lunedì 23 gennaio 2017

Si aprono le cosce.


   Il giorno dopo tornai al negozio di lingerie. Avevo fatto incazzare mia madre di brutto con la storia del vibratore, e questo era un motivo in più per darci dentro con il negozio, in modo da non deluderla anche sul versante dell’attività di famiglia. Non appena vidi Chiara, a cui avevo regalato un completino intimo affinché lo provasse e mi dicesse che effetto avesse avuto sul suo fidanzato, subito le andai in contro sorridendole di cuore. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, stavo cercando di arruffianarmi le commesse del negozio, con le quali in passato mi ero comportata da vera stronza facendo la tiranna, e per questo ero odiata da tutte. Ma avevo capito che in quel modo non sarei mai riuscita a gestire bene l’attività, e allora avevo deciso di cambiare comportamento e di essere più morbida. E quindi avevo regalato un completino intimo molto costoso a Chiara, una delle commesse, per dimostrarle appunto che di me poteva fidarsi.
   “E allora” le dissi. “L ‘hai indossato? Dai, racconta. Voglio sapere tutto. Cosa ha detto il tuo fidanzato?”.
   “È andata bene” mi rispose abbassando la fronte. Era visibilmente in imbarazzo.
   “Non devi sentirti in imbarazzo, Chiara. Con me puoi parlare tranquillamente”.
   “È andata molto bene” mi fece un mezzo sorriso di complicità. “A questo proposito, per ringraziarti, ci piacerebbe invitarti a cena da noi stasera”.
   “Non devi ringraziarmi. Però a cena da voi ci vengo volentieri”.
   Chiara abitava al centro storico, in un edificio nobiliare antico. Non pagava nemmeno tanto. Questa era una cosa bella della nostra città, che potevi prendere in affitto case stupende a prezzi molto accessibili. E la casa di Chiara era davvero bella, anche se piccola, ma con un soppalco di legno che la faceva sembrare ancora più spaziosa. L’appartamento era molto pulito e ordinato, e non appena entrai fui accolta da una musica jazz in sottofondo, una musica calda che mi mise subito a mio agio. Chiara mi fece e accomodare dentro e mi aiutò a togliermi il cappotto. Stavo per chiederle dove fosse il suo fidanzato, ma mi bloccai in tempo quando sentii dei passi che provenivano dal soppalco. Probabilmente lui era sopra. Ma c’era qualcosa di strano, perché era come se stesse camminando sui tacchi. Quale uomo se ne andava in giro per casa sui tacchi? Poi capii quando vidi un paio di cosce da urlo scendere giù dalla scala. Non c’era nessun fidanzato, piuttosto c’era una fidanzata. Chiara era lesbica, e quella grandissima topa che stava scendendo la scala era la sua compagna. Bella da morire, con una ricca testa carica di capelli crespi castani ma tendenti al rosso. Due occhi verdi come una foresta incontaminata. Indossava un vestito da sera color rosso mattone che metteva in risalto le forme del suo corpo da modella. Rimasi senza fiato a vederla. Anche Chiara era molto carina, ma la sua compagna era l’apoteosi dell’erotismo.
   “Ciao!” esultò e mi strinse la mano. “Tu devi essere Moana, da tutti conosciuta come La Zoccola”.
   “Isabella, smettila!” sussurrò Chiara dandole una gran gomitata.
   “No, ha ragione. Sono proprio una zoccola. Ma ci sto mettendo molto impegno a cercare di cambiare atteggiamento”.
   Isabella, la fidanzata di Chiara, mi guardava in modo severo. Forse la sua compagna le aveva raccontato di quella volta che l’avevo costretta a stare chiusa in negozio tutto il giorno per aiutarmi a fare l’inventario, senza nemmeno permetterle di andare a fumare una sigaretta. In effetti mi ero comportata da stronza, nel senso che poi a fine giornata Chiara era visibilmente provata, e sembrava lì lì per svenire dalla stanchezza. Ma avevo avuto così fretta di finire l’inventario che me n’ero fregata della sua salute psico-fisica.
