martedì 23 ottobre 2018

Il partito

delle vacche. 

(in foto: Grazi Cinturinha, Get Wet And Cums, Tgirls.xxx)


[postato da Beatrice]

   Romualdo era un vero vulcano di idee. Sui giornali e sui social network non si faceva che parlare di noi, anche grazie alle iniziative che creava di getto. Lui era fatto così; all’improvviso lo vedevi sovrappensiero, che si teneva il mento con due dita, e fissava il vuoto fino a quando non esultava per essere riuscito a trovare un’idea brillante. Erano vere e proprie provocazioni, come quella di farci fare il bagnetto nel fontanone della città. Ad un certo punto si inventò l’ennesima trovata pubblicitaria, e decise di fondare un partito politico, e promise ai giornali di candidare una di noi alle prossime elezioni comunali. E dopo qualche giorno di trepidante attesa finalmente si decise a fare un nome. Il mio.
   “Beatrice La Vacca sarà la nostra candidata alle elezioni amministrative!” esultò in una conferenza stampa di fronte ai giornalisti di mezzo mondo.
   La notizia era una bomba. Una spogliarellista, per giunta transgender, candidata alle elezioni comunali. Io non ne sapevo nulla. Lo avevo appreso il giorno in cui Romualdo aveva fatto la conferenza stampa. Ed ero rimasta spiazzata; non sapevo cosa pensare. E tra l’altro l’avevo saputo guardando il telegiornale. La cronista aveva annunciato: “la candidata del Partito delle Vacche (così si chiamava il partito fondato da Romualdo) alla carica di sindaco ha finalmente un nome. Si chiama Beatrice La Vacca, una spogliarellista transgender con un notevole seguito nel mondo dell’intrattenimento per adulti”.
   Romualdo era veramente bravo a inventarsi queste trovate per attirare l’attenzione su di se e sulla sua agenzia, però adesso aveva esagerato. Mi aveva ficcata in mezzo ai pasticci. Io non ne volevo sapere niente di quella storia. Adesso l’attenzione era tutta su di me, e questo fatto mi terrorizzava. Avrebbe dovuto chiedermelo prima di fare il mio nome, e invece aveva fatto di testa sua. Così presi immediatamente il telefono e lo chiamai.
   “Ma che ti è saltato in testa? Ti rendi conto adesso in che razza di situazione mi trovo? Ed è soltanto colpa tua”.
   “Suvvia, cosa vuoi che sia!” minimizzò lui divertito. “È soltanto un gioco. Lo sto facendo soltanto per promuovere la vostra immagine, e ovviamente anche quella dell’agenzia. Vedrai che andrà tutto bene”. 
   “Ma io non voglio diventare sindaca!”.
   “Su questo puoi stare tranquilla. Non lo diventerai. Sono sicuro che alla fine non avrai neppure un voto. Però guadagnerai molta popolarità. E anche la mia agenzia, naturalmente”.
   Comunque decisi di non pensarci perché in fin dei conti, come ogni sua iniziativa, quella candidatura a sindaco non era che una bolla di sapone. Avevo ben altre cose a cui pensare, prima di tutto il matrimonio; tra qualche giorno sarei diventata una donna sposata, una moglie non proprio fedele, e questo Rocco lo sapeva. Glielo avevo detto fin dal principio: “gli uomini mi piacciono troppo per poter diventare una moglie fedele”. Ma comunque voglio risparmiarvi i dettagli dei preparativi, e arrivare direttamente al fatidico giorno.
   Il comune era pieno come un uovo; oltre ai nostri amici e alla famiglia di Rocco, c’erano un sacco di curiosi e di giornalisti, perché in effetti non era un matrimonio come un altro, era il primo matrimonio che si celebrava in città tra un uomo e una transgender, per cui molte persone anche pur non conoscendoci, avevano deciso di partecipare a questo evento molto discusso, accolto dall’opinione pubblica con pareri molto contrastanti; c’era chi diceva che era uno schifo e chi invece aveva accolto la notizia in modo favorevole.
   Avevamo anche attirato l’attenzione di un gruppetto di estrema destra che era venuto a protestare con tanto di cartelli e slogan omofobi, intenti a difendere i diritti delle famiglie “tradizionali”. E al mio arrivo in comune mi sbandierarono le loro scritte razziste davanti agli occhi, e io gli risposi con un sorriso e poi gli mandai un bacio e loro si incazzarono ancora di più. Alcuni dei nostri amici si erano proposti di mandarli via a calci, ma io gli avevo detto che non ce n’era bisogno, perché non ne valeva la pena; a rendermi giustizia bastava la terribile infelicità che avevano dentro, che li avrebbe certamente condannati ad una vita vuota e inappagante. Una vita spesa a odiare è senz’altro una vita inutile. Non è vero che ogni vita è preziosa. La vita delle persone che non sanno fare altro che odiare non lo è.
   Ovviamente al matrimonio i miei genitori non c’erano. Ma era più che normale, dal momento che mi avevano ripudiata quando avevo deciso di diventare donna. C’era però mio fratello, il quale invece mi voleva un bene dell’anima. E poi c’erano i genitori di Rocco, i quali erano loro la mia famiglia ormai. Mi avevano accolto in casa come una figlia. E c’era mamma Sabrina (io ormai la chiamavo mamma già da molto tempo) che aveva cominciato a piangere per la gioia e non la smetteva più. E poi c’era Moana, che era così felice che non faceva che prendermi in giro sussurrandomi cose all’orecchio, tipo: “non sei eccitata? Stasera perderai la verginità”. Si riferiva alla tradizione ormai in disuso da anni di arrivare vergine al matrimonio, che naturalmente riferita a me aveva un effetto incredibilmente comico.
   E poi c’erano i giornalisti, che volevano sapere, volevano riempire le pagine dei giornali con le mie dichiarazioni da sposa transgender. E poi c’erano anche i miei ammiratori dello strip bar, tutti a congratularsi con me, a stringermi tra le loro braccia e a ricordarmi ai bei momenti passati insieme nel privè. E io che cercavo di rassicurarli, e gli dicevo che nonostante stessi diventando una moglie, sarei rimasta la Beatrice di sempre, e loro avrebbero potuto continuare a godere del mio corpo. Ovviamente soltanto se poi a questa cosa corrispondeva una “generosa ricompensa”. Ma questo era scontato. I miei ammiratori erano sempre molto generosi con me, e quindi io lo ero con loro, e gli davo tutto quello che volevano.

Nessun commento:

Posta un commento