giovedì 29 settembre 2016

I buchi della moglie del senatore.

(nell'immagine animata: Silvia Saint)


   Il film si chiamava I buchi della moglie del senatore, cioè di mia figlia Moana. Il buco della vagina era stato riempito già nella prima scena, una scena abbastanza leggera. Era una scena di amore coniugale. Praticamente il film cominciava con una ripresa di una strada romana, con le comparse in costume che simulavano una tranquilla giornata cittadina. Poi la scena si spostava nel senato dove stava avvenendo una discussione. La discussione finisce e si vede il marito di Moana appartarsi con un collega senatore. I due discutono di una concessione per costruire nuovi palazzi fuori le mura della città. Ma per avere questa concessione, dice il collega del marito di Moana, bisogna entrare certamente nelle simpatie di un’ala ostile del senato.
   “Come posso fare, caro collega?” domanda lui.
   “Beh, hai una bella moglie. Magari se tu la offrissi alle persone giuste, in cambio di quella concessione, magari…”.
   Il film poi si sposta in casa del senatore, dove lui e sua moglie, la mia Moana, sono seduti a tavola e stanno cenando. Dei servi gli portando le pietanze e loro le consumano in religioso silenzio. Dopo cena si spostano in camera da letto, dove appunto avviene la prima scena di sesso.
   I due si baciano appassionatamente ma sono ancora vestiti. Moana allunga una mano sul cazzo del suo partner, ed è già bello duro sotto la toga bianca. Moana infila una mano sotto e lo fa uscire fuori. L’attore che impersonava il marito c’aveva proprio un bel cazzo grosso, devo riconoscerlo. Moana inizia a masturbarlo delicatamente, poi si abbassa su di lui e inizia a sbocchinarlo. Mia figlia in questo era davvero brava, quasi quanto la mamma. E io sì che posso dirlo, come ben sapete, avendo provato entrambe le bocche, sia quella di Sabrina che quella di mia figlia.
   Durante la scena Berni ogni tanto dava qualche direttiva a Moana su come eseguire il pompino e su quando guardare verso la telecamera o negli occhi del suo partner. Per esempio:
   “Moana, adesso con la punta della lingua leccalo tutto, dalle palle fino al glande e poi guarda verso di me” e allora lei tirava fuori la lingua e con la punta partiva dai testicoli e saliva lentamente verso su, e poi guardava verso la videocamera. “Bravissima, così. Adesso rimettilo in bocca e guardalo negli occhi” e allora lei lo infilava di nuovo in bocca e guardava il suo partner negli occhi.
   Dopo la scena del pompino il partner di Moana si sfila la toga e poi aiuta Moana a sfilarsi il suo vestito. A quel punto inizia la penetrazione. Lo vidi mettersi a sedere ai lati del letto e lei mettersi sopra di lui, dandogli le spalle, cioè rivolta verso le videocamere. Vidi il cazzo durissimo di lui entrare dentro la vagina di mia figlia, molto lentamente, fino ad arrivare alle palle, a quel punto Moana cominciò ad andare su e giù. Ma c’era qualcosa che non andava. Vedevo sul viso di mia figlia delle strane smorfie di dolore e fastidio. Dopo cinque minuti disse a Berni di fermare tutto.
   “Berni aspetta, non ce la faccio”.
   “Stop!” urlò Berni e le riprese si fermarono.
   Moana fece uscire il palo del suo partner dalla sua vagina e iniziò a massaggiarsi le labbra con dolcezza. Mi feci avanti verso di lei e le accarezzai il viso.
   “Che c’è amore, qualcosa non va?”.
   “Non riesco a bagnarmi” mi rispose. “Saranno tutte queste persone che mi guardano”.
   “Ma certo, è normale”.
   “Fa un male cane papà, mi serve qualcosa per lubrificarla”.
   Per fortuna il team di Berni aveva tutto il necessario per ogni evenienza. Quindi un’assistente di studio le portò un flacone di gel lubrificante, Moana ne mise un po' sulle dita e cominciò a spalmarselo sulla vagina e dentro. E mentre faceva questa operazione mi guardava negli occhi con un’espressione di incertezza. Dopo qualche minuto la vidi sorridere.
   “Adesso è tutta un’altra storia” poi si rivolse a Berni. “Adesso possiamo ricominciare”.
   Moana andò a riposizionarsi sul cazzo dritto del suo partner, che intanto non si era mosso dal posto. Berni diede il ciak e le videocamere continuarono a riprendere da dove la scena era stata interrotta. Adesso Moana andava su e giù che era una meraviglia. Non so se stava godendo davvero o era soltanto brava a fingere, ma sul suo viso vidi le stesse espressioni di sua madre quando stava per raggiungere l’orgasmo. Era incredibile la somiglianza. Anche Sabrina veniva in quel modo, faceva roteare gli occhi come in estasi, e si intravedeva soltanto una piccola parte delle pupille, e poi la bocca aperta come di chi sta per perdere i sensi. Il suo partner le teneva le mani sui fianchi e l’aiutava nei movimenti, su e giù.
   “Brava Moana, così” diceva Berni. “Adesso cambiamo posizione. Mettiti a quattro zampe sul letto, e lui si mette dietro di te”.
   Mia figlia eseguì immediatamente le direttive di Berni e si mise sul letto con il culo rivolto verso l’alto, come in una scena anale, ma non lo era. In questa scena non era prevista una penetrazione anale. Il suo partner le andò dietro e indirizzò il cazzo duro contro la vagina, e lo fece entrare nel caldo corpo di mia figlia. Poi le prese i fianchi e iniziò a penetrarla come un treno. Ancora altre espressioni di piacere sul viso di Moana, espressioni che non potevo fare a meno di associare a mia moglie Sabrina. Sembrava di vedere lei. Possibile che avessero lo stesso modo di godere? Tale madre tale figlia? Avevano proprio le identiche espressioni facciali. Era come vedere mia moglie su quel letto.
   Venne poi la scena della sborrata, e allora Moana si mise in ginocchio davanti al suo partner, il quale cominciò a masturbarsi a pochi centimetri dal suo viso, fino a quando ecco il primo schizzo posarsi sul viso di mia figlia, poi il secondo e infine il terzo. Il viso di Moana era completamente inondato, c’aveva sborra dappertutto.
   La scena proseguiva con tutti e due seduti sul letto a discutere. Moana con ancora il viso imbrattato di sperma che gli colava da tutte le parti.
   “Qualcosa ti turba, marito mio?” chiese Moana.
   “È per quella storia delle concessioni edilizie, mia cara. Non avrò alcuna concessione edilizia senza il tuo aiuto”.
   “Il mio aiuto? E io cosa posso fare a questo proposito?”.
   “Puoi fare molto, mia cara. Devi concederti al senatore Pollione”.
   “Ma tesoro, questa cosa è immorale! Io concedermi ad un altro uomo. Cosa penserà la gente?”.
   “Io ti ordino di farlo, altrimenti ti ripudio” a quel punto il partner di Moana esce di scena con uno scatto di ira. Moana si porta le mani al viso e scoppia a piangere.
   “No, il senatore Pollione no! Lo sanno tutti che è un porco! Non ci voglio andare a letto con lui”.
   “Stop!” urla Berni.
   A quel punto partì un applauso per festeggiare il successo della prima scena. Subito andai verso mia figlia con una confezione di clinex e lei ringraziandomi ne prese un po' per ripulirsi il viso da tutta quella sborra.
   “Sei stata bravissima” le dissi.
   “All’inizio faceva male, però poi ci ho preso gusto”.
   “Ma dimmi la verità, stavi godendo davvero durante le riprese o era solo finzione?” le domandai.
   “Fingevo papà. Come si fa a godere con tutta questa gente che ti guarda?”.
   “Allora fingevi davvero bene”.
  
