martedì 31 ottobre 2017

Il primo amore non si scorda mai.

(in foto: Olivia Del Rio)


   Erano le sei del mattino quando rientrai a casa. Ero stato tutta la notte al ristorante. Ultimamente mi intrattenevo più del solito e in effetti a casa non c’ero mai. Capivo perfettamente che facendo così rischiavo di trascurare Sabrina, ma d’altronde un’attività come quella di un ristorante richiede molto impegno e molte attenzioni. Mi resi conto che forse ero diventato un cattivo marito quando arrivai a casa e vidi uscire Giuliano frettolosamente. Raggiunse la sua auto e se ne andò via. Che ci faceva Giuliano a casa nostra alle sei del mattino? Era più che evidente che era venuto per mia moglie. Probabilmente, pensai, si erano appena fatti una scopata. Se era così probabilmente non dovevo nemmeno preoccuparmi più di tanto. Come ben sapete non ci trovavo niente di male se mia moglie ogni tanto si concedeva ad altri uomini. Il problema era semmai quando lo faceva alle mie spalle, senza dirmi nulla. In questo caso mi sarei sentito veramente tradito. Perché Sabrina non mi aveva detto che si stava vedendo con Giuliano? Cosa aveva da nascondere?
   Come ben sapete tra loro due in passato c’era stata un’irresistibile attrazione; mia moglie infatti era stata follemente innamorata di Giuiano, e se devo dirla tutta avevo sempre avuto il sospetto che nonostante avesse deciso di sposare me lei aveva continuato ad essere innamorata di lui. Era evidente, me ne accorgevo da come gli brillavano gli occhi ogni volta che c’era lui, e quindi da come lo guardava, la mia Sabri sembrava ubriaca d’amore ogni volta che si trovava di fronte a Giuliano. Forse lei non se ne accorgeva, ma io sì, e facevo finta di niente, perché comprendevo benissimo che quello che c’era stato tra lei e lui, l’amore che avevano provato l’uno per l’altra, o forse dovrei parlare di incredibile attrazione, non si poteva cancellare, e nemmeno era giusto desiderare che si cancellasse.
   Era ovvio che infondo al suo cuore c’era ancora un angolino riservato al suo primo vero amore, cioè Giuliano. Perché è così. Il primo amore non si scorda mai. È una frase un po' scontata, lo so bene, ma è proprio così, d’altronde è un fatto risaputo che la maggior parte delle scappatelle avvengono con gli ex. Basta uno scambio di sguardi e si riaccende la passione. E quindi mi chiedevo: come mai Giuliano era uscito furtivamente da casa nostra alle sei del mattino? Si era forse riaccesa l’ardente fiamma della passione tra lui e Sabri? E se questa ipotesi fosse stata vera, quanto avrebbe influito sulla solidità del nostro matrimonio? La nostra unione forse era destinata a finire e non me ne rendevo conto. Avevo la sensazione che Giuliano mi stesse portando via mia moglie, e io non potevo farci niente, perché obiettivamente Sabrina era una donna che aveva sempre avuto bisogno di attenzioni costanti, e in questo riconosco che come partner non avevo dato sempre il massimo.
   Sabrina aveva bisogno proprio di questo, del massimo, voleva il cento per cento delle attenzioni di un uomo. E chissà, forse io non ero più in grado di dargliele.
   In ogni modo entrai in casa, e Lex, il quale aveva imparato a conoscermi e quindi aveva ormai riconosciuto il fatto che non ero un nemico, mi venne incontro scodizolando e leccandomi le mani. Lo accarezzai e poi mi diressi verso il corridoio che portava alle camere da letto; dalla stanza di Erri, il nipote di Sabrina, giungevano urla orgasmiche di pornodive americane che si facevano impalare da enormi cazzi neri. Erri era un diciottenne arrapato come tanti, quindi il porno era chiaramente uno dei suoi principali interessi.
   Anche io ero stato come lui, anche se ai miei tempi il porno era più difficile da reperire. Ora è tutto così facile, basta collegarsi ai torrent o ai siti di file sharing e il gioco è fatto; ti scarichi centinaia di porno in poche ore. Invece quando avevo l’età di Erri le cose erano un po' più complicate; ricordo che tutto il porno che riuscivo a rimediare era grazie a mio padre, che nascondeva le sue riviste dietro i libri di storia che aveva in camera da letto (era un appassionato di storia, ma anche di porno). Oppure le sue videocassette, che aveva gelosamente nascosto in un armadio dei vestiti, sotto ai cappotti invernali. E le dive di quel periodo erano incantevoli: si andava da Michelle Wild a Monica Roccaforte, da Selen (di cui ero stato perdutamente innamorato) a Olivia Del Rio. Quante seghe che mi sono fatto pensando a quelle dive dell’hard. Ricordo che quando vedevo i film di Selen certe volte immaginavo (per eccitarmi di più) che lei era mia moglie, e che mi tradiva di continuo, oppure che faceva i film porno e io l’accompagnavo sul set e assistevo alle riprese, mentre lei faceva pompini, lo prendeva in culo e riceveva la sborra in faccia. Insomma, praticamente sono stato sempre un cornuto patentato, un cuckold incallito.
   Adesso la generazione di Erri ha delle pornodive del tutto anonime che non hanno niente a che vedere con le pornodive di una volta che sprizzavano erotismo da ogni buco. Ricordo che per vedere le videocassette di mio padre dovevo aspettare che lui se ne andasse a lavoro e mia madre invece andasse a fare la spesa; quando finalmente la casa si svuotava allora io entravo in azione. Prendevo le sue videocassette e iniziavo a darci dentro; e allora a quel punto mi appariva Monica Roccaforte con le sue belle tettone che si faceva ingroppare magistralmente da aitanti stalloni, e poi Monica Bellucci che vestita da ninfa si faceva montare sul prato in Amore e Psiche, oppure Regina Sipos che si faceva impalare sui gradini di un anfiteatro in Le Porno Gladiatrici. Ragazzi, quello era porno. Non questo schifo che ci propongono oggi, senza un briciolo di passione e di erotismo.
   Ma ritorniamo alla nostra storia e al motivo per cui avevo appena visto Giuliano uscire da casa nostra in fretta e furia. Entrai nella camera da letto e vidi che Sabri era nel bagno, chinata a novanta gradi sul lavandino  a lavarsi i denti. Era completamente nuda, con le natiche oscenamente aperte, e quando mi avvicinai a lei notai che dall’orifizio anale stava scorrendo un rivolo di sborra. Era evidente che Giuliano le aveva eiaculato in culo. E doveva essere successo da poco, perché la sborra sembrava ancora fresca di sborrata.

