giovedì 29 novembre 2018

L'affare è

molto sporco.

(in foto: Chanel Santini, Devilsfilm.com)


[postato da Rocco]

   Il giorno dopo andò in scena lo stesso copione; Beatrice passò il pomeriggio nuda in piscina a farsi baciare dal sole (ma non solo dal sole, ma poi ci arriviamo a questo). Io invece, proprio come il giorno prima, avevo deciso di fare un salto al bar del resort, dove c’erano i giornali e le riviste provenienti da tutto il mondo, e quindi anche dall’Italia. Il mio scopo era vedere se si parlava dello scandalo di cui mia moglie si era resa protagonista. In effetti sì, su qualche rivista scandalistica c’erano degli articoli che parlavano di lei. E c’era anche una nuova rivelazione; su una rivista c’era scritto che un giornalista era sulle tracce di un sex-tape amatoriale in cui la stessa transgender faceva l’amore con un altro personaggio famoso. Non si sapeva chi, dicevano soltanto che era “uno famoso”, per cui poteva essere chiunque, un politico, un presentatore televisivo, un attore.
   Quindi andai a chiedere direttamente a Beatrice; chi meglio di lei poteva sapere di quel sex-tape, dal momento che era lei ad esserne la protagonista. E una volta raggiunta la piscina mi accorsi che mia moglie era piuttosto impegnata in una gangbang con quattro uomini, i quali le avevano tappato entrambi i buchi che aveva a disposizione, bocca e culo.  E poi c’era anche un altro uomo che però guardava soltanto, e si faceva una sega, e intanto aizzava i quattro a fare di meglio, a romperla senza ritegno.
   Mi avvicinai a quell’ammucchiata e feci vedere l’articolo della rivista a Beatrice, e le chiesi delle spiegazioni. E lei mi rispose che non era il momento di parlare di quella questione. In effetti aveva la bocca troppo impegnata. Ma io volevo assolutamente saperne di più. Perché non mi aveva detto niente di quel sex-tape?
   “Non vedi che la maiala è impegnata?” mi chiese in malo modo il tizio che si stava segando. “Ma poi tu chi sei?”.
   “VOI chi siete. Io sono suo marito”.
   “Bella moglie vacca che c’hai” continuò lui.
   “E allora, Bea?” mi rivolsi di nuovo a lei. “Cos’è questa storia del sex-tape?”.
   “Non credi che sia il caso di parlarne dopo? Al momento sono piena di cazzi dappertutto, e non ce la faccio a parlare di quel sex-tape”.
   “Ok, ne riparliamo dopo”.
   Quindi dovetti aspettare la cumshot finale per avere delle spiegazioni. E inoltre mi feci anche spiegare cos’era quella cosa a cui avevo appena assistito. E lei mi rispose semplicemente che era soltanto una gangbang. Era da quando era arrivata in piscina che quelli lì non facevano altro che fissarla, e allora lei gli aveva detto che se volevano potevano averla. E loro non si sono fatti pregare e se la sono fatta in gruppo.
   “Proprio non ci sai stare senza fare l’amore, vero?” le domandai in tono polemico.
   “Lo sai, ho sempre voglia di cazzi nuovi. Ma veniamo al punto. Volevi sapere di quel sex-tape, non è così? Ebbene sì, ho fatto un sex-tape”.
   “E con chi?”.
   “Con un concorrente di un reality show”.
   “E adesso chi ce l’ha il sex-tape?”.
   “Ce l’ha Romualdo. E ha detto che lo tirerà fuori soltanto al momento giusto”.
   “E quale sarebbe il momento giusto?”.
   “Questo non lo so, dovresti chiederlo a lui”.
   Mia moglie mi raccontò tutta la storia. Questo tizio, il concorrente del reality show, era andato a fare una serata in una discoteca. Sì, pare strano, ma questi vip vanno a fare delle “serate” in discoteca, che sono in realtà soltanto delle comparsate. Si presentano nella discoteca di turno senza fare un cazzo, e soltanto la loro presenza basta a far accorrere migliaia di persone desiderose soltanto di poter vedere dal vivo un personaggio televisivo. E per queste “comparsate” questi personaggi inutili dello show business vengono retribuiti profumatamente. Lo so, è una cosa incredibile, eppure funziona così. Soldi in cambio della propria presenza in un posto. È un mondo malato.
   In ogni modo Romualdo, il manager di Beatrice, fiutando l’affare aveva mandato mia moglie alla serata in discoteca, e le aveva chiesto di corteggiare il vip per poi cercare di portarlo in albergo (Romualdo infatti per l’occasione aveva affittato una camera d’albergo), dove lui avrebbe nascosto una videocamera e avrebbe ripreso la monta, nell’ipotesi in cui fosse avventura. E in effetti poi la monta era avvenuta per davvero, perché Beatrice era riuscita a convincerlo ad andare con lei in albergo, e quindi adesso c’era questo sex-tape e tutti quanti lo cercavano. Un video esclusivo, in cui questo personaggio televisivo si faceva una transgender, la stessa transgender che era stata paparazzata mentre faceva un lavoro di bocca al calciatore di cui vi parlavo nel post precedente.
   Iniziavo ad essere stufo di Romualdo, perché era evidente che trattava mia moglie come un pezzo di carne da dare in pasto agli uomini, col solo scopo di racimolare denaro e popolarità. E il fatto che maggiormente mi faceva perdere la ragione era che quel Romualdo era spalleggiato in ogni iniziativa da Berni, il fidanzato di mia sorella.
   “Ma quali sono le sue intenzioni?” chiesi a mia moglie, che aveva ancora il viso imbrattato di sperma per la recente gangbang con relativa cumshot finale. “Voglio dire, cosa vuole farne di questo sex-tape?”.
   “Non so cosa dirti. Ha detto soltanto che lo farà fruttare”.
   Verso sera fummo invitati a lasciare il resort, perché i gestori avevano visto ciò che Beatrice aveva fatto in piscina tramite le videocamere di sorveglianza, e quindi per una questione di decoro e di rispetto del buon nome dell’attività sarebbe stato opportuno da parte nostra (ma soprattutto da parte di mia moglie) lasciare il villaggio turistico. Quindi il tempo di recuperare le nostre cose e proseguimmo la luna di miele in un altro posto.