Stefano.

martedì 27 settembre 2016

domenica 25 settembre 2016

Vita da amante. 

(in foto: Angela White, Big Natural Tits Australian Babe, Blacked.com)


   Non ero molto fiera di quello che stavo facendo. Ero diventata l’amante di Franco a tutti gli effetti, e allo stesso tempo avevo abbandonato mio marito e i miei figli per una stupida cotta da adolescente. Ero innamorata, accecata dal sentimento d’amore che provavo per Franco. Come ha giustamente detto mio marito io avevo sempre provato una forte attrazione sia emotiva che fisica per Franco, ma non si era mai manifestata così accesamente.
   Franco mi aveva prenotato una camera di un bed and breakfast non molto distante da casa sua. Ormai era da due settimane che vivevo lì, lontano da mio marito, e in trepidante attesa che la sera Franco venisse a farmi visita. E io mi facevo sempre trovare con della lingerie porchissima, oppure nuda e mi lasciavo montare i buchi fino a notte inoltrata. Dopo avermi eiaculato dentro o in faccia se ne andava e ritornava da sua moglie, e allora io mi addormentavo, oppure stavo sveglia a pensare a cosa cavolo stavo combinando. Segregata in quel bed and breakfast, con l’unico scopo di aspettare la notte per essere chiavata da Franco.
   Di giorno facevo delle lunghe passeggiate. Avevo scoperto una spiaggia dove non c’era nessuno, e dove potevo prendere il sole nuda lontana da occhi indiscreti. Ogni tanto passava qualcuno e mi vedeva, ma mai nessuno aveva avuto da ridire sul fatto che fossi nuda. Feci anche amicizia con un uomo anziano, sulla settantina, che veniva lì in spiaggia per passeggiare, perché il medico gli aveva prescritto di prendere un po' di aria fresca. Il primo giorno mi passò accanto e mi salutò con un cordiale “buongiorno” e io risposi alla stessa maniera, e lui tirò dritto. Il secondo giorno invece si fermò a parlare. Mi raccontò dei suoi acciacchi e della prescrizione del medico. Poi gli chiesi se per lui il fatto che fossi nuda fosse un problema.
   “Problema? Ci mancherebbe altro! Una così bella donna”.
   “La ringrazio” mi facevano sempre piacere i complimenti.
   Il terzo giorno che lo vidi pure si intrattenne un po' con me. Ero sempre nuda, si capisce. E questa volta non mi parlò dei suoi acciacchi. Piuttosto volle sapere di me. Mi chiese se ero sposata. E io gli dissi di sì.
   “Suo marito è un uomo molto fortunato”.
   “No, non direi. Non sono una moglie esemplare. Lo tradisco continuamente. D’altronde, con un passato come il mio… sa da ragazza come mi chiamavano?”.
   “Come?”.
   “Sabrina Bocca e Culo. Vuole sapere il motivo? Perché il mio orifizio anale e la mia bocca erano…” sorrisi, perché stavo per dire che erano degli sborratoi pubblici, ma mi trattenni. “… erano cavità molto ambite dai maschietti della città. E io non facevo differenza di età o di estrazione sociale. Accontentavo tutti. E tutti mi trattavano come un giocattolo con cui godere, e il problema è che a me stava bene”.
   “Su, non si abbatta” mi disse. “Il passato non conta. L’importante è che adesso c’è un uomo che ha capito che lei non è solo un giocattolo con cui godere”.
   “Sì ma lei forse non mi ha capito. A me piaceva essere trattata in quel modo, come un buco da riempire. E mi piace ancora. E quindi non voglio rinunciare a farmi ingroppare da altri uomini. Ma allo stesso tempo amo ancora mio marito”. 
   “Si lasci andare, si conceda senza problemi anche ad altri uomini, e quando alla fine sarà sazia sono sicuro che suo marito sarà lì ad aspettarla. Adesso devo andare. Mia moglie mi aspetta”.
   E lo vidi andare via. Pensai a lungo alla nostra conversazione. E infondo aveva ragione. Forse ero solo affamata d’amore, e quando mi sarei saziata sarei tornata a casa senza rimpianti. In ogni modo quella sera, come tutte le sere, Franco venne a montarmi al bed and breakfast. Quando veniva mi faceva il servizio completo, vagina e retto. Al retto non sapeva rinunciarci. Diceva che entrava dentro come il coltello nel burro. Diceva che il suo cazzo sembrava fatto apposta per entrarmi in culo. E questa cosa mi faceva sempre ridere, e allo stesso tempo sciogliere, perché mi faceva sentire apprezzata. E dopo aver detto questa cosa concludeva dicendo che per quel motivo, il fatto che il suo cazzo entrasse alla perfezione nel mio orifizio anale, ero la sua donna ideale. E a quando mi diceva così diventavo sua e poteva fare di me ciò che voleva. Poteva chiedermi di fare qualunque porcata e io l’avrei accontentato. 

Sabrina.

venerdì 23 settembre 2016

Mia figlia ha scelto te.

