Nonostante lo avesse detto a bassa voce, in modo da farsi sentire soltanto dalla sua amica, ero sicuro che Beatrice avesse sentito bene quelle parole, ma fece finta di niente. Forse ci era abituata. Io invece mi intristii molto, perché quelle parole mi fecero davvero male.
   Possibile che certe persone fossero così cattive e insensibili da criticare e denigrare una persona pur non conoscendola? E per quale motivo poi? Cosa aveva fatto di male la mia Beatrice a quella donna? Assolutamente niente. Eppure lei si era arrogata il diritto di criticarla, soltanto perché era una transgender. Il fatto è che per certe persone, soprattutto se hanno il cervello poco sviluppato, la diversità è percepita come una minaccia. Quella donna aveva detto che Beatrice le faceva passare la voglia di vivere, ma lo sapete cos’è invece che la fa passare a me? Il fatto che ci siano bestie che la pensano in questo modo. Se non ci fossero sarebbe un mondo perfetto.
   A quel punto provai per la mia fidanzata un incredibile tenerezza, e allora l’abbracciai da dietro e iniziai a tempestarle il collo e le spalle di baci, e le sussurrai che era speciale sotto ogni punto di vista, e lei mi rispose semplicemente: “lo so”. E con le mani le accarezzai il corpo, raggiunsi le tette e le strinsi con desiderio. Intanto il mio cazzo si era indurito in modo indecente, e premeva in mezzo alle sue natiche. Aveva voglia di entrare nel suo condotto anale. Iniziarono a guardarci tutti perché quello che stavamo facendo era puro esibizionismo. E a qualcuno piaceva, tranne che alle ragazze con l’ombrellone a pois, le quali erano poco avvezze a questo genere di effusioni in pubblico. Però gli altri sembravano apprezzare molto, perché non c’è cosa più bella che vedere due innamorati che fanno l’amore.

Rocco.  
  

martedì 17 aprile 2018

Due bocche

sono meglio di una.

(in foto: Cipriana, Backstage with Cipriana, 21Sextury.com)