Stefano.

domenica 29 ottobre 2017

Occhi indiscreti.

(in foto: Alex Chance, Alex Knows What You Want, AlexChanceXXX.com)


   Ma le novità per Giuliano non erano finite. Infatti dalla fine del corridoio giungevano rumori terribili di spari, esplosioni e urla di dolore. Era Erri, il figlio di mia sorella Margherita, che stava giocando ad uno sparatutto in prima persona ambientato durante la guerra del golfo. Forse dovrei precisare che era mezzanotte e lui era ancora incollato alla sua consolle, e io non sapevo cosa fare per farlo smettere. Eppure dovevo inventarmi qualcosa, perché avevo promesso a mia sorella che ci avrei pensato io a farlo crescere. E di certo quei giochi di guerra non mi avrebbero aiutata.
   “Chi c’è nella camera degli ospiti?” mi chiese Giuliano.
   “C’è il figlio di mia sorella. Resterà qui da noi per un po' di tempo. È un caso disperato. È cresciuto praticamente sotto una campana di vetro, e ora che ha diciotto anni è una specie di nerd le cui uniche ragioni di vita sono i videogiochi e il porno”.
   “Il porno?” chiese Giuliano divertito.
   “Sì, il porno. Si ammazza di seghe. Se ne fa anche quattro al giorno. C’è una puzza di sborra nella sua stanza che sembra che si sia appena consumata una gangbang. Non ne sono sicura ma credo che sia anche molto copioso quando schizza, perché ho notato che consuma una confezione di clinex al giorno”.
   Venne poi il momento di apprestarci a fare quello per cui era venuto Giuliano, e cioè metterci in camera da letto per soddisfare la nostra voglia d’amore. Erri certamente non sarebbe stato un problema, perché ero sicura che il suo videogioco di guerra era per lui più importante che scoprire cosa faceva sua zia all’insaputa di suo marito. Il problema invece era Lex, che si mise ai piedi del letto, beatamente disteso su un tappeto che ormai era diventata la sua cucci, e ci fece compagnia durante tutta la monta. Ogni tanto quando mi scappava un urletto un po' più forte lui alzava gli occhi verso di noi e ci guardava. Oppure quando Giuliano ogni tanto mi sculacciava (gli piaceva molto sculacciarmi, e io lo adoravo quando lo faceva, mi mandava in ebollizione) allora Lex guardava verso di lui e iniziava a ringhiare, come se cercasse di difendermi, e allora io gli dicevo di stare buono e che era tutto ok, e allora si tranquillizzava e ritornava a sonnecchiare.
   “Questa è l’ultima volta che vengo a scoparti a casa tua” disse Giuliano indispettito dalla minacciosa presenza di Lex. “È evidente che quella bestiaccia non mi sopporta”.
   “Non pensare a Lex, amore. Piuttosto perché non mi fai il culo? Mi fai impazzire quando me lo metti dietro”.
   “Volentieri”.
   Mentre sentivo il turgido cazzo del papà di Moana entrarmi dentro l’orifizio anale mi accorsi della presenza di qualcuno che ci spiava. Ma non era Lex, ero certa che si trattava di Erri. Guardai infatti verso la porta della camera da letto e mi accorsi infatti che lui era lì dietro che ci stava guardando.
   Lasciavo sempre la porta della camera da letto un po' aperta; in casa nessuno di noi aveva mai avuto l’abitudine di chiudere le porte a chiave, perché io e mio marito non avevamo mai avuto nulla da nascondere ai nostri figli, e anche loro lo stesso, e quindi le porte erano rimaste sempre mezze aperte o appena socchiuse. La privacy, nella nostra famiglia, era un concetto che ci aveva sempre riguardato molto poco. E quindi anche quella notte avevo fatto come mio solito, e cioè non avevo chiuso la porta, senza pensare al fatto che Erri non era uno dei miei figli, e quindi con lui non avevo lo stesso rapporto che avevo con loro. Se ai miei figli non avevo mai nascosto nulla, a partire dalle scopate che mi facevo, con Erri invece era diverso, non potevo comportarmi con lui allo stesso modo di come mi comportavo con Moana e Rocco. Eppure lo avevo fatto. Ma lo avevo fatto senza pensarci; forse era stata la troppa voglia di fare l’amore con Giuliano che non mi aveva permesso di pensarci, però sta di fatto che lui ora era lì e ci stava spiando.
   Se ne accorse anche Giuliano, che trovò la presenza di Erri molto divertente, e forse anche un po' eccitante, perché mi afferrò per i capelli con decisione e mi tirò su la testa bruscamente, costringendomi a guardare in direzione del figlio di mia sorella.
   “Abbiamo visite” mi disse. Poi si rivolse a lui: “ti piace come inculo la tua zietta?” le sue stantuffate diventarono più dure e profonde, quasi come se Giuliano stesse cercando di dimostrare a Erri la sua potenza sessuale. Poi si rivolse un’altra volta a lui: “hai visto che zietta zoccola che c’hai? Guarda che roba, ce l’ha tutto in culo, fino alle palle”.
   “Tesoro, smettila. Lo stai mettendo in imbarazzo”.
   “Dai, è divertente!”.
   Erri comunque non si fece intimidire, e rimase a spiarci fino alla fine, fino a quando Giuliano mi inondò il condotto anale con la sua sborra. Solo a quel punto se ne ritornò in camera sua. E io provai un enorme senso di fastidio per quello che era appena successo. Insomma, mio nipote mi aveva appena vista fare una cosa non proprio lecita, avevo infatti appena avuto un rapporto anale con un uomo che non era mio marito.
   “Pensi che dovrei parlargli?” chiesi consiglio a Giuliano.
   “A quello psicopatico? E di cosa?”.
   “Di quello che ha appena visto. E poi scusa, ma perché lo chiami psicopatico?”.
   “E tu come lo chiami un ragazzino che spia la zia mentre fa l’amore?”.
   “È stata colpa nostra che abbiamo lasciato la porta aperta”.
   “Non è colpa nostra se il figlio di tua sorella è un pervertito”.