(in foto: Michelle Moist, Presenting Michelle Moist, EroticBeauty.com)


   Il giorno dopo mi venne a trovare Berni. Moana era al negozio di lingerie, quindi ero da solo in casa. Ero in mutande quando ad un certo punto qualcuno suonò alla porta. Misi in fretta e furia dei vestiti addosso e andai ad aprire. Vedere Berni mi sorprese molto, e subito mi domandai cosa ci era venuto a fare a casa, dal momento che sapeva benissimo che Moana era al negozio (come tutte le mattine). Non vedevo Berni da moltissimo tempo, ma nonostante tutto era sempre lo stesso, così come lo ricordavo. Un ragazzo dall’aspetto comune, che non lo diresti mai che esce con una gnocca come Moana. Insomma, non perché è mia figlia, ma Moana ce la vedresti meglio con uno stallone da monta alto e muscoloso, e non con uno come… Berni. Per carità, era un bravo ragazzo, e non potevo desiderare di meglio per mia figlia. Ma aveva un aspetto così comune che veramente non riuscivi a capire com’è che stava con Moana.
   “Berni! Come stai? È da tanto che non ci si vede”.
   “Sì, è da tanto. Lei come sta?”.
   “Io alla grande. Moana purtroppo non c’è. È al negozio”.
   “In verità cercavo proprio lei”.
   Che cosa poteva volere da me? Lo feci accomodare e gli preparai il caffè, e lui subito mi disse che quella mattina aveva ricevuto una telefonata di mia figlia che gli aveva detto di avermi messo al corrente dell’affare del film porno.
   “Sì, infatti. E quindi?”.
   “E bene, sono venuto a chiederle se a lei questa cosa va bene”.
   “Sei tu il fidanzato di Moana. Deve andare bene a te, non a me”.
   “In teoria non siamo più fidanzati” mi rispose.
   “Sono sicuro che tornerete ad esserlo molto presto”.
   Moana somigliava molto a sua madre. Aveva un debole per gli uomini, non sapeva rinunciarci. Pur di aver un cazzo duro con cui godere avrebbe fatto qualsiasi cosa. Ma poi alla fine aveva sempre bisogno di un punto di riferimento. Io, e non vorrei sembrarvi presuntuoso, ero il punto di riferimento di Sabrina. Sapevo che mia moglie non avrebbe mai rinunciato a far godere col proprio corpo gli altri uomini, ma sapevo anche che aveva bisogno di un uomo fisso con cui stare.
   Anche Moana era così. E ormai aveva scelto chi era quell’uomo fisso, ed era proprio Berni. Forse lui non se ne rendeva conto, ma era proprio così. Sabrina e Moana in questo si somigliavano molto. Una volta che avevano scelto il proprio uomo, quello era e quello sarebbe rimasto fino alla fine.
   “Sua moglie è in casa?” mi chiese Berni. “Mi piacerebbe conoscere anche il suo parere”.
   “No, mia moglie non c’è. Ho paura che sia in compagnia di un altro uomo”.
   “Sta scherzando? E non è geloso?”.
   “Ormai ci ho fatto l’abitudine. Ed è meglio che ce la fai anche tu, perché se intendi ritornare con Moana, sappi che mia figlia non è tanto diversa da sua madre. Ogni tanto la vedrai andare con altri uomini, ma non dovrai farne un dramma, perché poi ritornerà sempre da te. Sei tu il suo uomo, lei ha scelto te. Ritieniti fortunato. Anzi, ritieniti l’uomo più fortunato del mondo. Perché gli altri uomini potranno avere il suo corpo, ma il suo cuore lo avrai soltanto tu”.
   Mentre parlavo vedevo in Berni me stesso a vent’anni. La stessa passione, gli stessi sogni. E rividi tutti i bei momenti passati insieme a Sabrina. Possibile che fosse tutto finito? Dovevo decidermi a prendere una decisione; andare in Sicilia e cercare di riconquistarla, oppure lasciarla libera di vivere le sue avventure senza di me.
   “Ma non trascurarla. Se la trascuri lei aprirà il suo cuore ad un altro uomo. Non commettere l’errore che ho fatto io. Lo vuoi un consiglio? Vai da lei e portale un mazzo di rose rosse, e dille che l’ami. Non lasciartela scappare, sarebbe l’errore più grosso della tua vita”.
   “Mi scusi la domanda, ma era da parecchio che volevo fargliela: ma lei quando era fidanzato con la signora Sabrina, non era infastidito dal fatto che tutti la chiamavano Sabrina Bocca e Culo?”.
   Quella domanda mi sembrò molto strana. Non mi aspettavo che anche Berni conoscesse il passato di mia moglie. A quanto pare le leggendarie imprese di letto di Sabrina erano più conosciute di quanto credessi. E sentire un’altra volta quel nome mi fece quasi entrare in un vortice temporale. Ricordo che quando io e Sabrina ci eravamo appena fidanzati io non sapevo nulla di quella storia. Ero del tutto all’oscuro del fatto che l’orifizio anale e la bocca della mia fidanzata non fossero più immacolati da tempo, e che anzi erano stati abbondantemente utilizzati a fini ricreativi dalla metà della popolazione maschile della città.
   “Beh sai, quando ami una ragazza te ne freghi di quello che pensa la gente” risposi, ma in verità mentivo, perché come già vi ho detto ero all’oscuro di come la gente chiamava la mia fidanzata.
   Ad un certo punto ebbi un flash, un’immagine di tanti anni fa che riaffiorò magicamente dalla mia memoria, e mi si piazzò davanti, tipo una fotografia che ripeschi per caso dal fondo di un baule. C’era stato un episodio, durante i primi mesi che io e Sabrina ci eravamo fidanzati (quando ancora non sapevo nulla di Sabrina Bocca e Culo). Un episodio che mi aveva lasciato perplesso a cui però non avevo dato importanza. Eravamo al centro a passeggiare mano nella mano, come fanno due comunissimi fidanzati. Ricordo che Sabrina indossava un vestito rosso molto corto che metteva in risalto le forme del suo bellissimo culo. Tutti gli uomini non potevano fare a meno di girarsi a guardarla. Ad un certo punto ci si accostò un tipo con uno scooter. Un tipo un po' rozzo se devo dirla tutta. Non disse niente, si limitò a venirci dietro ad agio. Sabrina lo aveva notato ed era diventata molto nervosa. Poi ad un certo punto lui disse testuali parole: “C’ho una voglia di romperti il culo oggi che nemmeno t’immagini”. Sabrina ebbe una reazione molto violenta, non l’avevo mai vista in quel modo, si girò di scatto e gli urlò: “ma che cazzo vuoi? Vai a fare in culo, stronzo!”.
   A quel punto il tizio sullo scooter filò via. Aveva capito che non era aria. Ma io ero rimasto senza parole di fronte a quella scenetta. Sabrina era rossa di rabbia e aveva l’affanno. Il petto gli si gonfiava per l’eccitazione provocata da quello scatto di ira.
   “Ma chi era quello?” chiesi.
   “E che ne so. Un deficiente. Ma tu guarda che mi tocca sentire”.
   “Sei sicura che non lo conoscevi?”.
   “Stè, ti dico di no! Che fai, non mi credi?”.
   Rivedendo questo flash, questa immagine del passato, realizzai che Sabrina conosceva bene quel tizio sullo scooter, il quale doveva essere stato uno dei numerosi beneficiari del suo condotto anale. Adesso che ripensavo a quella scena ebbi le idee molto più chiare. Sul momento mia moglie non era stata in grado di dirmelo perché probabilmente stava cercando di dimenticare il suo passato e le sue avventure, per cercare di diventare una fidanzata esemplare. Ma il passato non si cancella mai, e i fantasmi vengono sempre fuori. E il tizio sullo scooter era uno di quei fantasmi venuto a tormentare l’anima peccatrice di Sabrina Bocca e Culo, e io non avevo capito nulla. Solo adesso riuscivo a dare un significato a quell’episodio, a distanza di più di venti anni. Ero stato proprio cieco e stupido a non capirlo subito. Ma in ogni caso, pure se avessi saputo del suo passato da subito, sono sicuro che l’avrei amata comunque.

