sabato 30 marzo 2019

Una patata

con più di quarant'anni di carriera. 

(in foto: Ava Addams, TheAvaAddams.com)


[postato da Sabrina]

   Cazzo, non potevo crederci; Stefano era andato a letto con un’altra donna e mi aveva messo le corna. Ero così furiosa che entrai in camera da letto e chiusi la porta sbattendola, e Giuliano che era nel dormiveglia ebbe un sussulto, spalancò gli occhi e iniziò a fissarmi mentre in modo nervoso camminavo su e giù nella stanza, e dicevo ad alta voce che non potevo crederci. Poi mi tolsi la camicia da notte di organza e mi misi davanti allo specchio, e mi guardai per un po' in cerca di qualche smagliatura di troppo, o di qualche imperfezione dovuta all’età che potesse aver spinto Stefano a cercare una donna più bella di me.
   “Cosa ho che non va?” mi domandai ad alta voce. “Mi sembra che nonostante gli anni abbia mantenuto un corpo decisamente attraente. Chi può averci tette più belle delle mie?” me le afferrai con entrambe le mani  e ci giocherellai un po' premendole una contro l’altra e poi scuotendole energicamente. Quel tradimento mi offendeva nel profondo dell’animo, e iniziai a sentirmi brutta perché sapevo che lì fuori c’era una donna più bella di me con cui Stefano faceva l’amore. Ma cosa poteva avere di più rispetto a me? Chissà, magari era una ragazzina di vent’anni, con la pelle fresca come una rosa, con un corpo da modella e una figa che aveva fatto soltanto pochi chilometri. La mia invece era bella consumata. D’altronde ne aveva fatta di strada in più di quarant’anni.
   Avvicinai due dita alla mia patatona e l’allargai, e poi mi girai verso Giuliano e gli chiesi se le sembrava molto slabbrata.
   “Ma che dici, Sabri?” mi domandò divertito.
   “Dai, rispondimi. Come ti sembra? Slabbrata, sfondata, sventrata. Che impressione ti fa?”.
   “Sabri, è normale che non è più quella di quando eri ragazza. Ti rendi conto di cosa ha passato? Da lì sono usciti i tuoi figli, per non parlare poi di tutti gli uomini che ci sono entrati. Quindi è del tutto normale che non è più quella di vent’anni fa. Ma perché vuoi sapere cosa penso della tua patatona?”.
   “Perché Stefano mi ha messo le corna con un’altra donna, e allora volevo capire il motivo per cui l’ha fatto”.
   “Sabri, stai facendo un casino inutilmente. Il tradimento è una cosa che può capitare, non bisogna farne una tragedia”.
   “No, non lo accetto” sbottai. “Non posso accettare il fatto che un’altra donna si prenda mio marito”.
   E così il giorno dopo presi una decisione; avrei preteso da Stefano di conoscere la donna con cui era andato a letto. Lui in principio fece un po' di storie, dicendomi che non era il caso, e allora io lo misi alle strette. Gli dissi che se voleva tornare nel mio letto allora doveva farmela conoscere. Volevo capire cosa aveva di più rispetto a me. E quindi organizzai la cosa direttamente io, e mi feci dare il numero di telefono di Ornella (così si chiamava la ladra di mariti).
   “Ciao, ascolta. Tu non mi conosci, io sono la moglie di Stefano, e credo che sia il caso che noi due ci confrontassimo”.
   “Ti sbagli, noi due ci conosciamo”.
   “In effetti hai una voce che non mi è nuova” dissi, perché in effetti era così, ma proprio non riuscivo a ricordare dove l’avevo già sentita. “Ma non conosco nessuna Ornella”.
   “Il fatto è che prima avevo un altro nome”.
   “Senti, non mi interessa la storia della tua vita. Volevo soltanto invitarti a cena qui da noi. Voglio conoscerti, voglio vedere come sei fatta”.
   Ornella accettò e quindi organizzai la cena. C’era anche Giuliano, perché scherzosamente aveva detto che non se lo sarebbe perso per nessuna ragione al mondo lo spettacolo di due donne che se le danno di santa ragione. E allora io gli avevo risposto che non avrebbe assistito a nessuna rissa, ma soltanto ad un pacato confronto.
   E poi ovviamente c’era anche Stefano, perché era lui il responsabile di tutta quella faccenda. E Ornella arrivò a casa nostra alle nove di sera come stabilito, e sulla tavola del soggiorno era già tutto pronto, quindi non dovevamo fare altro che sederci a mangiare, e discutere di ciò che stava accadendo. E quindi andai ad aprire la porta e quando la vidi rimasi piuttosto perplessa. Non era una ragazzina di vent’anni come avevo pensato. Si sa che gli uomini arrivati ad una certa età vanno alla ricerca di carne giovane, e invece Ornella era una nostra coetanea. Era una donna molto elegante e con un notevole fascino. Indossava un vestito da sera molto costoso che avevo visto in una boutique del centro, dove solo  i veri ricchi potevano metterci piedi, per cui era evidente che Ornella godeva anche di un certo benessere economico.
   Devo dire che anche io avevo tirato fuori un vestito piuttosto costoso, ma il mio era più corto, e poi era nero e aderiva al mio corpo mettendo in risalto le mie abbondanti forme, e poi come al solito aveva uno scollo davvero notevole in cui le tette riuscivano a stare dentro per miracolo. E infatti ogni tanto mi uscivano fuori e mi toccava risistemarle dentro. Il mio intento era quello che sfidarla, di farle capire che mio marito non aveva bisogno di altre donne, perché io avevo tanta roba con cui farlo giocare.
   Feci accomodare Ornella in casa e le presentai Giuliano, il quale iniziò a guardarla in modo insistente, perché proprio come me ebbe l’impressione di trovarsi di fronte ad una donna che aveva già visto da qualche parte. Erano gli occhi, quegli occhi verdi come diamanti, era difficile trovarne così. In ogni modo iniziammo a cenare, e la tensione si tagliava col coltello, e nessuno diceva niente se non alcuni sporadici commenti sulle pietanze che avevo preparato. Se pensavo al fatto che quella donna che mi era seduta di fronte si era scopata mio marito mi veniva voglia di mettermi a urlare.
   Poi ad un certo punto Giuliano capì il motivo per cui il viso di Ornella gli sembrava così familiare. Disse con un certo orgoglio che lui difficilmente dimenticava la fisionomia del viso di certe persone.
   “Ma certo!” esultò. “Sei una delle cinque sorelle del migliore amico di Stefano, quello che tutti prendevano in giro perché era un po' effeminato”.
   “Ti sbagli” rispose Ornella. “Sono io l’amico effeminato”.

giovedì 28 marzo 2019

Tu cosa faresti

al posto mio?

