sabato 22 dicembre 2018

Una giornata incredibilmente

impegnativa.

(in foto: Cherry Kiss, Jealousy 4, SexArt.com)


[postato da Moana]

   Con Berni mi sentivo a posto con la coscienza. Non sentivo nessun rimorso, perché quello che stavo facendo era qualcosa dettato non tanto dal cuore quanto dal corpo. Come del resto tutte le volte che lo avevo tradito, lo avevo sempre fatto soltanto con il corpo. Ero fatta così; ogni tanto sentivo la necessità di darmi via anche ad altri uomini. Per molto tempo avevo cercato di sopprimere questa mia necessità, e avevo cercato di essere una fidanzata fedele, ma adesso con Pisellino era diverso. Ero ritornata ad essere quella di una volta, una ragazza incline a tradire il proprio uomo. Ma tanto sapevo che era soltanto una fase passeggera; quando Pisellino sarebbe andato via, io sarei ritornata ad essere la fidanzata fedele (ma porca) di Berni. Per questo mi sentivo a posto con la coscienza. Non era un vero e proprio tradimento, piuttosto me la stavo soltanto spassando insieme ad un amico. Tra un paio di giorni tutto sarebbe tornato come prima, come se Pisellino non ci fosse mai stato.
   In ogni modo, dopo la chiavata al Bed & Breakfast con Pisellino (che forse dovrei chiamare Pisellone), siamo andati a visitare il palazzo reale che caratterizzava la mia città e che la rendeva famosa in tutto il mondo. La caratteristica principale del palazzo non era soltanto l’edificio barocco dove una volta alloggiava il re, piuttosto il parco in cui si trovava, un giardino infinito impreziosito da statue e fontane che incantavano i turisti con i loro sorprendenti giochi d’acqua.
   Era un giorno infrasettimanale, per cui non c’era quasi nessuno, e le poche persone che c’erano si disperdevano data la vastità del parco. E lungo la nostra passeggiata, giunti in prossimità di una zona dove la vegetazione era particolarmente fitta, iniziammo a porcheggiare. Pisellino mi prese un braccio e mi tirò a se e mi mise la lingua in bocca, e sentii la sua erezione premuta contro di me.
   Non gli fu difficile penetrarmi; lo fece uscire dai pantaloni e me lo puntò contro il tessuto del mio perizoma, fremeva per entrare, e così ne scostai un lembo e lo accolsi dentro. A quel punto mi sollevò con entrambe le braccia tenendomi a mezz’aria e io avvolsi le gambe intorno ai suoi fianchi, e lui tenendomi le mani sulle natiche iniziò a farmi andare su e giù sul suo palo. Era semplicemente divino. Il re delle posizioni rocambolesche. E io praticamente non potevo fare niente, dovevo solo lasciare fare a lui. Ma dopo qualche minuto fummo costretti a fermarci, perché stava arrivando qualcuno, turisti probabilmente. Allora mi rimise giù e cercammo un altro posto dove continuare quello che avevamo iniziato.
   Passò più di un’ora prima di riuscire a raggiungere il piacere, perché ogni volta che ci imboscavamo arrivava sempre qualcuno, e di conseguenza eravamo continuamente costretti a fermarci e a ricominciare  da qualche altra parte.
   Come potete facilmente immaginare fu una giornata piena di emozioni, e la sera tornai a casa distrutta e non vedevo l’ora di andarmene a letto. C’avevo la figa in fiamme per quante volte avevo fatto l’amore con Pisellino. E appena rientrai a casa trovai Berni seduto sul divano del soggiorno che stava guardando un film di fantascienza. Povero Berni, neppure poteva immaginare quanto lo avevo cornificato quel giorno. Ero proprio una fidanzata terribile.
   “Ciao tesoro, sono a casa” dissi mentre percorrevo il corridoio d’ingresso.
   “Ciao amore” mi rispose senza voltarsi, ma continuando a guardare la tivù. “Dove sei stata?”.
   “Sono andata in giro con un amico” almeno ero stata onesta, perché era quello che avevo fatto. Ero stata in giro con un amico, ma avevo omesso la parte più importante, e cioè che l’amico in questione mi aveva montata più e più volte. E Berni si girò a guardarmi, e mi vide vestita in quel modo, cioè come una puttana da strada. Per incontrare Pisellino infatti avevo deciso di indossare qualcosa di molto porco. E, per chi non avesse letto i post precedenti, ero anche stata multata per atti osceni in luogo pubblico, perché un vigile urbano mi aveva scambiata per una puttana. Nonostante il mio tentativo di spiegargli che non ero affatto una puttana, mi ero beccata una bella multa di trecento euro.
   “Ma come sei vestita?” mi chiese Berni.
   “Ah guarda, non ti ci mettere anche tu!” sbottai. “Mi è già bastata una multa per atti osceni in luogo pubblico. Un vigile credeva che fossi una puttana, ma ti rendi conto?”.
   “Beh, vestita in quel modo…”.
   “Cosa vorresti dire? Che sembro una puttana anche a te?” a quel punto persi la ragione. “Vuoi vedere che lo faccio davvero? Quanto ci vuoi scommettere che adesso vado sulla statale e mi vendo al primo che capita? E poi quando ha finito mi faccio ingroppare da un altro, e poi da un altro ancora, fino a domani mattina. Vuoi scommettere che lo faccio?”.
   “Tesoro, calmati. Non intendevo dire questo. Ti chiedo scusa”.
   “Ok, ok. No, scusami tu, è che sono molto stanca. Dov’è Cleopatra?”.
   “Tua madre è venuta a prenderla. Stanotte dorme dai tuoi”.
   A quel punto mi misi a sedere accanto a Berni a guardare il film insieme a lui, ma ben presto mi accorsi che le sue intenzioni erano altre. Non voleva guardare il film, voleva chiavarmi. Infatti iniziò a baciarmi il collo, e poi con una mano mi aprì lo scollo del top scoprendomi il seno, e a quel punto con la bocca iniziò a succhiarmi i capezzoli. Aveva voglia di fare l’amore, ma io no. Era arrapato come un toro, e me ne accorsi perché gli accarezzai il pacco e ce l’aveva di marmo. Il problema era che io non c’avevo voglia, perché come vi dicevo prima avevo la figa in fiamme per tutte le volte che avevo fatto l’amore con Pisellino. Ma non mi andava di dirgli di no; già gli avevo messo le corna, poverino, adesso ci mancava pure che gli negavo una sborrata.
  

giovedì 20 dicembre 2018

Altro che Pisellino...