  

sabato 24 novembre 2018

Tutto normale,

come se non fosse mai accaduto nulla.


[postato da Antonella]

   Il giorno dopo sia Moana che Berni si comportarono come se non fosse accaduto nulla. Dopo avermi scopata tutti e due insieme (lei con lo strap-on) io ero sfinita, e quindi ero ritornata nella camera accanto, dove poi mi ero addormentata sul divano letto che c’era nella cameretta della piccola Cleopatra. Mi svegliai alle otto del mattino, con un fortissimo dolore al buco del culo. Ed era più che normale, dal momento che avevo perso la verginità anale.
   Ero ancora nuda, e guardai nella culla di Cleopatra e lei non c’era. Allora andai nel panico e mi precipitai in cucina, ed era lì, in braccio a sua madre, che era seduta a bere una tazza di latte, e Berni invece era in piedi, appoggiato con il sedere al lavandino, e stava leggendo una rivista di cinema. Erano entrambi vestiti e pronti per andare a lavoro, io invece ero ancora nuda, e quando mi videro Moana scoppiò a ridere. “Mi dici che ci fai tutta nuda in casa nostra?” mi chiese.
   “Ti chiedo scusa, Moana. È che devo essermi addormentata così, e poi quando mi sono svegliata ho visto che Cleopatra non era nella culla, e allora mi sono spaventata e sono corsa di qua per vedere se era con te”.
   “Ma certo che è con me” mi rispose, poi mi guardò da capo a piedi. “Però... sei messa piuttosto bene. Sei proprio un bel bocconcino. Non hai mai pensato di darti all’hard? Berni potrebbe darti una mano, se vuoi” poi si rivolse a lui. “Tu cosa ne pensi? Non credi che la nostra Antonella potrebbe diventare una star del porno?”.
   “Sì, in effetti ha un bel corpo”.
   Parlavano come se per loro fosse la prima volta che mi vedevano nuda. Possibile che avevano già dimenticato quello che era successo la notte precedente? Ero molto perplessa, perché non sapevo cosa dire. Dissi soltanto che il porno non mi interessava. E allora Moana rispose che era un peccato, perché con il corpo che avevo avrei potuto tirare su un bel po' di soldi. Poi la discussione terminò lì, e allora mi andai a rivestire. Era chiaro che Moana e Berni non volevano parlare di ciò che era accaduto. E sinceramente neanche io. Era stato un gioco, un gioco a cui avevo partecipato anche io. Punto. Adesso si ritornava alla normalità. O forse no? Non potevo sapere se quello che era accaduto avrebbe modificato il nostro rapporto.
   Dopo essermi rivestita ritornai in cucina, e Berni era appena uscito per andare a lavoro, e allora la mia boss colse l’occasione per parlarmi di ciò che avevano fatto insieme a me. Affrontò il discorso in modo molto vago, parlando del fatto che era del tutto normale in una coppia avere delle fantasie e quindi desiderare di fare delle nuove esperienze. E io facevo di sì con la testa a tutte le cose che diceva per non contraddirla. Poi dopo un po' venne al nodo della questione.
   “Sai, ieri ti ho vista lì sulla porta che ci stavi spiando, e allora ho capito che ti avrebbe fatto piacere unirti a noi. Per questo ti ho fatta entrare in camera da letto. Ho sbagliato?”.
   “No, certo che no”.
   “Ti ha fatto piacere fare l’amore con noi?”.
   “Sì, certo. Molto”.
   “Ottimo”.
   Nei giorni che seguirono non parlammo più di quella cosa, comportandoci come se non fosse mai accaduto nulla. Era stata un’avventura, un gioco erotico a tre, e basta. Ovviamente non lo raccontai a nessuno, neppure al mio fidanzato, con cui ultimamente non andava granché bene, perché lui mi tradiva in continuazione e io ero stufa di portare le corna. Per cui poi decisi di lasciarlo, e mi ritrovai di nuovo single.
   Il mio lavoro a casa di Moana si intensificò; infatti iniziò a chiedermi con molta frequenza di sistemarle casa, perché lei era sempre troppo impegnata. E nel giro di qualche settimana senza rendermene conto ero diventata una specie di domestica, sempre disponibile, ventiquattro ore su ventiquattro. E devo dire che la cosa non mi dispiaceva, perché la mia boss mi pagava molto bene.
   Spesso dormivo lì, e una notte mi chiesero un’altra volta di unirmi a loro, e io gli dissi di sì, però questa volta lei non usò lo strap-on. Questa volta fu un rapporto molto più morbido, quasi d’amore. Io e la mia boss ci leccammo a vicenda i buchi, mentre Berni ci penetrava una alla volta. I nostri corpi intrecciati l’uno all’altro erano illuminati dalla luce fioca delle abat-jour che c’erano sui comodini, le nostre bocche si univano, si esploravano, le nostre mani toccavano zone erogene, poi ad un certo punto la sborra di Berni mi schizzò sulla faccia, una cumshot in piena regola che mi inondò il viso, e uno schizzo mi finì anche sui capelli, e allora Moana mi prese il viso con entrambe le mani e iniziò a leccare il seme del suo uomo, e quindi sentii la sua lingua calda percorrermi le guance. Poi mi disse di aprire la bocca e io lo feci, e a quel punto mi ritrovai il cazzo di Berni tra le labbra, che stava perdendo di consistenza, ma gli bastarono alcuni dei miei risucchi per farlo ritornare dritto, e quindi ricominciammo d’accapo. Per tutta la notte. E ancora altra sborra, altri baci, altre carezze.
   Poi il giorno dopo tutto ritornò di nuovo alla normalità, come se nulla fosse accaduto. Io ritornai ad essere la domestica di casa e loro i miei datori di lavoro. E Moana era ritornata ad essere quella di sempre, esigente e a tratti insopportabile, così diversa da come era a letto, anche se anche lì aveva una certa tendenza a dominare sugli altri. Me ne ero accorta perché mentre lo facevamo mi girava e mi rigirava come voleva lei, e era sempre lei a prendere ogni iniziativa. Proprio come quando era a lavoro. Però a letto lo faceva in modo diverso. Lo faceva con amore.
   E quella mattina mi disse una cosa che mi fece davvero commuovere. Mi disse: “sai, sei una ragazza davvero speciale. Io e Berni ci siamo molto affezionati a te, e anche Cleopatra. Ormai fai parte della nostra famiglia, questo è evidente”.
 