(in foto: Ava Addams, Super Busty Roommate Fucked, Bangbros.com)


[postato da Stefano]

   Il giorno dopo ero a lavoro al ristorante e Ornella venne a cercarmi e a portarmi le cose che avevo lasciato a casa sua, quindi i vestiti, l’i-phone e le chiavi della macchina. Fu molto imbarazzante rivederla dopo quello che era successo, e mi disse che era molto dispiaciuta. Quando le sorelle le avevano detto quello che era accaduto lei aveva fatto una sfuriata e le aveva mandate via in malo modo. Erano sempre state molto protettive con lei, ma quella volta l’avevano fatta grossa, si erano comportate da vere stronze. Tra Ornella e le sue sorelle c’era sempre stata molta solidarietà; mi raccontò che una di loro, Sandra per la precisione, era l’unica che si era sposata, e che poi il matrimonio era finito perché il marito era un violento, e quando le sorelle avevano saputo quella storia erano andate a casa di Sandra e lo avevano gonfiato di botte, facendogli passare la voglia una volta per tutte di fare il gradasso.
   “Mi sento molto in colpa” mi disse. “Potrai mai perdonarmi?”.
   Ornella non aveva nulla da farsi perdonare, d’altronde comprendevo benissimo le preoccupazioni delle sue sorelle; io ero un uomo sposato, per cui la mia presenza in casa della loro sorella transgender era piuttosto ambigua. Anzi, ero stato fortunato che non mi avevano riempito di botte. Però io ancora dovevo capire quali erano le mie intenzioni. Cosa avrei dovuto fare? Lasciare Sabrina e andare a vivere con lei? Oppure continuare a vivere quella relazione clandestinamente?
   “Tu che faresti al posto mio?” le chiesi.
   “Io non sono e non voglio essere una sfascia famiglie, però al posto tuo cercherei di assecondare il cuore” rispose. “La vita è troppo breve, e non ne vale la pena viverla in modo infelice”. 
   Quando ritornai a casa trovai mia moglie Sabrina che stava cavalcando furiosamente Giuliano in camera da letto. La mia presenza non li fece di certo desistere; ormai era una consuetudine il fatto di ritornare a casa e beccarli mentre lo facevano. E a me stava più che bene, a patto che mi venisse concesso di poter guardare. E loro mi permettevano di farlo molto volentieri, perché eccitava sia loro che me. Eccitava Sabrina in quanto perdeva proprio il senno quando io, l’uomo che l’aveva portata all’altare, la guardava mentre si faceva sbattere da un altro uomo. E naturalmente eccitava me, che era bello poterla vedere godere davvero. E poi eccitava anche Giuliano, il quale trovava irresistibile l’idea di potersi fare Sabrina davanti a me.
   Sabri mi sorrise e mi diede il bentornato, e nel frattempo andava su e giù sopra di lui, e le sue enormi tette molleggiavano in modo ipnotico, cozzando una contro l’altra, e ogni tanto Giuliano gliele afferrava e gliele strizzava, oppure le prendeva a schiaffi, e Sabrina lo trovava molto eccitante quando lo faceva. Come potevo abbandonare tutto questo, e iniziare una nuova vita con Ornella? Non aveva alcun senso. Io adoravo mia moglie, il suo modo di fare la puttana con gli altri uomini, e soprattutto con Giuliano. Adoravo il fatto che si era fatta mettere incinta da lui, e adoravo anche Giuliano, adoravo il suo modo di prendersi mia moglie, farla sua e renderla felice. Per non parlare delle sue copiose cumshot finali, quando le riempiva il viso con la sua sborra, e per me vedere Sabrina in quel modo, con tutto il suo sperma sul viso, era uno spettacolo sublime.
   Certe volte avevo avuto anche dei dubbi sul fatto che lei mi amasse veramente; magari in realtà amava soltanto lui e non aveva il coraggio di dirmi che tra me e lei era finita. Però poi capivo, dal modo come mi guardava mentre scopava con Giuliano, che io per lei ero davvero importante. Quando mi guardava leggevo nei suoi occhi un amore sincero nei miei confronti, e farlo con lui mentre io guardavo per lei era una sorta di dimostrazione d’amore. Lo capivo benissimo, e allora scompariva ogni dubbio.
   Quando ebbero finito di fare l’amore dissi a Sabrina che dovevo dirle una cosa, e allora lei capì che si trattava di un argomento che riguardava soltanto me e lei. Giuliano non c’entrava niente. E allora, con il viso ancora schizzato di sborra, si mise una vestaglia da notte addosso, la sua solita, quella di organza rosa che copriva ben poco perché praticamente le si vedeva tutto. E allora andammo in soggiorno e lei si mise a sedere sul divano e mi fece segno di mettermi accanto a lei. Ma il fatto che avesse ancora gli umori di Giuliano sul viso mi deconcentrava parecchio. Era bellissima, maggiormente con quella roba in faccia. E lei lo sapeva che la trovavo irresistibile in quel modo, per questo non l’aveva tolta.
   “Ti è piaciuto?” mi chiese riferendosi alla sua recente performance.
   “Cavolo Sabri, sei sempre più brava”.
   “È tutto merito suo” si riferiva a Giuliano. “Quando sto con lui mi sento molto puttana, e allora potrei fare qualsiasi cosa”.
   “Tesoro, devo confessarti una cosa”.
   “Sei andato a letto con un’altra donna?” mi chiese guardandomi di traverso, ma lo fece più per gioco che altro, forse perché non mi credeva in grado di fare una cosa del genere, perché se lo avessi fatto sarei entrato in contrasto con la mia personalità da marito cuckold. Una cosa del genere se la sarebbe aspettata da Giuliano, di certo non da me. Eppure era proprio quello che era successo, e io non dissi niente, perché il mio silenzio le avrebbe fatto capire tutto. E infatti capì, chiuse gli occhi e abbassò la fronte, e con il polso cercò di portarsi via un po' di sperma dal viso, ma riuscì a toglierne soltanto un po'. “Dov’è finita la tua sincerità, Stefano?” mi chiese con un filo di voce. “Dove?”.
   “Sabri, scusami se te lo dico, ma parli proprio tu che ogni volta che ritorno dal lavoro ti trovo a letto insieme a Giuliano”.
   “Io sono sempre stata sincera con te!” urlò, era veramente imbufalita. “Hai sempre saputo che io ero follemente innamorata di lui, e il tatuaggio che ho dietro il collo ne è la dimostrazione” Sabri si riferiva al suo tatuaggio con l’iniziale del nome di Giuliano. “E hai deciso di sposarmi lo stesso. Anzi, ti eccitava sapere che nella mia vita c’era un altro uomo. A me invece non mi eccita per niente sapere che te la spassi con altre donne”.
   A quel punto si alzò dal divano e se ne andò in camera, ma prima mi disse di non azzardarmi a seguirla.
   “Stasera dormi nella camera degli ospiti. Non ti voglio nel mio letto”. 
  

sabato 23 marzo 2019

Le amazzoni

e il verme.


[postato da Stefano]