   Il toro aveva un nome. Io finora l’ho sempre chiamato così, perché mi dava appunto l’impressione di un toro. Era ben messo, aveva un corpo muscoloso ma non troppo da sembrare un canotto. E poi, come già ho detto nel post precedente, aveva un cazzo incredibile. Era insomma un vero bull di razza. Il suo nome era Ercole. Un nome molto appropriato, non credete? Tanto che io in principio non volevo crederci, e credevo che stesse scherzando. E invece lui mi disse che il suo nome era proprio quello: Ercole.
   Non appena entrammo nell’appartamento mi resi conto che il toro, Ercole, abitava in una specie di tana. C’era molta confusione, preservativi usati dappertutto e lingerie porchissima buttata in ogni angolo (probabilmente erano i suoi trofei di caccia). Lui comunque si comportò da buon padrone di casa, facendoci fare un giro in tutte le stanze e poi alla fine ci offrì qualcosa da bere, un succo di frutta per la precisione, che bevemmo in piedi come tre amici che stavano brindando ad un’occasione speciale. Beatrice continuava a guardarlo con quegli occhi a cuoricino. Un po' guardava lui, e un po' guardava il suo grosso cazzo. Non riusciva a farne a meno di farlo. Ne era proprio innamorata. In effetti era uno spettacolo, e come vi dicevo nel post precedente anche io provavo una forma di attrazione verso di lui. Perché nasconderlo? Mi eccitava guardarlo, e mi eccitava maggiormente l’idea di poterci entrare in contatto, anche se la vedevo come una possibilità assai remota. Ero quasi certo che lui non me l’avrebbe permesso. Ma invece, come vi racconterò dopo, mi sbagliavo.
   Ebbene, quando Beatrice ebbe finito di bere il suo succo di frutta, Ercole le prese il bicchiere dalle mani e lo posò gentilmente sul davanzale della finestra che dava sul mare. Eravamo all’ultimo piano e c’era una vista mozzafiato. Era venuto il momento di passare ai fatti. Il petting lo avevano già fatto in ascensore, quindi adesso potevano saltare questa parte e passare direttamente all’amore vero e proprio. E allora il toro prese la mia fidanzata per i capelli, ma gentilmente, senza tirare, e la fece inginocchiare davanti a lui. Beatrice si trovò di nuovo la sua trave davanti alla bocca, proprio come in macchina, e quindi lo riprese in bocca proprio come prima, in modo famelico, quasi come se non ne vedesse uno da anni e anni. E invece ne vedeva continuamente, come già vi ho detto, ma certamente non di quella portata. Perché di quella portata davvero se ne vedono pochi.
   Io comunque non ero proprio a mio agio, nel senso che stavo rosicando non poco, non per il fatto in se che Beatrice stava facendo l’amore con un altro uomo, ma piuttosto perché lo stava facendo con tutta quella passione, quasi come se fosse completamente cotta di lui. Era questo che proprio non mi andava giù. E allora cercai di distrarmi, e allora diedi un’occhiata in giro; guardai dalla finestra quell’infinito oceano d’acqua che c’era fuori, ma ogni tanto mi giravo a sorvegliare quello che succedeva nel salotto, dove appunto la mia Beatrice stava facendo godere con la bocca il toro. Poi ad un certo punto decisero di spostarsi in camera da letto, dove sarebbero passati alla penetrazione anale, ma io gli dissi che potevano andare senza di me, e che avrei aspettato che avessero finito, per poi riprendere la mia fidanzata e andare via.
   “Davvero vuoi rimanere lì a guardare fuori dalla finestra?” mi domandò Ercole. “Dai, non essere timido. Vieni a divertirti con noi”.
   “No grazie, non sono dell’umore giusto”.
