giovedì 28 giugno 2018

La maialata

LIVE.

(in foto: Cherry Kiss, All Natural Blonde, 21Naturals.com)


   In cosa consisteva esattamente la maialata di cui parlava Moana? Praticamente nel fare l’amore in presenza del nostro caro dirimpettaio. Avevamo infatti un tizio che ci spiava in continuazione, o meglio in realtà spiava Moana. Era sempre lì al balcone (certe volte munito di un sofisticato binocolo) che guardava nella nostra camera da letto. E siccome Moana era sempre stata un po' esibizionista lo lasciava spiare tutte le volte che faceva l’amore, oppure quando si vestiva o quando si spogliava per mettersi a nanna. Tutte le volte che si accorgeva che quell’uomo era alla finestra a spiarla lei lasciava le tende spalancate per permettergli di vedere ogni cosa.
   Era un uomo sulla sessantina, forse scapolo, forse vedovo, non lo sapevamo con certezza, ma in ogni caso era evidente che era innocuo, e che il suo principale obiettivo era soltanto guardare. E quindi Moana lo accontentava. D’altronde a lei le era sempre piaciuto sentirsi desiderata, e quel guardone con le sue attenzioni verso di lei la faceva sentire una specie di star, di icona del sesso, proprio per tutto il tempo che passava incollato alla porta finestra del suo balcone, con gli occhi incollati su di lei.
   Per noi era sempre stata una presenza fissa, fin da quando avevamo deciso di trasferirci in quella casa. Ogni volta che avevamo fatto l’amore lui era sempre stato lì a godersi lo spettacolo. Una volta provai a dire a Moana che forse era meglio chiudere le tende prima di fare l’amore, ma lei mi rispose che ero un insensibile e anche un po' egoista, perché chiudere le tende voleva dire privare un uomo di uno spettacolo unico al mondo, lo spettacolo dell’amore. Uno spettacolo della natura di inestimabile valore. Perché chiudere le tende?
   “Ti vergogni del tuo corpo?” mi chiese. “Io no, neanche un po'. E se è il mio corpo che vuole vedere io glielo faccio vedere volentieri. E gli faccio vedere anche come faccio l’amore. Che male c’è? È una cosa naturale come tutti i fenomeni di questo mondo, tipo l’aurora boreale, il tramonto e gli arcobaleni”.
   Come sempre Moana aveva sempre ragione. E poi, mi disse ancora, che io non riuscivo neppure a rendermi conto dell’importanza che ormai le nostre vite avevano assunto per quell’uomo; noi (ma in verità soltanto lei) gli offrivamo l’opportunità di una vita più emozionante, che altrimenti sarebbe stata certamente piatta e noiosa.
   “E cosa c’è di più bello di rendere la vita di un uomo annoiato una vita ricca di emozioni e piaceri?” Moana se ne uscì con questa frase che secondo me riassumeva meravigliosamente il suo pensiero, e forse anche quello di sua madre. In quelle parole era racchiusa la sua filosofia di vita (e quella di Sabrina). Una filosofia indubbiamente altruista e generosa.
   Insomma, Moana lasciandosi guardare era certa di dare a quell’uomo una vita migliore. E forse non aveva tutti i torti. Eppure nonostante ci spiasse da anni, noi non sapevamo neppure il suo nome, e lui non conosceva i nostri, perché i fin dei conti che importanza aveva? L’importante era poter guardare lo spettacolo della natura.
   Ma questa volta le intenzioni di Moana erano diverse; per suggellare il nostro amore, che aveva resistito all’ennesima battuta di arresto (ne avevamo già avute altre, e probabilmente ne avremmo avute ancora), aveva deciso che avrebbe regalato un’altra esibizione al nostro dirimpettai guardone, ma questa volta lo avrebbe fatto “live”, davanti ai suoi occhi.
   E allora mi prese per mano e iniziò a correre verso la palazzina di fronte alla nostra. Per fortuna, data la tarda ora, non c’era nessuno. Devo precisare che lei era ancora nuda, con la pelle tempestata di brillantini per via del fatto che eravamo reduci dalla festa in maschera di cui vi ho parlato nei post precedenti.
   “Moana, sei sicura di volerlo fare?” le chiesi. “D’altronde sono le due di notte, magari è a letto che dorme”.
   “E allora? L’amore è una manifestazione che non ha limiti di orario. Può avvenire alle cinque del mattino come alle quattro del pomeriggio. Il bello è anche questo, e cioè che è imprevedibile”.
   E così ci trovammo di fronte al citofono dello stabile, ma senza conoscere il nome a cui suonare. Per fortuna ogni appartamento aveva il numero dell’interno. E Moana ipotizzò che quello del nostro dirimpettaio era l’interno quattro, per cui schiacciò il tasto e dopo un po' lui ci venne a rispondere. Una voce cavernosa, certamente provata dal sonno.
   “Salve” disse Moana con una voce carica di calda sensualità, quasi da centralinista di una hotline. “Siamo la coppia che vive dall’altra parte della strada. Potremmo salire da lei per qualche minuto? Abbiamo una cosa urgente da farle vedere”.
   A quel punto seguirono degli attimi di silenzio, in cui Moana mi guardò negli occhi con un sorriso di complicità; quello che stavamo facendo la divertiva molto. Io invece ero sicuro che il nostro guardone ci avrebbe mandato via, minacciandoci di chiamare la polizia. E invece dopo qualche manciata di secondi il cancello si aprì e noi entrammo nell’androne della palazzina, e Moana corse verso la rampa di scale che portava su, e io dietro di lei. Era eccitata e divertita allo stesso tempo, e aveva l’affanno, dovuto appunto all’eccitazione per quello che stava per accadere, e alla consapevolezza che quella cosa era obiettivamente una follia.
   Dopo aver percorso tutta la rampa di scale arrivammo all’ultimo piano, dove c’era il suo appartamento, ma la porta era chiusa, quindi Moana bussò ma senza alcun esito, però era certa che lui era lì dietro a guardarci dallo spioncino. E allora si prese le tette tra le mani e iniziò a smanacciarsele proprio nella sua direzione, verso quell’occhio di vetro che stava al centro della porta.
   “Sono proprio io” disse palpandosi energicamente il seno, “la biondina tutto sesso che abita di fronte a lei. Io e Berni siamo ritornati insieme, e abbiamo intenzione di fare l’amore, per cui le conviene aprire se vuole assistere alla monta. Ma questa volta le offriamo l’opportunità di farlo in diretta, davanti ai suoi occhi”.
   La porta a quel punto si aprì. Lo spettacolo poteva cominciare.