   Ero a casa di Ornella, lei dormiva profondamente in camera da letto, io invece ero sul divano insieme alle sue sorelle, che erano sedute accanto a me e avevano iniziato nei miei confronti una forma di dominazione psicologica. Io ero nudo, e avevo un cuscino premuto in mezzo alle gambe, e loro non facevano che ridere di me. Avevano cenato fuori e poi erano venute a casa di Ornella per farle una sorpresa, e invece avevano trovato me.
   “Dai, togli quel cuscino” mi disse Lisa, “facci ridere”.
   “No, per carità!” continuò Betty, la sorella più in carne di tutte. “Ho appena finito di mangiare! Piuttosto, perché non ci dici cosa ci fai in casa di nostra sorella? Per di più nudo come un verme” poi Betty si accorse che avevo la fede al dito e allora mi prese la mano con rabbia e la fece vedere alle sue sorelle. “Ehi guardate! Il verme è sposato. E nonostante ciò va a letto con nostra sorella. È proprio un bastardo!”.
   “Si può sapere chi sei?” mi domandò Sandra, la sorella più gnocca di tutte. “Sei in casa di nostra sorella, probabilmente te la sei anche scopata dal momento che sei nudo come un verme, abbi almeno il buon gusto di dirci come ti chiami”.
   “Possibile che non vi ricordate di me? Sono Stefano. Da ragazzi io e Ornella eravamo molto amici”.
   “Perché dovremmo ricordarci di un verme come te?” continuò Lisa. “Guardati, sei anche sposato, e vai in giro a divertirti con le altre donne. Non ti vergogni?”.
   Mi sentivo sotto processo, e non avevo alcuna argomentazione per difendermi, perché in fin dei conti avevano ragione. Ero sposato e avevo appena avuto un rapporto con un’altra donna, che poi in realtà era una transgender, ma faceva lo stesso. Ero comunque un porco traditore. E poi indubbiamente stavano cercando di difendere Ornella, proprio come più di vent’anni fa, quando Ornella era un lui e loro la difendevano dai bulletti. Questa volta la difendevano da me, che ai loro occhi non ero di certo un bulletto ma qualcosa di peggio, ero un maiale che si divertiva con il corpo della loro sorella più fragile, tra l’altro alle spalle di mia moglie.
   “Dai, facci vedere cosa nascondi lì dietro” mi disse Lisa, e afferrò il cuscino che stavo usando per coprirmi. Lo strappò via e a quel punto non avevo più nulla da nascondere, e le sorelle di Ornella mi guardarono con delle espressioni di stupore e ribrezzo.
   “Dio che orrore!” sbottò Sandra. “Se penso che quel coso è stato nel colon di nostra sorella mi viene da vomitare”.
   Inoltre era anche in erezione, forse perché mi trovavo in compagnia delle cinque amazzoni che da ragazzo erano state per me dei veri e propri idoli del sesso. E adesso erano tutte lì, tutte insieme a fissare il mio membro così duro che sembrava pronto a schizzare.
   “Però!” esclamò Betty. “Il porco è messo piuttosto bene!”.
   “Sarà, ma rimane comunque un verme” proseguì Sandra.
   “Ehi verme, perché non ci fai vedere come schizzi?” mi chiese Lisa. “Dai, facci ridere ancora un po'”.
   “Forse è meglio se vado” cercai di alzarmi ma Lisa mi mise una mano su una spalla e mi spinse di nuovo sul divano.
   “Eh no, prima fai quello che ti ho detto, altrimenti non vai proprio da nessuna parte” le sorelle di Ornella scoppiarono di nuovo a ridere sadicamente. Non avevo scelta, dovevo farlo e basta se volevo togliermi da quella situazione così imbarazzante. E allora feci come mi aveva chiesto Lisa e iniziai a masturbarmi di fronte a loro, le quali nel frattempo mi incoraggiavano quasi come se fosse una gara.
   “Stai andando alla grande, verme!” esultò Sandra. “Ci sei quasi!”.
   “Dio ragazze, è un vero schifo!” disse Betty, e le altre scoppiarono a ridere, mentre io intanto procedevo con l’operazione, e poi ad un certo punto accelerai il ritmo del polso e dopo un po' iniziai a sborrare in modo copioso, e il mio sperma si posò sulla mia pancia, quattro schizzi molto abbondanti, mentre le amazzoni ridevano e non facevano che dire che quello che stavano vedendo era veramente vomitevole.
   “Guardate quanta roba!” urlò Sandra. “È veramente ripugnante!”.
   “Ok ragazze, lo spettacolo è finito” Lisa mi prese per il polso e mi fece alzare, e poi mi spinse verso la porta e mi buttò fuori, senza neanche permettermi di prendere le mie cose.
   “Aspetta” dissi, “fammi almeno riprendere la mia roba”.
   “Quale roba?” mi chiese guardandosi intorno. “Io non vedo nulla. E ora sparisci!”.
   A quel punto mi chiuse la porta in faccia e io rimasi sul pianerottolo, completamente nudo e senza sapere dove andare. Non avevo nemmeno le chiavi della macchina, era rimasto tutto dentro. Bussai alla porta e chiesi a Lisa di darmi almeno quelle, ma lei mi rispose di arrangiarmi.
   “E non farti più vedere!” urlò. “E d’ora in poi cerca di stare lontano da nostra sorella o per te saranno guai!”.
   E nel frattempo continuavo a ridere come delle matte. E io non potetti fare altro che tentare di raggiungere casa a piedi. Ma era un’impresa impossibile dal momento che mi trovavo dalla parte opposta della città, e soprattutto ero nudo. Non potevo di certo andarmene in giro in quel modo. Ma dovevo provarci, e allora uscii in strada e me ne andai nella speranza di non essere visto da nessuno. Poi ad un certo punto mi trovai di fronte ad una caserma della polizia, e allora mi venne l’idea. Avrei fatto finta di essere stato derubato. Soltanto in quel modo potevo cavarmela.
   In caserma mi diedero una coperta per coprirmi, e fecero un verbale in cui c’era scritto che dei tizi col passamontagna mi avevano saccheggiato. Poi mi fecero fare una telefonata, ma non mi andava di chiamare Sabrina. Non volevo che mi vedesse in quello stato. Così chiamai mia figlia Moana.
  

giovedì 21 marzo 2019

Ornella e le cinque

amazzoni. 

(in foto: Amazon-Warriors.com)


[postato da Stefano]