... Pisellone!

(in foto: Carolina Sweets, Anyone Home?, EroticaX.com)


[postato da Moana]

   Pisellino era notevolmente cambiato. Non l’avrei mai riconosciuto se non fosse stato per lui. Era bello, atletico, ed era… sposato. Sì, Pisellino aveva la fede al dito, ma questo non era un problema. D’altronde anche io ero già impegnata. Questo non faceva che aumentare l’eccitazione, perché rendeva quella storia ancora più stimolante. Se le sue intenzioni erano quelle di farsi una scopata extraconiugale non avrei esitato ad aprirgli le gambe e a lasciarlo entrare, perché sentivo che era quello che volevo anche io.
   Ma cosa mi stava accadendo? Era ormai da parecchio tempo che non tradivo Berni, e adesso ero ritornata a farlo. Anche se obiettivamente ancora non avevo fatto nulla, ma le mie intenzioni erano quelle. Ero pronta a farlo per non so quale ragione. Era come una specie di cosa che sentivo dentro; era il mio corpo che me lo chiedeva, i miei buchi, e io non sapevo dirgli di no. Non avevo mai saputo dirgli di no. Berni doveva farsene una ragione.
   Pisellino aveva prenotato una camera in un bed and breakfast che stava  fuori dal centro. Lo accompagnai perché mi disse che doveva fare il check-in e poi voleva disfarsi della sua pesante valigia da viaggio. E una volta giunti al B&B cominciò la nostra avventura. Mi lasciai montare come se fosse del tutto normale, come se fosse quello il reale motivo della sua visita, e non visitare la città. Erano passati circa trenta minuti dal suo arrivo e già eravamo a letto insieme, nudi uno sopra l’altro, con il suo membro affondato nella mia vagina, e lui che mi chiavava come un professionista, in modo rocambolesco, mettendomi in certe posizioni davvero assurde. Tipo la posizione del battipalo, con me che giacevo sulla schiena e le gambe sollevate, e lui con le gambe ricurve sopra di me che mi penetrava. Oppure la posizione del toro seduto, con lui seduto sul letto e io sdraiata davanti a lui e con le gambe sulle sue spalle.
   Cazzo se era bravo! Ci sapeva fare. E poi dovetti ricredermi sul nomignolo che gli avevamo appioppato da bambini. Altro che Pisellino! Non appena lo aveva tirato fuori ero rimasta incredibilmente sorpresa: “Wow!” avevo esclamato. E chi l’avrebbe mai detto. Piccoli pisellini crescono. E lui, che aveva dovuto subire le miei angherie da bulletta, adesso finalmente poteva vendicarsi facendo di me ciò che voleva, e quindi mettendomi nelle posizioni più impensabili, alcune delle quali particolarmente imbarazzanti, ma non per questo meno piacevoli delle posizioni “classiche”. E alla fine eseguì anche una copiosa cumshot, inondandomi il viso senza ritegno.
   Era venuto per me, non per visitare la città. Il suo obiettivo era chiavarmi. E ci era riuscito. E non era finita lì. La monta del Bed & Breakfast era soltanto una delle tante monte che sarebbero avvenute in quei giorni. E dopo aver fatto l’amore ci acquietammo sul letto; mi aveva fatto venire tre volte e quindi ero quasi priva di forze, ma allegra e soddisfatta.
   Vidi la fede nuziale che portava al dito e gli domandai di lei. Ero curiosa di sapere com’era la sua donna, e lui mi disse che era un cervellone; era un’ingegnere aerospaziale laureata col massimo dei voti, con un contratto di lavoro all’estero, perché naturalmente in Italia con un titolo del genere ci fai poco. E allora gli chiesi se aveva una fotografia di lei, e Pisellino disse di sì, ne aveva alcune sull’i-phone. E allora me la fece vedere; era bella, molto delicata, la classica donna da sposare. Io invece no, io ero la classica donna da fottere, non da sposare. E infatti non ero sposata. Berni ancora non me l’aveva chiesto.
   Lei aveva i capelli crespi, castani, e portava gli occhiali con una montatura nera, un po' come quelli che portavo io, un po' vintage ma sempre molto apprezzati. Era davvero molto bella, e Pisellino mi disse che era molto brava a fare l’amore, anche se lo facevano molto poco, perché lei era sempre impegnata con il lavoro. Forse era per questo che aveva deciso di venire da me; perché di solito quando gli uomini non si sentono soddisfatti sessualmente vanno a cercarsi altri buchi.
   Adele, mi disse Pisellino, era molto brava a fare i pompini, ma ancora non ne voleva sapere di dargli il condotto anale. Questa affermazione mi fece capire che presto lo avrebbe chiesto a me, e io di certo non gliel’avrei negato. D’altronde ormai lo sapete quanto mi piace il sesso anale, per cui sarei stata molto felice di dargli il buco del culo.
   “E tu?” mi chiese Pisellino. “Al telefono mi hai detto che sei ancora single”.
   “Ti ho detto una bugia” non aveva più senso mentire, dal momento che lui mi aveva detto tutta la verità sulla sua vita matrimoniale.
   “E perché lo hai fatto?”.
   “Non lo so, forse perché avevo voglia di farmi una scopata con te. Sono fidanzata. Lui si chiama Berni, e abbiamo anche una bellissima bambina”.
   “E perché hai deciso di venire a letto con me? Forse lui non ti soddisfa più?”.
   “No, non è questo. È semplicemente che non so resistere alle tentazioni”.
   Gli chiesi di parlarmi ancora di sua moglie Adele. Gli chiesi per esempio se faceva anche con lei l’amore come lo aveva fatto con me, cioè in quelle posizioni incredibili, come la posizione del battipalo e quella del toro seduto. E lui mi rispose di sì, che Adele adorava essere presa in quel modo, soprattutto nella posizione del battipalo. Doveva essere una donna molto porca, nonostante il suo aspetto da prima della classe. Perché era questa la prima cosa che avevo pensato di lei quando avevo visto la fotografia. Ma nutrivo per lei una certa simpatia, anche se non la conoscevo neppure, infatti un po' mi dispiaceva per averla appena resa cornuta. 
  

martedì 18 dicembre 2018

È lecito ogni tanto

commettere qualche peccato.