giovedì 22 novembre 2018

Entri o esci?

Decidi.


[postato da Antonella]

   E allora feci una cosa che non avevo mai fatto; spiare una coppia di innamorati che fanno l’amore. E non era una coppia qualsiasi, era la mia boss e il suo fidanzato. Ma era più forte di me, era come se in quel momento fossi preda di un demone che mi stava spingendo a fare quella cosa. Non potevo farne a meno, e allora andai nel corridoio e a piccoli passi raggiunsi la camera da letto. La porta era socchiusa. Non la chiudevano mai, forse perché non avevano nulla da nascondere. Perché per Moana l’amore non era una cosa di cui vergognarsi e quindi da fare di nascosto. E allora questa cosa mi fece sentire autorizzata a sbirciare dentro, e vidi che Moana aveva entrambi i polsi legati a delle manette che erano fissate alla testiera del letto, e aveva la ballgag in bocca. Era sdraiata di schiena, e Berni le stava sopra e la stava scopando senza preservativo. La mia boss usava la pillola. Lo sapevo perché qualche volta che avevo sistemato la sua camera da letto gliele avevo viste.
   Era così eccitante quello a cui stavo assistendo che ad un certo punto infilai una mano nei miei hot pants di jeans, e poi mi feci strada dentro il perizoma, dove trovai le labbra di sotto in fiamme, e iniziai a toccarle, ed ero così eccitata che mi sembrava di essere già sul punto di venire. Era la prima volta che facevo una cosa di quel tipo, spiare un momento così privato di una coppia, e la paura di essere scoperta aumentò maggiormente il piacere, anche perché si trattava della mia boss, e lo sapevano tutti che lei si irritava facilmente. Stavo rischiando il posto, eppure non me ne fregava niente. Era troppo bello per potermi tirare indietro. Adesso dovevo andare fino in fondo.
   E poi arrivò il piacere, e le gambe iniziarono a tremarmi e dovetti reggermi con una mano allo stipite della porta per non perdere l’equilibrio. Dio quanto era bello! Era come godere insieme a loro. Ma ormai si erano accorti di me, e Berni aveva tolto le manette a Moana e aveva fatto uscire la ballgag dalla sua bocca, e avevano iniziato a fissarmi in malo modo, come se avessi commesso un terribile delitto. Adesso che avevo raggiunto il piacere mi resi conto della follia che avevo appena fatto, per cui adesso ero quasi certa che la mia boss mi avrebbe licenziata. L’avevo fatta proprio grossa, e non avevo scusanti.
   “Antonella, va tutto bene?” mi chiese Moana con un tono molto severo.
   “Sì, Cleopatra è nella sua culletta che dorme” risposi, facendole capire che se mi ero permessa di andarli a spiare era perché nell’altra stanza era tutto sotto controllo.
   “Beh, allora cosa fai lì sulla porta? O entri o esci. Decidi”.
   Non riuscivo a capire. Sembrava che mi stesse proponendo di unirmi a loro, oppure di ritornarmene nell’altra stanza. Ero confusa, ma allo stesso tempo la proposta di entrare era molto allettante. Tanto ormai ero certa di averlo perso il mio lavoro da babysitter, quindi non avevo nient’altro da perdere, e così entrai dentro e mi avvicinai al letto. Moana mi guardava in modo terribile, con due occhi pieni di disapprovazione, e io ero terrorizzata. Berni invece era incuriosito da quello che stava per accadere. Aveva ancora il cazzo dritto, per cui non era ancora venuto, e quindi non avevano ancora finito di fare l’amore.
   “Non te l’ha mai detto nessuno che non è molto educato sbirciare nelle camere da letto?” mi chiese Moana, una domanda retorica a cui io non dovevo rispondere, e infatti mi limitai ad abbassare la fronte dispiaciuta dell’accaduto. “Adesso te la faccio passare io la voglia”.
   A quel punto la mia boss si tolse la ballgag e la mise a me, piazzandomela in bocca, e poi cominciò a togliermi tutti i vestiti fino a farmi restare nuda come loro due. E mentre lo faceva, Berni le chiese cosa avesse in mente. Lui non sembrava tanto convinto a coinvolgermi, ma Moana invece sì.
   “Dai, non vedi com’è bagnata?” gli chiese passandomi due dita in mezzo alle labbra della fighetta, e poi mostrandole a lui. “Sarà divertente, vedrai. Tu la prendi da dietro, e io me la faccio davanti”.
   Non capivo. Poi Moana andò verso il suo cassetto dei giocattoli e tirò fuori lo strap-on e se lo legò intorno alla vita. Adesso finalmente era chiaro. Mi avrebbero fatto il servizio completo, davanti e dietro, tutti e due insieme. Infatti Moana mi prese entrambe le mani e si lasciò cadere sul letto di schiena, e mi trascinò su di se, e quindi mi fece mettere a cavalcioni sopra di lei, e intanto aveva afferrato il grosso membro di plastica che c’era attaccato alla cintura che aveva intorno alla vita, lo direzionò verso la mia vagina e lo fece entrare dentro. Nel frattempo mi guardava con un sorriso beffardo, sprezzante, facendomi capire lo smisurato potere che aveva su di me, perché lei era la mia boss e io dovevo assecondare tutti i suoi capricci. Prendere o lasciare. Da quel giorno la mia presenza in quell’appartamento sarebbe cambiata radicalmente, me lo sentivo.
   “Cosa aspetti?” domandò a Berni. “Sbattiglielo in culo. Non vedi quanta è arrapata?”.
   Berni non si fece pregare più di tanto e si mise dietro di me, e lentamente lo fece entrare nel mio orifizio anale. Era la prima volta per me dietro, e infatti stavo avendo non poche difficoltà a lasciarlo entrare. Ce l’avevo così stretto che lui fu costretto a usare, su consiglio della mia boss, del lubrificante. Solo a quel punto riuscì a scivolare dentro, e quindi iniziò la doppia monta, lui dietro e Moana davanti, che mentre mi scopava mi guardava fissa negli occhi, sempre sorridendomi allo stesso modo, con sdegno, e nel frattempo mi teneva le mani sulle natiche tenendomele ben aperte, per permettere al suo fidanzato una migliore penetrazione anale. E ogni tanto mi sculacciava, e gli schioppettii delle sue mani sulla mia pelle risuonavano sulle pareti della camera da letto, e io non capivo più niente. Era tutto così nuovo per me, e poi mi sentivo completamente sottomessa, con la bocca tappata dalla ballgag, e le mani della mia boss che mi percuotevano le natiche, mentre il suo uomo mi inculava.