   Io e Ornella avevamo appena finito di fare l’amore, e adesso eravamo fuori al terrazzo a cenare. Io ero nudo, lei invece aveva un elegante vestito da sera. Dalla strada potevano vedermi, ma anche dal terrazzo accanto, dove c’era un altro appartamento, ma Ornella mi disse di non preoccuparmi, perché i suoi vicini erano due anziani che a quell’ora già erano a letto, e in strada non ci passava mai nessuno. Insomma, voleva ad ogni costo che cenassi così.
   “Poterti guardare così per me è un vero piacere” mi disse. “Io sono sempre stata innamorata di te. Ti ricordi quando eravamo ragazzi, e tutti mi prendevano in giro? Dicevano che ero effeminato. Ed era vero, infatti dentro di me c’è sempre stata una donna. C’è sempre stata Ornella. Tu eri l’unico che non mi prendevi in giro per questo”.
   Lo ricordavo bene. Ornella quando era ancora un “lui” era il bersaglio preferito dei bulletti del quartiere. Ricordo ancora una volta quando un ragazzino gli diede un pugno nella pancia, proprio davanti ai miei occhi, così, senza un apparente motivo. O forse no, il motivo c’era; lui era diverso da tutti gli altri maschietti. Lui aveva una donna dentro. E per questo motivo doveva essere punito. Per questo si beccò quel pugno nella pancia. Lo ricordo come se fosse ieri; Ornella si piegò in avanti per il dolore e sul suo viso apparve un’espressione di dolore, e poi iniziò a piangere, e intanto il bulletto era scappato.
   Avevo visto piangere Ornella centinaia di volte, e sempre per lo stesso motivo. Una volta ricordo che era uscita coi pattini; Ornella adorava andare in giro coi pattini. E allora i bulletti del quartiere l’avevano accerchiata, e avevano iniziato a spintonarla nel tentativo di farla cadere, o comunque di spaventarla, soltanto che lei riuscì a rimanere in piedi, ma iniziò a piangere dalla paura per quello che sarebbe potuto succedere. Insomma, Ornella aveva avuto davvero un’infanzia difficile. E spesso ero preso di mira anche io, perché lei (lui) era il mio migliore amico, e per questo motivo venivo punito anche io. Però io cercavo sempre di difendermi; le prendevo, però le davo anche. Però la maggior parte delle volte le prendevo e basta.
   Ornella era cresciuta insieme a cinque sorelle, lui era l’unico maschio, anche se in realtà dentro era come loro. Era femmina. Ricordo che quando andavo a casa sua per me era una festa; le sorelle spesso bazzicavano per casa mezze nude, e non se ne fregavano niente della mia presenza, perché probabilmente pensavano che ero innocuo. Ero soltanto un ragazzino, loro invece erano più grandi, e me la sbattevano in faccia senza timore, tanto lo sapevano che non avrei fatto niente, perché ero solo un ragazzino. E poi se ci avessi provato a fare qualcosa mi avrebbero riempito di sganassoni.
   Ricordo che molto spesso erano proprio loro a difendere Ornella, in quanto erano ben consapevoli che il loro unico fratellino maschio in realtà aveva una donna dentro. Era soltanto questione di tempo, e poi sarebbe uscita fuori da sola. E quindi sapevano anche che Ornella era continuamente preda delle angherie dei bulletti, e molto spesso partivano alla carica come delle amazzoni, e andavano a difenderla, e spesso riempivano di botte i bulletti. Erano belle cazzute le sorelle di Ornella, oltre ad essere delle grandissime gnocche. Sì, ricordo che erano un vero e proprio tormento erotico per me. Spesso fantasticavo di andarci a letto insieme, con tutte e cinque, chiavarmele tutte insieme. Ma ovviamente erano solo delle fantasie. Anche perché con cinque ragazze insieme ci avrei fatto solo la figura del fesso, perché non ero mai stato un fenomeno a letto.
   Comunque dopo cena ci rilassammo sul divanetto che stava sul terrazzo, sotto al gazebo di legno con le piante rampicanti che scendevano verso il basso. Poi ad un certo punto Ornella si addormentò; era molto stanca, e in effetti lo ero anch’io. Quindi la presi in braccio e la portai a letto. Forse avrei fatto bene ad andarmene, però avevo paura di addormentarmi lungo la strada. Quindi me ne andai nel soggiorno e mi misi sul divano, con l’intenzione di riposarmi un po' prima di rimettermi alla guida. Sonnecchiai per un’oretta e poi iniziai a sentire un certo baccano provenire dalla strada; erano delle voci femminili che si facevano sempre più vicine. In principio non gli diedi molta importanza, poi ad un certo punto sentii gli scatti della serratura della porta d’ingresso; c’era qualcuno che stava cercando di entrare nell’appartamento, poi la porta si aprì e entrarono. Le amazzoni. Le sorelle di Ornella. Non so cosa ci fossero venute a fare, ma io ero nudo ed ebbi soltanto il tempo di afferrare un cuscino a mettermelo davanti.
   Erano un po' alticce, erano state a cena fuori ed erano passate a casa di Ornella per un saluto, e invece avevano trovato me, e quando si accorsero della mia presenza rimasero lì a fissarmi per qualche minuto. Io reggevo il cuscino tra le mie gambe con tutte le forze che avevo. Poi ad un certo punto scoppiarono a ridere, una risata umiliante, perché avevo l’impressione che mi trovassero ridicolo, o forse era la situazione ad essere ridicola, non saprei dirvi. Resta il fatto che avevano cominciato a ridere sadicamente e non la smettevano più.
   Erano bellissime, proprio come vent’anni fa, e anche se adesso erano delle donne mature continuavano ad essere delle gnocche colossali.
   “Che ci fa questo verme in casa di nostra sorella?” chiese Lisa, la più grande, e le altre intanto continuavano a ridere. “Lo dicevo io che sarebbe stato più appropriato fare un colpo di telefono, prima di piombarle in casa”.
   “Ma se lo hai detto tu che volevi farle una sorpresa!” continuò Sandra, la più giovane, e a mio parere la più bella di tutte. “Hai detto testuali parole: dai, tanto ho le chiavi. Facciamole una sorpresa!”.
   “E invece la sorpresa ce l’ha fatta questo verme!” aggiunse Lisa. Credo di non essermi mai sentito così umiliato in vita mia. Era evidente che avevano una scarsa considerazione di me.
   “Forse è meglio se vado” dissi.
   “Dove credi di andare?” mi chiese Lisa. “Facci ridere un altro po'”.

martedì 19 marzo 2019

Sono venuta a cercarti

perché ti amo.

(in foto: Janet Mason, PureMature.com)


[postato da Stefano]

   Ero nel soggiorno di Ornella, nudo, e in una mano reggevo un calice di vino, e mentre l’aspettavo mi misi a curiosare in giro, e vidi una fotografia insieme al suo compagno, che era morto ormai da un anno. Dovevano essere ad una cerimonia o qualcosa del genere perché erano molto eleganti, e Ornella sembrava proprio una donna di classe. Ma la cosa che mi sorprese era lui; doveva essere molto più vecchio di lei, perlomeno di vent’anni. Adesso capivo il motivo per cui mi aveva detto che non lo aveva mai amato, ma che ci stava insieme soltanto per i soldi.  
   E allora feci una cosa che a qualcuno potrebbe risultare ridicola; mi rivolsi a lui, quasi come se fosse ancora vivo e mi stesse guardando. Lo feci più per gioco che altro.
   “A lei non dispiace se usufruisco della sua signora, vero?”.
   Ovviamente non poteva rispondermi perché era soltanto una fotografia. Però ebbi la sensazione di sentire le sue maledizioni, perché appunto stavo per prendermi Ornella. E allora continuai a parlare, e gli dissi che in verità era stato lui a prenderla a me, perché io conoscevo Ornella da  più tempo di lui, fin da quando eravamo ragazzini, e lei era ancora un “lui”. Per cui avevo tutto il diritto di riprendermela. Poi mi feci una risata, perché pensai alla stupidata che stavo facendo, e cioè parlare ad una fotografia, e nello specifico ad un uomo morto e sepolto da un anno.
   Così mi allontanai da quel bel quadretto e mi avvicinai allo stereo. C’era infatti un impianto che avrebbe fatto gola a qualsiasi appassionato di musica. Gli altoparlanti erano collocati in vari punti del soggiorno, in modo tale da rendere il suono più avvolgente. E allora lo accesi e partì una canzone; era Watermelon in East Hay di Frank Zappa. A lato dello stereo c’era la custodia del cd che c’era dentro, la presi e vidi che era una compilation di ballate rock. Non credevo che Ornella ascoltasse questo tipo di musica. Ricordo che quando eravamo ragazzi era una patita di musica pop, che io invece detestavo.
   “Quel cd era suo” ad un certo punto mi accorsi che lei era dietro di me, era nuda e aveva un corpo divino, ancora un po' bagnato perché era appena uscita dalla doccia. Si avvicinò alle mie spalle e mi cinse le braccia da dietro, e iniziò a baciarmi le spalle amorevolmente. E intanto sentivo il suo sesso premere tra le mie natiche, ma non era in erezione, e probabilmente non lo sarebbe stato neanche dopo. “Aveva una vera passione per il rock classico” mi disse.
   “Ti manca?” le chiesi.
   “Sì, ma non in quel senso. Come già ti ho detto non lo amavo, ma ci sono alcuni giorni che mi sento molto sola”.
   “È per questo che sei venuta a cercarmi al ristorante?”.
   “Sono venuta a cercarti perché ti amo”.
   A quel punto Ornella mi prese per mano e mi portò in camera da letto, e cominciammo a fare l’amore. E le nostre bocche si unirono l’una all’altra, e lei restò sopra di me per un tempo imprecisato, e si strofinava contro il mio corpo, e la mia erezione fremeva per entrare dentro il suo condotto anale, ma lei non voleva, o perlomeno non subito, prima voleva fare l’amore, cioè voleva amarmi, godersi il mio corpo, la mia bocca e tutto il resto, e ogni tanto lasciava che le strofinassi la mia erezione contro il buco del culo, e quando lo facevo lei sospirava per il piacere che le procurava quel contatto. Tentai varie volte di farglielo entrare dentro, e lei ad un certo punto mi chiese perché avessi così tanta fretta di concludere. Poi ritornò all’attacco della mia bocca, e iniziai a sospettare che per non so quale ragione non si sarebbe mai lasciata penetrare. Però mi sbagliavo, ad un certo punto lo prese con le dita e se lo fece entrare nel condotto anale. Nel frattempo dal soggiorno continuavano a provenire le ballate rock; in quel momento c’era Samba Pa Ti di Santana, e Ornella iniziò a cavalcarmi prima con delicatezza e poi quando la canzone arrivò a metà iniziò a farlo furiosamente, scuotendo il bacino su e giù in modo frenetico fino a farmi sborrare copiosamente nel suo retto, e allora a quel punto si diede pace e diede gli ultimi colpi con le anche e si fece entrare il mio cazzo agonizzante fino alle palle e se lo tenne dentro per qualche minuto e si accasciò su di me e mi tempestò di baci sul collo. Aveva il fiatone e, come me, era zuppa di sudore.
   Dopo un po' lo fece scivolare fuori e un rivolo abbondante di sperma colò all’esterno del buco. L’avevo riempita proprio bene.
   “Era tutta la vita che aspettavo questo momento” disse. E intanto fuori era buio, e quando guardai la sveglia digitale che stava di fianco al letto mi accorsi che erano le sette, e questa cosa mi sorprese molto perché voleva dire che io e Ornella avevamo fatto l’amore per più di due ore. La penetrazione era durata circa cinque minuti, ma erano i preliminari ad essere stati incredibilmente lunghi.
   Ci servì un po' di tempo prima di riprenderci del tutto, e quindi restammo nel letto a guardare il soffitto senza dirci nulla. Poi ad un certo punto mi chiese se avevo fame e io le risposi di sì, e allora si mise in piedi e andò a preparare la cena. Io restai ancora un po' sul letto, e notai  che sulla parete di fronte c’era un’altra fotografia di Ornella insieme al suo compagno morto. Erano sorridenti e sembravano felici, ma avevo l’impressione che lei stesse fingendo, e che il suo sorriso fosse sfacciatamente forzato. Ed erano seduti in un prato e stavano facendo un picnic o qualcosa del genere.
   Avevamo avuto gli occhi di lui addosso per tutto il tempo, aveva assistito a tutto ciò che avevamo fatto, quindi compresa la penetrazione anale con connessa eiaculazione interna. Chissà quante maledizioni che mi aveva mandato dall’oltretomba.
   “E dai, non te la prendere” dissi rivolto a lui, “non ho fatto niente di male. Ho soltanto sborrato nel condotto anale della tua donna”.
   Ma parlare con un morto non aveva alcun senso, e così mi alzai e andai a fare la doccia. Intanto Ornella aveva preparato la cena e aveva indossato un vestito da sera molto elegante, ma io non avevo niente, avevo solo il costume da bagno e la maglietta a mezze maniche, e lei mi disse che non importava, che potevo stare nudo. A lei avrebbe fatto molto piacere.
  