   “Certo che sei proprio strano” continuò. “Hai una fidanzata così gnocca e così porcella e dici di non essere dell’umore giusto. Cerca di divertirti di più, amico mio, che la vita è breve” e diede una bella sculacciata su una natica di Beatrice. Dopodiché se ne andarono in camera da letto, dove appunto la mia fidanzata si mise a quattro zampe sul materasso e lui gli si mise sopra, con le gambe curve su di lei e il cazzo premuto contro il suo buco del culo, e con delicatezza lo fece scivolare dentro (dopo averlo inondato di lubrificante) facendoglielo arrivare fino alle palle. A quel punto iniziò a pomparla di brutto, tenendole le mani sui fianchi, e ogni tanto sculacciandola poderosamente. Io ero rimasto fuori dalla camera da letto, ma sentivo bene cosa stava succedendo dentro. Sentivo la mia Beatrice rantolare come un animale ferito, e sentivo lui che ripeteva in continuazione sempre le stesse cose, quasi come una cantilena. Diceva: “lo senti? ce l’hai dentro fino alle budella”, oppure: “te lo sto facendo arrivare in bocca il mio bel cazzone”. E ogni tanto l’ammoniva, non so per quale motivo, forse perché lei voleva cambiare posizione, e allora lui: “stai giù”. E: “Stai buona, che non abbiamo ancora finito”. Era indubbio che era lui che stava comandando il gioco. Ma d’altronde non poteva essere altrimenti. Un bull come lui stava sempre al comando.
   Ad un certo punto decisi di entrare anche io. Che diavolo! Mi dissi. Avrò il diritto di vedere cosa sta succedendo? Se devo dirla tutta lo feci più che altro per dimostrare a lui che quella situazione non mi dava fastidio nemmeno un po'. In verità era proprio il contrario. Non vedevo l’ora che fosse tutto finito. E appena varcai la soglia della camera da letto ebbi l’impressione di trovarmi di fronte ad una scena che aveva un qualcosa di selvaggio e primitivo, quasi come una lotta greco-romana, in cui due uomini si azzuffano coi loro corpi uno sopra l’altro, che non sai mai quanto è effettivamente un incontro di lotta o un appassionato incontro amoroso. Lui aveva completamente sottomesso il corpo della mia fidanzata, tenendogli una mano premuta contro la schiena e quindi la teneva ferma e con il petto premuto contro le coperte del materasso, e lui le stava sopra e la penetrava analmente senza alcun freno, senza preoccuparsi minimamente se a lei stava piacendo oppure no. Sembrava inarrestabile come una macchina che aveva come unico scopo quello di distruggere il condotto anale della mia Beatrice. Però poi ad un certo punto lo fece uscire; era arrivato il momento della cumshot, e quindi fece mettere la mia fidanzata in ginocchio davanti a lui e gli piantò un’altra volta il cazzo in bocca, e lei lo prese quasi passivamente, era troppo esausta e stordita per poter fare qualsiasi cosa. Si lasciò semplicemente penetrare la bocca.
   Il toro guardò verso di me e mi sorrise.
   “Se vuoi c’è posto anche per te” mi disse.
   “Per me?” domandai sbigottito. Stava scherzando o stava dicendo sul serio? Non riuscivo a capire se voleva solo prendermi in giro oppure era una proposta concreta.
   “Sì, vieni a metterti qui, in ginocchio vicino alla tua fidanzata”.
   “E cosa ci vengo a fare?”.
   “Due bocche sono meglio di una”.
   Non sapevo cosa fare. In fin dei conti come vi dicevo prima provavo un’irresistibile attrazione per l’enorme palo di carne di Ercole. E in quel momento sentivo il cuore battermi in modo incontrollato, e sentii le gambe tremarmi dall’eccitazione, sentivo che volevo farlo. Ma in verità avrei voluto farlo fin dal primo momento che lo avevo visto, lì alla spiaggia nudista. Soltanto che adesso quella fantasia si stava concretizzando, e io non dovevo fare altro che inginocchiarmi di fianco alla mia fidanzata e prenderlo in bocca. E allora mi avvicinai timidamente, e il toro mi tranquillizzò dicendomi che non avevo nulla da temere, che non c’era niente di male nel farlo. E quindi lo feci. Mi misi accanto a Beatrice e iniziai a lavorare di bocca anch’io. E fu bellissimo.

Rocco.
     

giovedì 12 aprile 2018

L'ultimo scoglio.

L'ultimo scoglio.

(in foto: Jonelle Brooks, JonelleBrooks.com)