Stefano.

mercoledì 21 settembre 2016

Non mi cercare. 

(in foto: Eva Notty, Her Personal Bra Salesman, DDFNetwork.com)


   Ero rientrato a casa per un po' di giorni. Avevo accumulato un po' di ferie e avevo deciso di starmene a casa con mia moglie e i miei figli. Ma avevo trovato una situazione completamente nuova. C’era soltanto Moana, che in assenza di Sabrina tirava avanti il negozio di lingerie. Rocco era partito per una vacanza insieme alla sua nuova fidanzata. Era partito anche mio padre, e a quello che mi aveva raccontato Moana, aveva in mente di risposarsi a breve con una ragazza di diciannove anni. Una storia davvero incredibile, non credete?
   Sabrina invece era sparita. Avevo provato a chiamarla, e la conversazione era stata piuttosto breve. Non aveva molta voglia di parlare. Mi aveva detto soltanto che al momento si trovava in Sicilia, dal nostro vecchio amico Franco, e che era molto confusa. Non sapevo cosa pensare. Perché era confusa? Provai a chiederglielo, ma lei mi rispose molto vagamente.
   “Non so” mi disse. “Ho bisogno di qualche giorno per pensare. Ti prego Stefano, non mi chiamare più”.
   “Va bene Sabri, se è quello che vuoi non ti chiamerò”.
   “Grazie. Ti chiamerò io quando avrò le idee più chiare”.
   “Aspetta, non lasciarmi così. Dimmi la verità”.
   “Credo di essermi innamorata di Franco”.
   Adesso era un po' più chiaro. Mia moglie si era invaghita di Franco. Come era potuto accadere? Beh, da sempre comunque mia moglie aveva provato per lui un sentimento molto vicino all’amore. Infatti non c’era niente di strano. Non era semplice attrazione fisica come lo era stato per Giuliano. Con Franco c’era sempre stato qualcosa in più. Ma a quanto pare era arrivata la resa dei conti. L’amore che provava per Franco aveva superato l’amore che aveva nei miei confronti. Forse la colpa era anche un po' mia. Tutto quel tempo lontano da casa, e forse Sabrina aveva smesso di amarmi. La lontananza aveva usurato il nostro amore. Il nostro matrimonio aveva già avuto un momento non proprio facile, se ricordate. Ma non sapevo con certezza se questa volta saremmo riusciti a sistemare le cose.
   Quella sera cenai con Moana. Era da parecchio che non succedeva, e la cosa mi riempì di gioia. Cucinai per lei delle cose davvero speciali, e lei per l’occasione indossò un vestito da sera davvero bello, anche se un po' porco. Aveva uno scollo che praticamente le arrivava fino all’ombelico, e le tette le uscivano spesso fuori, e lei puntualmente doveva rimetterle dentro. Il vestito era così corto che mentre sistemava la tavola e si abbassava per posare le posate e i bicchieri il vestito si alzava e le vedevo il suo delizioso culo. Indossava un perizoma nero che le stava d’incanto.
   A tavola le confidai ciò che mi aveva detto sua madre, e lei non si mostrò molto preoccupata.
   “Dovresti conoscerla meglio di me, lo sai che mamma è uno spirito libero. Devi lasciarle vivere le sue avventure. Ma poi alla fine, ritorna sempre a casa”.
   Aveva ragione. Sabrina era sempre stata uno spirito libero. Ma era anche vero che ogni tanto sentiva il bisogno di essere riconquistata. Forse nonostante tutto dovevo andare da lei a riprendermela. Già era successo due volte, ed era probabile che sarei stato costretto a rifarlo ancora. Forse era il suo modo di sentirsi amata. Forse voleva da me una prova d’amore, che consisteva proprio in un tentativo di riconquista, come a dire: dimostrami che mi vuoi ancora, vieni a riconquistarmi.
   “E tu cosa mi racconti?” chiesi a Moana.
   “Le solite cose. Io e Berni stiamo cercando di riavvicinarci. Inoltre a breve parteciperò alle riprese di un film porno”.
   “Cosa?! Stai scherzando?”.
   “No, non è uno scherzo”.
   Moana mi spiegò tutta la faccenda. Insomma, a breve avrei avuto una figlia pornostar. Chiaramente le preoccupazioni erano tante; era pur sempre mia figlia, e il fatto che dovesse fare l’amore con tanti uomini di fronte a delle telecamere, ovviamente mi faceva stare un po' sulle spine. Ma io cosa potevo fare? Non potevo di certo impedirglielo. Se stava bene a Berni, allora era tutto apposto. D’altronde sarebbe stato lui a dirigerla.
   “Di che genere di film si tratta?” le domandai.
   “Non lo so ancora con certezza. Sarà un film con una trama. Berni vuole riportare il cinema porno al suo splendore, quindi ai film con le trame”.
   “Berni è un ragazzo molto ambizioso. E comunque ci voleva una cosa del genere. Ultimamente il settore dell’hard è molto scadente. Che genere di scene dovrai girare?”.
   “Il film prevede scene di sesso sia anale che vaginale”.
   “Accidenti, anche l’anale?”.
   “Eh sì”.
   “Pensi di farcela?”.
   “Papà, pensi che non abbia mai fatto sesso anale? Ne ho fatto e come! Sarà un gioco da ragazzi farlo anche di fronte ad una telecamera”.
   “Cado proprio dalle nuvole… non credevo che tu…”.
   “Che lo avessi preso anche in culo? Eh sì papà, tante volte”.
   “Comunque qualsiasi cosa ne verrà fuori da questo film sappi che sono molto orgoglioso di te”.
   Moana mi sorrise e mi prese una mano.
   “Avevo proprio bisogno di sentirmelo dire. Ti amo papà”.
   “Ti amo anche io tesoro”.