sabato 16 marzo 2019

Quello che non abbiamo fatto

vent'anni fa. 


[postato da Stefano]

   Dopo avermi fatto godere con la bocca, Ornella rientrò nella cabina. Sulla bocca non vi era traccia del mio sperma, segno che l’aveva ingoiato tutto. Io ero ancora frastornato per la copiosa sborrata. A quel punto mi propose di andare a fare il bagno, e allora io dissi di sì e lei fece per uscire e io le andai dietro, ma poi mi mise una mano sul petto e mi impedì di proseguire.
   “Ehi aspetta! Dove stai andando? Non vedi che sei nudo? Non siamo mica su una spiaggia nudista. Devi mettere il costume, altrimenti rischi di beccarti una bella denuncia per atti osceni in luogo pubblico”.
   Ornella aveva ragione. Ma ero così intontito da quello che avevamo appena fatto che non capivo nulla. Mi sentivo come sotto l’effetto di una droga. L’emozione che avevo provato era stata veramente forte. E allora mi rimisi il costume e raggiunsi la riva insieme ad Ornella, mano nella mano. In spiaggia c’erano soltanto alcune coppie di anziani; come dicevo nel post precedente era lunedì, e quindi le persone erano a lavoro e i ragazzi a scuola, per cui non c’era tanta gente.
   Entrammo in acqua e ad un certo punto Ornella mi diede le spalle, e a me venne quasi d’istinto di abbracciarla da dietro, e baciarle il collo, e allora lei piegò la testa per permettermi di farlo meglio, e intanto con le mani raggiunsi le sue tette, e le presi in mano palpandole con decisione, e intanto mi era ritornata l’erezione, e iniziai a spingerla contro il suo sedere, e lei mugolava di piacere e con una mano me lo tirò fuori dal costume e cercò di metterselo nel culo. Iniziò a strofinarlo contro l’ingresso del condotto anale, e mi sarebbe bastata una spinta del bacino per farlo entrare dentro, ma forse era meglio non dare spettacolo. Già ci stavano guardando tutti, perché era evidente quello che stavamo facendo. 
   “Forse è meglio se continuiamo in un posto più appartato” mi disse lei.
   Quindi me lo rimise nel costume, e poi si girò verso di me, e mi mise le braccia intorno al collo e iniziò a baciarmi, ma questa volta con la lingua. Era la prima volta. La prima volta che le nostre lingue si incontravano in quel modo così famelico. E nessuno dei due aveva voglia di smetterla, perché era bellissimo. Sarei stato ore appiccicato alla sua bocca. Ma era meglio trasferirci da un’altra parte, come diceva lei, perché le nostre effusioni cominciarono a indispettire i pochi bagnanti che ci guardavano dalla riva.
   “Fatela finita, sporcaccioni!” gridò un anziano. “Andatele a fare a casa vostra queste schifezze!”.
   E così decidemmo di andare via, in un posto dove avremmo potuto fare tutto ciò che non avevamo fatto vent’anni fa, e che adesso era venuto il momento di fare. E quindi andammo a casa sua, e mentre guidavo decisi di fare una cosa che forse avrei dovuto evitare, perché a Ornella non piacque. E allora mi tirai fuori il cazzo dal costume, che era duro da morire, e l’afferrai per i capelli e la feci abbassare per farle prendere il cazzo in bocca, ma lei si ribellò e si liberò dalla mia presa.
   “No Stè! Possibile che non riesci a pensare ad altro? Che cazzo, voi uomini siete tutti uguali!”.
   Ero mortificato. Era la prima volta che la vedevo così arrabbiata. Io credevo che le avrebbe fatto piacere, e invece mi sbagliavo. Le chiesi scusa e le dissi che non lo sapevo perché l’avevo fatto. Forse perché pensavo che con lei tutto mi era concesso, in nome della nostra vecchia amicizia. Ero stato uno stupido.
   “Non mi piace essere presa per i capelli in quel modo” mi disse. “È davvero irrispettoso. Se vuoi che ti faccio un pompino te lo faccio volentieri, ma devi mostrarmi rispetto. E soprattutto se vuoi godere con la mia bocca questo è il momento meno adatto. Stai guidando, potrebbe essere pericoloso”.
   “Perdonami Ornella, sono molto dispiaciuto. Non so cosa mi è preso”.
   “Promettimi che non lo farai più, e che non mi tratterai mai più come una cagna. Perché è questo che hai fatto afferrandomi i capelli, mi hai trattata da cagna”.
   “Non accadrà più, te lo prometto”.
   “È così che tratti Sabrina?”.
   “No, certo che no”.
   Perché mi ero sentito autorizzato a fare una cosa del genere? Non riuscivo a capirlo. Forse perché proprio come tutti gli uomini dovetti aver pensato che siccome Ornella era una transgender allora avrebbe accettato di fare qualsiasi cosa, perché il suo scopo era soltanto quello. Dio quanto ero stato rozzo ad aver pensato una cosa simile! E allora fermai la macchina in uno spiazzo, e lei mi chiese in malo modo cosa avessi in mente di fare, e io le presi dolcemente il viso con entrambe le mani e lo avvicinai al mio e le diedi un bacio su una guancia. E poi la strinsi tra le mie braccia e quasi avevo voglia di piangere, e lei lo capì e mi sorrise.
   “Amore mio” mi disse. “Quanto sei dolce. Vedo che hai capito il tuo errore. Mi sbagliavo quando dicevo che voi uomini siete tutti uguali. Tu sei diverso. Per questo sono pazza di te”.
   Dopo esserci chiariti ripresi la guida e andai verso casa di Ornella. Lei abitava in una palazzina di due piani di un tranquillo quartiere residenziale. Il suo appartamento era pazzesco, era grandissimo, e aveva anche un terrazzo molto spazioso ricco di piante di tutti i tipi, e poi c’era un gazebo in legno ricoperto di piante rampicanti che scendevano verso il basso come una cascata, e che nascondevano un divanetto su cui spesso Ornella si rilassava leggendo un libro.
   L’interno dell’appartamento era fresco, completo di ogni comfort. Ornella mi mostrò tutte le stanze, soffermandosi spesso su alcuni particolari del ricco arredamento che le caratterizzava. Mi disse che i parenti del suo compagno (che ormai era già da un anno che era morto) avevano provato a portarle via tutto, ma lei si era difesa con le unghie, e alla fine aveva vinto lei.
   Dopo avermi mostrato le stanze ritornammo nel soggiorno, e mi disse di mettermi comodo e prepararmi qualcosa da bere. Infatti c’era anche un angolo bar fornito di moltissime bottiglie di vini pregiati e numerosi superalcolici. Lei nel frattempo sarebbe andata a fare una doccia veloce, ma sarebbe tornata presto.
  