martedì 20 novembre 2018

Spiare la mia boss

mentre fa l'amore.


[postato da Antonella]

   “Cos’è quella cosa?” le domandai.
   “Quale cosa?” mi chiese lei in modo asettico, come se la mia presenza nella sua camera da letto non fosse di suo gradimento.
   “Quella cosa che hai al collo”.
   “È una ballgag”.
   “E a cosa serve?”.
   “Te la metti in bocca mentre ti fai montare dal tuo uomo”.
   “E per quale motivo?”.
   “Perché è eccitante”.
   “E perché dovrebbe esserlo?” non riuscivo a capire, e lei sembrava piuttosto infastidita dalle mie troppe domande, e allora finalmente alzò lo sguardo dalla rivista di gossip che stava leggendo per guardarmi negli occhi.
   “Perché hai la sensazione di essere sottomessa a lui, non hai più la facoltà di parlare, diventi una specie di oggetto del suo piacere. ”.
   “E questo dovrebbe essere eccitante?”.
   A questo punto perse la pazienza e tirò un sospiro e mi chiese gentilmente di uscire dalla camera da letto, perché a breve sarebbe arrivato Berni e lei doveva farsi trovare pronta. Quindi obbedii e la lasciai da sola, ma poi ritornai nella sua stanza e le chiesi se mi faceva vedere come si usava la ballgag. Allora lei sbuffò e mise via la rivista di gossip, e a quel punto si mise la palla rossa in bocca.
   “Ei oena aeo?” mi chiese, ma parlare con quella cosa era assolutamente impossibile, per cui io non capii e lei allora si tolse la ballgag e me lo chiese di nuovo: “sei contenta adesso?”.
   “Sì, ero soltanto curiosa. Adesso non ti disturbo più”.
   “Molto bene”.
   A quel punto me ne ritornai nella stanza della piccola Cleopatra, che dormiva come un angioletto, e quindi colsi l’occasione per mettermi a studiare. A breve avevo un esame molto tosto, per cui dovevo sfruttare tutto il mio tempo a disposizione per prepararmi. Poi verso le dieci sentii la porta d’ingresso che si apriva; Berni era ritornato, e appena sarebbe entrato nella camera da letto avrebbe trovato una fantastica sorpresa: Moana distesa sul letto, completamente nuda e con le mani ammanettate alla testiera del letto, e con la ballgag in bocca. Ero certa che vedere quella scena gli avrebbe provocato un erezione immediata.
   “Amore, sono a casa” disse facendosi strada nel corridoio che portava alla camera da letto. “È stata una giornata assurda. Romualdo ha sempre delle idee strampalate, e mi costringe ad ascoltare i suoi deliri per tutto il giorno. Sono esausto e...” a quel punto era arrivato in camera da letto e aveva trovato Moana ammanettata a letto e con la palla di gomma rossa in bocca. “Ma che succede?” ma lei ovviamente non poteva rispondere, e poi quella situazione si commentava da se. Non c’era bisogno che lei gli dicesse cosa stava succedendo, perché l’avrebbe capito chiunque. Moana aveva voglia di scopare. E voleva farlo in modo diverso dal solito.
   Ma quella era la loro vita privata, e io non dovevo impicciarmi. Io ero pagata soltanto per dare una mano alla mia boss con la sua bambina, e certe volte con le faccende di casa. Ma la camera da letto era proprio accanto alla stanza in cui mi trovavo io, per cui sentivo ogni cosa, sentivo lei che nonostante aveva la ballgag che le tappava la bocca ansimava di piacere, e lui che le diceva un sacco di porcate mentre la scopava, perché la mia boss godeva come una matta a sentirsi dire certe cose dal suo uomo, del tipo che lei era una zoccola da statale, che c’aveva il condotto anale sfondato per tutte le volte che gliel’avevano sbattuto in culo, e cose di questo genere. Ma la cosa che le faceva perdere la testa era sentirsi paragonata a sua madre; quando Berni le diceva quella cosa, e cioè che lei era ancora più maiala di sua madre, allora lì Moana perdeva completamente la testa e l’orgasmo era assicurato.
   La mia boss aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con sua madre. Me ne accorgevo ogni volta che veniva a casa, e allora litigavano per delle stupidaggini, e se ne dicevano di tutti i colori, però poi alla fine sua madre aveva sempre la meglio, e Moana ne usciva sempre sconfitta, perché nonostante tutto lei era pur sempre sua madre. E quindi probabilmente era per questo motivo che durante l’amore godeva nel sentir dire quelle cose da Berni, e cioè che lei era più maiala di sua madre, perché era come una specie di rivalsa nei confronti di lei, e questa cosa la faceva godere come una matta.
   Sabrina era tutto l’opposto di sua figlia. Era una donna dolcissima e affettuosa con tutti, anche con me, che mi conosceva appena. Nominalmente era ancora suo il negozio di intimo che gestiva Moana, anche se poi era lei che comandava. E quando era Sabrina a gestirlo era tutto diverso, e le commesse erano felici, perché c’era “mamma Sabri”. Sì perché Sabrina era un po' come una seconda mamma per loro. Adesso invece con Moana le cose erano cambiate notevolmente. È anche vero che, da quello che mi ha raccontato la mia boss, prima del suo arrivo in negozio regnava un lassismo imbarazzante. Poi da quando aveva preso lei il comando tutto aveva cominciato a funzionare come un meccanismo ben oliato, e le vendite erano aumentate in modo sorprendente.
   Comunque studiare con in sottofondo i rantoli di piacere della mia boss e con le porcate che le diceva Berni era impossibile. Le pareti dell’appartamento erano molto sottili, per cui non riuscivo a concentrarmi, e dopo un po' iniziai a capire il motivo. Ero turbata, ero… eccitata. Diamine, non riuscite nemmeno a immaginare quanto mi eccitava sentirli mentre facevano l’amore. E così accostai un orecchio alla parete per sentirli meglio, e avevo le mutandine zuppe, e mi ci infilai una mano dentro e iniziai ad accarezzarmi le labbra scivolose per via dei miei umori. Ma questo non mi bastava. Volevo guardare, volevo spiarli mentre facevano l’amore, volevo godere con loro.