Berni.

martedì 26 giugno 2018

Il motivo per cui aveva

dato il retto a Darren.

(in foto: August, InTheCrack.com)


   Lungo il tragitto verso casa mi chiusi in un terribile silenzio. Non sapevo cosa dire, e inoltre quello che avevo visto mi aveva reso molto nervoso. Avevo visto Moana che faceva sesso anale con Darren. E quindi mi chiedevo: a che gioco stava giocando? Era questo che volevo sapere. Perché se il suo intento era soltanto quello di farmi ingelosire e basta allora ci era riuscita benissimo. Però mi sentivo preso in giro, perché prima mi aveva fatto credere di essere interessata a ritornare con me, e poi si era fatta inculare da Darren.
   Moana invece era euforica; non faceva che ripetere che era stata una festa sensazionale, e io dentro di me pensavo: forse per te lo è stata che hai dato via il tuo condotto anale a quello stallone da monta di Darren.
   E poi sospirava in continuazione, come ogni volta che si sentiva appagata sessualmente. Sospirava e guardava nel vuoto con gli occhi innamorati a forma di cuore. Conoscevo bene Moana, e se faceva così era perché era innamorata. E non certo di me, ma di Darren. Era con lui che aveva appena fatto l’amore, per cui non poteva essere altrimenti.
   Questa cosa mi fece perdere il senno, e ad un certo punto feci una cosa di cui non vado orgoglioso. Le chiesi delle spiegazioni riguardo a ciò che aveva fatto con Darren.
   “Darren?” mi rispose. “Perché c’era anche lui? Non me ne sono proprio accorta”.
   Fu a quel punto che feci quella cosa riprovevole che vi dicevo. Un atto orrendo che non si dovrebbe fare per nessuna ragione al mondo. Le afferrai i capelli con violenza e la strattonai, e lei rimase paralizzata, con gli occhi spalancati verso di me. Era la prima volta che lo facevo, e che le mettevo le mani addosso con l’intento di farle del male. E per la prima volta vidi la paura negli occhi di Moana, tanto che ebbi l’impressione di trovarmi di fronte ad un’altra persona. Moana non aveva mai avuto paura di niente e di nessuno; era sempre stata capace di difendersi da sola, e guai a farla arrabbiare. E invece quella volta sembrava indifesa, incapace di reagire, vittima della bastarda prepotenza di un uomo, e cioè io. Quando mai avrebbe permesso a qualcuno di trattarla in quel modo? Eppure era quello che stava succedendo.
   “Quanto sei puttana! Ti ho vista mentre ti facevi fare il culo da lui, e adesso vorresti farmi credere che non ti sei accorta che alla festa c’era anche Darren”.
   Moana cominciò a guardarmi con occhi supplichevoli, che dopo un po' iniziarono ad arrossarsi e a riempirsi di lacrime, ed ebbi la sensazione di vederla da bambina. Ovviamente non avevo mai visto Moana quando era una bambina, se non in qualche foto che mi aveva mostrato lei. Ebbene, era come se fosse ritornata ad essere la bambina di quelle foto che avevo visto, un angioletto biondo e indifeso a cui io stavo facendo del male. Stavo tirando i suoi capelli dorati, le avevo estirpato la felicità dal cuore  e l’avevo sostituita con la paura, e infine l’avevo definita una “puttana”, soltanto perché aveva dato piacere col proprio corpo ad un altro uomo. Forse stavo esagerando. Moana aveva sempre fatto così. Mi aveva cornificato talmente di quelle volte che nemmeno lo ricordavo più il numero esatto. Ma era appunto col proprio corpo che lei dava piacere agli altri uomini, mai col proprio cuore. Il cuore lo aveva dato soltanto a me (e mi aveva dato anche molto altro come sapete, per esempio l’opportunità di fecondarla).
   E in ogni caso continuavo a non capire il motivo per cui non reagiva. Come mai ancora non mi aveva mollato uno schiaffone? Da lei mi sarei aspettato proprio questa cosa, e cioè una manata in piena faccia da lasciarmi il segno per qualche giorno. E invece no, se ne rimase lì a fissarmi con lo sguardo impaurito e gli occhi traboccanti di lacrime. A quel punto le mie dita si allentarono e lasciai i capelli di Moana, e lei abbassò lo sguardo. Adesso che l’avevo lasciata, mi dicevo, avrei dovuto aspettarmi una reazione. E invece nulla. Rimase in silenzio e con la fronte abbassata. Cercai di calmarmi, perché era chiaro che la stavo trattando di merda e non se lo meritava. Moana era un angelo, era tutto ciò che un uomo poteva desiderare. Una macchina del sesso di notte e una mamma formidabile di giorno. Per non parlare delle sue impressionanti capacità manageriali. Tutte questo era racchiuso in quel corpo perfetto che avevo accanto, quel corpo senza nemmeno un difetto, che io stavo maltrattando. No, dovevo cercare di controllarmi. Non potevo farlo.
   “Scusami, non volevo” dissi. “Ma è che certe volte mi fai veramente perdere la testa. Possibile che tu non abbia freni? Vieni ad una festa in maschera praticamente nuda, e poi ti imboschi con un tizio che conosci a stento per farci del sesso anale, noncurante del fatto che alla festa c’ero anch’io”.
   “Proprio per questo l’ho fatto” rispose con un filo di voce ed evitando categoricamente di guardarmi negli occhi. “Proprio perché c’eri anche tu”.
   “Non capisco. Cosa vuoi dire?”.
   Intanto eravamo arrivati sotto casa, ma rimanemmo in macchina ancora un po' per discutere di quanto era successo quella sera. Lei si fece forza e finalmente alzò il suo sguardo verso di me, e vidi di nuovo il viso della bambina delle foto, cioè di Moana da piccola.
   “L’ho fatto per farti innamorare di nuovo di me”.
   “Facendoti penetrare analmente da un altro uomo?” domandai.
   “Il mio intento non era di farlo alle tue spalle” continuò. “Sapevo che saresti venuto a cercarmi, per cui lo sapevo che mi avresti sorpresa a fare l’amore anale con Darren. Quello che volevo era farti ingelosire, solo così avresti preso coscienza del fatto che mi ami ancora”.
   “E cosa ti fa pensare che ti amo ancora?”.
   “Se non mi amavi allora non avresti reagito come hai reagito adesso. Per cui non puoi negarlo. Mi ami ancora. E io allo stesso tempo amo te, nonostante stasera abbia accolto Darren nel mio condotto anale. Lui ha avuto il mio corpo ma non il mio cuore. Quello ce l’hai tu”.
   Ecco perché non aveva reagito quando le avevo strattonato i capelli con violenza, perché Moana aveva messo in conto anche questa reazione, e in un certo senso ci aveva sperato.
   Dopo quella rivelazione l’espressione del viso di Moana cambiò radicalmente, e assunse il suo aspetto tipico di quando le viene voglia di fare l’amore, con quel suo caratteristico sorriso beffardo che sembrava volerti sfidare a fare qualcosa di veramente porco.
   “Ti va di fare una maialata?” mi chiese. Non sapevo cosa avesse in mente, ma certe volte le venivano certe idee che avrebbero fatto arrossire anche gli uomini più depravati.