   Come vi ho detto nel post precedente, Beatrice si faceva rimorchiare con una facilità imbarazzante. La maggior parte delle volte lo faceva in cambio di denaro, ma altre volte invece lo faceva perché le andava di farlo, perché magari incontrava un toro da monta che gli piaceva davvero e allora si faceva ingroppare. Una volta è successo che si è lasciata rimorchiare addirittura in mia presenza, anche se per essere più preciso devo dire che avevano rimorchiato entrambi, sia lei che me. Questo di solito è quello che succede alle coppie cuckold, e cioè che il bull rimorchiando la donna rimorchia anche il suo uomo, invitandolo a guardare quello che sarebbe successo, e cioè la presa di possesso della lei della coppia da parte del toro. Però io e Beatrice non avevamo mai avuto un’esperienza cuckold, e quindi non eravamo una coppia incline a questo genere di pratiche. Lei andava a letto con altri uomini, questo sì, ma mai in mia presenza. E invece quel giorno successe proprio questa cosa: un toro si mise a rimorchiare Beatrice davanti ai miei occhi e lei ci stava, si lasciava corteggiare e sembrava felice come una pasqua di questo. E io, a quel punto, ero diventato automaticamente il fidanzato cuck che assiste alla presa di possesso della sua ragazza.
   Questo episodio è accaduto al mare. Io e Beatrice eravamo soliti frequentare una spiaggia naturista che si chiamava “l’ultimo scoglio”, ed era una spiaggia sì naturista ma principalmente frequentata da gente che ci veniva solo per scopare. C’erano molti transgender come Beatrice, qualche coppia in cerca di trasgressione e un sacco di allupati che avrebbero ficcato il loro biscotto in qualsiasi tipo di buco. Noi ci andavamo prima di tutto perché era una spiaggia incontaminata, che per arrivarci dovevi fare un chilometro a piedi, e quindi questo ti assicurava una serenità che avresti faticato a trovare altrove. E poi ci andavamo perché era la spiaggia preferita dalle amiche di Beatrice, tutte ragazze come lei, cioè munite di un pezzo di carne tra le gambe.
   Ebbene quel giorno, quando fummo rimorchiati, in spiaggia non c’era quasi nessuno. C’erano tre o quattro ombrelloni piantati nella sabbia, tra cui il nostro. Io e Beatrice eravamo a riva, con l’acqua che ci arrivava fino alle caviglie, senza dirci nulla, semplicemente eravamo lì a lasciarci baciare dal sole e a goderci quel caldo pomeriggio. Ad un certo punto ci si è avvicinato questo toro. Devo dire che non mi ero accorto della sua presenza in spiaggia, eppure era lì già da un pezzo e ci stava osservando da parecchio. E infatti per rompere il ghiaccio ci disse subito questa cosa, e cioè che non riusciva a fare a meno di guardarci.
   “Sai, hai una fidanzata molto bella” mi disse, e allo stesso tempo accarezzò il viso di Beatrice, la quale se lo lasciò fare con molto piacere. Mi accorsi subito che Beatrice era già sua. Quando lei decideva che voleva dare via il suo buco del culo ad un uomo lo si capiva subito. Lo capivo da come guardava l’uomo in questione, con quei suoi occhi carichi d’amore e di passione. Praticamente era un libro aperto, e quando decideva di darsi via te lo faceva capire senza tergiversare troppo.
   Tra l’altro il toro aveva un cazzo enorme, ed era già bello duro, svettante verso l’alto, che non vedeva l’ora di entrare nel corpo della mia Beatrice. Era così grosso che né io né lei potevamo fare a meno di guardarlo, lei perché probabilmente aveva l’acquolina in bocca, e quindi lo avrebbe accolto molto volentieri in culo, e io perché ero affascinato da tutta quella potenza sessuale, e… sì, in fondo ne ero attratto anche io. Come posso nasconderlo? Mi piaceva un casino. Era proprio la massima espressione del sesso. Quella cappella turgida rosa, come un bombolone gigante alla fragola, e con un corpo possente contornato da grosse vene verdi e viola, e quelle grosse palle taurine sotto, pronte per essere svuotate nel condotto anale della mia Beatrice, o forse sul suo viso, con una colossale cumshot. 
   “Quindi ti piace la mia fidanzata?” gli chiesi. In verità non sapevo cosa dirgli, perché era venuto da noi all’improvviso, e le sue intenzioni erano così evidenti, voleva incularsi Beatrice. E lei lo aveva capito benissimo, e non sembrava dispiacergli, anzi, sembrava decisamente propensa a dargli ciò che voleva. E io non sapevo precisamente come comportarmi; potevo dirgli che essendo la mia fidanzata non poteva averla, oppure potevo temporeggiare e vedere come andava a finire quella storia. E quindi decisi di adottare la seconda possibilità.
   “Perché, non si vede?” domandò divertito spingendo il busto in avanti e mettendo in mostra (come se non ci avessimo fatto ancora caso) la sua enorme erezione.
   “Certo, solo un cieco non lo vedrebbe” risposi guardandolo di nuovo, e anche Beatrice ci buttò un’altra occhiata, ma morsicandosi il labbro inferiore e quindi esternando la sua voglia di giocarci e farlo godere. “Un gran bel cazzo, non c’è che dire. Ma non credo che alla mia fidanzata interessi”.
   “Non direi, visto il modo in cui me lo guarda”.
   In effetti aveva ragione. Beatrice era proprio rapita da tutto quel ben di dio. Guardava quella trave di carne con gli occhi a forma di cuoricino. Comunque cercai di portare il discorso da un’altra parte, proprio per perdere tempo e vedere a dove voleva arrivare, ma lui non ne voleva sapere di mollare la presa, continuando a ripetere con insistenza che Beatrice era fantastica, che aveva un culo divino (in effetti il culo di Beatrice avrebbe fatto invidia a qualsiasi ragazza) e una bocca che sembrava fatta apposta per  sbocchinare. E lei ormai era completamente sua, e lui lo sapeva benissimo. Insomma ad un certo punto pensai che fosse giunta l’ora di farmi da parte. Era chiaro l’interesse della mia fidanzata per lui, quindi cosa dovevo fare io? Dovevo solo farmi da parte. Tra l’altro ormai la conversazione tra me e lui era già finita da un pezzo, ormai il dialogo era soltanto tra loro due. Ma più che un dialogo era un vero e proprio flirt spinto, fatto di carezze e ammiccamenti. Quindi decisi di dichiarare la mia sconfitta. Mi avvicinai a loro due e gli dissi che poteva prendersela, perché la mia fidanzata ormai era  sua. Cioè si vedeva che Beatrice si era invaghita di lui. Quindi stando così i fatti io mi toglievo di mezzo.
   “Ma cosa dici?” domandò lui sorpreso.
   “Quello che ho appena detto. Io tolgo il disturbo. Hai tentato di rimorchiare la mia fidanzata e ci sei riuscito, quindi io me ne vado” e lo dissi con molta amarezza, e anche con un pizzico di rabbia, ma lui mi fermò dicendomi che non avevo capito nulla.
   “Cosa intendi dire?” gli chiesi.
   “Io non intendevo rimorchiare la tua fidanzata, io volevo rimorchiarvi entrambi”.
   “Entrambi?!” ero un po' perplesso.
   “Sì, tutti e due. La mia idea era quella di invitarvi a casa mia a passare la serata insieme. Sono sicuro che sarà molto divertente”.
   Capite dov’era il punto? Il toro non voleva lei, voleva entrambi. Ma a quel punto non seppi cosa dire. Guardai Beatrice e lessi nei suoi occhi la sua volontà di accettare l’invito, indipendentemente dalla scelta che avrei preso. Quindi se io dicevo di no lei ci sarebbe andata lo stesso. Quindi decisi di andarci. Perlomeno potevo tenere lui sotto controllo mentre si faceva la mia fidanzata. Perché era ovvio che sarebbe successo.