(in foto: Emily Kae, FTVGirls.com)


[postato da Moana]

   Al negozio dissi che mi sarei assentata per tutto il giorno, e le mie commesse pur senza dimostrarmelo apertamente, non potettero che esserne felici. Quando non c’era “la cagna”, così mi chiamavano, erano libere di fare quello che volevano, tipo smanettare ininterrottamente con l’i-phone. Mi ero concessa un giorno per passarlo insieme a Pisellino, un amico di quando ero bambina, e che dopo tantissimi anni mi aveva contattato e mi aveva proposto di vederci. Lui veniva da Milano, con il treno ad alta velocità delle undici. Andai a prenderlo alla stazione, e mi chiedevo come avrei fatto a riconoscerlo, dal momento che l’ultima volta che lo avevo visto eravamo dei ragazzini.
   Sentivo che stavo facendo una cosa che non avrei dovuto fare. Ma perché? Che c’era di male in quello che stavo facendo? Non ero stata molto corretta nei confronti di Berni, perché non gli avevo raccontato nulla della visita di Pisellino. Per qualche oscuro motivo sentivo che lui non doveva saperlo. Ma a farmi sentire in colpa non era soltanto questo. Infatti il giorno prima, quando mi ero sentita per telefono con Pisellino, durante la nostra conversazione lui mi aveva chiesto: “ricordo che da bambina era bellissima, e scommetto che lo sei tutt’ora. Immagino che tu abbia un fidanzato”. E allora io gli ho risposto: “no, sono single”.
   Perché gli avevo risposto così, dal momento che non era vero? Non ne capivo il motivo. Avrei dovuto dirgli la verità, e cioè che avevo un fidanzato da cui avevo avuto una figlia stupenda. E invece avevo detto che ero single. Ecco perché mi sentivo in colpa, perché avevo detto una bugia, e mi ero comportata da cagna. Forse avevano ragione le mie commesse a chiamarmi in quel modo. Forse lo ero davvero.
   Ma un’altra cosa che non mi faceva sentire a posto con la coscienza era il modo in cui mi ero conciata per incontrare Pisellino; sembravo una puttana da marciapiede. Avevo una minigonna nera di pelle, ma così corta che dovevo spesso tirarmi giù per non rimanere con il sedere di fuori. Avevo i tacchi a spillo e un top bianco scollato in modo osceno, e siccome non portavo il reggiseno (non lo portavo mai, proprio come mia madre) ogni tanto le mie tette facevano capolino fuori. Ero conciata così tanto da troia che in stazione ad un certo punto mi si avvicinò un vigile urbano con un’aria inquisitoria e mi chiese cosa stavo facendo.
   “Cosa vuole che stia facendo?” gli risposi irritata. “Sto aspettando un amico”.
   “Conciata in quel modo?” continuò.
   “Perché? Cosa ho che non va?” allargai le braccia e guardai in basso, verso le mie cosce obiettivamente nude fino all’inverosimile.
   “Lei è a conoscenza del nuovo regolamento comunale che vieta di circolare con un abbigliamento indecoroso?”.
   “Ma indecoroso sarà il suo di abbigliamento, scusi” sbottai. “Ma come si permette? Ma chi si crede di essere per arrogarsi il diritto di giudicare il mio modo di vestire?”.
   In effetti avevo sentito parlare di quel nuovo regolamento comunale, che era stato concepito per contrastare il fenomeno della prostituzione, ma in verità credevo che non sarebbe mai stato applicato, perché secondo quale principio si può multare una persona in base al proprio abbigliamento? Chi è che stabilisce cosa è e cosa non è indecoroso?
   “Signorina, posso vedere i suoi documenti?” mi chiese ad un certo punto.
   “I miei documenti?!” ero nera dalla rabbia, avrei voluto mettermi a urlare e dirgli quanto inutile era quello che stava facendo nei miei confronti. Però poi pensai che se mi fossi messa a fare storie quello non se ne sarebbe più andato, e avrei peggiorato la situazione. E poi già ci guardavano tutti, e quindi volevo evitare di mettermi a fare una piazzata imbarazzante. “Ma tu guarda che…” non sapevo cosa dire, mi mancavano le parole, e nel frattempo mi misi a rovistare nella borsa alla ricerca dei miei documenti. “È assurdo. Ma per chi mi ha preso, per una puttana? Guardi che io sono una commerciante molto stimata”.
   Finalmente trovai i documenti e glieli mostrai. Lui prese nota delle mie generalità e nel frattempo io iniziai a sbuffare come una vaporiera. Ero nervosa e insofferente. Intanto intorno a me si era fatta una certa folla di curiosi. Un anziano mi chiese cosa stesse succedendo.
   “Succede che i vigili mi hanno scambiata per una puttana”.
   “Beh signorina, però anche lei…” rispose l’anziano, “se va in giro conciata in questo modo è più che normale”.
   “Ma come sarebbe a dire? Adesso non siamo neppure liberi di vestirci come ci pare? Il crimine dilaga e le forze dell’ordine pensano a perdere tempo con le ragazze che secondo il loro parere sono vestite in modo indecoroso. Ditemi voi se questa non è una follia”.
   Poi ad un certo punto il vigile mi presentò il conto da pagare: trecento euro per atti osceni in luogo pubblico. “COSA?!” esclamai. “Ma io non ho fatto niente! E se mi sgrillettavo davanti a tutti quanto dovevo pagare? Novecento euro?”.
   “Il reato di atti osceni è un reato di pericolo” precisò lui. “Non è necessario che l’offesa al pudore pubblico si verifichi, è sufficiente la possibilità che accada”.
   “Ok, ok. Non ho bisogno delle sue lezioncine di giurisprudenza spicciola” mi ficcai la multa nella borsa e continuai a borbottare mentre lui si allontanava. “Che mondo marcio! Trecento euro soltanto perché stamattina ho deciso di indossare la minigonna”.
   Ovviamente la multa l’avrei contestata, perché non mi andava di pagarla dal momento che ero quasi certa di non aver commesso alcun reato. E mentre la folla di curiosi che si era radunata intorno a me si disperdeva io continuavo a imprecare pesantemente, fino a quando sentii qualcuno alle mie spalle che mi chiamava. Mi girai. Era lui, Pisellino, e mi mancò il respiro per quanto era bello; un adone, uno stallone da monta pronto a soddisfare qualsiasi donna, anche la più esigente. E mi dimenticai della multa, perché adesso l’unica cosa che volevo era essere sua.
 

sabato 15 dicembre 2018

Pisellino's Revenge.