Berni. 

sabato 23 giugno 2018

Anale con

Tarzan.

(in foto: Riley Jenner, JeshByJesh.com)


   Eravamo appena arrivati alla festa e l’avevo già persa di vista. D’altronde come poteva essere altrimenti? Con tutti quegli astri nascenti del cinema hard, con corpi divini e cazzi enormi, era normale che Moana si sentisse come nel paese dei balocchi, dove il vizio e la lussuria regnavano incontrastati. Moana era in paradiso, come d’altronde lo ero anche io, con tutte le aspiranti dive del porno che bazzicavano la villa. Ma nonostante fossero dei concentrati di gnoccume, io non riuscivo a divertirmi quanto invece si stava divertendo lei. Era da un paio d’ore che stava vagando in quell’orgia di corpi, completamente nuda, con la pelle cosparsa di brillantini luccicanti e niente più, a farsi corteggiare in modo sfacciato da chiunque. E alla fine di certo avrebbe scelto qualcuno a cui concedere i propri buchi. E quel qualcuno non ero di certo io, dal momento che con quegli stalloni da monta, future star del porno, non potevo nemmeno immaginare di competere.
   Io non facevo che cercarla con gli occhi; la seguivo dappertutto, nei limiti del possibile, perché poi spesso la perdevo di vista e allora mi mettevo a correre nel giardino della villa nel disperato tentativo di ritrovarla e appurarmi che non stesse facendo niente di porco. Mi ero trasformato in una specie di fidanzato geloso, anche se questa cosa non aveva alcun senso dal momento che lei non era più mia. Lei ormai apparteneva a chi riusciva a prendersela. Ma nonostante questo sentivo dentro una specie di rabbia, mi sarebbe piaciuto coglierla sul fatto, mentre si faceva inculare da qualcuno, o magari mentre faceva un pompino in uno dei bagni della villa, e dirle: “sei la degna figlia di Sabrina Bocca e Culo, praticamente una vacca da monta”. Era voglia di umiliarla, di ferirla, perché lei aveva fatto lo stesso con me, andandosene in giro per la villa, completamente nuda, a fare la puttanella con ogni stallone che gli capitava a tiro.
   Poi ad un certo punto non la vidi più per circa un’ora e allora mi misi a cercarla dappertutto, anche negli angoli più remoti del giardino. Poi entrai nella villa e mi misi a frugare in tutte le stanze, molte delle quali erano occupate da aspiranti pornodive ubriache che si facevano montare senza ritegno. E finalmente trovai Moana; era in una camera, e stava avendo un epico rapporto anale con un aitante stallone da monta vestito da Tarzan. Tarzan contro la Regina dei Ghiacci, e a quanto pare stava vincendo lui, perché le stava facendo il culo senza sosta. Mi misi a guardare tutta la scena tramite lo spiraglio della porta socchiusa. Potevo entrare e fare una scenata, ma la tentazione di rimanere a spiare quell’inculata mi eccitava di più della voglia di mettermi a fare il fidanzato geloso (che non ero, dal momento che lei non era più la mia fidanzata). Chiunque fosse lui era davvero un professionista nello scoparsi le donne; praticamente si stava girando e rigirando la madre di mia figlia come voleva lui, e lei praticamente gli lasciava fare tutto quello che voleva, e quindi lui la metteva in posizioni davvero rocambolesche, continuando però a penetrarla analmente. A quanto pare il buco del culo della madre di mia figlia era il suo principale obiettivo, e infatti se lo stava facendo in tutte le posizioni possibili.
   Ogni tanto però lo faceva uscire e glielo metteva in bocca, e allora lei lo accoglieva dentro e lo faceva godere come voleva lui. Lui voleva la bocca? Lei ubbidiva e lo accontentava. Poi rivoleva il culo, e allora lei si rimetteva in posizione (le posizioni le sceglieva lui, era lui a condurre il gioco) e si faceva penetrare di nuovo.
   Ero molto eccitato e non riuscivo a smettere di guardare. Tremavo come una foglia, quasi come se avessi la febbre a quaranta, perché sapevo che stavo facendo una porcata, ancora di più di lei, che stava facendo sesso anale con un tizio travestito da Tarzan. Ma la porcata che stavo facendo io era ancora peggio; stavo spiando la mia ex fidanzata che si stava facendo inculare da un altro. Stavo godendo del suo rapporto rettale, delle schifezze che diceva (perché Moana quando faceva l’amore diceva un sacco di cose porche), dei suoi rantoli di piacere e delle numerose sculacciate che lui non dimenticava mai di dedicare al suo sedere divino.
   Lui non riuscivo a vederlo bene, perché in qualche modo c’era sempre lei davanti. Ma poi ad un certo punto lo vidi. Era Darren, l’astro nascente del porno che avevo deciso di ingaggiare per il ruolo di protagonista del mio nuovo film. Quando iniziò a sborrare ebbi la conferma definitiva che era lui; soltanto lui infatti schizzava in modo così copioso. Fece una cumshot sul viso di Moana rendendola praticamente irriconoscibile. La sborra le colava dappertutto e faceva perfino fatica a tenere gli occhi aperti. Iniziò a dimenare le braccia in cerca di un tovagliolo con cui pulirsi da tutto quello sperma.
   “Cazzo, dammi qualcosa!” sbottò divertita. “Non riesco a vedere nulla”.
   “Io invece avrei voglia di rispedirti dal tuo Berni in queste condizioni, e dirgli: ecco quella troia della tua signora”.
   “Non sono la sua signora” rispose lei. “O almeno non più, anche se devo ammettere che mi piacerebbe molto esserlo di nuovo”.
   A quel punto cominciai ad avere non poche difficoltà a capire quello che stava succedendo. Perché aveva detto una cosa del genere se si era appena fatta inculare da Darren? Chi voleva, lui o me? A giudicare dal viso, completamente ricoperto del suo sperma, avrei detto che Moana ormai apparteneva a lui. Ma in verità non era così.  
   Non sapevo con esattezza come dovevo comportarmi. Da quando eravamo arrivati alla festa le mie emozioni erano state molto contrastanti; in principio ero stato accecato dalla gelosia, così tanto che avevo sperato di beccarla mentre faceva un pompino a qualcuno e poi umiliarla, dirle che non era altro che una vacca, proprio come sua madre. Poi dalla gelosia ero passato all’essere eccitato così tanto da tremare come in preda alle convulsioni. E adesso invece mi sentivo perplesso. Continuavo a chiedermi quali fossero le intenzioni di Moana. Insomma, avevo bisogno di spiegazioni. E le volevo subito.