Sabrina.

venerdì 27 ottobre 2017

Seghe e videogames.

(in foto: Gogo, CosplayErotica.com)


   L’impegno che avevo preso con mia sorella Margherita avrebbe colmato le mie giornate vuote. Suo figlio sarebbe venuto a stare con noi con la speranza che la lontananza da casa lo avrebbe fatto crescere. Sì perché Erri era un eterno bambino nonostante i suoi diciotto anni, e la causa di questa sua mancata maturazione era proprio sua madre che lo aveva cresciuto preservandolo da ogni possibile rischio. Per esempio non lo aveva mai mandato a giocare in strada insieme agli altri ragazzini, perché aveva sempre avuto paura che potesse essere preda di ragazzini violenti.
   Io invece avevo lasciato sia Rocco che Moana liberi di scorrazzare nelle strade insieme agli altri coetanei, fregandomene che potessero avere delle brutte esperienze, perché ero dell’idea che le brutte esperienze servano a formare il carattere di tutte le persone. Ovviamente parlo di “brutte esperienze”, non di “esperienze tragiche”. È ovvio che quando i miei figli erano in strada sentivo un po' di ansia per la paura che potessero finire sotto ad una macchina o chissà che altra sciagura. Però erano rischi che bisognava correre, altrimenti sarebbero diventati come Erri, cioè dei perfetti imbranati. Il mondo è infame, ed è quindi giusto che i bambini imparino a difendersi dalle angherie e dalle ingiustizie che la vita gli preserva.
   Quindi mia sorella Margherita mise suo figlio su un treno e lo spedì da me. Lo andai a prendere alla stazione in macchina; non vedevo Erri da parecchi anni, ma non mi sembrava molto diverso dall’ultima volta. Aveva sempre la solita aria da stupido. Aveva sul viso degli occhiali con la montatura nera, con al centro una striscia di nastro adesivo bianco; probabilmente qualche bulletto glieli aveva rotti. Vogliamo parlare di come era vestito? Davvero imbarazzante. Aveva una camicia a quadri tipo quelle dei boscaioli, pantaloni felpati marroni e mocassini color panna ai piedi. Era un vero pasticcio. Pensai che tanto per cominciare sarebbe stata una cosa buona e giusta accompagnarlo a comprare dei vestiti più decenti.
   Comunque mi comportai da buona zia e andai verso di lui ad abbracciarlo, e lui sembrava un pezzo di legno. Io lo baciai dappertutto e lui niente, impassibile.
   “Tesoro mio!” dissi mentre gli riempivo il viso di baci. “Come stai?”.
   “Bene”.
   “Hai fame?” gli chiesi, e lui fece di sì con la testa. “E allora andiamo a casa che ho preparato una teglia di pasta al forno veramente speciale”.
   Erri si era portato con se tutto l’occorrente per sopravvivere, ovvero la sua console per i videogiochi e il suo computer portatile con cui collegarsi a Internet e farsi la sua dose giornaliera di porno, come ogni ragazzino della sua età. Dovevo soltanto sperare che fosse un ragazzo pulito, perché comprendevo bene le sue esigenze “fisiologiche”, ma non mi andava di raccogliere la sua sborra dal pavimento o da chissà quale altra superficie. Comunque avevo pensato anche a questo, e allora nella stanza che gli avevo allestito gli avevo lasciato una confezione di clinex. così non avrebbe avuto problemi a pulirsi dopo aver esplicato le sue “faccende maschili”, e io non avrei trovato i suoi schizzi dappertutto.