Piccoli pisellini crescono.

(in foto: Cadence Lux, Sharing My Husband, NewSensations.com)


[postato da Moana]

   Il giorno dopo la cena a casa di Romualdo ritornai al negozio. Cercai di non pensare a quello che avevo visto la notte precedente, e cioè il sex-tape di mia cognata. D’altronde non era una faccenda che mi riguardava. Sinceramente non ci volevo entrare in quella storia, perché non mi sembrava una cosa molto pulita.
   In ogni modo alle dieci del mattino venne a trovarmi mio padre (non il mio papà biologico, ma quello da cui ero stata cresciuta, papà Stefano). Era passato a salutarmi prima di andare a lavoro e questo mi faceva molto piacere. Adoravo i miei due papà, per cui ogni volta che mi venivano a trovare in negozio per me era una vera festa.
   Andai a prendere un caffè insieme a lui, e lungo il tragitto mi fece notare che tutti si giravano a guardarmi, perché quel giorno, mi disse, ero più bella del solito. Ero bella, mi disse, come una diva del porno. Le lusinghe del mio papà mi facevano sempre perdere la testa; ogni volta che mi diceva che ero bella come una diva del porno io mi sentivo al settimo cielo. Me lo diceva spesso, forse proprio perché sapeva che mi faceva piacere sentirmelo dire, e poi anche perché lo pensava veramente.
   In effetti devo dire che quel giorno ero più porca del solito, forse grazie al fatto che indossavo dei leggings di pelle che mettevano in risalto le forme del mio culo (che ho sempre considerato il mio pezzo forte). Erano così aderenti che si vedeva la forma del perizoma che avevo sotto. Quindi è naturale che gli uomini si giravano a guardarmi.
   “Con un culo così gli uomini li mandi al manicomio” mi disse.
   “Grazie papino!” esultai abbracciandolo. Per questo lo adoravo, perché mi faceva sentire speciale. Si vedeva chiaramente che era innamorato di me. Non fraintendetemi, era innamorato come un padre, non come uno che voleva montarmi.
   Durante il caffè mi raccontò che quella mattina aveva ricevuto una richiesta di amicizia davvero inaspettata su facebook. Io odiavo facebook, semplicemente perché le persone lo utilizzavano a sproposito, come del resto tutti gli altri social network. Li utilizzavano come strumenti con cui appagare il proprio esibizionismo; perché alla fine siamo tutti un po' esibizionisti. E poi c’erano quelli che lo utilizzavano per sfogare la propria rabbia e le proprie frustrazioni, buttando merda sugli altri. Insomma, era un mondo malato che io disdegnavo profondamente.
   “Dovresti smetterla di utilizzare facebook” gli dissi.
   “Lo so come la pensi a tal proposito, ma lascia che ti dica chi è che mi ha contattato. Ti ricordi quando tu e Rocco eravate bambini, e io e vostra madre vi abbiamo portati al campeggio naturista per due anni di seguito?”.
   “Sì, certo che lo ricordo”.
   “Ebbene, mi ha contattato uno dei tuoi amichetti con cui eri solita intrattenerti”.
   “Chi?”.
   “Quello che tu chiamavi Pisellino”.
   Pisellino! Quanto tempo. E comunque non ero soltanto io a chiamarlo in quel modo, ma erano un po' tutti i ragazzi che c’erano al campeggio. Lo avevamo ribattezzato in quel modo perché aveva un pene più piccolo della media, e quindi tutti quanti lo sfottevano in quel modo: pisellino. Cioè, a dirla tutta il suo pene era normale, è soltanto che si sa come sono i ragazzini; quando prendono di mira il più debole del branco poi ci si accaniscono fino a ridicolizzarlo del tutto. È bullismo, lo so. E io devo riconoscere che da bambina mi comportavo un po' da bulletta. Non vado molto fiera di questo, però è così. Anche io mi divertivo a prendere in giro Pisellino, ridendo di lui insieme agli altri.
   A distanza di tanti anni sentivo di aver fatto la cosa sbagliata, eppure quando si è piccoli a queste cose non si pensa.
   “Accidenti, Pisellino! Quanti ricordi” dissi.
   “Povero ragazzo” rispose mio padre. “Era lo zimbello di tutti”.
   “E che ci vuoi fare? I bambini sanno essere davvero crudeli. Mi farebbe molto piacere rivederlo, anche se mi sembra assai improbabile, dal momento che abita a Milano”.
   “Beh, se vuoi quando lo becco su facebook gli do il tuo numero, così magari potete sentirvi”.
   “Sì, è una buona idea”.
   Pensavo che la cosa sarebbe morta lì, perché in fin dei conti per quale motivo Pisellino avrebbe dovuto chiamarmi? Cosa potevamo mai dirci a distanza di tutti quegli anni? E che interesse poteva avere a contattarmi, dal momento che ero stata tra le fila dei suoi aguzzini, che lo avevano ribattezzato spietatamente in quel modo?
   E invece dovetti ricredermi; il giorno dopo mi chiamò e restammo a telefono per circa mezz’ora, a raccontarci le nostre rispettive vite, e a ricordare di quelle estati trascorse al campeggio naturista. Gli dissi che mi dispiaceva per avergli appioppato quel nomignolo, ma lui mi rispose di non preoccuparmi, perché era acqua passata.
   “Sai, pensavo di venire lì da te per qualche giorno. Ho sempre desiderato vedere il vostro palazzo reale, e siccome ho delle ferie accumulate ho deciso di sfruttarle in questo modo”.
   Pisellino si riferiva al palazzo reale che c’era nel nostro comune, una struttura di rilevanza storica che ci rendeva famosi in tutto il mondo.
   “Dai, sono davvero contenta se vieni. Muoio dalla voglia di vedere come sei diventato. L’ultima volta che ci siamo visti eravamo dei bambini, e probabilmente adesso farò perfino fatica a riconoscerti”.
   “Ok, allora è deciso. Parto domani”.
   Non so per quale motivo, ma avevo come l’impressione che la sua visita avrebbe cambiato qualcosa. E inoltre sentivo di non doverlo dire a Berni. Ma per quale motivo? Che c’era di sconveniente ad incontrare un vecchio amico? Eppure sapevo che stavo per fare qualcosa di scorretto. Era una sensazione.
  

giovedì 13 dicembre 2018

martedì 11 dicembre 2018

L'affaire

Vacca.