Berni.

martedì 19 giugno 2018

sabato 16 giugno 2018

Gli occhi luminosi

dell'amore. 

(in foto: Emma Mae, Something Got Me Started, Babes.com)


   Quando tornai a casa era tutto cambiato. Cioè, non proprio tutto, essenzialmente era Moana ad essere cambiata, e quindi era come se fosse cambiata ogni cosa. Il suo atteggiamento nei miei confronti era diverso dal solito. Da quando ci eravamo lasciati praticamente lei mi salutava a stento, e invece adesso non appena mi aveva visto rientrare mi era venuta incontro e mi aveva stretto in un tenero abbraccio. E poi aveva cominciato a tempestarmi di domande: come stai? Hai fame? Perché non hai telefonato neppure una volta?
   In effetti ero sparito per più di una settimana, perché stavo tentando di dare alle luce un nuovo film. Ma dopo la buona riuscita del primo, farne un altro e cercare di ottenere gli stessi risultati era un’impresa molto difficile. Anche perché buona parte del successo del primo film era sicuramente legata alla presenza di Moana, la quale aveva vestito (per modo di dire) i panni della protagonista. Ma poi in seguito mi aveva fatto capire che non era per nulla interessata a proseguire quel tipo di percorso. E così adesso stavo cercando un’altra aspirante attrice del suo stesso livello. Ma capirete da soli che era una cosa impossibile.
   Ma ritorniamo a ciò che stavo dicendo poco fa, e cioè che l’atteggiamento di Moana verso di me era misteriosamente cambiato. Mi invitò a sedermi insieme  lei sul divano e le parlai di quello che stava facendo in quei giorni, e lei mi ascoltò attentamente guardandomi con i suoi tipici occhi a cuoricino che aveva ogni volta che voleva farsi montare da qualcuno. In effetti era una situazione che davvero facevo fatica a comprendere. Quei suoi occhi parlavano chiaro; aveva voglia d’amore. Tanto che ero tentato di chiederglielo se voleva farlo, ero quasi certo che mi avrebbe risposto di sì, ma non ebbi il coraggio di farlo, perché in fin dei conti ci eravamo lasciati da un bel po'. Eppure quel suo modo di guardarmi, quella luce che aveva sul viso, erano cose molto eloquenti; erano gli occhi dell’amore. Ne ero certo, eppure non ce la facevo a proporle di farlo, perché se poi mi sbagliavo? Avrei fatto la figura dello stupido.
   Avevo una gran voglia di saltarle addosso e strapparle quel porchissimo vestitino da sera beige che indossava, e poi baciarla dappertutto, soprattutto in mezzo alle gambe, e poi il suo buchetto del peccato (cioè il suo buco del culo, però a me piaceva chiamarlo in quel modo, cioè buchetto del peccato, e a lei era sempre piaciuto il fatto che glielo avevo ribattezzato in quel modo). Ammetto che nonostante non fossimo più fidanzati, lei continuava ad essere il mio sogno erotico ricorrente. Ma d’altronde Moana era il sogno erotico di tutta la città. Ci sono uomini che farebbero qualsiasi cosa pur di trascorrere una notte con lei. E devo dire che da quando ci eravamo lasciati avevo molto sofferto la mancanza delle porcate che era in grado di fare, cose che forse avrebbero fatto arrossire di vergogna tutte le altre ragazze, ma non lei. Per esempio lei spesso faceva una cosa che difficilmente una ragazza avrebbe fatto al proprio uomo, e cioè ti leccava tra il buco del culo e le palle, ed è inutile che vi dica che era una sensazione paradisiaca.