   Non appena entrammo in casa Lex, il mio nuovo fedelissimo amico a quattro zampe, venne verso di noi scondinzolando e subito si mise a odorare i pantaloni di Erri, probabilmente per capire se poteva fidarsi di lui. Dopo aver appurato che non era una minaccia allora venne da me e prendendosi la sua dose di carezze. A quel punto portai Erri a vedere la stanza in cui sarebbe stato per qualche tempo, e la prima cosa che fece fu collegare la sua consolle allo schermo al plasma. Si accertò che tutto funzionasse correttamente e poi mi chiese la password per il wi-fi.
   Era un caso clinico. Erri mangiò la pasta al forno che avevo preparato in fretta e furia e poi si barricò nella sua stanzetta e non lo vidi più per tutto il pomeriggio. Ogni tanto mi accostavo alla porta per controllare cosa stesse facendo, e allora sentivo rumori di spari e esplosioni (quando stava giocando con la consolle) oppure sentivo donne che simulavano orgasmi incredibili (quando era lì a farsi la sua dose quotidiana di porno).
   Quella sera in via del tutto eccezionale venne Giuliano a casa. Di solito ero io che andavo da lui, però quella sera Stefano mi aveva detto che avrebbe tardato più del solito, perché al ristorante aveva organizzato una cena con i suoi dipendenti che probabilmente sarebbe andata avanti fino a notte inoltrata. E così Giuliano aveva deciso di colmare il suo posto nel letto con la sua presenza, premurandosi di andare via prima del suo rientro.
   Giuliano ancora non sapeva nulla di Lex, il mio nuovo fedele amico a quattro zampe, e infatti quando entrò in casa ci fu una scena tipo mezzogiorno di fuoco. Lex guardò il papà di Moana con diffidenza e gli mostrò o denti, quasi come se provasse una forte gelosia nei suoi confronti, come se sapesse che Giuliano era venuto per me, per farmi sua, e a Lex sembrava non andare a genio questa cosa. Insomma, Lex si era autoeletto la mia guardia del corpo, e non avrebbe permesso a nessuno di farmi del male. E Giuliano sembrava terrorizzato, come se stesse pensando che Lex avrebbe potuto riversare tutta la sua ferocia su di lui da un momento all’altro. E vista la sua stazza spaventosa lo avrebbe certamente fatto a pezzi.
   Lex abbassò la guardia soltanto quando gli feci una carezza e gli dissi di stare buono, perché Giuliano era un amico di cui poteva fidarsi. E allora a quel punto andò verso di lui scondinzolando e girandogli intorno in attesa di un gesto che potesse fargli capire che poteva fidarsi per davvero, e ma Giuliano era troppo spaventato e quindi non aveva il coraggio di muovere un dito.
   “Ti conviene accarezzargli la testa se vuoi fargli capire che non sei una minaccia” gli dissi.
   A quel punto Giuliano si fece coraggio e accarezzò la testa di Lex, il quale assicuratosi che poteva fidarsi di lui se ne andò via in modo spavaldo e uscì sul terrazzo.
   Giuliano mi chiese come mai avevo preso proprio un alano come animale di compagnia e non un innocuo barboncino. Io gli risposi che non ero stata io a scegliere lui, bensì era stato lui a scegliere me. In effetti era stato lui che al canile mi era venuto incontro e mi aveva conquistato con il suo affetto leccandomi una guancia.
   “Affetto?” mi chiese lui. “Ma come fai a parlare di affetto? Lex è una macchina da guerra, e le macchine da guerra non provano affetto”.
   “Quanto ti sbagli tesoro. Lex cerca solo di difendere il suo territorio… e la sua nuova mamma”.
   “Tu non sei la sua mamma” obiettò lui.
   “Sì che lo sono. Sono la sua mamma adottiva” dissi divertita.

Sabrina.

mercoledì 25 ottobre 2017

lunedì 23 ottobre 2017

sabato 21 ottobre 2017

giovedì 19 ottobre 2017

Le mie radici. 