(nella gif animata: Chanel Santini)


[postato da Moana]

   Mentre mio fratello e Beatrice erano in viaggio di nozze, qui da noi scoppiava lo scandalo in cui era coinvolta proprio lei, la mia cognata transgender. A quanto pare c’erano delle fotografie che la ritraevano ai bordi di una statale mentre faceva un pompino a un calciatore della serie a. E non era tutto; si diceva anche che c’era un sex-tape in cui si faceva ingroppare da un personaggio della tivù.
   Fu mia madre a dirmi queste cose. Era una giornata apparentemente tranquilla, mi ero appena svegliata e mi ero affacciata al balcone di casa per vedere che tempo faceva. Era una cosa che facevo tutti i giorni; appena sveglia uscivo fuori al terrazzo e guardavo il cielo, con gli occhi ancora stanchi e intorpiditi dal sonno, certe volte mezza nuda, tanto come ben sapete il fatto di lasciarmi guardare dai miei vicini come mamma mi aveva fatta non era mai stato un problema. Il mio corpo è questo e non ho mai avuto alcuno scrupolo a mostrarlo.
   Ebbene, quella mattina venne a trovarmi mia madre, che dopo aver spupazzato mia figlia per tre quarti d’ora mi disse che doveva farmi vedere una cosa. E allora tirò fuori dalla borsa una rivista di gossip fresca fresca di stampa. L’aveva appena comprata, nemmeno l’aveva letta tutta, però alcune fotografie avevano catturato la sua attenzione. Erano appunto le immagini che ritraevano Beatrice che faceva un pompino a quel calciatore. Le foto non erano molto chiare, perché c’era una scarsa illuminazione, però si vedeva chiaramente che era lei, perché si vedeva il suo braccio e quindi la scritta che si era fatta tatuare. Era il suo nome: Beatrice La Vacca. Era inequivocabile, era lei.
   “E allora, mamma? Cosa ci posso fare io? È colpa mia se la moglie di tuo figlio è una grandissima zoccola?”.
   “No, certo che no. Soltanto che volevo sapere se tu avevi ulteriori informazioni su questa faccenda. Insomma, Berni è il tuo fidanzato, e Beatrice fa parte della sua agenzia, per cui...”.
   “Mi dispiace, non ne so nulla. E comunque delle porcate che fa la moglie di mio fratello non me ne frega niente”.
   Ma mia madre continuò raccontandomi anche la storia del sex-tape. Moriva dalla voglia di sapere se esisteva davvero, e chi ne era in possesso, e quando lo avrebbero tirato fuori. Tutte domande a cui io non sapevo rispondere. Però conoscendo Romualdo, il proprietario dell’agenzia in cui lavorava Berni, ero quasi certa che il video ce l’aveva lui, e che aveva pianificato tutta quella storia per guadagnare un po' di popolarità per se e per le dive che rappresentava.
   Romualdo era un pazzo scatenato; pur di guadagnare visibilità avrebbe fatto qualsiasi cosa. Non aveva alcuno scrupolo. Si sarebbe pure venduto la madre per un istante di popolarità.
   Comunque non avevo tempo da dedicare a questa storia, perché dovevo andare al negozio e fare l’ordine ai fornitori, perché in magazzino c’era carenza di molti prodotti. E una volta raggiunto il centro commerciale trovai una situazione di lassismo totale, l’anarchia assoluta, c’era chi parlava al telefono e chi ciarlava senza prestare la ben che minima attenzione ai clienti, e allora iniziai a sbraitare che la pausa caffè era finita, e allora sentii una delle mie commesse che bofonchiava qualcosa contro di me: “la cagna è arrivata, è finita la pacchia”. La cagna ero io. Mi chiamavano così, ma lo capivo benissimo, perché da quando “mamma Sabri”, come la chiamavano loro, aveva lasciato a me la gestione del negozio, le regole erano notevolmente cambiate. Mia madre gli aveva sempre permesso di fare quello che volevano, invece adesso era tutto diverso. Io non ero “mamma Sabri”, io ero “la cagna”.
   Nel pomeriggio Berni venne a farmi visita. Avrei voluto chiedergli se sapeva qualcosa dell’affaire Beatrice, ma poi non lo feci perché pensai: “ma che me ne frega?”. Mi disse che quella sera eravamo stati invitati a cena a casa di Romualdo. Io non ne avevo tanta voglia, però in fin dei conti il mio rifiuto sarebbe stato un gesto piuttosto scortese. D’altronde Romualdo era pur sempre il capo di Berni.
   La casa di Romualdo era un attico con una vista sorprendente. L’arredamento era pacchiano e quasi sicuramente gli era costato un occhio. In quell’occasione ebbi modo di conoscere sua moglie, che si chiamava Linda ed era un’ex pornostar polacca, un’appariscente bionda che nonostante gli anni continuava ad essere notevolmente attraente. E poi conobbi anche la figlia, bionda anche lei, ma rotonda, e non per questo meno attraente della madre. Aveva delle forme spettacolari, delle tette che non finivano più, e un culo burroso da prendere a sculacciate per tutto il tempo di una monta. Si chiamava Barbie, che era il diminutivo di Barbara, però sia il padre che la madre la chiamavano Barbie, forse perché era bella come una bambolina, anche se notevolmente più in carne rispetto al giocattolo della Mattel.
   Ad un certo punto, durante la cena, uscì fuori la storia dello scandalo in cui era coinvolta la moglie di mio fratello. Romualdo ne parlava con un certo orgoglio, diceva che tutta quella faccenda aveva suscitato molto interesse. Lo diceva come se fosse tutto merito suo, e quindi iniziai a pensare che era stato tutto pianificato a tavolino. E anche il sex-tape che tutti cercavano, quello in cui si vedeva Beatrice che faceva l’amore con un personaggio televisivo, anche quello era per lui un motivo di notevole vanto. E a quel punto non potevo fare finta di niente, e intervenni nella discussione, dopo aver fatto scena muta per tutto il tempo.
   “Quindi esiste davvero il sex-tape?” chiesi.
   “Certo che esiste” mi rispose lui.
   “E chi ce l’ha?”.
   “Io” disse con un certo orgoglio.
   “Voglio vederlo. Credo di averne tutto il diritto, dal momento che si tratta della moglie di mio fratello”.

sabato 8 dicembre 2018

Ancora un po' di Miriam

prima della partenza. 

