giovedì 8 novembre 2018

A casa in taxi,

come una zoccola.

(in foto: Cherry Kiss, All Natural Blonde, 21Naturals)


[postato da Moana]

   Genny mi portò in camera sua e mi spinse sul letto, e io caddi di schiena sulle lenzuola, con le gambe aperte. Lui ce l’aveva già fuori, duro come il marmo. Lo aveva tirato fuori prima, quando eravamo in giardino, e aveva provato a penetrarmi senza riuscirci. Non ci era riuscito per due motivi, perché eravamo in piedi, e poi perché io ero ancora “chiusa”, e quindi mi ritraevo in continuazione, perché avevo paura che potesse farmi male. E adesso che ero sul letto, con le gambe aperte, avevo ancora più paura di prima, perché adesso Genny aveva tutte le comodità per farlo, cioè per deflorarmi.
   Lo vidi togliersi i pantaloni in fretta e furia, e poi tutto il resto, e non appena fu nudo come me si gettò sul mio corpo, e iniziò a strofinare la sua erezione contro le labbra della mia vagina, e mi infilò la lingua in bocca, e lentamente cercò di entrarmi dentro, ma io mi tiravo indietro e non glielo permettevo. Gli dissi che senza preservativo non avrei fatto niente, ma lui non ce l’aveva e cercò comunque di entrare, ma io gli diedi una spinta e lo allontanai definitivamente.
   “Preservativo o niente” sbottai. “Se non ce l’hai allora riaccompagnami a casa e dimentichiamo questa storia”.
   “Ok ok, che rompipalle che sei!” a quel punto lo vidi uscire dalla stanza. Mi disse che sarebbe andato a prendere uno dei preservativi del padre, e quindi mi lasciò sola a contemplare le quattro mura della sua stanza in cui probabilmente erano state deflorate tante altre ragazze come me, abbagliate dalla sua popolarità. Io ero l’ennesima “vittima”, e probabilmente l’indomani se ne sarebbe vantato con chiunque, e forse nel giro di qualche giorno lo avrebbero saputo tutti. D’altronde anche io ero molto popolare, in modo diverso però, io non ero la figlia di un boss della criminalità. Io ero popolare perché ero una delle ragazze più desiderate della città, anche se non l’avevo ancora data a nessuno. Pomiciate sì, tante, avevo limonato di brutto con tantissimi ragazzi. Però non avevo mai permesso a nessuno di entrarmi dentro. Ebbene, quella sera finalmente stava per accadere; qualcuno mi stava per entrare dentro. Sai che scoop! Pensavo. Perché era ovvio che la notizia sarebbe venuta fuori. Moana, la ragazza più ambita della città, si è fatta montare da Genny, il figlio del boss.
   Dopo qualche minuto lo vidi rientrare in camera, con un preservativo in mano ancora nella sua confezione argentata. Ne strappò un lembo con i denti e lo tirò fuori. Lo appoggiò sul glande e lo srotolò fino alle palle. A quel punto ritornò sopra di me, e questa volta lo lasciai entrare, anche se a dire il vero ci mise un po', perché io continuavo a ritrarmi, e gli tenevo le mani sul petto e lo spingevo ogni volta che lui tentava di spingermelo dentro. Ero così tesa che pensavo che non ci sarebbe mai riuscito a farlo entrare.
   Lui lo sapeva bene che era la prima volta per me, anche se non gliel’avevo detto, però era così evidente. E continuava a ripetermi che dovevo rilassarmi, lasciargli fare a lui, ma era più forte di me, più lo sentivo premere contro la mia vagina più premevo le mani sul suo corpo per spingerlo via. Ma nonostante questo lui raggiunse il suo scopo; dopo cinque minuti buoni di tentativi ormai era dentro di me. È inutile negarlo, la sensazione che provai non fu piacevole. Avevo come l’impressione che mi stesse rompendo qualcosa, e non vedevo l’ora che finisse. Per fortuna non durò molto, anche se a me sembrò un’eternità, e quando vidi il suo membro uscire dal mio corpo non potetti fare a meno di notare il preservativo imbrattato di sangue.
   Ero molto delusa e amareggiata, perché la prima cosa che pensai fu che fare l’amore non era poi sto granché. Ma ovviamente mi sbagliavo. Ma mi ci vollero altre quattro penetrazioni per capirlo. E poi a deludermi fu l’atteggiamento di Genny, che mi diede dei soldi per pagarmi il taxi che mi avrebbe riportata a casa. E allora lì capii lo sbaglio che avevo appena fatto; avevo dato la verginità ad un ragazzo che non la meritava. Perché io per lui non ero che una delle tante. Ma d’altronde cosa potevo sperare dal figlio di un criminale senza scrupoli? 
   E adesso rivedere Genny al centro commerciale, dopo tanto tempo, mi diede un senso di fastidio. Eravamo al bar a prendere il caffè e lui non faceva che ripetermi quanto era stato bello. E dopo averglielo sentito dire per l’ennesima volta persi la ragione e iniziai a sfogare tutta la rabbia che avevo dentro per quello che gli avevo lasciato fare.
   “Non è stato bello, mettitelo bene in testa” sbottai. “Tu mi hai trattata come una zoccola. Mi hai deflorata e poi mi hai mandata a casa in taxi. E non ti sei neppure premurato di chiedermi cos’era quel sangue che mi usciva dalla figa. Non ti sei nemmeno preoccupato della mia salute. L’importante per te era farti l’ennesima scopata per poi vantartene con gli amici. E io ho dato la mia verginità a uno stronzo come te che chiaramente non la meritava”.
   “Beh, non ti nascondo che per me era motivo di vanto il fatto di aver deflorato la figlia della mitica Sabrina Bocca e Culo”.
   “E immagino che te ne sarai vantato a volontà” risposi. “Sarai diventato una specie di super eroe tra i maschietti della città per aver fatto quella cosa. Quindi cos’altro vuoi da me? Ti ho dato quello che volevi”.
   Le sue intenzioni erano chiare; mi voleva di nuovo. Ma questa volta non avrebbe ottenuto proprio nulla, e glielo dissi chiaramente. E allora lui mi rispose che stavo perdendo una grande occasione, perché lui aveva tanti soldi, e io avrei potuto avere tutto ciò che volevo.
   “Tesoro, stai per caso cercando di comprarmi col denaro? Non credevo che saresti caduto così in basso. Ma comunque hai fatto male i conti, perché il denaro non mi manca”.
   “Sei proprio come tua madre. Sei solo una puttana” mi disse quando capì che da me non avrebbe ottenuto nulla.
   “E tu sei come tuo padre, un maledetto parassita della società”.

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