(in foto: Jenny, JennisSecrets.com, Riko)


   Il giorno dopo ce ne ritornammo a casa. Quando rientrai a lavoro andai a salutare Ivano al suo negozio, e ad appurarmi che lo spettacolo fosse stato di suo gradimento. Quando mi vide mi disse che eravamo stati eccezionali. Vedendoci fare l’amore si era fatto una sega colossale, e io ero molto contenta di aver appagato il suo desiderio di vedermi “in azione”.
   Intanto al negozio continuavano le nostre ricerche di un addetto alla sicurezza, e alla fine riuscimmo a trovarne uno che faceva al caso nostro, anzi forse dovrei dire “una”. Si chiamava Mariolina, ma nonostante il nome che potrebbe essere associato ad una ragazza minuta, lei era una montagna di muscoli. Aveva venticinque anni ed era un istruttrice di bodybuilding. Non appena la vidi mi venne un groppo alla gola; con un armadio di quelle dimensioni in negozio non avremo avuto più nessun problema.
   Ma vi parlerò di Mariolina in un altro momento, forse. Perché il problema che mi trovai a risolvere in quei giorni non riguardava la sicurezza del negozio, piuttosto riguardava una questione assai più complessa, ovvero le mie radici.
   Le mie radici sono un mezzo mistero. E comunque non mi ero mai interrogata a tale riguardo. Avevo sempre dato per scontato che le mie radici fossero lì, di fronte a tutti, alla luce del sole, figlia di Sabrina e Stefano, sangue della terra in cui ero nata. E invece da quando avevo scoperto di essere stata concepita con il seme di un altro uomo che non era mio padre, e quindi parlo del seme del mio papà biologico Giuliano, la questione delle radici si complicava.
   Che storia aveva a questo punto il mio sangue? Qual’era insomma la mia discendenza? L’albero genealogico a cui avevo creduto di appartenere era crollato. Se ero davvero arrivata a pormi queste domande è perché era accaduto qualcosa che in qualche modo mi aveva costretta a interrogarmi su queste questioni a cui probabilmente non avrei dedicato nemmeno un minuto del mio tempo. Era successo infatti che Giuliano, il mio papà biologico, mi aveva telefonato e mi aveva chiesto di andare a cena da lui, perché doveva dirmi una cosa molto delicata.
   Ovviamente mi precipitai per sentire cosa doveva dirmi, e lo trovai molto scosso. Era accaduto qualcosa che lo aveva turbato profondamente; sua madre era morta. Sua madre, mi disse, era a conoscenza della mia esistenza, cioè Giuliano le aveva detto infatti che aveva avuto una figlia da una donna sposata con un altro uomo, e lei aveva sofferto molto per il fatto di non aver mai avuto la possibilità di conoscere la sua unica nipote. Perché chiaramente essendo Giuliano il mio vero papà, io ero a tutti gli effetti sua nipote. Ma non essendo mio padre anche in termini legali, io ero per lei una specie di nipote illegittima. Ma il desiderio di conoscermi l’aveva sempre tormentata.
   “Papà, ma perché me lo dici soltanto adesso? Non potevi dirmelo prima? Sarei stata molto contenta di conoscerla”.
   “Avevo paura che potessi dirmi che non eri interessata a farlo”.
   “Ma come ti è saltata in mente una cosa del genere?”.
   Giuliano mi disse che non serviva a nulla discutere su cosa era stato giusto e cosa non lo era stato, e in effetti non sbagliava, dal momento che ormai era troppo tardi. Mia nonna se n’era andata per un male bruttissimo. Mi raccontò piuttosto di lei, di cui io non sapevo nulla, nemmeno il nome. Mia nonna, perché obiettivamente lei era questo per me, si chiamava Eden, ed era austriaca. Capite dov’è il punto? Ecco perché avevo cominciato a pormi delle domande sulle mie radici, perché a questo punto ero in parte austriaca anche io, e questo metteva in discussione tutta la mia esistenza, ciò che ero e da dove provenivo. Il colore dei miei capelli, la lunghezza delle mie cosce, la tonalità della mia pelle, tutto ciò che aveva fatto impazzire centinaia di uomini era in parte di provenienza austriaca.
   Mia nonna, disse mio padre, era stata fin da giovane innamorata dell’Italia. All’età di diciotto anni aveva intrapreso un viaggio nel paese che da sempre portava nel cuore, visitando le più importanti città d’arte: Firenze, Roma, Napoli, fino ad arrivare all’assolta Siracusa. Mia nonna era bella come una diva del cinema hard; era alta, bionda, e con un corpo perfetto sotto ogni aspetto.
   “Era proprio come te, così bella che gli uomini non riuscivano a fare a meno di tenerle gli occhi addosso”.
   E fu proprio nell’assolata Siracusa che mia nonna conobbe quello che poi sarebbe diventato suo marito, ovvero il papà del mio papà biologico. A questo punto del racconto Giuliano mi consegnò una busta; era il testamento di mia nonna, in cui dichiarava la sua volontà di lasciare a me, sua unica nipote, la casa al mare che da sempre era stata la meta estiva della famiglia di mio padre. In Sicilia, per l’appunto. Ero davvero senza parole. Tutto potevo immaginare che mi potesse accadere, ma mai una cosa di quel genere. Ero così confusa che le uniche parole che mi vennero in mente furono:
   “Non posso accettare”.
   “Ma Moana, sono le ultime volontà di tua nonna”.
   Praticamente non potevo rifiutare. Ma dove avrei trovato il tempo di prendere un aereo e volare in Sicilia per prendere possesso della casa in questione?
   Ne parlai con Berni che sembrò più sorpreso di me, ma la prese subito a scherzare.
   “Mi sono scopata un’austriaca per tutto questo tempo senza neppure saperlo”.
   “Dai Berni, non scherzare. Piuttosto dovrei andare in Sicilia al più presto, ma da sola non me la sento”.
   “Purtroppo questa volta non posso aiutarti” mi rispose. “Lo sai quanto siamo impegnati con la stesura della sceneggiatura del nuovo film. Anzi, a questo proposito cosa hai deciso? Vuoi partecipare alle riprese nel ruolo della protagonista?”.
   “Ma Berni, con tutti i pensieri che c’ho non mi sembra proprio il caso di farmi montare i buchi davanti ad una telecamera”.
   “Ok ok, ma se ci ripensi sappi che la proposta è sempre valida”.
   Quindi non potevo fare affidamento sul mio Berni. Dovevo risolvere quella faccenda da sola. Però poi pensai che in fin dei conti qualcuno che poteva darmi una mano c’era, ovvero mia cugina Marica, che era cugina per modo di dire. Io dicevo a tutti che era mia cugina, ma in verità era soltanto la figlia di alcuni amici stretti dei miei genitori. E Marica e i suoi genitori vivevano per l’appunto in Sicilia, quindi chi meglio di lei poteva darmi una mano a risolvere quell’affare.
   Vi parlai di Marica in un post dell’agosto del 2015, e quindi vi raccontai del forte legame che ci univa. Avevamo trascorso molte estati insieme, perché spesso io e la mia famiglia eravamo ospiti dei suoi genitori, quindi tra me e lei si era instaurato un rapporto davvero speciale.