Rocco.

martedì 10 aprile 2018

sabato 7 aprile 2018

Una famiglia

fuori dalle righe.

(in foto: Eva Notty, tonightsgirlfriend.com)


   Quel pomeriggio fu piuttosto movimentato, perché Moana era arrivata al limite e quindi stava per diventare mamma. Nel giro di mezz’ora eravamo tutti in ospedale, io, i suoi due papà, suo fratello Rocco con la sua fidanzata shemale e Berni. Moana era in sala parto e soltanto uno di noi poteva entrare. Io ero così nervosa che andavo su e giù per la corsia senza dire una parola, e quando qualcuno cercava di rivolgermi la parola io rispondevo sempre in modo sgarbato.
   Ferma sulla porta d’ingresso c’era l’addetta alla sicurezza del negozio di intimo. Era stata lei a portare Moana in ospedale. Si chiamava Michelina, ma nonostante quel nome che potrebbe far pensare ad una ragazza minuta, lei era una montagna di muscoli, con un collo taurino e delle spalle dure come la roccia. Era un’istruttrice di body building, e anche se il suo corpo era così possente come quello di un supereroe dei fumetti, Mariolina aveva un qualcosa che la rendeva incredibilmente provocante. Forse il fascino da dominatrice senza scrupoli. Perché con un corpo come quello poteva essere solo una dominatrice.
   Alla fine si decise che sarei entrata io. E infatti indossai tutto il necessario e mi feci strada in sala parto. C’era Moana che era fradicia di sudore e imprecava come una dannata. Ovviamente non vi sto a descrivere tutto nei minimi dettagli, anche perché furono dieci ore intense, e alla fine mia figlia era esausta, ma diede alla luce una bambina meravigliosa a cui decise di dare un nome storico molto importante: Cleopatra. 
   Cazzo, non potevo crederci. Io, la leggendaria Sabrina Bocca e Culo, sogno proibito della metà della popolazione maschile della città, ero appena diventata nonna. Era così surreale che mi sentivo in uno stato di stordimento continuo. Ad un certo punto, dopo appunto dieci ore in sala parto, e dopo aver assistito alla nascita di mia nipote, mio figlio Rocco si offrì di riaccompagnarmi a casa. In verità non sarei voluta andarmene dall’ospedale, perché non mi andava di lasciare Moana da sola. Ma i suoi due papà mi dissero che con lei ci sarebbero rimasti loro, per cui potevo ritornare a casa e spararmi qualche ora di sonno.
   E in effetti non appena misi la testa sul cuscino crollai stremata.
   Dopo qualche giorno Moana ritornò a casa, e insieme a lei c’era anche la sua piccola Cleopatra. Inutile dirvi che passai le mie giornate accanto a lei per supportarla quanto più possibile. E il suo appartamento era continuamente affollato di amici, parenti e uomini con cui era andata a letto.  Infatti venne anche Nello, con cui da qualche tempo si stava intrattenendo nel suo dolce talamo, e con il quale, come già vi ho raccontato, avevo avuto in passato un rapporto anale. Ovviamente ero quasi certa che il rapporto che aveva con mia figlia aveva i giorni contati. Era soltanto un’avventura che doveva fare il suo corso.
   Tra le altre visite degne di nota ci fu quella del papà di Giuliano, praticamente il nonno biologico di Moana, che quando vide la piccola Cleopatra quasi scoppiò a piangere. Il suo atteggiamento verso di me, come già vi ho spiegato in passato, era notevolmente cambiato. Lui, quando avevo diciotto anni e frequentavo suo figlio, di cui ero perdutamente innamorata, mi considerava una troietta con cui appunto suo figlio Giuliano si sollazzava e basta. E quindi mi trattava di conseguenza, senza alcun rispetto, e alcune volte mi aveva offerto anche del denaro in cambio di sesso anale e orale. Ovviamente io avevo sempre rifiutato senza neppure pensarci. Però questo per farvi capire la considerazione che aveva di me. Ai suoi occhi ero al pari di una puttana di strada. Però le cose poi erano cambiate quando era venuto a conoscenza del fatto che suo figlio mi aveva messa incinta, e che quindi avevo dato alla luce Moana.
   Vennero anche i genitori di Berni, con i quali io e Stefano avevamo sempre avuto un buon rapporto. E devo dire che mi diedero subito l’impressione di trovarsi a disagio e che la loro presenza lì fosse per loro un obbligo più che un piacere. Era chiaro che il problema era il fatto che Moana e Berni si erano lasciati, nonostante la nascita di Cleopatra e nonostante il fatto che continuavano a vivere nello stesso appartamento pur non essendo una coppia. Questo fatto metteva i genitori di Berni molto in imbarazzo, quasi come se si sentissero responsabili di qualcosa che era accaduto. E infatti decisi di mettere in chiaro le cose, e quindi li portai in cucina e gli preparai il caffè, e quindi a quel punto presi il toro per le corna.
   “Non ho potuto fare a meno di notare il vostro pessimo stato d’animo, e devo dire che mi dispiace molto. Ho come l’impressione che c’è qualcosa che vi fa stare male, ma non riesco a capire di cosa si tratta”.
   “Vedi Sabrina, si tratta di nostro figlio” mi rispose il papà di Berni. “Siamo molto dispiaciuti per quello che è successo, e in parte ci sentiamo responsabili. Noi credevamo che le cose sarebbero andate diversamente, che magari il nostro Berni avrebbe sposato la vostra Moana, e che sarebbero stati felici per tutta la vita, e invece non è andata così, e questo ci rende molto tristi”.
   “Cosa volete farci? D’altronde se una relazione non va c’è poco da fare. Anzi, poteva andare peggio. Come potete vedere Moana e Berni continuano a vivere nello stesso appartamento, quindi tra di loro continua ad esserci una specie di legame. Soprattutto adesso che è nata Cleopatra”.
   “Per te e Stefano è tutto così facile” mi rispose lui, “d’altronde voi siete una famiglia così… non so come dire… insolita. Quindi per voi accettare una situazione del genere è più facile rispetto ad una famiglia… tradizionale come la nostra”.
   “Beh, in effetti devo riconoscere che siamo una famiglia fuori dalle righe. A mio marito per esempio piace guardarmi mentre faccio l’amore con altri uomini. Ma questo non vuol dire che non proviamo dispiacere per il fatto che Moana e Berni si sono lasciati. Piuttosto abbiamo accettato questa decisione con razionalità. Ma questa cosa non cambia niente. Berni è un ragazzo con la testa sulle spalle a cui vogliamo un gran bene, e nonostante abbia deciso di lasciare Moana, continuerà ad essere il benvenuto in casa nostra. E anche voi lo sarete”.