(in foto: Natalie Mars, My TS Stepmom, Transsensual.com)


[postato da Rocco]

   Era una calda notte piena di stelle, e io e Miriam eravamo sdraiati sull’amaca del giardino, abbracciati l’uno all’altro, a goderci il torpore che viene dopo aver fatto l’amore. Il suo corpo mascolino era aggrappato al mio, e ogni tanto mi baciava le labbra, e io le accarezzavo un braccio e nel frattempo guardavo verso la finestra della camera da letto della villetta a schiera che io e Beatrice avevamo preso in affitto. Lei era lì, insieme al fidanzato di Miriam, e stavano facendo l’amore, ininterrottamente da circa tre quarti d’ora. I loro rantoli di piacere giungevano fino a noi, ma senza disturbarci.
   Ad un certo punto il mio membro raggiunse nuovamente l’erezione; Miriam se ne accorse e mi sorrise, e poi con una mano lo afferrò e iniziò a menarmelo, ma delicatamente. Era più un massaggio in realtà. Avevo di nuovo voglia di entrare nel suo buco del culo, ma allo stesso tempo quella posizione, con lei avvinghiata al mio corpo che mi toccava nelle parti intime, era una cosa a cui non avrei rinunciato per nulla al mondo. Poi lei ad un certo punto mi guardò con i suoi luminosi occhi azzurri e mi chiese se avevo voglia di fare quello che stavano facendo loro, cioè l’amore.
   “Sinceramente mi va bene così” risposi, e lei mi sorrise perché anche a lei andava bene così. Se volevo fare l’amore lei lo avrebbe fatto volentieri, ma era più contenta di rimanere sull’amaca, in quella posizione a coccolarci come due innamorati.
   “In fin dei conti anche questo è fare l’amore” disse.
   Aveva proprio ragione; anche stare nudi abbracciati l’uno all’altro, distesi su un’amaca sotto ad un cielo pieno di stelle, anche questo voleva dire “fare l’amore”, anche se non vi era alcuna penetrazione. Avrei sentito molto la mancanza di Miriam. Il giorno dopo io e Beatrice saremo ritornati a casa, e quindi Miriam sarebbe stata per me soltanto un bellissimo ricordo. E allo stesso modo Marco per mia moglie. 
   “È stato bello incontrarti” le dissi.
   “È stato bello anche per me. È difficile incontrare uomini sensibili come te. La mia vita è costellata di uomini sbagliati. A parte Marco, s’intende. A diciotto anni ho avuto la mia prima relazione seria, ma anche in quel caso era l’ennesimo uomo sbagliato. Ero sempre fatta in quel periodo. Cocaina e alcol, tutti i giorni. E lui, un ricco industriale più grande di me di venticinque anni, me ne procurava in grandi quantità, e io per farlo contento gli davo il culo. È stato un anno terribile. Ero il suo giocattolo, e lui mi dava ciò di cui avevo bisogno. Poi sono riuscita a disintossicarmi, e l’ho mollato. Ero stufa di essere la sua bambolina del sesso. Ed ero stufa di essere sempre fatta”.
   “Miriam, questa è una storia davvero triste”.
   “Lo so. Ma che ci vuoi fare? Poi dopo ho avuto molte altre fugaci avventure, niente di serio, solo sesso, fino a quando poi ho conosciuto Marco. Adesso sono felice. O almeno credo. Certe volte ho come l’impressione che anche lui mi tratta come una bambolina del sesso”.
   Guardammo di nuovo verso la finestra della camera da letto; i nostri partner stavano ancora chiavando come due indemoniati. In questo si somigliavano molto. Per loro il sesso era indispensabile. Per me e Miriam forse no. Era questo che ci accomunava. Per noi l’importante era l’amore. In ogni modo finirono di darci dentro a notte fonda. Io e Miriam ci eravamo ormai addormentati sull’amaca. Mi svegliai prima io; stava albeggiando, e lei era ancora avvinghiata al mio corpo, e teneva la testa su una mia spalla, e io le baciai la fronte nascosta dai capelli. Prima di addormentarci mi aveva fatto godere con la mano, infatti avevo il mio sperma rappreso sulla pancia.
   “Mi mancherai Miriam” sussurrai, anche se lei non poteva sentirmi, perché dormiva ancora. E dormivano anche Marco e mia moglie, forse anche loro abbracciati l’uno all’altro, dopo una notte di grande passione.
   Alle dieci del mattino eravamo già sulla strada per l’aeroporto. Si ritornava a casa, e dell’avventura con Marco e Miriam sarebbe rimasto soltanto un piacevole ricordo, che per quanto mi riguarda avrei ricordato con nostalgia. Chissà, forse io e Bea avremmo avuto altre esperienze simili, ma di certo una come Miriam non l’avrei trovata da nessun’altra parte. Lei era veramente speciale, e forse non dovrei dirlo per non ferire i sentimenti di mia moglie, ma era come se lei fosse il prototipo della mia partner ideale. Era quello che avevo sempre cercato in ogni donna che avevo avuto. O forse mi sbagliavo. Forse a farmi pensare queste cose era soltanto il fugace invaghimento di una notte. Forse avevo la tendenza a innamorarmi troppo facilmente, chissà.
   In aeroporto comprai delle riviste di gossip un po' per tenermi aggiornato sullo scandalo che aveva coinvolto Beatrice, e un po' per cercare di dimenticare Miriam.
   La notizia era ancora fresca, e quindi ne parlavano tutti, anche perché il calciatore che era stato paparazzato, mentre appunto Bea gli faceva un lavoro di bocca, era uno molto stimato. E poi tutti cercavano il sex-tape. Girava voce infatti di un sex-tape in cui si vedeva mia moglie che si faceva ingroppare dal concorrente di un reality show. E quindi tutti quanti lo volevano vedere, ma nessuno ce l’aveva.
   “Ma insomma, si può sapere chi ce l’ha questo sex-tape?” domandai a mia moglie.
   “Te l’ho detto, ce l’ha Romualdo. Se vuoi vederlo vallo a chiedere a lui”.
   “Che moglie puttana che c’ho” dissi tra me e me.
   “Lo sapevi benissimo che non sarei stata una moglie fedele, quindi smettila di borbottare”.
   Aveva ragione, le regole erano state chiare fin dal principio.

giovedì 6 dicembre 2018

Conoscersi un po'

prima della monta. 