Moana.

martedì 17 ottobre 2017

domenica 15 ottobre 2017

venerdì 13 ottobre 2017

Il seme dentro.


   Berni diede proprio il meglio di se di fronte alle videocamere di Ivano. Anche se a dire la verità non appena uscii dal bagno con addosso il bodystocking, e non appena cominciammo a fare l’amore, lui ci mise cinque minuti a venire. Poi però glielo presi in bocca e glielo feci ritornare duro, e a quel punto ricominciò a montarmi di brutto. Berni era così; non era mai stato uno stallone da monta a letto, e infatti gli bastavano cinque minuti per sborrare, e siccome a me cinque minuti di penetrazione non mi facevano neppure il solletico allora Berni per far godere anche me mi faceva venire con la bocca. Però spesso adoperavo quel sistema, ovvero dopo che aveva sborrato gli prendevo il cazzo in bocca e lo facevo indurire di nuovo con un pompino. A quel punto riusciva a montarmi come un toro per quasi un’ora, e allora sì che riuscivo a venire anch’io. E così feci anche quella volta, e Berni sembrava una furia, un vero professionista della monta. Mi tolse il bodystocking, perché mi disse che voleva ingropparmi così come mamma mi aveva fatta, cioè completamente nuda, e allora mi fece mettere sul letto, con il busto piegato verso giù e il culo verso l’alto, e lui si mise a cavalcioni su di me, e mi teneva una mano premuta sulla schiena tenendomi ferma e praticamente impossibilitata a fare qualsiasi movimento, in una specie di posizione di sottomissione. E intanto mi pompava la patatina e ogni tanto mi sculacciava, come piaceva a me. Non sembrava neppure lui per quanta passione ci metteva, tanto che ad un certo punto mi afferrò per i capelli e mi tirò la testa leggermente indietro, e con la mano che mi teneva premuta sulla schiena avevo la colonna vertebrale curva in una posizione davvero scomoda ma che allo stesso tempo mi faceva godere come una cagna, perché mi faceva sentire completamente sottomessa a lui dal momento che non avevo la possibilità di fare assolutamente nulla. Dovevo solo starmene ferma e lasciare che lui facesse di me ciò che voleva. Berni mi aveva messa in una posizione di inferiorità e io glielo lasciai fare, perché lui era il mio uomo, il mio futuro marito. Forse ad un altro uomo non lo avrei permesso. Ma lui era l’uomo che amavo, a lui permettevo di farmi qualsiasi cosa.
   “Cosa sei tu?” mi chiese ad un certo punto.
   “La tua puttanella” risposi con un filo di voce. 
   “Non ho sentito bene” Berni era veramente fuori di se, sembrava che mi stessi facendo scopare da un pornoattore professionista.
   “Sono la tua puttanella”.
   “Dillo più forte, non capisco” mi strattonò i capelli con più decisione e allora a quel punto sentii che stavo per venire e allora mi preparai a ricevere  quello che sarebbe stato di certo uno degli orgasmi più sensazionali della mia vita.
   “Sono la tua puttanella!” urlai con tutto il fiato che avevo in gola. “Dio mio, quanto sto godendo!”.
   A quel punto cominciò a sborrare anche Berni che iniziò a eiacularmi dentro. Mi afferrò con decisione per i fianchi e mi tenne il cazzo dentro fino alle palle, fino a quando non fu sicuro che anche l’ultima goccia mi fosse rimasta dentro. A quel punto lo sfilò fuori e si accasciò sul letto stremato, e anche io mi abbandonai, a pancia in giù con gli occhi spalancati e priva di forze. Avevamo appena regalato uno spettacolo davvero speciale a Ivano, il quale ci stava spiando da chissà dove con le sue videocamere, e probabilmente si era fatto pure una sega con i fiocchi nel guardarci mentre lo facevamo.