Sabrina.

giovedì 5 aprile 2018

Non c'è niente di meglio di una spagnola...

...per farlo sbollentare. 


   Come avrei potuto dire una cosa del genere a Giuliano? D’altronde doveva saperlo, perché Moana era anche sua figlia. Ci pensai lungo tutta la strada che percorsi per accompagnarla dal dottore per la sua visita di controllo. Giuliano avrebbe certamente dato di matto, ma in fin dei conti nostra figlia era adulta e indipendente, per cui non avevamo alcun diritto di dirle chi doveva e chi non doveva frequentare. E poi, pensandoci bene, cosa stava facendo di male? Mica stava andando a letto con uno psicopatico? Nello in fin dei conti era un uomo molto dolce e apprensivo.
   C’era il discorso dell’età, ma in effetti che importanza aveva? Quando mai aveva importato qualcosa? Ma comunque stavo facendo dei discorsi campati in aria, perché ero certa che era un’infatuazione che aveva le ore contate. Presto Moana si sarebbe stancata di lui, e avrebbe cercato qualcosa di nuovo. E anche Nello si sarebbe stancato di lei, perché stare dietro a mia figlia richiedeva molta fatica e certamente una pazienza eccezionale per riuscire ad accettare i suoi continui capricci. E con capricci intendo anche i suoi pruriti erotici che a molti uomini possono addirittura sembrare eccessivi. Sì perché quando Moana era arrapata di brutto diventava davvero una furia, peggio di un camionista, e a quel punto arrivava a fare cose che avrebbero fatto arrossire anche gli uomini più maiali. Infatti Berni ad un certo punto aveva detto “basta”, e a breve avrebbe fatto lo stesso anche Nello.
   In ogni modo dalla visita di controllo venne fuori che era tutto regolare. Quindi accompagnai mia figlia al negozio di intimo e io me ne tornai a casa. C’avevo provato a dirle che era meglio se fino al giorno del parto se ne stava a casa, invece che andare a lavoro, ma lei non ne aveva voluto sapere. Mi aveva risposto che starsene a casa a non fare nulla le faceva venire il nervoso.
   A casa trovai Giuliano ancora sotto le lenzuola della nostra camera da letto. Era mezzogiorno e non aveva alcuna intenzione di mettersi in piedi. Le tende offuscavano la luce che veniva da fuori, per cui la camera era parzialmente illuminata. Di solito Giuliano andava a lavoro dopo pranzo, perché lo strip bar apriva i battenti verso le quattro del pomeriggio, e i primi clienti iniziavano a vedersi non prima delle sei. Quindi aveva tutta la mattinata libera per dedicarsi alla sua passione per il letto (meglio ancora se nel letto c’ero anch’io).
   “Sveglia dormiglione” esultai, poi andai a spalancare le tende facendo entrare la luce che invase tutta la camera.
   “Sono già sveglio” mi rispose, e con una mano tirò via il lenzuolo che lo copriva. Era nudo e mi mostrò con orgoglio il suo corpo atletico e il suo enorme cazzo in erezione. “Ti stavo aspettando”.
   “Lo vedo” non potevo fare a meno di guardarlo. Ero innamorata del suo cazzo. Era eccezionale, non credo di averne mai visto uno più bello del suo. Ogni volta che lo vedevo mi incantavo, e mi veniva subito voglia di prenderglielo, di farlo mio, di riempirlo di baci. Ne ero così attratta che ero costretta ad accontentare ogni sua richiesta. “Ascolta, devo parlarti”.
   “Anche lui deve parlarti” rispose divertito e prendendosi il cazzo in erezione con due dita e mettendolo dritto per esibirmelo meglio, quasi come se io non avessi ancora fatto caso al fatto che era duro come il marmo.
   “Sono certa che ha molte cose importanti da dirmi” continuai sul suo stesso tono scherzoso. “Ma le cose che devo dirti io sono ancora più importanti, e riguardano nostra figlia”.
   A quel punto Giuliano si fece serio e mi ascoltò attentamente. Per tranquillizzarlo gli dissi subito che era tutto ok, e che Moana stava benissimo. Però da quando si era lasciata con Berni aveva cominciato, come era naturale, a frequentare altri uomini.
   “E allora? Dov’è il problema? Moana è giovane e bella come un’attrice di Hollywood, quindi figurati, c’avrà una fila di corteggiatori”.
   “Sì, in effetti ce l’ha. Però lei ultimamente ha la tendenza a scegliere tra questa fila di corteggiatori solo quelli più stagionati”.
   “Stagionati?”.
   “Sì, stagionati, uomini della nostra età e non della sua. E tra questi c’è una nostra vecchia conoscenza, un amico di vecchia data che sono certo che ricorderai bene”.
   “Chi è?” domandò, e il suo sguardo si trasformò improvvisamente in una smorfia di disapprovazione e rabbia. Quindi incominciai a chiedermi se stessi facendo bene a dirglielo. In effetti avrei anche potuto tacere, dal momento che ero certa che quella storia aveva una data di scadenza breve.
   “Nello” risposi.
   “Nello?!” urlò. “Nello Mucca va a letto con mia figlia?”.
   Sì, a diciotto anni tutti lo chiamavano Nello Mucca, per via del fatto che era un po' tracagnotto. Non era molto grasso, era soltanto un po' in carne, per cui gli amici gli avevano affibbiato quel nomignolo crudele. In quel periodo c’era l’abitudine di assegnare soprannomi a tutti. Come ben sapete ne avevo uno anche io. Spesso ci si rivolgeva agli amici usando esclusivamente l’appellativo che gli era stato designato. Era divertente.
   “Se riesco a mettergli le mani addosso...” disse Giuliano, lasciandomi immaginare che era pronto a sfogare la sua rabbia su di lui.
   “Tesoro, non mi sembra il caso. La nostra Moana ormai non è più una ragazzina, per cui può decidere da sola con chi andare a letto”.
   “Tra l’altro se non ricordo male tu e Nello Mucca avete...” anche in questo caso Giuliano non terminò la frase, probabilmente perché in quel momento era subissato dai ricordi.
   “Sì, abbiamo avuto un rapporto anale, e lui si era anche mezzo invaghito di me” a quel punto iniziai a sbottonarmi la camicetta bianca che indossavo e feci uscire fuori le tette. “Ma basta parlare di lui. C’è qualcosa di più importante a cui pensare” dissi riferendomi al fatto che aveva ancora un erezione pazzesca. “Che ne dici di una spagnola?”. 
   “E me lo domandi?”.
   A quel punto mi misi a sedere sui bordi del letto e Giuliano si mise in piedi davanti a me e infilò il suo cazzo duro in mezzo alle mie tette. Io le afferrai con entrambe le mani e iniziai a segarlo facendole andare su e giù. Conoscevo bene il papà di Moana, e sapevo bene che per farlo sbollentare non c’era niente di meglio che una delle mie colossali spagnole.