[postato da Rocco]

   Dopo quel primo approccio cercai di conoscere meglio Miriam. Sapevo così poco di lei, e anche del suo Marco. Era stato tutto così rapido che a nessuno era venuta la curiosità di sapere qualcosa l’uno dell’altro. E allora mi feci avanti io, anche se in realtà le risposte che mi diede furono piuttosto evasive. Erano pur sempre una coppia scambista, per cui credo che ci tenessero a preservare una certa riservatezza. Non ne capivo, perché io e Beatrice non avevamo mai fatto uno scambio di coppia, però forse si usava così. Cominciai a chiederle delle sue spalle, mi chiedevo perché fossero così larghe… stavo per dire “mascoline”, ma poi mi sono fermato, perché avrei potuto apparire ridicolo, d’altronde Miriam era pur sempre una transgender, quindi era naturale se il suo corpo conservava ancora alcune caratteristiche fisiche di quando era un uomo.
   “Ho praticato nuoto per molti anni” fu la sua risposta. Stavo per chiederle se lo aveva fatto prima o dopo del suo cambiamento, ma poi mi trattenni per paura di essere invadente. E allora le chiesi quale fosse la sua occupazione. Non c’era niente di male nel chiederle questa cosa, d’altronde io lo avevo detto cosa facevo di mestiere. E lei mi rispose che faceva la cantante lirica, ma non so per quale motivo subito pensai che fosse una bugia. Mi sembrava un mestiere troppo importante, e lei mi vide molto perplesso e allora me ne diede una prova, e cantò un’aria tratta da non so che, e aveva una voce meravigliosa, per cui probabilmente mi aveva detto la verità. L’aria durò quasi cinque minuti, in cui io rimasi imbambolato di fronte a quello spettacolo a cui stavo assistendo. E la sua voce era così roboante che arrivò perfino in giardino, e dopo aver eseguito il canto Beatrice e Marco applaudirono e fecero un po' di schiamazzi da stadio. Era stata clamorosa, quindi non c’erano dubbi sul fatto che aveva detto la verità.
   “E Marco? Di cosa si occupa?” le chiesi.
   “Marco è un liutaio. Ci siamo conosciuti un giorno che sono andata da lui perché volevo comprare un pianoforte. Ci siamo innamorati subito e poi abbiamo fatto l’amore la sera stessa. Marco è un dio a letto. Vedrai che tua moglie non resterà delusa”.
   “Ne sono certo”.
   “E tu invece? Come sei a letto?”.
   “Una frana” Miriam rise per la mia inaspettata risposta. Forse si aspettava che le dicessi che me la cavavo, e invece no, lo riconosco, sono un po' impacciato. Lo sono sempre stato.
   “Beh, questo lascialo giudicare a me” mi rispose, e a quel punto mi si avvicinò un’altra volta e si abbassò davanti a me, con la bocca all’altezza del mio cavallo che subito iniziò ad accarezzare da sopra i jeans, e in qualche attimo raggiunse forme considerevoli. E allora a quel punto mi tirò giù la lampo e me lo fece uscire fuori, imponente e maestoso, piantato davanti alla sua faccia, che reclamava la sua bocca, e lei a breve me l’avrebbe data. Lo prese con due dita alla base e lo esaminò in modo quasi scientifico, quasi come se mi stesse facendo una visita andrologica.
   “Però! Per essere una frana sei messo piuttosto bene. È enorme!”.
   “Sì ma è tutta scena. Non riesco a controllarlo, ecco qual’è il punto”.
   “Perché?” mi chiese.
   “Perché la durata di ogni mio amplesso è piuttosto modesta”.
   “E chi l’ha deciso quanto deve durare un amplesso? Se hai voglia di sborrare, fallo. Poi dopo si può sempre ricominciare daccapo. Non credi?”.
   “Sì certo, questo è vero. Però tu non consideri l’orgoglio maschile”.
   “L’orgoglio maschile, che parola vuota. Quando fai l’amore con una donna che ami te ne devi fregare di questa parola”.
   A quel punto mi diede qualche bacio sul glande e poi lungo tutta l’asta prima di prenderlo in bocca e farmi un pompino, che però non portò a conclusione. Ad un certo punto me lo rimise nei pantaloni perché disse che voleva conservare il mio sperma per il “dopocena”. Così, come potete ben immaginare, fui costretto a starmene con il cazzo dritto per tutto il tempo. Miriam mi aveva lasciato con una voglia di sborrare pazzesca. Non so se avete mai provato una sensazione del genere; questa cosa mi rese nervoso e taciturno per tutto il tempo, perché non pensavo ad altro che al mio appagamento. E Miriam ogni tanto, durante la cena, mi guardava e mi sorrideva, oppure mi faceva l’occhiolino, perché sapeva che stavo sbroccando, proprio per colpa sua, e sembrava che questa cosa la divertiva.
   Poi ad un certo punto non riuscii più a resistere. Dovevo farmela subito. E allora colsi l’occasione quando Miriam si alzò dal suo posto perché doveva andare a fare la pipì, e allora mi alzai anche io e inventai una scusa, e dissi che dovevo andare a controllare se avevo spento il forno. E così andai dietro di lei, e una volta entrati nel corridoio di casa che portava alle varie camere, lontano dagli occhi di Marco e di Beatrice, le presi i fianchi con entrambe le mani e lei ebbe un sussulto, la feci girare spingendola con il busto contro il muro. Le alzai il vestitino da sera e le abbassai il perizoma, dopodiché tirai fuori il mio attrezzo che era rimasto in tiro per tutto il tempo e glielo ficcai in culo. E lei si lasciò chiavare senza dire nulla, concedendomi il suo corpo in modo passivo, e io me ne appropriai. La posizione era piuttosto scomoda, ma ormai il mio cazzo era dentro, e non ne voleva sapere di uscire fuori dal suo condotto anale. E poi non avevo voglia di portarla in camera da letto. Dovevo averla, subito.
   Nel frattempo le baciavo il collo, e lei alzò la testa per lasciarmelo fare, e chiuse gli occhi perché quello che stavo facendo le piaceva. Poi ad un certo punto sentii quel brivido che preannuncia l’eiaculazione e iniziai ad inondarle il retto col mio seme e mi accasciai su di lei, affondando il mio viso nei suoi capelli profumati. La mia incredibile eccitazione si era placata, ma adesso mi sentivo in colpa, perché non ero riuscito ad aspettare. Lo dissi a Miriam e lei mi rispose di stare tranquillo, perché anche Marco e Beatrice non erano riusciti ad aspettare. Infatti aveva ragione; stavano facendo l’amore anche loro, in giardino, sul tavolo su cui avevamo appena consumato la nostra cena.

sabato 1 dicembre 2018

Un altro posto,

la luna di miele continua.