   Per inciso, Berni mi aveva sborrato nella patatina, ma io era da un pezzo che non prendevo più la pillola. Non me ne rendevo conto perché ero troppo presa dall’eccezionale orgasmo che avevo avuto, però ero stata appena ingravidata.
   Dopo quella spettacolare monta ce ne andammo a cena fuori. Per l’occasione indossai un vestito da zoccola di prima categoria, nero, oscenamente corto e aperto davanti fino all’ombelico, e indossai un cinturino d’argento in vita che avevo trovato qualche mese fa nell’armadio di mia madre, e siccome mi era piaciuto lo avevo preso, senza dirle nulla ovviamente. Era una cosa che facevo spesso quando non sapevo cosa mettere addosso; andavo a cercare tra la roba di mia madre e prendevo quello che mi piaceva di più. E spesso erano cose che non le avrei più restituito, ma che sarebbero entrate a far parte del mio guardaroba personale. Proprio come quel cinturino d’argento, con al centro una scritta in rilievo che diceva “Fuck Me”. Non so chi gliel’avesse regalato, forse qualche amante porco che aveva avuto in passato, ma mi stava da dio e quindi l’avevo preso. E quella sera lo indossai e a Berni piacque molto, ma nel ristorante in cui decidemmo di mangiare mi guardavano in uno strano modo. Gli uomini mi guardavano come al solito, con quegli occhi affamati di sesso, come se morissero dalla voglia di fare con me delle porcate senza limiti. Le donne invece mi guardavano in modo sprezzante; sicuramente pensavano di me che ero una puttana o qualcosa del genere. Ma ormai lo sapete, non me ne frega nulla di quello che pensa la gente. La cosa più importante per me è eccitare il mio uomo, vestirmi da porca per lui. Se poi eccitavo anche gli altri uomini non poteva che farmi piacere. Adoro sentirmi desiderata, non lo nascondo, e quindi di conseguenza adoro provocare. Ma è inutile dirvi queste cose, perché credo che ormai lo sapete bene come sono fatta. Sono un po' troia.
   Per fortuna il ristorante non era uno di quei posti chic dove di portano dei piatti minuscoli e te li fanno pagare l’ira di dio. Qui si mangiava per davvero. Io ordinai un piatto di gnocchi burro e salvia e mi portarono un piatto fondo senza fine. Dopo che facevo l’amore mi veniva una fame spaventosa, e quindi quel piatto gigante era una manna dal cielo. E il vino, signori, vogliamo parlare del vino? Una brocca da un litro di vino della casa, rosso rubino, corposo, che dopo il secondo bicchiere pareva che già cominciava a girare tutto, figuriamoci dopo il quarto. Berni quando mi vide mangiare con così tanta voracità mi sorrise bonariamente.
   “Avevi fame?” mi chiese.
   “Beh, mi conosci” risposi. “Lo sai che dopo averlo fatto mi viene una fame tremenda. Comunque oggi sembravi un toro. Sei stato eccezionale”.
   “L’unica cosa è che mi dispiace se forse ti ho trattata in modo un po' brusco”.
   “Ancora con questa storia? Ma quante volte te lo devo dire che mi piace se ogni tanto mi sculacci e mi tiri i capelli mentre facciamo l’amore?”.
   A causa dell’effetto del quarto bicchiere di vino non mi ero accorta che stavo parlando a voce molto alta, e quindi praticamente mi avevano sentita tutti, e adesso mi guardavano da ogni angolo del ristorante. Berni abbassò la fronte per l’imbarazzante figuraccia che avevo fatto, io invece strozzai una risata e ritornai a infilzare i miei gnocchi con la forchetta.