giovedì 14 marzo 2019

Ora come allora.

Stesso buco, stesso piacere.


[postato da Stefano]

   Proprio come vent’anni fa restammo nudi nella cabina a guardarci e a esibirci, con la stessa eccitazione. Ed eravamo entrambi consapevoli che a breve avremmo rifatto la stessa cosa che avevamo fatto allora, però non bisognava avere fretta. Prima o poi sarebbe successo. E nel frattempo Ornella mi chiese del rapporto che avevo con Sabrina, e allora le raccontai alcuni degli episodi più significativi che avevano caratterizzato il nostro matrimonio. Le parlai di nostro figlio Rocco, e poi di Moana, che però era stata concepita con il seme di un altro uomo, e Ornella ne fu sorpresa.
   “Cioè, mi stai dicendo che Sabrina ha avuto una figlia da un rapporto extraconiugale?”.
   “Non è come credi” precisai. “Non è che ha avuto una relazione con un altro uomo ed è rimasta incinta. Semplicemente lo abbiamo voluto entrambi. Era tutto pianificato. Qualche anno dopo la nascita di Rocco abbiamo pensato che sarebbe stato bello avere una femminuccia, e che sarebbe stato bello averla grazie all’aiuto di un altro uomo”.
   “Ma perché? Non capisco”.
   “Il punto è che siamo una coppia… cuckold, per usare un termine in uso nell’industria del porno. Mi eccita guardare Sabrina che fa l’amore con altri uomini. E quindi vederla mentre si faceva ingravidare da un altro uomo è stata una specie di prova d’amore. La prova d’amore per eccellenza, sia per me che per lei”.
   “E non hai avuto difficoltà a crescere una figlia che tua moglie ha concepito con un altro uomo?”.
   “Assolutamente no. Moana è anche mia figlia, a tutti gli effetti, e non ho mai pensato a lei come alla conseguenza di una scopata di Sabrina insieme ad un altro uomo. Sono stato io a portarla a scuola il suo primo giorno d’asilo, non lui. E sono stato sempre io a starle accanto tutte le volte che da bambina ha avuto l’influenza”.
   “E chi è, se ti va di dirmelo, il suo papà biologico? Qualcuno che conosco?”.
   Come mi è già capitato di dire più volte la nostra città è un po' come un grande paese, per cui tutti conoscevano tutti. E quando dissi a Ornella che il papà biologico di mia figlia Moana era Giuliano lei sembrò molto sorpresa. Mi raccontò che non aveva mai avuto molta stima di Giuliano, perché gli aveva sempre dato l’impressione di un tipo arrogante e presuntuoso. In effetti era sempre stato pieno di sé, questo bisogna riconoscerlo. E poi ha sempre trattato le donne come bamboline con cui divertirsi, compresa mia moglie. Ma Sabrina era sempre stata cotta di lui. Per Giuliano avrebbe fatto qualunque cosa, anche mettersi a quattro zampe e guaire come una cagna, e lui l’aveva sempre saputo e quindi si approfittava di lei chiedendole di fare delle cose spesso anche molto umilianti, e lei diceva sempre di sì, perché di fronte a lui perdeva completamente la ragione. E a volte anche la dignità.
   “Come si può amare un uomo del genere?” mi chiese Ornella.
   “Beh sai come si dice, al cuore non si comanda. Sabrina era così innamorata di lui che da ragazza si è fatta perfino tatuare l’iniziale del suo nome dietro il collo. Quella lettera è sempre lì a ricordarmi che pur essendo io suo marito, lei in realtà appartiene a lui. Sabrina infatti ha continuato ad essere innamorata di lui in tutti questi anni di matrimonio, ed è proprio per questo che abbiamo scelto lui per il concepimento di Moana”.
   “E in tutti questi anni non hai mai avuto paura che Sabrina potesse lasciarti per mettersi definitivamente con lui?” mi chiese Ornella.
   “Sì, in effetti spesso ho temuto proprio questo. Alcuni anni fa Sabrina iniziò a vedersi con lui di nascosto. E forse è stata anche un po' colpa mia, perché a casa non c’ero mai, ero sempre a lavoro. Poi decise di confessarmi tutto, e allora abbiamo raggiunto un compromesso, e adesso Giuliano vive con noi, e quindi adesso Sabrina può avere tutti e due senza dover fare le cose di nascosto”.
   “E non ti da fastidio l’idea di dover condividere il vostro letto insieme ad un altro uomo?”.
   “Io amo molto mia moglie, e se questa cosa la rende felice allora sono felice anche io. E poi è bello guardarli mentre fanno l’amore. È molto eccitante. Lo fanno veramente bene”.
   “Certo che siete una famiglia proprio fuori dalle righe” disse Ornella divertita.
   “Sì lo so, e mi sento davvero molto fortunato, perché sì siamo una famiglia fuori dalle righe, ma siamo una famiglia felice”.
   Mentre parlavo di Sabrina e della nostra relazione cuckold mi venne un erezione spaventosa. Era durissimo, e svettava fieramente verso l’alto, e il glande era gonfio e lucido, e sulla sommità apparve una gocciola di liquido pre-eiaculatorio. E Ornella non faceva che fissarlo; era evidente che moriva dalla voglia di averlo. Mi disse che Sabrina era molto fortunata ad avere un uomo come me, non soltanto per “quello”, e fece cenno alla mia erezione gigantesca, ma anche perché ero un uomo molto comprensivo, che metteva le esigenze della propria partner davanti alle proprie.
   Poi decisi che era arrivato il momento di fare la cosa che avevamo fatto più di vent’anni fa, e allora guardai in direzione del buco che c’era sulla parete della cabina.
   “Che ne dici?” le chiesi. “Lo rifacciamo?”.
   “Molto volentieri” rispose lei.
   E allora si rimise il costume e uscì dalla cabina, e io infilai la mia erezione nel buco. Uscì dall’altra parte in tutta la sua interezza, e sentii la brezza marina accarezzarmi il glande. Ornella era pronta, e ce l’aveva proprio davanti alla faccia, e allora iniziò a leccarlo con la punta della lingua, cominciando dalla base e poi lentamente salì su, e a quel punto lo accolse in bocca e iniziò a farmi godere, proprio come più di vent’anni fa. La sua saliva pastosa avvolse il mio membro, e la sua lingua lo coccolò con amore, e proprio come vent’anni fa mi fece venire nel giro di pochi minuti.
   “Fai attenzione, sto venendo! Togli la bocca!”.
   Ma lei non la tolse, e si fece sborrare dentro, perché era proprio quello che voleva. Proprio come allora.