   Moana nel sesso era sempre stata pronta a tutto, aperta a qualsiasi tipo di esperienza, anche le esperienze considerate più immorali, e forse era questo che mi aveva sempre spaventato, e cioè che lei era troppo avanti rispetto a me riguardo al sesso. E a spaventarmi era proprio questo, cioè di non essere in grado di soddisfarla, perché Moana aveva bisogno di uno stallone da monta di razza per essere soddisfatta. Non mi ero mai sentito alla sua altezza, e forse inconsciamente avevo pensato che prima o poi si sarebbe stancata di me e si sarebbe gettata tra le braccia di un maschio alpha con un corpo da dio e le prestazioni di un pornoattore.
   Per evitare un simile epilogo avevo deciso che era meglio lasciarci. E mentre ero lì sul divano con lei, e lei mi guardava con gli occhi luminosi dell’amore, mi resi conto della sciocchezza che avevo fatto. Devo ammettere che nel periodo che siamo stati separati mi sono ammazzato di seghe senza senso. Le seghe senza senso sono quelle seghe che ti fai quando non ne hai voglia, giusto per passare il tempo, e che non ti danno nessun appagamento. Erano senza senso perché non erano quello che volevo. Ciò che volevo era Moana, tutto il resto non aveva alcun valore.
   Confesso che qualche volta mi ero fatto qualche sega pensando a lei che faceva l’amore con altri uomini, ed erano le uniche volte che avevo provato piacere. Un paio di volte invece lo avevo fatto spiandola dal buco della serratura della sua stanza, mentre era a letto con gli uomini che spesso trascorrevano la notte con lei. E più la sentivo godere e più sentivo che la mia insoddisfazione era legata al fatto che lei non era più mia. Ormai era diventata la donna di altri uomini, alcuni dei quali senza scrupoli, che la trattavano soltanto come un buco da riempire. E questo un po' mi feriva, ma allo stesso tempo mi eccitava un casino. Vederla in balìa di maiali che non avevano alcun rispetto per lei mi mandava al manicomio. E questo perché l’amavo ancora.
   E adesso era lì accanto a me, sul divano, e mi guardava con i suoi tipici occhi dell’amore, per non so bene quale motivo. Forse anche in lei si era riaccesa la fiamma della passione. Forse c’era qualche buona possibilità di far ripartire le cose, ma non sapevo precisamente cosa fare. Chi doveva fare il primo passo? Io o lei?
   “E allora...” disse Moana, che aveva chiaramente voglia di parlare. “A parte il lavoro, cosa mi racconti di bello? Ti vedi con qualcuna? Hai una relazione?”.
   “No, niente di tutto questo. Ma perché vuoi saperlo?”.
   “Beh sai, ormai è già da un bel po' che ci siamo lasciati, eppure continuiamo a vivere nello stesso appartamento, e inoltre siamo i genitori di una bambina meravigliosa. E nonostante questo conduciamo due vite parallele e ne sappiamo così poco l’uno dell’altro”.
   “E tu? Ti vedi con qualcuno?”.
   “Solo avventure occasionali. Niente di speciale. Dai, dimmi la verità” mi disse divertita, e continuando ad avere sul viso quell’espressione tipica di quando aveva voglia di fare l’amore. “Non hai avuto altre relazioni da quando ci siamo lasciati? Puoi dirmelo, non mi da mica fastidio. Ti sarà capitato di fare qualche porcata”.
   “No, non c’è stato niente. Non ho avuto alcuna relazione. Però qualche porcata l’ho fatta” decisi di gettare la maschera e dirle la verità, forse nel disperato tentativo di riavvicinarmi a lei. “Ammetto di averti spiata qualche volta, mentre facevi l’amore”.
   Moana mi sorrise in modo compiaciuto.
   “Beh, non c’è niente di male” rispose. “Puoi spiarmi ogni volta che ti pare se ti fa piacere. Se questo ti rende felice, rende felice anche me”.
   Forse mi sbagliavo, ma ebbi l’impressione che quelle parole fossero una specie di dichiarazione d’amore. Era come se Moana stesse cercando di riconquistarmi.

Berni.

giovedì 14 giugno 2018

Tu sei come me...

...schiava di un solo padrone.