[postato da Rocco]

   Bea non riusciva a credere che ci avevano invitati a lasciare il resort. Continuava a chiedermi il motivo per cui lo avevano fatto. Cosa aveva fatto di male? Io annuivo perché sentivo di doverla appoggiare in tutto e per tutto, d’altronde era pur sempre mia moglie. Però era evidente che a scatenare quella reazione era stata la scelta sconsiderata di Bea di fare una gangbang in piscina insieme a cinque sconosciuti.
   “Cosa ho fatto di male? Cosa c’è di male nel fare l’amore quando ne hai voglia? Proprio non capisco”.
   “Beh, forse perché obiettivamente non era il luogo più opportuno dove farlo. Ipotizzo”.
   “Che assurdità” rispose lei. “Sarebbe un mondo molto più bello se la gente potesse fare l’amore dove e quando vuole, invece che farlo di nascosto, lontano dagli occhi di tutti”.
   Capivo perfettamente. Ma purtroppo il mondo ancora non era pronto a questo. Comunque decidemmo di trasferirci altrove. Avevo fatto una ricerca su Internet, e avevo trovato un appartamento dove alloggiare che avrebbe fatto al caso nostro. Era nei pressi di una spiaggia nudista, la più conosciuta di tutta l’isola in cui avevamo deciso di trascorrere la nostra luna di miele.
   La spiaggia era frequentata dal solito target di persone che in genere bazzicano le spiagge nudiste; quindi c’erano i soliti guardoni, e poi c’erano quelli che andavano in cerca di avventure e situazioni porche, e poi infine c’erano le coppie. Alcune coppie, un po' per esibizionismo, si lasciavano andare a delle coccole molto spinte, regalando ai guardoni degli show indimenticabili. A colpire la mia attenzione fu soprattutto una coppia di ragazzi, lei sdraiata a pancia in giù sul telo, e lui a cavalcioni sopra di lei intento a farle un massaggio rilassante. La sua erezione piantata in mezzo alle sue natiche burrose era uno spettacolo erotico che attirò l’interesse di molti voyeur. Nessuna penetrazione, soltanto carezze e sussurri, i corpi unti di sudore uniti uno sopra l’altro, il membro di lui premuto su di lei, le espressioni di intenso piacere sul viso. Insomma, una scena di altissimo livello erotico. Altro che pornografia.
   È stato qui che abbiamo conosciuto Marco e Miriam, una coppia come noi. E dico “come noi” perché anche Miriam era una transgender come Beatrice. Eravamo a poca distanza, e loro avevano iniziato a guardarci in modo insistente. Poi ad un certo punto si sono alzati dai loro teli e sono venuti verso di noi e lui ha esordito con un semplicissimo: “ciao”.
   “Ciao a voi” gli ha risposto Bea.
   “Italiani?”.
   “Sì”.
   “Come mai su quest’isola paradisiaca?”.
   “Siamo in viaggio di nozze”.
   “Complimenti davvero! Vi dispiace se ci avviciniamo a voi con i nostri teli?”.
   “No di certo, fate pure”.
   Non era difficile capire ciò che stava accadendo. Era così scontato. Stava avvenendo un chiarissimo scambio di coppia. Infatti Miriam iniziò da subito a farmi gli occhietti dolci, e Marco iniziò a corteggiare in modo sfacciato Beatrice. Era la prima volta per noi. Come ben sapete io e mia moglie avevamo avuto moltissime esperienze, avevamo provato di tutto, ma questa era la prima volta che qualcuno ci proponeva uno scambio di coppia. Cioè, non è che ce lo avevano proposto apertamente, ma ce lo avevano fatto capire, con i gesti, le parole, e soprattutto col fatto che Miriam aveva iniziato a corteggiare me e Marco invece ci stava provando con Beatrice. Più chiari di così non potevano essere.
   Miriam era molto sensuale, proprio come Beatrice, anche se differivano su molti aspetti estetici. Tanto per cominciare Miriam aveva i capelli castani tendenti al rosso, e portava la frangetta che le dava un aspetto misterioso, ma anche una certa eleganza, un’eleganza che era messa in risalto dal suo eccezionale portamento femminile. Diciamo che se non le guardavi in mezzo alle gambe non ve ne sareste mai accorti che era in parte un uomo. Inoltre Miriam aveva due occhi azzurri che brillavano come pietre preziose, occhi che ti guardavano e ti accendevano il cuore, e subito ti veniva voglia di possederla, di farla tua, di penetrarla a fondo.
   A differenza di Beatrice aveva un corpo più mascolino; le spalle per esempio erano larghe, un po' come quelle dei giocatori di palla a volo, e il tronco era meno sinuoso, e infine aveva un seno molto modesto, appena accennato. Ma queste caratteristiche fisiche di certo non non penalizzavano la sua bellezza, al contrario la rendevano ancora più desiderabile, perché era maggiormente più evidente (a differenza di Beatrice) la sua duplice sessualità.
   Marco invece, il compagno di Miriam, aveva un aspetto piuttosto rude, mi verrebbe da dire da “musicista rock”, o da motociclista se preferite, di quelli che vanno in giro con la Harley, il giubbotto e gli stivali. Di quelli che vanno ai motoraduni scarrozzandosi dietro le proprie fidanzate gnocche per sfoggiarle davanti a tutti come dei trofei di caccia. Inoltre dava l’impressione di uno che le donne se le rigirava come voleva lui, un vero animale da letto, e a conferma di questo era il suo corpo possente e il suo notevole attrezzo. Era quasi scontato che la mia Beatrice ne avrebbe tratto molto godimento nel fare l’amore con lui, e lo stesso sarebbe stato per me, che avrei avuto un rapporto molto soddisfacente con Miriam, ammesso e non concesso che la mia ipotesi fosse giusta, e cioè che stava per avvenire uno scambio di coppia. Perché obiettivamente non ne ero sicuro al cento per cento, come dicevo poco fa, anche se il loro modo di avvicinarsi a noi aveva tutto l’aspetto di una richiesta di scambio.