   Chiara comunque percepì subito il clima di tensione che c’era tra me e Isabella, lo sapeva benissimo che la sua compagna sembrava aver voglia di strozzarmi. E quella situazione mi metteva seriamente in imbarazzo. Ma cosa potevo fare? Ormai avevo accettato l’invito a cena e non potevo più tirarmi indietro. In ogni caso Chiara cercò di alleggerire quell’aria gelida che c’era tra me e Isabella parlando senza sosta, spesso di cose per nulla interessanti, ad esempio delle condizioni atmosferiche, dei gossip televisivi, cose a cui a nessuno interessava. Intanto la cena si svolse le migliore dei modi, perché Chiara era molto brava ai fornelli, e aveva preparato un risotto con i frutti di mari davvero niente male. E poi c’erano due bottiglie di vino bianco che praticamente, a causa del clima da guerra fredda che c’era, svuotammo nel giro di un’ora. Alla fine ero un po' ubriaca, e forse anche loro, ma Isabella continuava a guardarmi con quell’aria gelida, di sfida direi. Le uniche volte che mi rivolgeva la parola lo faceva per darmi addosso. Per esempio Chiara, molto carinamente devo dire, aveva cominciato a elogiarmi, dicendo che io ero una ragazza molto capace e abile nell’amministrare il negozio. E allora Isabella:
   “Certo. È facile amministrare un negozio se tratti i tuoi dipendenti come degli schiavetti”.
   E poi Chiara cambiò subito discorso senza permettermi di rispondere alle accuse che mi stava rivolgendo la sua fidanzata. Insomma, era davvero una situazione insostenibile. Non vedevo l’ora di andarmene via. Però devo dire che Isabella mi incantava; nonostante ce l’avesse con me a morte aveva un’eleganza e una carica erotica che difficilmente avevo notato in altre donne.
   In ogni modo dopo cena ci accomodammo sul divano. Io ero al centro tra loro due, Isabella mi fissava in modo minaccioso. Mi sembrava una gatta in posizione d’attacco, pronta a partire come una molla con i suoi artigli, pronta a combattere e a salvaguardare il suo territorio. Chiara invece era in imbarazzo. Aveva finito tutti gli argomenti di discussione, e adesso era visibilmente nervosa, e sospirava continuamente. Per me era venuta l’ora di congedarmi e allora pensai ad una balla da raccontare per filare via, ma mentre stavo per aprire bocca Isabella mi chiese cosa ne pensavo del loro appartamento.
   “Beh, non c’è che dire, è davvero un bell’appartamento. In pieno centro, soppalcato, molto caldo” non sapevo proprio cosa dire. “Proprio un bel nido d’amore”.
   “Già!” esultò Chiara, felice di aver finalmente trovato un altro argomento di discussione. “È proprio quello che penso anche io. È proprio un bel nido”.
   “E cosa ne pensi di noi?” domandò Isabella con tono inquisitorio.
   Che razza di domanda era? Io avevo sempre pensato che l’amore gay fosse una cosa naturale, e che non c’era neppure motivo di discuterne. Non c’era niente di male se due persone dello stesso sesso avevano un rapporto d’amore. Per quale motivo mi stava chiedendo quella cosa? Forse per cercare l’ennesimo pretesto per attaccarmi. Ebbene, non lo avrebbe trovato. Con me cascava male. Isabella cominciava a innervosirmi.
   “Cosa ne dovrei pensare? Non capisco perché me lo chiedi”.
   “Hai mai avuto un’esperienza con una ragazza?”.
   “A me veramente piace il cazzo. E mi piace anche tanto” risposi in tono di sfida. “Mi piace prenderlo ovunque, in bocca, in figa e anche in culo”.
   “Su questo non vi erano dubbi, ti si legge in faccia che sei affamata di cazzi. Ma non hai risposto alla mia domanda. Hai mai avuto un’esperienza con una ragazza?” a quel punto Isabella mi mise una mano su una gamba. Indossavo le calze autoreggenti e un vestitino corto e le sue dita salirono su fino a sfiorarmi le labbra della fighetta che premevano contro il tessuto del perizoma che indossavo sotto.
   “Amore, smettila!” l’ammonì Chiara. “Così la metti in imbarazzo”.
   “Non credo” rispose Isabella. “Guarda come ha aperto le cosce, la maiala”.
   In effetti senza rendermene conto, non appena la mano di Isabella era arrivata nelle vicinanze della mia fighetta, avevo inconsciamente spalancato le gambe, offrendomi completamente a lei. Adesso ero nelle sue mani e poteva farmi ciò che voleva. Io non mi sarei opposta.