   Il giorno dopo mi svegliai a mezzogiorno, stanca e insoddisfatta. Indubbiamente Enrique era stato bravissimo e mi aveva fatto venire un sacco di volte, ma poi mi era rimasta una terribile sensazione di vuoto. Pagare per andare a letto con lui era stata una stupida perdita di denaro, perché poi alla fine non avevo ottenuto ciò che volevo. Ma cosa volevo esattamente? Non riuscivo a capirlo, però certamente non era il sesso fine a se stesso a interessarmi. Di solito quando si fa l’amore ci si sveglia di buon umore, io invece ero quasi incazzata nera, proprio perché quell’esperienza non mi aveva lasciato niente, anzi ci avevo pure un quarto del mio stipendio.
   Quando entrai in cucina trovai Antonella con in braccio la mia Cleopatra; la radio era accesa e stava trasmettendo una canzonaccia rap dal ritmo ossessivo e di dubbio gusto. Io indossavo una vestaglia da notte nera semitrasparente che avercela o no era la stessa cosa, perché praticamente mi si vedeva tutto.
   “Spegni quella maledetta radio” le ordinai, “non voglio che mia figlia ascolti questa musica di merda”.
   Antonella tolse quella stupida musica e si mise a guardarmi senza dire niente. Misi su una cialda nella macchina dell’espresso e aspettai che il caffè fosse pronto. A quel punto iniziai a berlo a piccoli sorsi e poi andai verso lei e presi la mia Cleopatra dalle sue braccia.
   “Grazie Antonella. Adesso puoi andare. Ho messo i soldi nell’ingresso, accanto alla tua borsetta. Sia quelli per il tuo lavoro da babysitter sia quelli per la notte che ho passato insieme al tuo fidanzato”.
   Enrique era già da un bel po' che era andato via. Infatti quando mi ero svegliato lui non c’era più nel letto. Ed era stato meglio così, perché non ho mai sopportato l’idea di dovermi svegliare accanto ad un uomo che non amo neppure un po', o comunque per il quale non provo neppure un briciolo di affetto.
   “E non mi dici niente? Com’è andata?” mi chiese lei con un tono di complicità per niente sincero. Era piuttosto un tentativo buffo di capire se quella notte d’amore con il suo fidanzato avrebbe avuto un seguito.
   “Non è stato granché” risposi. “Mi sono divertita, ma niente di più. Puoi tenertelo il tuo Enrique. Scopa da dio, ma questo è tutto”.
   Antonella sembrava più tranquilla, anche se probabilmente da quel momento in poi mi avrebbe vista sotto un altro aspetto, e cioè mi avrebbe considerata come una stronza che col denaro crede di poter comprare tutto, anche i fidanzati delle altre. Ma comunque io mi sentivo a posto con la coscienza, nel senso che non è che le avevo fatto un ricatto (del tipo: o mi fai andare a letto col tuo fidanzato o ti licenzio), semplicemente le avevo fatto un’offerta, denaro in cambio di una notte con Enrique. E lei aveva accettato, per cui non riuscivo a vedere dove fosse il problema.  
   Forse l’unica cosa che mi si poteva rimproverare era il fatto di aver sputato sul piatto dove avevo mangiato, nel senso che avevo detto ad Antonella che il suo fidanzato non era stato granché. In effetti questa cosa avrei potuto anche risparmiarmela. Sì, era vero che andare a letto con Enrique non mi aveva lasciato niente, ma potevo anche evitare di dire quella cosa. Magari alla sua domanda avrei potuto rispondere semplicemente: è andata bene, grazie. E invece no, avevo risposto in quel modo davvero inappropriato.
   Forse avevano ragione le mie commesse del negozio di intimo, le quali mi consideravano arrogante e presuntuosa, e anche un po' stronza.
   Verso ora di pranzo mi telefonò mia madre. Anche lei voleva sapere com’era andata.
   “E allora, maiala che non sei altro” mi disse. “Com’è andata la monta?”.
   “Tutto sommato bene, ma ho avuto esperienze migliori. Non mi sento pienamente soddisfatta”.
   “Lo credo bene, solo Berni riusciva a soddisfarti”.
   “In verità Berni non è mai stato un fenomeno a letto”.
   “Può essere, però almeno era il tuo uomo. Anche se le sue prestazioni, come dici tu, non erano eccelse, quantomeno ti amava. Molto spesso il piacere di una scopata dipende anche da questo. Rassegnati Moana, tu sei come me, non sei fatta per la poligamia. Va bene divertirsi ogni tanto, farsi qualche scappatella, fare delle nuove esperienze, però poi alla fine quello di cui abbiamo bisogno è di un partner con cui condividere nel bene e nel male il percorso della nostra vita”.
   Cazzo, mia madre aveva ragione. Ero proprio come lei, nonostante facessi fatica ad ammetterlo. Avevo bisogno di qualcuno accanto, e probabilmente era questo il motivo della mia insofferenza. Lei in realtà ne aveva due di uomini, come ben sapete, il mio papà biologico e il papà che mi aveva cresciuta, e lei non aveva mai potuto farne a meno, né dell’uno né dell’altro. E spesso l’avevo criticata per questo, accusandola di essere succube di loro, soprattutto del mio papà biologico, per il quale era arrivata anche a tatuarsi l’iniziale del suo nome dietro il collo, quasi come se quella lettera fosse una dimostrazione del fatto che lei apparteneva a lui, come un oggetto, un giocattolo del piacere.
   Ebbene, a questo punto non potevo fare altro che ammettere che anche io appartenevo a qualcuno, anche io come mia madre ero una donna oggetto. Ero una bambolina del sesso come lei e dovevo rassegnarmi a questo. Era solo una parvenza la mia, da super donna che non ha bisogno di niente e di nessuno. E invece non era vero. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui nonostante la rottura con Berni io gli abbia permesso di continuare a condividere l’appartamento con me. Lo avevo fatto perché inconsciamente avevo bisogno di lui. Ecco perché sentivo quel senso di vuoto e di insoddisfazione dentro.

Moana.

giovedì 7 giugno 2018

Tutto mio,

per una notte intera. 