sabato 17 novembre 2018

giovedì 15 novembre 2018

Dovevo assolutamente averla...

... la ballgag.


[postato da Moana]

   Il sogno che avevo fatto (o forse dovrei dire incubo, dipende dai punti di vista) mi aveva lasciato una strana inquietudine addosso. Paura ed eccitazione che si fondevano diventando un tutt’uno. E probabilmente era quello che provavano le persone che praticano il bondage, ma io non potevo saperlo, perché non avevo mai sperimentato nulla del genere. La dominazione sì, però sono sempre stata io a dominare, per cui non ho mai provato la sensazione della paura legata al sesso.
   Mi guardavo intorno in modo sospettoso in continuazione, come se il pericolo fosse dietro l’angolo, tutto a causa di quel sogno. Eppure non facevo che pensare alla ballgag rossa nella mia bocca, ai denti stretti sulla gomma, e alla saliva che colava fuori come una cascata. La paura di soffocare, la sensazione di essere un oggetto del piacere da maltrattare. Questi pensieri mi ossessionavano.
   Così a ora di pranzo telefonai a Gerry. Gerry era un amico che aveva un sexy shop. Andavo sempre da lui a comprare i miei giocattoli. Come sapete ne avevo tanti, e spesso mi facevano compagnia quando Berni non c’era, oppure altre volte li usavo insieme a lui, in modo da rendere i nostri rapporti ancora più intensi.
   Se non usi i giocattoli godi solo a metà, diceva spesso Gerry. Gerry era una checca isterica, odiava il mondo intero, trovava cento difetti in chiunque, però poi lo vedevi sempre in giro tra dark room e mastodontiche orgie. Diceva che erano le uniche occasioni che aveva per riappacificarsi con l’umanità. E io ascoltavo i suoi racconti; mi rivelava spesso i nomi dei personaggi famosi che erano soliti fare queste colossali ammucchiate: attori, politici e uomini di chiesa. C’era un po' di tutto.
   Una volta mi aveva raccontato di essersi ritrovato in una mega orgia di militari che avevano preso in affitto una villa in periferia e avevano tirato su un baccanale in piena regola. Tutto rigorosamente only for men. Lui aveva sempre avuto la fissa per gli uomini in divisa; diceva che erano molto caldi, soprattutto i poliziotti.
   In ogni modo domandai a Gerry se nel suo negozio aveva delle ballgag.
   “Da me puoi trovare qualsiasi cosa, amore mio” mi rispose. “Piuttosto, mi spieghi a cosa ti servono? Maiala che non sei altro”.
   “Voglio fare una sorpresa a Berni. Ah, e mi servono anche delle manette”.
   “Io credo che un uomo più fortunato di lui non esiste. E non esiste nemmeno una donna più zoccola di te. Ok amore mio, passa in negozio quando vuoi e ti faccio avere tutto quello che mi hai chiesto. A proposito, di che colore la vuoi la ballgag? Gialla? Blu? Nera?”.
   Rossa. La ballgag doveva essere assolutamente rossa. Come nel sogno.