Moana.

mercoledì 11 ottobre 2017

Lo spettacolo dell'amore.


   “Ah, Moana! Come mi piacerebbe poterti guardare mentre fai l’amore”.
   “Lo so”.
   Ivano me lo aveva detto un sacco di volte, e spesso mi aveva offerto di passare qualche notte nel suo bed and breakfast, insieme a Berni, tutto gratis, e lui si sarebbe accontentato di spiarci con le sue videocamere mentre facevamo l’amore. Però gli avevo detto che non avrebbe avuto alcun senso quella cosa, dal momento che io (a differenza delle altre coppie) sapevo benissimo della presenza delle videocamere, e quindi mi sarei comportata di conseguenza, e le mie azioni non sarebbero state spontanee. Era un po' come il reality show del grande fratello, in cui chiaramente i protagonisti sapevano di essere spiati, e quindi si comportavano con la consapevolezza che c’era un mucchio di gente che li guardava, e quindi le loro azioni non erano sincere. Non potevano esserlo.
   Ivano mi aveva dato ragione, però mi aveva fatto notare che in realtà Berni non sapeva nulla delle videocamere, quindi in qualche modo il mio comportamento privo di spontaneità sarebbe stato compensato dalle azioni del mio uomo, che avrebbe agito nell’inconsapevolezza di essere spiato.
   Comunque l’offerta di Ivano stuzzicava molto la mia fantasia. D’altronde poteva essere un’esperienza eccitante, più per me che sapevo di essere spiata che per Berni che invece non sapeva nulla, e quindi per lui sarebbe stata una scopata come un’altra.    
   “Ma sai che ti dico? La accetto volentieri la tua offerta. Io e Berni verremo nel tuo bed and breakfast e potrai vederci fare l’amore. D’altronde cosa c’è di male? Se è quello che desideri non vedo il motivo per cui non dovrei accontentarti”.
   “Dici davvero?” Ivano era davvero euforico per la decisione che aveva preso e gli si illuminò il viso per la felicità, come se quello fosse il suo desiderio più grande, potermi spiare mentre facevo l’amore. “Non è che poi cambi idea?”.
   “Ma no, tranquillo. Domani per te va bene?”.
   “Moana, va benissimo! Non so come ringraziarti”.
   “Non ci pensare, e pensa piuttosto a goderti lo spettacolo”.
   A quel punto dovevo inventarmi qualcosa da dire a Berni. Ma quello era l’ultimo dei problemi, infatti gli dissi quasi tutta la verità, e cioè che il proprietario del negozio di informatica ci aveva offerto di passare un paio di notti nel suo bed and breakfast, tutto gratis. L’unica cosa che decisi di omettere da quella storia fu il fatto delle videocamere. Però era un omissione a fin di bene, così Berni avrebbe avuto un comportamento spontaneo, e avremmo regalato a Ivano uno spettacolo di intenso amore.
   L’alloggio si trovava nella zona antica della città, su in collina, dove era arroccata una cittadina medioevale con tanto di cinta muraria. E poi c’era un castello che le persone dicevano che era infestato dai fantasmi. Purtroppo non era visitabile perché alcune stanze erano danneggiate e c’era il pericolo che cascasse addosso ai turisti. E forse proprio per questo motivo erano nate tutte quelle storie di fantasmi e di mostri che a quanto pare abitavano quelle mura. E si raccontava di strani rumori che si sentivano la notte, voci, urla, catene strascicate. Insomma, col buio era meglio non stare nei paraggi del castello se eri una persona facilmente suggestionabile.
   La città antica ogni anno attirava un numero di turisti davvero incredibile. Si sa che i turisti sono affascinati dai borghi medioevali italiani, e il nostro non faceva eccezione. Era uno dei più visitati. E poi c’era quella faccenda dei fantasmi che attirava anche un sacco di appassionati dell’occulto.
   E così presi una valigia e la riempii di alcuni dei miei vestiti da troieggio e un po' di intimo ad alto livello di scopabilità. Sarebbe stato un week-end molto interessante. Partimmo in auto verso mezzogiorno. Arrivarci era un po' scomodo, perché bisognava prendere una strada che era tutte curve e che saliva in alto, e avevi la sensazione di non arrivare mai. La città antica non era un posto che bazzicavo spesso; c’ero stata soltanto un paio di volte. Una volta c’ero stata coi miei genitori, i quali avevano deciso di portare me e mio fratello a fare la classica gita fuori porta. E poi c’ero stata anche un’altra volta con un amico di scuola; avevamo deciso di non entrare e quindi di spassarcela un po' per conto nostro, e quindi ce ne andammo in un posto isolato sotto alla cinta muraria a limonare di brutto per un paio di orette buone. 
   L’alloggio era molto accogliente; c’era addirittura un camino per rendere l’ambiente ancora più romantico. L’arredamento ricordava un po' le vecchie case contadine, sembrava infatti di entrare in un’altra dimensione, era come ritornare indietro nel tempo. A dire il vero era tutta la città vecchia che sembrava essersi fermata al milleottocento. Per farvi capire, nella piazza principale c’era ancora un esercito di signore anziane che andavano a lavare i panni sporchi alla fontana. Non potevo credere ai miei occhi, eppure era tutto vero. C’era una dimensione rurale che non avevo mai visto da nessun’altra parte. Ogni abitante aveva nel proprio cortile tre o quattro galline, o addirittura una capra e i più fortunati avevano la stalla con i cavalli e le mucche. E in effetti nell’aria c’era un odore molto forte di animali che a qualcuno avrebbe potuto dare fastidio, ma non era forse meglio l’odore delle feci di una mucca piuttosto che l’asfissiante puzzo dei gas di scarico della città?
   L’alloggio, come vi dicevo poco fa, era molto accogliente, ma nonostante continuassi a guardarmi intorno ancora non riuscivo a capire dov’era che Ivano avesse piazzato le videocamere per spiare le giovani coppiette. Guardai in ogni angolo senza trovarne neppure una. Poi dopo un’appurata ispezione ne trovai una; era stata collocata dietro un quadro che raffigurava un santone o qualcosa del genere. L’uomo rappresentato nel dipinto era piuttosto inquietante, e aveva l’aspetto minaccioso; aveva i capelli e la barba lunga, e una tunica viola, e reggeva un bastone alla cui sommità c’era una gemma o un diamante, non so dirvi con precisione. Ebbene l’occhio della videocamera era proprio lì, al centro della gemma, e probabilmente in quel momento ci stava già spiando.
   Berni stava disfacendo le valigie e allora io pensai bene di passare subito all’azione, e allora presi un bodystocking e me ne andai in bagno. Mi spogliai e lo indossai; era nero e aveva un buco sotto, un’apertura per la mia patatina, per permettere a Berni di entrarmi dentro senza dovermi togliere il body. Ero pronta per essere montata. Non dovevo fare altro che uscire dal bagno e consegnarmi nelle mani del mio uomo. Lo spettacolo poteva cominciare.

Moana.

lunedì 9 ottobre 2017