   Alla fine ero riuscita a raggiungere un accordo con Antonella. Seicentocinquanta euro e il suo fidanzato era mio per una notte intera. Lo so che era una follia; erano davvero un sacco di soldi, ma con quello che guadagnavo col negozio di intimo potevo permettermelo. Ma era la prima volta che facevo una cosa del genere: pagare per fare l’amore. Chi l’avrebbe mai detto? D’altronde potevo anche cercarmi qualcosa di gratis; non avrei avuto problemi a trovare un uomo. Mi sarebbe bastato fare una telefonata a qualche mia vecchia conoscenza con cui ero andata a letto in passato e la monta era garantita. Ma non era questo il punto. Il punto era che io volevo lui. Io volevo Enrique.
   Mi ero così intestardita su questa cosa che ero arrivata addirittura ad offrire del denaro alla sua fidanzata pur di farmi ingroppare da lui. Qualcuno potrebbe obiettare: “ma perché non lo hai fatto di nascosto?”. Ebbene, in principio l’idea era proprio quella, però poi ero stata investita da un terribile senso di colpa e ho deciso di procedere in questo modo. Avendo l’approvazione di Antonella, che avevo convinto offrendole  quella considerevole somma di denaro, quello che adesso mi accingevo a fare era certamente un qualcosa che mi metteva a posto con la coscienza. Non era mia intenzione renderla cornuta. E così adesso, con il suo consenso (anche se era un consenso comprato a caro prezzo) era tutto in regola, e quindi in effetti non la stavo facendo diventare una cornuta, perché lei lo sapeva. 
   Ovviamente Antonella non mi aveva detto subito di sì. Piuttosto mi aveva risposto che prima voleva parlarne con Enrique e vedere se lui era d’accordo. Ma non c’erano dubbi sul fatto che lo fosse. D’altronde mi aveva dato vari cenni d’intesa ai miei continui corteggiamenti dei giorni precedenti. Quindi non vedo il motivo per cui non avrebbe dovuto accettare. E poi seicentocinquanta euro erano davvero un sacco di soldi.
   E così il giorno dopo che le avevo fatto quella proposta, quando ritornai dal lavoro Antonella mi disse l’esito della discussione che aveva avuto con Enrique, il quale aveva detto sì, e quindi a breve sarebbe venuto a casa e sarebbe stato mio per tutta la notte. Lei intanto, mi disse, si sarebbe premurata di occuparsi della mia piccola Cleopatra per tutto il tempo, mentre Enrique mi avrebbe montata nella mia camera da letto fino a rendermi esausta.
   “Tesoro” prima della monta cercai di rassicurarla, perché era visibilmente tesa per quello che stava per succedere, “non devi preoccuparti per ciò che sta per accadere. Probabilmente sentirai Enrique gridare per il piacere che proverà nel penetrarmi, sia analmente che vaginalmente, e certamente griderò anche io per l’enormità del suo membro che sentirò entrare e uscire dalle mie cavità. Ma tu devi stare tranquilla, perché lui rimarrà sempre il tuo uomo. Io non voglio portartelo via, voglio soltanto farci l’amore. Dopo questa notte vedrai che tutto tornerà alla normalità, e voi ritornerete ad essere una coppia di innamorati come tutte le altre. E poi... chi può dirlo, magari questa esperienza renderà il vostro rapporto ancora più solido. Ho sentito dire che i tradimenti solidificano le coppie, sai?”.
   “Dici?” Antonella non sembrava molto convinta di ciò che avevo appena detto, e infatti abbassò la fronte e il suo viso assunse un espressione di sconforto. Allora io le misi due dita sotto il mento e gli feci rialzare lo sguardo verso di me.
   “E poi in fin dei conti non è un vero e proprio tradimento, è piuttosto un accordo economico” continuai. “Dai, non stare giù. Infondo credo di averti offerto una cifra piuttosto considerevole, non credi?”.
   Ovviamente non potevo pretendere di tirare su il morale di Antonella, d’altronde a breve mi sarei fatta montare dal suo fidanzato, per cui era del tutto normale se era un po' amareggiata.
   Così decisi di andarmene in camera da letto a prepararmi. A breve sarebbe arrivato Enrique, e volevo farmi trovare già pronta con indosso un completino intimo molto porco. Quindi iniziai a rovistare nel mio armadio e alla fine optai per un classico, e cioè un corpetto nero, il perizoma, le calze autoreggenti e le scarpe col tacco dodici. Ero molto nervosa, perché non vedevo l’ora di vederlo entrare nella mia camera, e poi di conseguenza di vederlo entrare dentro di me. Avevo già piazzato una confezione da dodici preservativi sul comodino e la mia speranza era di consumarne almeno la metà.
   Controllai cento volte com’era l’alito, fiatandomi sul palmo della mano e poi annusando attentamente. Poteva andare. Poi mi venne un dubbio: avevo abbastanza lubrificante per la penetrazione anale? Controllai e tirai un sospiro di sollievo. Ne avevo abbastanza. Con il notevole membro che  aveva Enrique era meglio averci una buona scorta.
   Sembrava che era la prima volta che facevo l’amore per quanto ero agitata. Ero seduta sul letto e stavo cercando la posizione giusta in cui farmi trovare al suo arrivo; di lato? A pancia in giù o a pancia in su? In ginocchio sul letto, o magari per terra, subito pronta per il sesso orale. Non sapevo neppure io come mettermi. E poi cosa avrei dovuto dire? Non lo sapevo. Avevo paura di sembrare stupida. Potevo dire semplicemente: “ciao stallone”, ma non mi convinceva. E allora provai diverse frasi, ripetendole ad alta voce e con varie intonazioni, e accompagnandole con espressioni del viso ammiccanti. “Ce ne hai messo di tempo”, oppure “fammi tua”, o addirittura “stasera mi sento molto maiala”. Ma ero sempre insoddisfatta. Volevo una frase ad effetto, una frase che si identificasse alla perfezione con la mia personalità.
   Poi ad un certo punto sentii suonare alla porta d’ingresso; era lui, e Antonella stava andando ad aprirgli. Ero nel panico, non sapevo in che posizione mettermi e cosa dire non appena sarebbe entrato in camera. Ma intanto il tempo era davvero poco. Dovevo prendere una decisione. Così afferrai una rivista di moda che stava sul comodino e mi misi a sedere sui bordi del letto, e accavallai lei gambe, e iniziai a far finta che stavo leggendo un articolo. Indifferenza. Decisi di adottare la tattica dell’indifferenza. E così quando Enrique sarebbe entrato in camera io sarei apparsa ai suoi occhi con un atteggiamento distaccato di chi è padrona della situazione. Peccato soltanto che non mi ero accorta che avevo tra le mani la rivista sottosopra, quindi alla fine feci soltanto la figura della perfetta imbranata.

Moana.
  

martedì 5 giugno 2018

Un fidanzato

in affitto.