Sabrina. 
 

martedì 3 aprile 2018

Una ragazza eccezionale.

Una ragazza eccezionale.

(in foto: Fergie, T Shirt and Oranges, HayleysSecrets.com)


   Se nei post precedenti vi ho raccontato l’episodio della cabina è per parlarvi un po' dell’uomo che ho beccato a letto con mia figlia Moana. Quindi capirete da soli che lo conoscevo molto bene, dal momento che ci avevo fatto sesso anale. E lui, dopo avermi sborrato in culo, mi aveva detto di essersi innamorato di me. E io gli avevo risposto che probabilmente diceva così perché avevamo appena finito di fare l’amore. E lui invece aveva insistito, dicendo che mi amava per davvero. Allora a quel punto gli dissi che era meglio se mi dimenticava, perché io ero innamorata di un altro, e cioè di Giuliano.
   E adesso, dopo più di vent’anni, ecco che ricompariva nella mia vita, nel letto matrimoniale di mia figlia a fare l’amore con lei. Se ci pensavo quasi mi sentivo di svenire. Quindi li lasciai finire, perché cos’altro potevo fare? Moana era adulta e vaccinata, e poteva farlo con chi voleva, e io non avevo proprio alcun diritto di obbligarla a smettere. E così me ne stetti in cucina ad aspettare. Ma comunque avevano quasi finito, perché sentivo i loro rantoli di piacere in un crescendo rossiniano che terminò in un esplosione di gioia. A quel punto Moana uscì dalla camera da letto e andò verso il bagno a fare la doccia. Tra un’ora aveva appuntamento dal dottore per una visita di controllo, e io (come da accordi presi in precedenza) mi ero proposta di accompagnarla.
   Dopo qualche minuto Nello venne in cucina, con un telo doccia avvolto intorno alla vita e nient’altro, e mi guardò con un sorriso sincero, come se fosse davvero contento di vedermi. Io invece avevo un’espressione fredda e indifferente. Lui non era molto cambiato; certo aveva tirato su la tipica pancetta della mezza età, e i capelli si erano ingrigiti, ma per il resto mi sembrava identico a com’era l’ultima volta che l’avevo visto.
   “Sabrina!” esultò non senza un pizzico di imbarazzo per via di quella situazione assurda. “Quanti anni sono passati? Venti?”.
   “Forse di più” risposi svogliatamente. “Vedo che hai conosciuto mia figlia”.
   “Sì sì. E devo farti assolutamente i complimenti. Hai tirato su una ragazza eccezionale. Un vero angelo”.
   “Non mi dirai che ti sei innamorato anche di lei” avevo pronta quella freccetta avvelenata fin dal primo momento che li avevo scoperti a letto insieme, e finalmente avevo avuto la possibilità di scoccarla.
   “Sabri, mi rendo conto che quello che hai visto prima potrà sembrarti una cosa del tutto inaccettabile, ma quello che voglio dirti è che non ho alcuna intenzione di approfittarmi di Moana. Certo, la conosco soltanto da pochi giorni, ma ciò che provo per lei è un incredibile affetto, e sono pronto a darle tutto il supporto di cui ha bisogno”.
   “Non preoccuparti, è già supportata abbastanza. Non dimenticarti che la bambina che ha in grembo ha un padre con la testa sulle spalle. E poi ci siamo noi, i suoi genitori, io e Giuliano”.
   “Giuliano?!” quasi stentava a crederci. “Quindi mi stai dicendo che alla fine tu e Giuliano vi siete sposati?”.
   “No, ho sposato un altro uomo. Ma allo stesso tempo ho continuato ad andare a letto con Giuliano, e Moana è il risultato di questa relazione che ho avuto all’infuori del matrimonio. Sorpreso? Hai appena fatto l’amore non soltanto con mia figlia, ma anche con la figlia di uno dei tuoi più cari amici”.
   “Sono senza parole. Come potevo immaginare una cosa del genere?”.
   “Piuttosto, dov’è che l’hai rimorchiata?”.
   “Ecco, devi sapere che di recente ho ottenuto il divorzio da mia moglie. Ultimamente le cose non andavano molto bene. Così i miei colleghi di lavoro per festeggiare mi hanno portato fuori a bere, e siamo andati in un bar di quelli aperti tutto il giorno, di quelli che poi la sera si affollano di ragazzi per intenderci. Erano le sei di pomeriggio, per cui non c’era ancora nessuno, ad eccezione di Moana. Lei era seduta ad un tavolo e stava bevendo un cappuccino e allo stesso tempo stava sfogliando una rivista. Sai come vanno queste cose, io e i miei colleghi abbiamo iniziato a bere, poi uno di loro ha iniziato a fare lo stupido dicendomi che adesso che ero libero potevo ritornare a caccia di donne. Poi mi ha detto che tanto per cominciare potevo farmi avanti con quella ragazza che era seduta al tavolo, cioè tua figlia. Allora io ho obiettato che non mi sembrava il caso, dal momento che era molto più giovane di me ed era visibilmente incinta. E allora, mi ha chiesto il mio collega, sarà pure incinta ma non vedi quanto è carina? In effetti aveva ragione, Moana non era solo carina, era l’incarnazione dell’erotismo. Moana è tutto ciò che un uomo può desiderare. E poi il fatto che era incinta ha scatenato in me una specie di istinto paterno, quasi come se sentissi il desiderio oltre che di farci l’amore anche di accudirla”.
   “Cazzate” obiettai. “Te la volevi scopare e basta”.
   “Non è come dici tu. Non sono un animale. Ho provato davvero un senso di affetto nei confronti di tua figlia, fin dal primo momento che l’ho vista. Così, un po' per sfidare i miei colleghi di lavoro e fargli capire che non avevo alcun timore a fare quello che mi avevano chiesto, mi sono avvicinato a lei e mi sono presentato. Devo dire che fui molto sorpreso dal suo atteggiamento, perché ero quasi certo che mi avrebbe mandato al diavolo facendomi fare la figura dello stupido coi miei colleghi. E invece Moana mi ha accolto al suo tavolo con calore, quasi come se ci conoscessimo da sempre. E allora abbiamo cominciato a parlare, e lei era come un fiume in piena, e mi ha raccontato del suo lavoro, della sua condizione di futura mamma single, e quindi le sue preoccupazioni e le sue aspirazioni. Insomma, mi ha fatto capire che la mia presenza non le dispiaceva affatto. Alla fine mi ha chiesto se mi andava di andare a casa sua. Cosa avrei dovuto fare? Una ragazza giovane e bella come una diva del cinema mi stava chiedendo di trasferirci a casa sua. Ed era naturale che dietro quella proposta si nascondeva un’offerta ben più allettante, cioè quella di fare l’amore con lei. Sabri, io sono un uomo fatto di carne come tutti gli altri, quindi non ho esitato a dirle di sì. E quando i miei colleghi mi hanno visto andare via con  lei quasi non riuscivano a crederci. Avevo appena rimorchiato una gnocca colossale, che tra parentesi era così giovane che poteva essere mia figlia, e a breve ci sarei andato a letto. E infatti così è stato. Siamo venuti qui e abbiamo fatto l’amore”. 
   “Mi vengono i brividi se penso al fatto che vent’anni fa hai avuto un rapporto anale con me e adesso vai a letto con mia figlia. E quando lo verrà a sapere Giuliano ti assicuro che farà il diavolo a quattro. Lui è sempre stato molto geloso della sua Moana”.
   “Sarò pronto ad affrontarlo, perché quello che ho fatto con vostra figlia l’ho fatto con gentilezza e rispetto, quindi non ho alcun motivo di sentirmi in colpa”.

Sabrina.

domenica 1 aprile 2018

L'uomo che stavo aspettando.

Seguito del racconto "Breve storie sull'uomo che si stava facendo mia figlia" pubblicato Venerdì 30 Marzo. 

(in foto: Abella Danger, Big Butt Teen Ass Fucked To Pay BF Debt, Tushy.com)