Stefano.

lunedì 19 settembre 2016

sabato 17 settembre 2016

La tua donna o niente. 

(in foto: Silvia Saint, Red)


   Come vi ha già raccontato Moana, avevo una vera e propria passione per il cinema. Fare un film era sempre stato uno dei miei sogni. Il cinema hard d’autore poi, era sempre stato un mio segreto, che in principio avevo anche tentato di nascondere a Moana, e non ci ero riuscito. Mi aveva scoperto, e devo dire che in questo si era dimostrata molto aperta. Qualsiasi altra ragazza avrebbe gridato allo scandalo, avrebbe fatto una scenata e mi avrebbe mollato. Lei invece era stata molto comprensiva, mi aveva detto che non c’era niente di male. E anzi, mi aveva anche chiesto di vederne qualcuno insieme. Moana era una ragazza speciale. E io forse a lasciarla avevo fatto l’errore più stupido della mia vita. Non avrei mai trovato un’altra ragazza come lei. E dentro di me sentivo che in qualche modo avrei dovuto riconquistarla. Volevo che Moana diventasse la donna della mia vita, la madre dei miei figli, e non la madre dei figli di qualche altro uomo.
   In ogni modo la mia laurea, presa a pieni voti, non mi aveva portato da nessuna parte. Mi sentivo un fallito, e per di più ero solo. Avevo stupidamente lasciato Moana a causa della gelosia, e passavo le giornate a farmi le seghe, pensando a lei e a quando facevamo l’amore. Dove avrei trovato una ragazza così aperta da farsi sborrare in faccia? Ricordo che i primi tempi che stavamo insieme io esitavo un po’ a farlo, nonostante fosse lei a chiedermelo. Ma mi sembrava una cosa molto irrispettosa. E poi fu lei a dirmi che non lo era affatto, dal momento che era lei a chiedermelo. E allora cominciai a farlo, e quindi ad ogni fine rapporto le schizzavo sul viso. Le piaceva tanto quando lo facevo.
   L’idea di fare un film era nata per caso. Una sera ero uscito a prendere una birra all’Irish Pub insieme ad un amico. Lui, si chiamava Nicola, era uno che di problemi non ne aveva per niente. Il padre era un industriale, e avevano così tanti soldi da non sapere cosa farsene. Io e Nicola eravamo cresciuti insieme. Quella sera gli esposi i miei problemi, e allora lui mi disse che se non riuscivo a trovare un lavoro allora dovevo cercare un altro sistema per fare soldi.
- E cosa dovrei fare? Una truffa?
- Visto che ti piace tanto il cinema, fai un film.
   Iniziammo a bere così tanto che alla fine il discorso cominciò a prendere strade alquanto surreali. Ci ritrovammo a discutere di quanto sarebbe stato bello fare un film hard, però come li facevano una volta, ai tempi di Selen e Olivia Del Rio.
- Sì, ma chi me lo finanzia? – gli chiesi. Ero sbronzo, ma ancora in grado di fare un ragionamento logico.
- Te lo finanzio io, cretino.
- Ma dai, non scherzare.
- Credi che mi manchi il denaro per farlo?
- No, in effetti no.
- Dai, ti finanzio. Ma ad una condizione. Voglio che nel film ci sia anche la tua ex, e inoltre voglio passare una notte con lei, con tanto di sesso anale e sborrata in faccia.
- Moana?! Non se ne parla proprio. Non lascerò che la tratti come uno sborratoio.
- Allora te lo dirò in un altro modo, o mi permetti di ingropparmi la tua donna o non se ne fa niente.
   Gli dissi che ci avrei pensato. Certo l’offerta era allettante. Nicola mi disse che mi avrebbe anche fatto un regolare contratto: fondi illimitati per la realizzazione di una pellicola hard, a patto che Moana sia la protagonista del film e che prima delle riprese trascorra una notte di sesso (anale, orale e vaginale) con il produttore, nonché autore del contratto (Nicola). Insomma, avrei dovuto vendere Moana per realizzare un mio sogno. Sarei stato proprio un bastardo se avessi permesso una cosa del genere. Moana non lo meritava. E poi Nicola era un vero porco, non oso neanche immaginare cosa sarebbe stato capace di chiederle di fare.
   Dovete sapere che Nicola aveva sempre avuto una cotta per Moana. Ma più che una cotta era soltanto voglia di montarla. L’aveva conosciuta i primi tempi in cui stavamo insieme. Portai Moana ad una festa di amici, era la nostra prima uscita insieme, e c’era pure Nicola che quando la vide non potette crederci che una topa di quel livello stesse con uno sfigato come me. Aveva detto proprio testuali parole. E da quel giorno, ogni volta che mi vedevo con Nicola, lui per sfottermi non faceva altro che dirmi cosa avrebbe fatto alla mia fidanzata. Diceva che l’avrebbe messa nelle posizioni più impensabili, e che se la sarebbe chiavata anche davanti a me, e le avrebbe sborrato in faccia, e l’avrebbe inculata e altre porcate del genere. Lo diceva per farmi incazzare. E poi diceva spesso: “tanto lo sai che prima o poi me la scopo”. E io: “non succederà mai”.
   Ora, con la storia del finanziamento, pareva che la sua profezia stesse per avverarsi. Dovevo solo capire cosa volevo davvero. Realizzare il mio sogno oppure preservare la ragazza che amavo, nonostante ci fossimo lasciati ormai da qualche tempo. Ma io l’amavo ancora.
   Così avevo cominciato ad andare al centro commerciale, dove Moana aveva cominciato a gestire gli affari della madre in modo impeccabile. Ero certo che Sabrina a breve le avrebbe passato le redini del potere, intestandole il negozio. E me ne restavo fuori a guardarla, e pensando a cosa fosse giusto fare, chiederle di fare quella cosa, oppure rifiutare l’offerta di Nicola. Non avevo la forza per chiederle una cosa del genere. Ero sicuro che mi avrebbe dato uno schiaffone e che non l’avrei rivista più. E invece, alla fine, come vi ha già raccontato lei, davanti ad una tazza di caffè, vuotai il sacco e le dissi tutto. Adesso era tutto nelle sue mani. Toccava a lei scegliere riguardo a ciò che sarebbe successo.