   Senza rendermene conto mi ero ficcata in un triangolo amoroso. Sentivo il calore della mano di Isabella accarezzarmi nell’interno coscia e sfiorarmi le labbra della fighetta; ci misi poco a bagnarmi. Grondavo. E allora Isabella, nonostante Chiara continuasse a intimarle di smetterla, sollevò un lembo del mio perizoma mettendo a nudo le mie labbra di sotto. Poi con due dita le aprì. Ero completamente incapace di reagire. Le lasciai fare quello che desiderava. Ero sua, poteva fare di me ciò che voleva.
   “Chiara, non ti intriga l’idea di fare l’amore con la tua titolare?” disse Isabella.
   “Dai tesoro, lascia stare. Così metti in imbarazzo sia lei che me” rispose lei.
   “Ma se ti si legge in faccia che muori dalla voglia di farlo!” rispose Isabella sempre tenendomi le labbra della figa spalancate. “Coraggio, metti la bocca qui”.
   A quel punto Chiara si lasciò convincere e si abbassò su di me e iniziò a succhiarmi la figa. Io non capivo più niente, ero completamente priva della capacità di poter fare qualsiasi cosa. Sentivo la bocca calda di Chiara succhiare avidamente il mio clitoride. Poi Isabella si mise in piedi sul divano, si alzò il vestito e si sfilò il perizoma, mettendomi la sua figa davanti alla bocca. A quel punto mi afferrò i capelli e mi spinse la bocca contro il suo sesso. Iniziai a succhiargliela, mentre Chiara continuava a succhiare la mia. Ero completamente in balia di entrambe, un giocattolo nelle loro mani. Notai che Isabella mi trattava con un certo disprezzo, quasi come se le avessi fatto un torto, e ora si stesse vendicando. Infatti ogni tanto mi dava uno schiaffo e mi diceva che ero una puttanella, oppure mi spingeva la figa contro la bocca quasi con l’intento di soffocarmi. Era forse per come avevo trattato la sua fidanzata al negozio? Evidentemente sì. Isabella mi stava facendo pagare per tutte quelle volte che avevo negato alla sua fidanzata di andare a fumare una sigaretta, o per tutte quelle volte che l’avevo costretta a fare doppi turni di lavoro. Per non parlare di quella volta che Chiara mi aveva chiesto un giorno di permesso e io gliel’avevo negato. Ecco perché Isabella mi stava riempiendo di schiaffi e mi stava dicendo tutte quelle cose brutte, e cioè che ero una succhiacazzi, una rottainculo e cose di questo genere. Invece Chiara se ne stava buona senza dire niente a leccarmi la fighetta. In un certo senso sarebbe dovuta essere lei a dirmene di tutti i colori e a riempirmi di schiaffi, e invece no, mi leccava in modo amorevole, quasi come se desiderasse farlo da una vita, e ora finalmente poteva farlo.
   Isabella iniziò a squirtarmi in faccia. Un getto caldo e violento di umori uscì dalle sue labbra di sotto e mi investì in pieno viso, e lei lanciò un urlo di piacere, e mi ordinò di aprire la bocca, e allora io feci come mi diceva, e lasciai che i suoi liquidi mi esplodessero sulla faccia. Era una vera fontana che schizzava fuori acqua calda in modo incontrollato. Quando smise ero completamente zuppa; il mio viso grondava, e il mio vestitino era fradicio. Avevo proprio bisogno di fare una doccia. Avevo ricevuto tantissime cumshot, molti partner che avevo avuto lo avevano fatto, mi erano venuti in faccia (alcuni anche copiosamente), ma questa era la prima volta che a farmi una cumshot era una ragazza.
   Prima di andare via Chiara mi offrì un altro bicchiere di vino. Ne presi solo mezzo, poi mi accompagnò alla porta, e prima che me ne andassi mi disse sotto voce, per non farsi sentire, che le dispiaceva per come Isabella mi aveva trattata.
   “Sai, lei è un po' così” mi disse. “Ha un carattere molto autoritario. Certe volte mi da certi schiaffoni sul sedere che neanche ti immagini”.
   “Beh, in effetti è un po' manesca, ma è stato divertente” le risposi. “È stata una bella serata”.

Moana.    

Nessun commento:

Posta un commento