   La maggior parte delle cabine erano chiuse con un lucchetto, però per fortuna ne trovammo una che era aperta. E quindi ci infilammo dentro e qui finalmente Nello si tolse il costume, e io finalmente ebbi l’occasione di poterlo vedere completamente nudo. Ma lui era molto teso, e quindi non prendeva alcuna iniziativa, quindi toccò a me fare il primo passo, e allora cominciai con un po' di petting e gli circondai il collo con le braccia e iniziai a baciarlo.
   Il suo cazzo duro premeva contro il mio inguine, sentivo il suo frenulo strofinarsi contro la mia patatina depilata alla brasiliana. E mentre lo baciavo con la mano glielo afferrai con decisione e iniziai a masturbarlo delicatamente. Ci volle un po' ma alla fine Nello iniziò a scaldarsi e iniziò a toccarmi anche lui, principalmente il culo, me lo palpava energicamente e ogni tanto mi sculacciava, e il suono del palmo delle sue mani che si infrangeva contro le mie natiche risuonava prepotentemente contro le pareti della cabina. Poi iniziò a toccarmi anche davanti, ma a quel punto decisi di mettere le cose in chiaro.
   “Forse è meglio che ti dica subito che puoi toccarla e leccarla quanto ti pare, ma per quanto riguarda la penetrazione è fuori discussione. Dovrai accontentarti soltanto del mio orifizio anale”.
   “Sì tranquilla, lo so” mi rispose. “Lo sanno tutti che tu dai solo la bocca e il culo. Ma posso chiederti il motivo? Ovviamente hai tutto il diritto di non rispondermi, se vuoi”.
   “E perché non dovrei risponderti? Te lo dico volentieri il perché. Ho deciso che darò la figa soltanto quando incontrerò l’uomo giusto”.
   “E se l’uomo giusto fossi io?” mi chiese.
   “Nello, non te la prendere, ma io non credo che tu sia l’uomo giusto. Sei molto dolce, molto carino, e hai un cazzo fantastico, ma non credo che tu sia l’uomo che sto aspettando”.
   “E come fai a saperlo?”.
   “È una cosa che sento dentro. Una specie di sensazione. Non ti so spiegare con esattezza di cosa si tratta, ma sento che è così. Non sei tu l’uomo che sto aspettando”.
   “Ok, non insisto” disse, e mi diede un altro sganassone sul sedere. “Mi accontenterò di questo”.
   Dopo essersi messo l’anima in pace mi chiese come preferivo farlo, e allora io gli comandai di stendersi per terra, con la schiena contro le tavole di legno, e io gli montai sopra prendendogli il cazzo duro dalla base e infilandomelo nel buco del culo. Quando fu tutto dentro iniziai a cavalcarlo, tenendomi con le mani sul suo petto, e lui teneva le sue sui miei fianchi, e con gli occhi non faceva che guardarmi le tette che nel movimento che stavo facendo cozzavano una contro l’altra in modo convulsivo. Mi piacque molto fare l’amore con Nello, perché a differenza di molti altri ragazzi con cui l’avevo fatto, lui era molto dolce, e soprattutto non aveva strane idee per la testa. E questo certamente era un punto a suo favore. Di solito mi chiedevano di fare certe porcate che nemmeno potete immaginarvi. Invece Nello non mi chiese nulla. Si accontentò di ciò che gli stavo offrendo, e cioè il mio condotto anale. Non mi fece alcuna richiesta stramba. E poi prima di venire me lo disse, quindi lasciandomi la possibilità di decidere se farmi sborrare dentro oppure farlo uscire fuori prima che cominciasse a fiottare.
   Trovai questo gesto molto dolce e allora gli accarezzai il viso amorevolmente e gli dissi che poteva tranquillamente sborrarmi dentro. Così a quel punto vidi il viso di Nello assumere un’espressione di massimo piacere, e sentii il suo seme schizzarmi dentro in modo copioso. Dopo che ebbe finito lo feci uscire fuori e mi distesi accanto a lui. Eravamo entrambi sudati da far schifo e avevamo il fiatone che non riuscivamo neppure a parlare. Però lui la forza di dire qualcosa ce l’aveva. Mi disse una cosa che era meglio se non diceva.
   “Sabri, credo di essermi innamorato di te”.
   “Io credo di no invece” risposi divertita. E poi non ne volevo sentir parlare di uomini che si innamoravano di me. Ero fin troppo cotta di Giuliano, quindi tutti gli altri erano soltanto semplici scappatelle. Almeno così credevo, fino a quando conobbi Stefano. A quel punto trovai uno spazietto nel mio cuore anche per lui. Ma per Nello davvero non riuscii a trovare nemmeno un angolino.
   “E invece ti dico di sì” continuò lui.
   “Naaaa. Sai cos’è che ti fa dire queste cose? È il tuo appagamento sessuale. Ti ho fatto appena sborrare, quindi è normale che tu abbia l’impressione di esserti innamorato di me. Ma non è così. E poi non ti conviene di innamorarti di una come me. Ci soffriresti soltanto. Sono molto vacca e quando vedo un cazzo perdo la ragione, quindi ti tradirei continuamente con altri uomini. Tu meriti di meglio”.
   “Tu sei il meglio”.
   “Nello, te lo ripeto un’altra volta, dici così soltanto perché mi hai appena sborrato nel culo. Ma credimi, non è come dici tu. E poi pure se fosse come dici tu, e cioè che credi di esserti innamorato di me, il problema è che io invece sono innamorata di un altro”.
   “Ah già” rispose lui in modo polemico, “Giuliano. Mi dici cosa ci trovi in lui? Non fa che trattarti come un oggetto. Non capisci che lui con te vuole soltanto divertirsi?”.
   “Cosa ne sai tu di Giuliano?” gli chiesi stizzita.
   “Ne so abbastanza. Lo sanno tutti che sei la sua schiavetta del sesso, e che praticamente gli permetti di fare col tuo corpo tutte le porcate che vuole”.
   “Se glielo permetto è perché sono anche io a volerlo”.
   “Sarà. Ma lascia che ti dica una cosa, e cioè che in questo modo stai perdendo la tua dignità”.
   A quel punto mi misi in piedi e gli dissi di rimettersi il costume, perché era venuto il momento di ritornare dai nostri amici.
   “Non ho voglia di essere rimproverata” dissi con un filo di voce mentre uscivamo dalla cabina. “E sono quasi pentita di averti appena dato il culo”.
   Quindi ritornammo al punto in cui eravamo prima, ma ci tenni a mantenere una certa distanza da lui, per cui io ero più avanti e lui mi seguiva senza dire nulla. Ero così irritata da quello che mi aveva detto che quasi mi sarei messa a piangere. Però a distanza di anni iniziai a pensare che Nello non aveva poi sbagliato a dire quelle cose. Aveva ragione nel dire che con Giuliano stavo perdendo la mia dignità. Però in quel momento non lo capivo, perché ero troppo accecata dall’amore.

Sabrina.