Berni. 

giovedì 15 settembre 2016

Porno d'autore.

(in foto: Selen)


   Berni continuava a venirmi a spiare al negozio, e io non riuscivo a uscire in tempo per fermarlo. Appena cercavo di raggiungerlo ecco che lui spariva, si confondeva nella massa chiassosa che affollava il centro commerciale. Ma un giorno decisi di metterlo in trappola, e così mi misi ad aspettarlo nella profumeria di fronte al negozio di lingerie di mia madre. Berni arrivò puntuale e così gli andai dietro, a quel punto non poteva più scappare. Lo presi per il braccio e lo strattonai facendolo girare e lo guardai negli occhi in malo modo. Adesso doveva darmi per forza delle spiegazioni, altrimenti non lo avrei lasciato andare.
- Adesso devi dirmi perché vieni sempre qui – gli dissi. – Forza, sei abbastanza adulto da tirare fuori le palle e dirmi la verità.
   Ma non riuscì a dirmi niente. Così lasciai la presa e decisi di cambiare tattica. Lo invitai a prendere un caffè con me alla caffetteria del centro commerciale. Finalmente riuscimmo a scambiare due parole. Mi disse che non se la stava passando molto bene, perché nonostante si fosse laureato ancora non riusciva a trovare lavoro.
- Tu invece, tu sei davvero fortunata – mi disse. – Tu praticamente gestisci un negozio, hai delle responsabilità. Io invece, non sono riuscito a fare niente nella vita.
   Non avevo mai visto Berni così giù. Mi fece molta pena se devo essere onesta. Sì, in effetti ero stata fortunata, perché mia madre aveva messo su un’attività molto remunerativa, che praticamente adesso gestivo io. Berni invece non aveva avuto niente, solo la possibilità di frequentare l’università. E adesso, con una laurea conseguita col massimo dei voti, non riusciva a farci proprio nulla.
   Non era l’unico, se devo dirla tutta. Nella sua condizione c’erano tanti nostri coetanei. Ma non sapevo davvero come aiutarlo. Gli presi una mano e la strinsi nella mia per fargli capire che aveva tutto il mio sostegno.
- Ti ricordi della mia passione per il cinema?
- Certo che la ricordo – risposi. – Ricordo tutte le volte che mi obbligavi a guardare quei polpettoni neorealisti.
- Ricordi quella volta che hai scoperto la mia collezione di video hard sotto il mio letto?
- Sì, e ricordo che tu si sei imbarazzato tanto, e che poi io ti ho detto che non c’era nulla di cui imbarazzarsi. E poi ne abbiamo visto qualcuno insieme, e ci siamo eccitati e abbiamo fatto l’amore. Ricordi? Per la prima volta ti ho permesso di venirmi dentro.  
- Sì, ed è stata una sensazione bellissima.
   In quel momento provai un forte affetto per Berni, e mi avvicinai a baciargli una guancia e lui mi sorrise. Berni aveva sempre avuto una gran passione per il cinema porno d’autore, e quindi mi riferisco ai film di Joe D’Amato per esempio, al buon vecchio cinema hard anni Ottanta e Novanta. In principio me lo aveva nascosto, poi un giorno che ero a casa sua, e lui era andato un attimo al bagno, avevo cominciato a rovistare tra le sue cianfrusaglie, e sotto il letto avevo trovato una collezione davvero ricca di film hard d’autore. Quando mi scoprì a rovistare tra quei film era diventato viola dalla vergogna.
   Ovviamente era un appassionato anche di cinema in generale, e da sempre il suo sogno era quello di girare un film. Un sogno che credevo non sarebbe mai riuscito a realizzare. E invece mi sbagliavo.
- Ebbene, ho deciso di provarci – mi disse.
- A fare cosa?
- A fare un film.
- A fare un film? Ma Berni, non è semplice. Devi trovare un produttore, devi comprare le attrezzature, pagare gli attori.
- Moana, io devo provarci. Non sono riuscito a fare nulla nella vita. Voglio riuscire almeno a fare questo. E chissà che magari non divento qualcuno.
- Hai tutto il mio appoggio – gli dissi accarezzandogli il viso. Mi sembrava una follia, ma sentivo comunque il dovere di stargli vicino, per quello che eravamo stati e per quello che saremmo potuti continuare ad essere.
- Voglio realizzare un film hard – disse.
- Cosa?! Ma sei fuori?
   Non nutrivo molta simpatia per il settore del porno. Quello d’autore di cui parlavo poco fa era tutt’altro discorso. I film di Joe D’Amato mi piacevano molto. Ne avevano alcuni anche i miei genitori, e spesso li guardavo. Ma ultimamente il cinema porno era diventato una schifezza, ammucchiate senza senso e senza passione, senza alcuna storia di fondo.
- Voglio far ritornare il cinema porno allo splendore degli anni novanta, capisci? Con delle storie, dei sentimenti.
   Era un’impresa davvero titanica, un’utopia che solo Berni poteva pensare di realizzare. Era sempre stato un sognatore, ma quello era solo un sogno. Dove avrebbe trovato un produttore che avrebbe creduto in quel progetto? Ma poi mi disse che aveva già trovato qualcuno pronto a finanziargli il lavoro.
- C’è qualcuno che finanzia questa follia? – domandai scoppiando a ridere.
- Sì, ma ad una condizione.
- Quale?
- Dovrai essere tu la protagonista di questo film.

Moana. 

martedì 13 settembre 2016

Furia erotica. 