   Quindi nel tardo pomeriggio passai a prendere tutto il materiale. Ogni volta che entravo nel sexy shop di Gerry ci passavo delle ore, un po' perché mi piaceva ascoltare le sue avventure estreme, e un po' perché mi piaceva guardare i giocattoli esposti. Molti già li conoscevo, ma non li avevo mai provati. Ma avevo tutta la vita davanti per farlo. Anche la ballgag l’avevo già vista, però non mi era mai venuto in mente di comprarla e adoperarla. E invece adesso… le cose erano notevolmente cambiate. E forse un giorno avrei comprato anche l’altalena dell’amore. Gerry la teneva esposta al centro del negozio; era inchiodata al soffitto. Praticamente la donna (ma anche l’uomo) si siede sopra e dondola, come un altalena normale, soltanto che la si utilizza per fare l’amore. Ogni volta che andavo in negozio chiedevo a Gerry se potevo utilizzarla, e quindi mi ci sedevo sopra e iniziavo a dondolare, e avevo sempre dei bei ricordi di quando mio padre mi portava al parco e mi prendeva di peso e mi metteva sull’altalena, e poi cominciava a spingermi.
   E ogni volta che mi mettevo a dondolare nel sexy shop mi guardavano tutti. Di solito nel negozio c’erano sempre un bel po' di clienti, tutti maschi, e io dondolavo e loro mi guardavano con desiderio, e sognavano di chiavarmi, proprio lì, su quell’altalena, in quel negozio. Mettersi in fila e chiavarmi a turno, in una massacrante gangbang altalenante con relativa cumshot collettiva finale. E l’idea mi faceva sempre eccitare così tanto che mi si faceva un vero e proprio laghetto nel perizoma.
   Gerry se ne accorgeva di come mi guardavano i suoi clienti, e un giorno mi fece una proposta, e mi chiese di dondolare nuda per qualche oretta, in modo da attirare ancora più gente nel sexy shop. Ovviamente mi avrebbe pagata per farlo. Ma io gli dissi di no. Ormai non ero più una spogliarellista. Forse poteva chiederlo a Beatrice, la moglie transgender di mio fratello. Ero certa che lei lo avrebbe fatto. Beatrice avrebbe fatto qualsiasi cosa in cambio di denaro. 
   Dopo aver preso tutto il materiale che avevo chiesto a Gerry me ne tornai a casa. Chiesi ad Antonella, la babysitter dagli improbabili capelli azzurri, se poteva restare da noi per la notte, e quindi badare alla piccola Cleopatra. Lei mi disse di sì, tanto doveva studiare perché aveva un esame tra qualche giorno, e quindi studiare a casa sua o farlo da noi era la stessa cosa.
   Telefonai a Berni per sapere a che ora sarebbe rientrato, e lui mi disse che non lo sapeva, perché aveva ancora delle cose da sbrigare in ufficio. In ogni caso mi preparai per fare in modo che al suo arrivo trovasse tutto pronto, per cui disseminai una ventina di candele rosse nella camera da letto e mi spogliai completamente, lasciandomi soltanto le scarpe col tacco dodici ai piedi. Berni era un po' feticista in questo, e quando facevamo l’amore gli piaceva vedermi indossare alcune cose, per esempio le scarpe, ma anche l’orologio che ero solita portare al polso, un orologio che mi aveva regalato mio padre al mio diciottesimo compleanno, con un quadrante molto grande e al centro le iniziali del marchio di fabbrica. Era un orologio di lusso che costava un occhio della testa, e tenerlo al polso era un po' come avere sempre mio padre accanto, anche quando facevo l’amore.
   Berni impazziva anche per i miei occhiali. Non voleva che li togliessi quando facevamo l’amore. Diceva che mi davano molta autorevolezza. E poi diceva anche che aumentavano in modo sorprendente il piacere della cumshot finale.

sabato 10 novembre 2018

Kidnapping Moana...

... prigioniera di uno psicopatico.

(in foto: Cadence Lux, TeenCreeper.com)


[postato da Moana]

