martedì 31 gennaio 2017

Ma che razza di uomo sei?

(in foto: Katie Salmon, Brown Leather Leggings, SkinTightGlamour.com)


    Ero ritornata a lavoro, e qualcosa era cambiato. Mettetevi nei miei panni, come potevo lavorare e dover allo stesso tempo incrociare sempre lo sguardo di Chiara? Chiara, per chi si fosse perso qualche puntata precedente, era una delle mie commesse, la quale mi aveva invitata a cena a casa sua, e io mi ero lasciata coinvolgere in un rapporto lesbo con lei e la sua fidanzata. Devo ammettere che era stata un’esperienza davvero piacevole. Come ben sapete a me piace molto il cazzo, ma non mi dispiace assaggiare qualcosa di diverso di tanto in tanto. Che male c’è? L’amore è bello, in ogni sua forma. E assaggiare la patatina della fidanzata di Chiara, mentre Chiara assaggiava la mia, non mi è dispiaciuto affatto. Ma ora era difficile lavorare, e non guardare Chiara in modo diverso da come la guardavo prima. Prima era una commessa come le altre, adesso era diventata una commessa “speciale”, una commessa che mi aveva leccato la fighetta fino a farmi venire.
   E per lei doveva essere lo stesso. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano lei mi sorrideva timidamente, quasi come se fosse in imbarazzo. D’altronde lo ero anche io. Ma perché? Cosa avevamo fatto di male? Nulla. Comunque nessuna delle due tirò fuori l’argomento, come se quella cosa non fosse neppure successa. Sarebbe stato il nostro piccolo segreto.
   Nel pomeriggio passò a trovarmi il mio vero papà, cioè Giuliano, che dopo le cose che mi aveva raccontato mia madre sul suo conto non so se avevo la forza di continuarlo a definire tale, cioè papà. Sì, biologicamente lo era, ma come potevo considerarlo tale dal momento che aveva trattato mia madre in quel modo? Voglio dire, vi rendete conto che la offriva ai suoi amici come un giocattolo con cui godere? Non so se meritava il mio rispetto un uomo che aveva fatto cose di quel genere a mia madre. In ogni caso lo salutai, ma freddamente, quasi come se fossi obbligata. In verità non avevo voglia di vederlo. Lui mi chiese se mi andava di andare a prendere un caffè, e allora io gli dissi di sì. Così andammo al bar che stava al piano terra. Lungo il tragitto mi fece notare che mi guardavano tutti, perché ero bellissima, e perché indossavo dei leggings che mettevano in risalto le forme del mio culo, ed era chiaramente visibile la forma del perizoma che indossavo sotto. Tutto questo me lo fece notare lui.
   “Lascia che mi guardino” gli risposi. “Piuttosto è strano che tu abbia notato che sotto i leggings porto il perizoma. Non è strano che un padre guardi il culo di sua figlia?”.
   “Beh, che c’è di male? Hai un bel culo, è naturale se gli occhi di un uomo ne sono attirati”.
   “Sì, ma tu non sei un uomo come gli altri. Tu sei il cazzo che ha fecondato mia madre, non te lo dimenticare” fui brusca appositamente, per fargli capire che ero d’umore nero, e poi perché non riuscivo ad essere carina dopo quella storia che avevo sentito ieri. Che razza di uomo cederebbe una donna ad un amico? Dio, ero incazzata nera, e avrei voluto vomitargli addosso tutta la mia rabbia.
   Arrivammo al bar e ordinammo due caffè. Papà Giuliano voleva sapere molte cose di me, come andava il lavoro in negozio, come stava il mio Berni, e io rispondevo a tutte le sue domande in monosillabi. Insomma, mi stavo comportando da perfetta stronza. Ma non ce la facevo a fare la parte della figlioletta affettuosa. Mi ritornavano continuamente le parole di mia madre in testa; mi risuonavano come una litania, sentivo la sua voce che diceva: “spesso mi cedeva ai suoi amici”. E questo mantra non faceva che aumentare l’insofferenza che avevo dentro.
   “Sai, mi dispiace di non esserti stato vicino durante le tappe più importanti della tua vita, e di non averti seguito nel corso della tua crescita”.
   “Infatti. Per esempio quando ho perso la verginità anale” gli risposi in modo brusco. “Tu dov’eri, papà? Dov’eri quando l’ho preso in culo per la prima volta? È stata un’esperienza fantastica. Eh sì, perché forse non lo sai, ma a tua figlia piace prenderlo in culo”.
   “Moana, ma perché mi parli in questo modo? Non capisco. Cosa ti ho fatto?”.
   “Non chiedermi cosa hai fatto a me, piuttosto chiediti cosa hai fatto a mia madre”.
   A quel punto bevvi il caffè in tutta fretta e me ne andai, e lui mi venne dietro chiedendomi di fermarmi. Ma io non ne volevo sapere. Poi ad un certo punto mi prese per il braccio e mi fece girare verso di lui.
   “So tutto, cosa credi?” gli dissi. “So cosa facevi con mamma. La davi via ai tuoi amici come se fosse un giocattolo”.
   “Ma chi ti ha detto queste cose?” domandò lui facendo finta di niente.
   “Me l’ha detto lei. Ma che razza di uomo sei? Come hai potuto trattare mia madre in questo modo? Come se fosse solo un buco da riempire”.
   “Io non ho mai obbligato tua madre a fare certe cose. Vedi Moana, potrà sembrarti strano ma mi eccitava molto l’idea di poter condividere tua madre con i miei amici. Ma non l’ho mai obbligata. Lei era libera di scegliere se farlo o meno. E alla fine diceva sempre di sì. Per noi era un gioco”.
   “Per te era un gioco, non certo per lei, che per i tuoi capricci era diventata uno sborratoio pubblico. Tu non capisci. Mia madre era follemente attratta da te, e pur di accontentarti avrebbe fatto qualunque cosa, anche andare a letto con i tuoi amici. Era succube della tua bellezza, della tua personalità da super-maschio alpha, e tu lo sapevi, e te ne sei approfittato!”.
   “Mi dispiace che la pensi così” mi rispose. “Ma credimi, le cose non stanno così. Tua madre non era obbligata a farlo, se lo faceva era perché provava piacere nel concedersi”.
   “Le cose che dici sono cazzate degne di un super-maschio alpha come te. E ora se non ti dispiace dovrei ritornare al negozio. Non ho tempo da perdere”.
   E così me ne ritornai al negozio. Era la prima volta che litigavo con papà Giuliano. Ma sentivo di avere ragione. Ma allo stesso tempo sentivo un gran rimorso. Non ero riuscita proprio a controllarmi. Ero stata terribilmente velenosa. Probabilmente avrei potuto fare di meglio, avrei potuto essere più morbida, senza rinunciare a dirgli ciò che pensavo. Ero stata troppo impulsiva. E se invece era come diceva lui? Chi mi diceva che mia madre non ci provasse gusto a saltare da un letto a un altro e a farsi impalare da un cazzo diverso ogni giorno? Oppure era come dicevo io, e mia madre era davvero schiava della potenza sessuale di zio Giuliano a tal punto da non riuscire a negargli i suoi più indecenti capricci?

Moana.

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