(in foto: Carter Cruise, Forbidden Affairs 3, SweetSinner.com)


    Perlomeno un problema era risolto. Mio nonno e la mia amica Valentina erano partiti per un viaggio romantico in non so quale isola tropicale. Quindi a fargli da badante d’ora in poi ci avrebbe pensato lei. Quella storia era davvero surreale. E soprattutto non riuscivo a capire cosa era passato per la testa a Valentina, sposare un vecchio di settant’anni. Il suo grosso cazzo? Poteva essere quello? Ma di grossi cazzi ce n’erano tanti, perché proprio quello di mio nonno? Ammetto che quello di mio nonno era davvero speciale. Ne avevo visti tanti, ma come il suo mai.
   Ma cosa aveva realmente fatto innamorare Valentina? Mio nonno non era uno di quei vecchi miliardari che possono permettersi il lusso di avere una moglie diciottenne. Aveva un paio di proprietà e una pensione dignitosa. Non credo che Valentina aspirasse a quelle cose. In ogni modo erano affari suoi. Contenta lei, contenti tutti. E poi ripeto, per me era un problema di meno. Adesso c’era lei a fargli da badante, quindi da quel momento avrei potuto dedicare un po’ più di tempo a me stessa. Ma ero furiosa. In quei giorni ero intrattabile, perché la casa era deserta, e c’ero soltanto io a tirare avanti la baracca. Tutti a fare la bella vita a destra e a sinistra, e soltanto io a lavorare e a portare avanti il negozio. Mia madre, che chissà da quale stallone si stava facendo montare. Mio fratello che con la sua santarellina stava vivendo una storia d’amore come in una telenovela brasiliana. E mio padre? Dov’era? Da quant’era che non tornava a casa? E soprattutto, era davvero mio padre? E Berni, perché aspettava così tanto a prendere una decisione? Insomma, voleva riavermi oppure no? Io non credo che avrebbe trovato un’altra ragazza come me. Eppure io gli avevo dato tutto, anche il culo. Non credo che sarebbe stato facile per lui trovare una donna così aperta da farsi sborrare in faccia o da farsi fare il culo. E quindi non capivo cosa stesse aspettando a farsi avanti. Io la prima mossa l’avevo fatta. Ero andata sotto casa sua, quasi strisciando. Ora toccava a lui.
   Andai al negozio e mi si leggeva in faccia che era meglio starmi alla larga. Appena entrai sentii una delle commesse che bofonchiava ad un’altra: “ecco la rottainculo”. Decisi di non dire niente, anche se mi venne una gran voglia di mollarle un gran pugno. Quando tornai a casa trovai, con mia grande sorpresa, mio padre che era ritornato per il fine settimana, il quale non trovando nessuno mi chiese delle spiegazioni.
   “Sì papà, se ne sono andati tutti. Sono rimasta soltanto io. Tua moglie è andata chissà dove a farsi montare da chissà quale stallone. Tuo padre ha perso la testa per una mia amica. E tuo figlio, mi sa che tra un po’ lo fanno santo”.
   “Che hai? Sembri nervosa”.
   “Nervosa? No, sono incazzata nera. Se tu facessi un po’ più il padre, invece di stare via per settimane e settimane, forse questa famiglia ritornerebbe a quote più normali” urlai.
   “Moana, adesso basta. Ti giuro che certe volte mi andrebbe di prenderti a sculacciate”.
   “Ah sì? Ma se probabilmente non sei neppure mio padre”.
   L’avevo detta grossa, e se avessi potuto rimangiarmi quelle parole l’avrei fatto. A quel punto mio padre mi afferrò per il braccio e mi fece girare di spalle e mi tirò su il vestitino scoprendomi le natiche, divise l’una dall’altra da un sottile lembo di tessuto del perizoma nero che indossavo. Mi colpì con uno schiaffo e io ebbi un sussulto. Non lo aveva mai fatto e mi sembrò strano, ma allo stesso tempo mi eccitò moltissimo. Su questo gravava molto il fatto che non facevo l’amore da quasi un mese, quindi ero arrapata come una cagna.
   “Bravo” dissi. “Spero tu ti senta orgoglioso di quello che stai facendo”.
   Mio padre mi sculacciò un’altra volta e poi ancora. Poi mi lasciò il braccio, forse rendendosi conto che non era proprio una cosa appropriata sculacciare una figlia di vent’anni. Così me ne andai verso la mia stanza, senza neanche tirarmi giù il vestitino, sentendo per tutto il tragitto gli occhi di mio padre sulle mie natiche arrossate.
   Restai chiusa in camera a rimuginare su quanto accaduto, e mi sentivo molto in colpa per quello che avevo detto. Non riuscii a prendere sonno; erano le tre di notte e ancora non riuscivo a chiudere occhio. Così mi alzai dal letto e andai verso la camera dei miei. La porta era aperta e dentro era tutto buio. Ma ero sicura che neppure lui stava dormendo. Così mi infilai dentro e salii sul letto cercando con le mani il corpo di mio padre.
   “Papà, dormi?”.
   “No”.
   “Mi dispiace per quello che ho detto prima” dissi accarezzandogli il petto. Era nudo, completamente. Era sua abitudine dormire senza nulla addosso. Poi cominciai a tempestarlo di baci intorno ai capezzoli. “Mi perdoni?”.
   Ma non mi rispose, così continuai ad accarezzarlo, e a poco alla volta scesi verso il basso dove trovai il suo cazzo durissimo. Lo sfiorai con il palmo della mano in tutta la sua lunghezza, poi lo afferrai con decisione.
   “Tesoro, che fai?”.
   “Sssssh” sussurrai. “Godi, che al resto ci penso io”.
   Così avvicinai la bocca al suo cazzo duro come il marmo e iniziai a leccargli il glande che era bello gonfio e caldo, poi scesi giù verso le palle dedicandogli lo stesso trattamento. Strofinai le guance lungo l’asta. Non so perché avevo deciso di fare quella pazzia, sapevo solo che non mi andava di fermarmi. E mio padre non ci provò neppure a dirmi basta. Così lo misi in bocca e cominciai a farlo godere, tirando fuori tutta l’esperienza che avevo ricavato dai rapporti che avevo avuto in precedenza con gli altri uomini. 
   Tra un risucchio e l’altro parlammo molto. Gli dissi che il nonno voleva sposarsi, e lui non poteva crederci. Gli dissi che la cosa aveva stupito anche me. Poi iniziò a sborrarmi in bocca e a quel punto lo feci uscire mentre lui continuava a schizzare, e i fiotti mi saltarono sui capelli. Ci abbracciammo coccolandoci per tutta la notte. La pace era fatta.