   Come ho detto in precedenza Genny era uno di quelli che otteneva sempre ciò che voleva. E infatti mi fece recapitare in negozio delle lettere in cui mi diceva che presto sarei stata di nuovo sua, e avrei imparato a rispettarlo e a godere delle sue attenzioni. In principio non diedi importanza a quelle farneticazioni, perché mi arrivavano molte lettere da parte di ammiratori anonimi, che magari mi avevano vista al centro commerciale e sognavano di trascorrere una notte con me, e allora mi scrivevano delle lettere in cui mi dicevano cosa gli sarebbe piaciuto farmi. E non gli avevo mai dato nessun peso. All’inizio forse sì, devo ammettere che un po' mi spaventavano, però poi mi ero accorta che gli autori di quei messaggi erano soltanto dei chiacchieroni. Quindi pensai che non avevo nulla da temere nemmeno con Genny.
   Ma invece mi sbagliavo.
   Un giorno mentre stavo ritornando a casa dal lavoro ebbi la sensazione di essere seguita. Quindi accelerai il passo. Ero nel parcheggio del centro commerciale e stavo raggiungendo la mia macchina, poi ad un certo punto non ricordo più nulla, soltanto una mano premuta sulla mia bocca, e un fazzoletto imbevuto di una sostanza che mi fece addormentare all’istante. E mi svegliai diverse ore dopo in un seminterrato; indossavo soltanto il perizoma e il reggiseno, e non ebbi neppure il tempo di capire cosa stava succedendo che una mano mi afferrò la gola. Era lui, e aveva un passamontagna sulla testa, ma io sapevo che era lui, perché vedevo i suoi occhi.
   “Cosa vuoi da me?” gli domandai con un filo di voce. Stavo per colpirlo con uno schiaffo ma mi accorsi che avevo le mani legate con una corda. “Cos’è questa storia?”.
   “Tranquilla, sei a casa mia” mi rispose.
   “Sei uno psicopatico!” urlai digrignando i denti. Forse ero più incazzata che impaurita. Avrei voluto riempirlo di botte. E se non avessi avuto le mani legate lo avrei fatto certamente. Ormai lo sapete quanto so essere aggressiva. Non avevo mai avuto paura di nessuno. Soltanto che con le mani legate non era per nulla semplice reagire. “Ti rendi conto di quello che hai fatto? Mi hai rapita. Te la farò pagare per questo, stanne certo”.
   “Calmati. Non voglio farti del male. Voglio soltanto invitarti a cena”.
   “Cosa?” sbottai a ridere. “E mi hai rapita per questo? Non potevi chiedermelo e basta?”.
   “Tu avresti risposto di no”.
   “Infatti. Avrei risposto di no”.
   “Lo vedi? Per questo ti ho rapita”.
   Ma ormai era mezzanotte passata, e mi disse che la cena doveva essere rinviata. Per cui io dovevo starmene buona buona in quel seminterrato inquietante e aspettare il giorno dopo. Cercai di ribellarmi e iniziai a urlargli contro che non poteva lasciarmi lì, mezza nuda e con i polsi legati. Ma ormai lui era uscito dalla stanza e aveva chiuso la porta a chiave. Iniziai a girarmi intorno cercando una via di fuga che ovviamente non c’era. Non c’era neppure una finestra. Sembrava una specie di bunker. E il fatto è che non sapevo neppure dove mi trovavo. Forse era la sua villa, quella dove avevo fatto l’amore per la prima volta. In ogni modo sentivo che mi mancava l’aria. Iniziai a prendere la porta a spallate e calci ma senza ottenere nulla. Così mi accovacciai a terra. Non c’era nulla da fare. L’unica cosa che potevo fare era aspettare. Ma aspettare cosa? Di andare a cena con uno psicopatico. E poi? Cosa avrebbe fatto? Quali erano le sue intenzioni?
   Verso mezzogiorno del giorno dopo venne a portarmi da mangiare, e un vestito da sera che avrei dovuto indossare a cena. Per quanto riguardo il mangiare, in effetti stavo morendo di fame. Appena lo vidi entrare ebbi l’impulso di scagliarmi contro di lui e metterlo fuori gioco con tutto il peso del mio corpo, ma lui riuscì a bloccarmi e mi afferrò per i capelli e mi costrinse a rimettermi giù.
   “Bastardo di uno psicopatico!” sbottai.
   Mi aveva portato una ciotola con degli straccetti di manzo, senza una forchetta, senza un cucchiaio, e per di più avevo ancora le mani legate, quindi gli chiesi come avrei fatto a mangiare quella roba. Lui mise la ciotola per terra, davanti a me, e mi disse di arrangiarmi. Avevo così tanta fame che mi chinai e affondai la bocca nella carne, e mangiai praticamente come un animale, come una cagna, perché era questo che voleva farmi capire, che io ero la sua cagna. Ok, per il momento aveva vinto lui, era riuscito ad animalizzarmi, e io mi ero piegata a quel suo gioco di dominazione senza protestare, perché ero davvero affamata. Però tremavo dalla rabbia, perché volevo fargliela pagare. Ed ero certa che prima o poi ci sarei riuscita. Era solo questione di tempo.
   “Ecco, adesso assomigli proprio a quella cagna di tua madre” disse.
   “Come ti permetti?!” sbottai alzando gli occhi verso di lui. Avevo le guance tutte impiastricciate dal sugo della carne. “Meglio mia madre che la tua, che ha messo al mondo un sociopatico come te!”.
   A quel punto mi diede uno schiaffo su una guancia, e questa cosa mi fece andare in bestia, perché ricevere uno schiaffo e non poter reagire era una cosa davvero umiliante.
   Verso le sei del pomeriggio venne a liberarmi, e quindi tagliò la corda che mi legava i polsi. A quel punto avrei anche potuto cercare di reagire e saltargli alla gola con entrambe le mani fino a soffocarlo, ma era una cosa piuttosto sconveniente dal momento che lui aveva un coltello, e me lo stava mostrando per farmi capire che era meglio se me ne stavo buona. 
   Prima di andare a cena con lui indossai il vestito che mi aveva portato; era un vestito molto elegante ma allo stesso tempo molto porco. Devo riconoscere che aveva molto gusto, lo psicopatico.

giovedì 8 novembre 2018

A casa in taxi,

come una zoccola.

(in foto: Cherry Kiss, All Natural Blonde, 21Naturals)


[postato da Moana]