(nell'immagine: Nicole Heat, First Anal Journey, Adult-Empire.com)


   Il mio comportamento meschino nei confronti di Antonella, la babysitter dagli eccentrici capelli azzurri che avevo assunto per badare alla mia Cleopatra, non aveva limiti. Stavo facendo la stronza con il suo fidanzato, e per di più molto spesso lo facevo in sua presenza, e lei non diceva niente per quieto vivere, perché non voleva rischiare di perdere il lavoro. E io lo avevo capito e quindi mi sentivo autorizzata a fare qualsiasi cosa. E allora presi l’i-phone di Antonella e mi misi a curiosare nella sua rubrica, e cercai il numero di Enrique. Lo so, stavo facendo una cosa da vera stronza, ma in quel momento non me ne rendevo conto. O forse sì ma non me ne fregava niente. Quindi lo telefonai per chiedergli se gli era piaciuto quello che avevo fatto per lui, cioè farmi vedere sotto la minigonna.
   “Ciao Enrique, sono Moana”.
   “Ciao” mi rispose. Era molto perplesso perché probabilmente non si aspettava una simile improvvisata da parte mia. “Come hai avuto il mio numero?”.
   “L’ho preso dall’i-phone di Antonella”.
   “Che stronza” mi disse divertito.
   “Sì, sono un po' stronza. Ti ho chiamato per chiederti se ti è piaciuto quello che ti ho fatto vedere”.
   Non sapevo se stavo facendo la cosa giusta, ma a quanto pare Enrique non disdegnava il mio corteggiamento. Il suo interesse per me era innegabile, altrimenti non sarebbe stato mai e poi mai al mio gioco. E invece ci stava alla grande, e certamente le speranze che avevo di andarci a letto insieme si stavano concretizzando molto.
   “Perché lo hai fatto?” mi chiese. Si riferiva al fatto che gli avevo fatto vedere i miei buchi.
   “Perché tu mi hai fatto vedere il tuo fantastico cazzo, e allora ho pensato che fosse giusto ricambiare il favore. Adesso che hai visto come sono fatta sotto, dimmi, secondo te il tuo attrezzo è compatibile con i miei buchi?”.
   “Chi può dirlo. Sembrano abbastanza stretti”.
   “Stretti?!” risposi divertita. “Ma se sono sfondati! Certo, devo riconoscere che il tuo cazzo è particolarmente grosso anche per una come me. Ma io adoro le sfide. E comunque se ci riesce Antonella a farsi penetrare dalla tua mazza non vedo perché non dovrei riuscirci io”.
   Mentre parlavo con Enrique devo ammettere che mi venne un consistente senso di colpa. Ma cosa mi era preso? Perché stavo facendo la zoccola con il fidanzato di un’altra? E poi non era un’altra qualsiasi, ma era la babysitter di mia figlia, una ragazza a cui avevo affidato un compito molto importanza, e cioè prendersi cura della mia piccola. E io le stavo facendo una cattiveria davvero enorme. Ma l’idea di fare l’amore con il suo fidanzato era davvero un tormento. Era la mia ossessione da quando lo avevo visto nudo sotto la doccia, con quel corpo roccioso che prometteva ore e ore di puro piacere. Ma quello che stavo facendo non era giusto, così salutai Enrique e chiusi la telefonata.
   Non mi era mai capitato di fare una cosa del genere, cioè fare la maiala con il fidanzato di un’altra. Mi spiego meglio; mi era capitato molte volte di andare a letto con ragazzi impegnati o addirittura con uomini sposati, ma nella maggior parte dei casi non conoscevo le loro partner, o addirittura era capitato che loro non mi avevano detto di essere impegnati, e poi lo avevo scoperto dopo. Quindi non avevo mai avvertito il senso di colpa che stavo provando in quel momento.
   Quella sera, dopo il lavoro, tornai a casa e c’era Antonella che stava leggendo un libro. Cleopatra era nella sua culla che dormiva come un angioletto. Quindi colsi l’occasione per parlare con lei e confessarle tutte le cose cattive che avevo fatto con Enrique. Ma non ci fu verso. Non ebbi il coraggio di farlo. Per fortuna fu lei a tirare fuori l’argomento.
   “Ti piace il mio fidanzato, vero?” mi chiese con un tono incredibilmente amichevole.
   “Ebbene sì, lo trovo irresistibile. Mi dispiace, non posso farci nulla, ma  non faccio che pensare a lui. Non riesco a darmi pace. Sarà perché non faccio l’amore da molti mesi ormai, e quindi sto perdendo la ragione. Non mi era mai capitato un periodo di astinenza così lungo”.
   Antonella iniziò a fissarmi con un’aria che mi sembrava di compassione, ma forse stava fingendo, forse stava pensando: “che stronza”. Non potevo saperlo. Era così difficile leggere le sue emozioni. Aveva sempre un sorriso spensierato sulle labbra che ti rendeva impossibile l’interpretazione di ciò che stava provando.
   “Vedrai che presto troverai un fidanzato anche tu” mi disse.
   “Può darsi. Ma cosa ne pensi se nel frattempo prendessi in prestito il tuo?” la sfacciataggine della domanda mi annebbiò la testa e quasi ebbi la sensazione che stavo per perdere conoscenza.
   “Cosa?!” Antonella non riusciva a credere a quello che avevo appena detto. “È uno scherzo, vero?”.
   “Ascolta, sono disposta anche a pagarti. Dimmi tu il prezzo”.
   “Ma non se ne parla proprio!” sbottò. “Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?”.
   Adesso Antonella era veramente arrabbiata. Era la prima volta che la vedevo in quel modo. Ci mancava soltanto di vedergli il fumo uscire dal naso. In effetti io ero proprio fuori di me se ero arrivata fino a quel punto, chiedere ad una ragazza di affittarmi il fidanzato per farci l’amore. Però allo stesso tempo mi era sembrata la cosa più giusta da fare, perché farlo di nascosto sarebbe stata una cosa molto cattiva nei confronti di Antonella. Certo, magari non avrebbe mai saputo nulla, e io avrei ottenuto quello che volevo, e cioè il suo stallone di razza. Ma non sarebbe stato giusto. Invece in questo modo potevamo raggiungere un accordo e quindi fare tutto alla luce del sole.
   “Duecento euro vanno bene?” le chiesi.
   “Smettila Moana, ti prego” mi rispose abbassando lo sguardo. “Mi stai mettendo in imbarazzo”.
   “Cinquecento?” a quel punto Antonella alzò di nuovo gli occhi verso di me, facendomi intuire che in fondo le possibilità di concludere l’affare non erano poi così remote.

Moana.