Moana.

domenica 11 settembre 2016

L'amica ritrovata. 

(in foto: GrandpasFuckTeens.com)


Mentre mia madre era via, a chissà fare cosa (quella maiala che non è altro), a casa col nonno dovevo starci io, e poi il pomeriggio dovevo andare pure al negozio per mandare avanti la baracca. Ormai era come se mia madre avesse ceduto a me lo scettro del potere. Avevo piena libertà di decisione in merito alla disposizione dei capi d’abbigliamento e ai turni di lavoro delle commesse. Senza rendermene conto ero diventata la titolare del negozio a tutti gli effetti. E se devo essere onesta, ero una titolare abbastanza tiranna col personale. Appena una di loro si allontanava per fumare una sigaretta io contavo i minuti, e se sgarrava di un minuto l’andavo a prendere per le orecchie. In breve tempo cominciarono a odiarmi. Mi chiamavano “la rottainculo”. Ecco, dicevano quando arrivavo, è arrivata la rattainculo.
   Ma se ero arrivata a farmi odiare così è perché avevo notato un certo lassismo quando mia madre era assente. E questa cosa non mi piaceva. E poi in quel periodo ero molto nervosa, lo ammetto. Sentivo molto la mancanza di cazzo. Ma non era una mancanza di cazzo e basta, era qualcosa di più. I cazzi non mi mancavano, potevo rimediarne quanti ne volevo. Era qualcos’altro. Sentivo la mancanza di un cazzo fisso. Rivolevo Berni. Volevo un cazzo dritto da coccolare che mi aspettava a casa, quando rientravo dal lavoro.
   Non vedevo Berni da molto tempo, anche se più volte avevo avuto l’impressione di averlo intravisto lì al centro commerciale, fuori al negozio. Non so se me l’ero soltanto immaginato, ma mi era capitato di vederlo di sfuggita, quasi come se venisse a spiarmi. Ma poi quando uscivo per andargli incontro, lui non c’era più. E allora mi dicevo che mi ero sbagliata. E se invece fosse veramente lui? Dovevo saperlo a tutti i costi, e così un giorno lo telefonai. A casa. Perché al cellulare, quando vedeva il mio numero, non mi rispondeva. Allora lo chiamai direttamente a casa, e mi rispose il padre.  
   “Salve, sono Moana. Si ricorda di me?”.
   “Moana! Che sorpresa. Certo che mi ricordo. Beh, ne è passato di tempo”.
   “In effetti sì. Berni è in casa?”.
   “Sì, adesso lo chiamo. Ciao Moana, vieni a trovarci ogni tanto”.
   “Non mancherò”.
   Ci fu un attimo di esitazione. Poi quando Berni sentì la mia voce riagganciò. Non ne voleva proprio sapere di parlarmi. Dovevo agire in un altro modo. E così presi il toro per le palle, e il giorno dopo andai a casa sua. Lo aspettai sotto il portone. Prima o poi sarebbe dovuto uscire. Aspettai per più di due ore, poi finalmente lo vidi uscire. Quando mi vide diventò di sasso, si irrigidì e non riuscì a dire neanche una parola.
   “Ciao Berni. Come stai?” gli chiesi.
   Lui non mi rispose, se ne rimase lì a fissarmi come uno stupido. Per l’occasione avevo indossato il vestito che piaceva a lui, era un vestitino molto scollato dietro, che metteva completamente a nudo la mia schiena, fino ad arrivare al sedere, da cui faceva capolino il perizoma nero che indossavo sotto. Il vestito era molto corto, per cui dovevo spesso tirare gli orli in giù per evitare che mi si vedesse tutto.
   “Non mi dici niente?”.
   “Cosa dovrei dirti?” mi rispose.
   “Beh, tanto per cominciare potresti dirmi perché mi vieni a spiare al centro commerciale. E non dire che non è vero” ma Berni non disse nulla, e avrebbe continuato a fare scena muta per tutto il tempo, così pensai che non sarei riuscita a concludere molto, e forse era meglio lasciar perdere. Ma prima di andarmene dovevo dirgli qualcosa, e cioè che se voleva poteva riavermi. “Comunque sappi che se ti mancano i miei buchi sarò pronta a darteli. Dipende solo da te”.
   Volevo essere chiara, e penso che lo ero stata abbastanza. E così me ne ritornai a casa dove trovai una sorpresa che non dimenticherò mai. In soggiorno c’era mio nonno che si stava ingroppando una mia amica. Lei era sulla poltrona a quattro zampe, e mio nonno dietro che se la montava e ogni tanto le schiaffeggiava le natiche e lei ansimava di piacere.
   “Ma che cavolo sta succedendo qui?”.
   Forse dovrei spiegarvi qualcosa a riguardo. La ragazza che mio nonno si stava montando si chiamava Valentina, ed era una mia amica di scuola con cui avevo perso i contatti. Poi ultimamente avevamo riallacciato l’amicizia e da un po’ di tempo veniva a trovarmi a casa, e facevamo le nottate a guardare film strappalacrime e a ingozzarci di pop corn. Entrambe single, preferivamo passare così le nostre notti solitarie, piuttosto che uscire e andare in qualche locale a farci rimorchiare inutilmente da aitanti stalloni da monta, che ci avrebbero usate solo come degli sborratoi.  
   Avevo notato in effetti una certa simpatia tra lei e mio nonno, ma non pensavo che sarebbe accaduta una cosa del genere. Insomma, mio nonno era sì uno stallone, ma tra di loro c’erano più di cinquant’anni di differenza. In ogni modo li lasciai terminare. Infatti erano agli sgoccioli. Lui stava per sborrare, lo vidi chiaramente da come aumentava il ritmo delle stantuffate. E infatti tirò fuori il suo enorme cazzo e iniziò a schizzare sul culo di Valentina. Una vera inondazione. A quel punto mi feci avanti e pretesi delle spiegazioni.
   “Cos’è questa storia?”.
   “Moana, ti sembrerà una follia” mi disse la mia amica, “ma io e tuo nonno ci amiamo, e vogliamo sposarci”.
   “Che cosa? Ma sei pazza?”.
   Era una follia. Che cosa avrebbero detto i miei genitori quando lo avrebbero saputo?

Moana.

venerdì 9 settembre 2016

mercoledì 7 settembre 2016