   Genny mi portò in camera sua e mi spinse sul letto, e io caddi di schiena sulle lenzuola, con le gambe aperte. Lui ce l’aveva già fuori, duro come il marmo. Lo aveva tirato fuori prima, quando eravamo in giardino, e aveva provato a penetrarmi senza riuscirci. Non ci era riuscito per due motivi, perché eravamo in piedi, e poi perché io ero ancora “chiusa”, e quindi mi ritraevo in continuazione, perché avevo paura che potesse farmi male. E adesso che ero sul letto, con le gambe aperte, avevo ancora più paura di prima, perché adesso Genny aveva tutte le comodità per farlo, cioè per deflorarmi.
   Lo vidi togliersi i pantaloni in fretta e furia, e poi tutto il resto, e non appena fu nudo come me si gettò sul mio corpo, e iniziò a strofinare la sua erezione contro le labbra della mia vagina, e mi infilò la lingua in bocca, e lentamente cercò di entrarmi dentro, ma io mi tiravo indietro e non glielo permettevo. Gli dissi che senza preservativo non avrei fatto niente, ma lui non ce l’aveva e cercò comunque di entrare, ma io gli diedi una spinta e lo allontanai definitivamente.
   “Preservativo o niente” sbottai. “Se non ce l’hai allora riaccompagnami a casa e dimentichiamo questa storia”.
   “Ok ok, che rompipalle che sei!” a quel punto lo vidi uscire dalla stanza. Mi disse che sarebbe andato a prendere uno dei preservativi del padre, e quindi mi lasciò sola a contemplare le quattro mura della sua stanza in cui probabilmente erano state deflorate tante altre ragazze come me, abbagliate dalla sua popolarità. Io ero l’ennesima “vittima”, e probabilmente l’indomani se ne sarebbe vantato con chiunque, e forse nel giro di qualche giorno lo avrebbero saputo tutti. D’altronde anche io ero molto popolare, in modo diverso però, io non ero la figlia di un boss della criminalità. Io ero popolare perché ero una delle ragazze più desiderate della città, anche se non l’avevo ancora data a nessuno. Pomiciate sì, tante, avevo limonato di brutto con tantissimi ragazzi. Però non avevo mai permesso a nessuno di entrarmi dentro. Ebbene, quella sera finalmente stava per accadere; qualcuno mi stava per entrare dentro. Sai che scoop! Pensavo. Perché era ovvio che la notizia sarebbe venuta fuori. Moana, la ragazza più ambita della città, si è fatta montare da Genny, il figlio del boss.
   Dopo qualche minuto lo vidi rientrare in camera, con un preservativo in mano ancora nella sua confezione argentata. Ne strappò un lembo con i denti e lo tirò fuori. Lo appoggiò sul glande e lo srotolò fino alle palle. A quel punto ritornò sopra di me, e questa volta lo lasciai entrare, anche se a dire il vero ci mise un po', perché io continuavo a ritrarmi, e gli tenevo le mani sul petto e lo spingevo ogni volta che lui tentava di spingermelo dentro. Ero così tesa che pensavo che non ci sarebbe mai riuscito a farlo entrare.
   Lui lo sapeva bene che era la prima volta per me, anche se non gliel’avevo detto, però era così evidente. E continuava a ripetermi che dovevo rilassarmi, lasciargli fare a lui, ma era più forte di me, più lo sentivo premere contro la mia vagina più premevo le mani sul suo corpo per spingerlo via. Ma nonostante questo lui raggiunse il suo scopo; dopo cinque minuti buoni di tentativi ormai era dentro di me. È inutile negarlo, la sensazione che provai non fu piacevole. Avevo come l’impressione che mi stesse rompendo qualcosa, e non vedevo l’ora che finisse. Per fortuna non durò molto, anche se a me sembrò un’eternità, e quando vidi il suo membro uscire dal mio corpo non potetti fare a meno di notare il preservativo imbrattato di sangue.
   Ero molto delusa e amareggiata, perché la prima cosa che pensai fu che fare l’amore non era poi sto granché. Ma ovviamente mi sbagliavo. Ma mi ci vollero altre quattro penetrazioni per capirlo. E poi a deludermi fu l’atteggiamento di Genny, che mi diede dei soldi per pagarmi il taxi che mi avrebbe riportata a casa. E allora lì capii lo sbaglio che avevo appena fatto; avevo dato la verginità ad un ragazzo che non la meritava. Perché io per lui non ero che una delle tante. Ma d’altronde cosa potevo sperare dal figlio di un criminale senza scrupoli? 
   E adesso rivedere Genny al centro commerciale, dopo tanto tempo, mi diede un senso di fastidio. Eravamo al bar a prendere il caffè e lui non faceva che ripetermi quanto era stato bello. E dopo averglielo sentito dire per l’ennesima volta persi la ragione e iniziai a sfogare tutta la rabbia che avevo dentro per quello che gli avevo lasciato fare.
   “Non è stato bello, mettitelo bene in testa” sbottai. “Tu mi hai trattata come una zoccola. Mi hai deflorata e poi mi hai mandata a casa in taxi. E non ti sei neppure premurato di chiedermi cos’era quel sangue che mi usciva dalla figa. Non ti sei nemmeno preoccupato della mia salute. L’importante per te era farti l’ennesima scopata per poi vantartene con gli amici. E io ho dato la mia verginità a uno stronzo come te che chiaramente non la meritava”.
   “Beh, non ti nascondo che per me era motivo di vanto il fatto di aver deflorato la figlia della mitica Sabrina Bocca e Culo”.
   “E immagino che te ne sarai vantato a volontà” risposi. “Sarai diventato una specie di super eroe tra i maschietti della città per aver fatto quella cosa. Quindi cos’altro vuoi da me? Ti ho dato quello che volevi”.
   Le sue intenzioni erano chiare; mi voleva di nuovo. Ma questa volta non avrebbe ottenuto proprio nulla, e glielo dissi chiaramente. E allora lui mi rispose che stavo perdendo una grande occasione, perché lui aveva tanti soldi, e io avrei potuto avere tutto ciò che volevo.
   “Tesoro, stai per caso cercando di comprarmi col denaro? Non credevo che saresti caduto così in basso. Ma comunque hai fatto male i conti, perché il denaro non mi manca”.
   “Sei proprio come tua madre. Sei solo una puttana” mi disse quando capì che da me non avrebbe ottenuto nulla.
   “E tu sei come tuo padre, un maledetto parassita della società”.

martedì 6 novembre 2018

sabato 3 novembre 2018