sabato 9 marzo 2019

Il buco della passione

e altri ricordi.

(in foto: Janet Mason, DogFart.com)


[postato da Stefano]

   Ero a cena con Ornella, e ad un certo punto mi resi conto che eravamo entrambi un po' alticci, perché ci eravamo scolati una bottiglia di ottimo vino rosso con una gradazione alcolica piuttosto alta, e poi per concludere la serata in bellezza avevamo fatto un doppio giro di grappa fatta in casa. E quindi i nostri freni inibitori si erano andati a farsi benedire, e allora lei incominciò a raccontarmi delle sue prime esperienze con i maschietti, e lo faceva in modo divertente, scherzandoci su, anche se molto spesso non c’era proprio nulla di divertente nei suoi racconti, perché molto spesso era stata trattata come un buco da riempire. Però il passato è passato, disse, e quelle esperienze l’avevano aiutata a non commettere gli stessi errori.
   Ornella, come dicevo nel post precedente, era sorprendentemente bella, aveva una classe e un portamento così femminile ed elegante che poi non ci pensavi che tra le gambe non era come tutte le donne, ma che invece aveva il batocchio come un uomo. E non riuscivo a crederci che una volta era stato il mio migliore amico. Ma la sua trasformazione non poteva che farmi piacere, perché finalmente aveva messo fuori la sua vera identità. Finalmente Ornella era uscita da quel corpo, e adesso ce l’avevo di fronte.
   Comunque dopo la cena pagai il conto e uscimmo fuori a fare due passi nell’agriturismo. Lei si reggeva al mio braccio, perché mi disse che aveva paura di cadere. Non era il luogo adatto per passeggiare con i tacchi a spillo. A quel punto le chiesi se si ricordava della storia della cabina dello stabilimento balneare, la storia che ho raccontato nel post precedente. Eravamo ragazzi, e “lei” era ancora un “lui” quando successe quella cosa. La cabina aveva un buco, e noi avevamo fatto un gioco, e lei (lui) mi aveva fatto venire con la bocca.
   “Te lo ricordi?” le chiesi.
   “E come potrei non ricordarlo?” mi rispose appoggiando la testa sulla mia spalla in modo affettuoso, e poi chiuse gli occhi, quasi come se stesse cercando di rivivere quel momento. “Per me fu come un sogno che si avverava. Tu forse non lo sai, ma io ero cotta di te, ma forse non te ne sei mai accorto. Quindi quel giorno poterti fare godere con la bocca e poi soprattutto bere il tuo sperma… non so… è stato il giorno più bello della mia vita. Io ero molto innamorata di te, ma non sono mai riuscita a confessartelo. Poi hai conosciuto Sabrina, e da quel giorno ho perso ogni speranza. Ho odiato Sabrina con tutta me stessa proprio per questo motivo, perché ti ha portato via da me nel giro di qualche giorno. E infatti, se ricordi bene, da quando è arrivata lei ci siamo allontanati, e praticamente non ci siamo più visti da allora”.
   “Mi dispiace se ti ho fatto soffrire” le dissi accarezzandole il viso, e lei mi guardò con i suoi luminosi occhi verdi che in quel momento esprimevano un amore sconfinato. “Quello che è successo in quella cabina è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Ma io amavo Sabrina, e la amo tutt’ora, e in quel periodo era tutto ciò che desideravo. E quindi mi sono dedicato a lei anima e corpo, e di conseguenza ho trascurato la nostra bella amicizia. Forse sono stato un po' egoista, lo ammetto, ma non avrei mai immaginato che questa cosa ti avrebbe fatto soffrire”.
   “Beh, è acqua passata” continuò Ornella.
   “Tanto per sapere, che sapore aveva il mio sperma?” le chiesi per sdrammatizzare, e lei scoppiò a ridere. Poi ritornò seria e cercò di darmi una risposta.
   “Mmh! Era molto deliziosa” disse. “Aveva il sapore dell’amore. Pagherei per averne un barattolo intero”.
   Ornella sapeva essere molto divertente, e infatti cominciò a fare battute su cosa ci avrebbe fatto con il mio seme: lo avrebbe mangiato a colazione con il pane, lo avrebbe messo nel tè in sostituzione dello zucchero, lo avrebbe utilizzato come crema antirughe per il viso e infine ci avrebbe fatto anche i gargarismi al posto del collutorio. Era formidabile. Aveva sempre voglia di divertirsi, come quando eravamo ragazzi. Ma ormai era mezzanotte ed era ora di ritornare a casa.
   “Cosa?!” sbottò lei. “Ci siamo appena ritrovati e già vuoi ritornare a casa dalla tua Sabrina? Lei può averti sempre, io invece no. Dai, restiamo ancora un po' insieme. Portami a ballare”.
   E allora decisi di accontentarla, e la portai in una discoteca che conoscevo. Non ci ero mai stato, ma sapevo che c’era, perché era una discoteca molto famosa. A me non piace ballare, e soprattutto non mi piacciono i luoghi dove c’è la musica troppo alta. Ma per farla contenta decisi di fare un piccolo sforzo. E Ornella sembrava piena di energia, era instancabile, e si dimenò tutta la notte, e io cercai di starle dietro non senza difficoltà, e i raggi laser mi accecavano, e i decibel mi stavano bucando i timpani. E lei per scherzare, ma anche per farmi eccitare, ogni tanto strofinava il sedere contro il mio cazzo. Dopo la terza volta che lo faceva iniziò a indurirsi, e lei se ne accorse e me lo fece notare.
   “Ce l’hai duro come il marmo!” urlò affinché potessi sentirla con tutto quel baccano.
   “Lo so” le risposi. E lei mi sorrise compiaciuta, perché se era duro era solo per merito suo.
   E durante la notte mi sparai ben due cocktail, e anche lei, per cui quando poi alle cinque uscimmo dal locale eravamo entrambi ancora più alticci di quando eravamo usciti dall’agriturismo.
   Ci avviammo verso le macchina e tirai fuori le chiavi, e Ornella me le strappò di mano per scherzo, e poi mi disse che non ero in grado di guidare, perché ero troppo ubriaco. Lei invece l’alcol lo reggeva meglio.
   “Ok, guida tu. L’importante è che mi porti a casa. Sono esausto”.
   “A casa? Ma tu sei scemo” mi rispose divertita. “E lasciarti nelle mani di tua moglie? Non se ne parla proprio. Per il momento sei mio, e quindi decido io dove andare”.
   “Ma dove mi vuoi portare? Sono le cinque del mattino!”.
   “Adesso vedrai”.
   Ero davvero stanco. Mi reggevo in piedi per miracolo. Lei invece aveva ancora un sacco di energia. E allora si mise alla guida e iniziò a fare la strada per il mare.

sabato 2 marzo 2019

A spasso nel tempo.

Il giorno in cui ho conosciuto Sabrina.

(in foto: Angela White, Zishy.com)


[postato da Stefano]

   Era una mattina come tante; mi ero svegliato alle otto e accanto a me c’erano Giuliano e mia moglie Sabrina che dormivano teneramente abbracciati. Quella notte avevano fatto l’amore, e io come sempre ero rimasto a guardarli mentre lo facevano, godendo della loro passione sfrenata. Sabrina era proprio cotta di lui, lo era sempre stata, e ogni volta che facevano l’amore non faceva che confermarlo ulteriormente. Certe volte mi sentivo addirittura di troppo, perché era sfacciatamente evidente che lei in presenza di Giuliano perdeva proprio la ragione, diventava la sua schiavetta del sesso, perché lui era il maschio dominante, per cui mia moglie era sua di diritto. Era sempre stato così, e io non potevo farci nulla. Sabrina apparteneva a lui.
   Dopo aver fatto la doccia me ne andai. Raggiunsi la macchina che però iniziò a fare i capricci e non ne volle sapere di partire. Era un bel problema, e evidentemente avrei dovuto chiamare un meccanico. Così decisi di andare a piedi. Per raggiungere il ristorante ci voleva circa una mezz’ora, lo avevo già fatto altre volte, per cui l’idea non mi spaventava.
   Così mi misi in cammino, e lungo il tragitto ebbi modo di contemplare la città. Di solito non lo facevo quando ero in auto. E invece quel giorno che ero a piedi iniziai a focalizzare l’attenzione sui piccoli dettagli che da sempre caratterizzavano il nostro grande paese. Sì perché era una città soltanto sulla carta, ma poi in fin dei cotti sembrava un paese. Aveva una provincia incredibilmente estesa, questo sì, però il nucleo centrale della città era davvero limitato.
   Passai davanti al nostro piccolo stadio, dove giocava la nostra squadra che chissà in quale girone era finita. E poi costeggiai il monumento ai caduti, un obbrobrio gigantesco di marmo in stile impero, alle cui pendici la notte si riunivano frotte di adolescenti carichi di birre e superalcolici.   E infine presi il corso, su cui erano disseminati i negozi più esclusivi, i bar storici e alcuni degli alberghi più prestigiosi. Ero quasi arrivato, dovevo soltanto svoltare in una strada secondaria e poi superare il liceo scientifico. E quando me lo ritrovai davanti mi fermai a contemplarlo con una certa nostalgia. I ragazzi erano dentro, e si sentiva un vociare confuso, e nel cortile c’era il custode con un camice nero che stava spazzando via le foglie secche.
   Era la scuola in cui si era diplomata Sabrina, e poi anche nostra figlia Moana. E in tanti anni era sempre rimasta la stessa. Aveva quasi l’aspetto di un edificio abbandonato, e invece no, c’erano i ragazzi dentro, e i professori, e il dirigente scolastico, e nessuno ci pensava alle cattive condizioni della struttura. Era spaventosamente decadente.
   Continuai la mia passeggiata verso il ristorante e passai davanti a Melvin, una rosticceria storica che era lì da sempre, e che quando io e Sabrina eravamo ragazzi era stato un importante luogo di aggregazione.   Quando dovevi vederti con qualcuno era scontato che il luogo d’incontro era lì, davanti a Melvin. E il signor Melvin proprio per questo motivo in quel periodo fece un pacco di soldi. La sera c’era sempre la fila per entrare, e fuori c’era un fiume di adolescenti che appunto si riunivano lì e trascorrevano il tempo insieme. E c’erano alcuni che si portavano dietro gli strumenti musicali, e quindi c’era sempre qualcuno che suonava le canzoni che in quel momento erano più popolari. E qualche volta succedevano anche delle risse per futili motivi, perché magari c’era qualcuno che aveva guardato la ragazza di un altro, oppure perché magari c’era una ragazza che era andata a letto con il fidanzato di un’altra, e allora ci scappavano delle colluttazioni pazzesche. Oppure spesso le risse succedevano senza un’apparente motivo. All’improvviso vedevi un mucchio di gente che se le dava di santa ragione, e quando cercavi di capire il motivo ti accorgevi che il motivo non c’era.
   Ma Melvin per quanto mi riguarda era importante soprattutto per un motivo specifico; era il posto dove avevo conosciuto Sabrina. Sì, lo ricordo come se fosse ieri, io ero in coda per entrare nella rosticceria, quando ad un certo punto la vidi arrivare. Non voglio sembrarvi un uomo grossolano, ma la prima cosa che notai furono le sue tette, che lei esibiva con un maglietta impudicamente scollata. Sembravano sul punto di scivolare fuori da un momento all’altro, e quando camminava cozzavano una contro l’altra, perché sotto non portava il reggiseno. A causa dell’età ero nel pieno di una tempesta ormonale, per cui era naturale che la prima cosa che mi colpì furono proprio le sue tette, tenute a briglia scolta, libere, libere di scatenare le fantasie porche di tutti noi maschietti. E pensai: chissà che spagnole! E infatti non sbagliavo. Sabrina era la regina indiscussa delle spagnole. Tra tutte le ragazze che bazzicavano fuori alla rosticceria Melvin lei era quella che le aveva più grosse. Erano enormi.
   Era in compagnia di Giuliano, che io già conoscevo perché avevamo alcuni amici in comune. E quando lui si accorse di me venne subito a salutarmi, e mi presentò Sabrina, la quale mi sorrise e mi strinse la mano. Sembrava una ragazza molto allegra e spensierata, ma invece io non potevo sapere che in quel momento lei stava affrontando un duro conflitto interiore. In quel periodo infatti Sabrina usciva con Giuliano; non erano fidanzati, non lo sono mai stati, e in quel periodo Giuliano era fidanzato con un’altra ragazza, per cui la relazione che aveva con Sabrina era una relazione clandestina a tutti gli effetti. Si vedevano di nascosto e facevano l’amore (solo anale e orale). E Sabrina iniziava ad essere stanca di questo rapporto senza regole, era stanca di doversi nascondere, avrebbe voluto amare Giuliano alla luce del sole. A lui invece stava bene così, ed era questo il motivo del malumore di Sabri.
   Ricordo che mentre eravamo lì a chiacchierare di tutto e niente ad un certo punto Giuliano si allontanò da noi per andare a salutare un altro amico, per cui io rimasi da solo con Sabrina. Andai letteralmente nel panico, e continuavo a guardare le sue mostruose tette, e quindi ne immaginavo la morbidezza, e sognavo di prenderle con le mani e stringerle, e quindi mungerla come si fa con le vacche, però poi abbassavo lo sguardo per non essere indiscreto, e lei mi sorrideva, e si rigirava tra le mani la bottiglia di Bacardi Breezer all’arancia, e ogni tanto faceva un sorso, e intanto la nostra conversazione era naufragata, e non sapevamo più cosa dire. Ma sapevo che dovevo inventarmi qualcosa, altrimenti l’avrei persa.