giovedì 4 ottobre 2018

L'aiuto di

uno specialista. 

(in foto: Tessa Fowler, TessaFowler.com)


[postato da Sabrina]

   Quindi secondo il parere di Arianna io sarei disumana, semplicemente perché praticavo e pratico tutt’ora (anche se in misura minore) l’amore libero, fregandomene delle conseguenze “morali e sanitarie”, per utilizzare le sue stesse parole. Ma non mi importa molto il suo parere, e nemmeno quello degli altri. L’importante è che posso dire tranquillamente di aver dato libero sfogo alle mie pulsioni, e di aver goduto di tutte le emozioni che la vita mi ha proposto nel corso degli anni. E il bello è che non rimpiango niente.
   Però ovviamente lei non era l’unica a pensarla in questo modo, e cioè che io avevo un problema. Ricordo che a scuola la preside, la quale era venuta a conoscenza della mia turbolenta vita sessuale (d’altronde lo sapevano tutti, non per niente ero conosciuta come Sabrina Bocca e Culo), aveva deciso di affiancarmi uno psicologo che in qualche modo avrebbe dovuto aiutarmi ad uscire dal mio “vortice del peccato”. Quindi fui costretta a vedermi con questo strizzacervelli due volte alla settimana, nel pomeriggio, quando la scuola era chiusa. I nostri incontri avvenivano in una delle aule del secondo piano. Lui era un trentenne fresco fresco di laurea, assoldato dalla scuola per risolvere casi come il mio che loro consideravano situazioni di disagio. Anche se in verità io non mi sentivo per niente a disagio. Anzi. Mi sentivo felice e sessualmente appagata. Ma questo loro non lo capivano. La preside in primis, che probabilmente non sapeva neppure cosa voleva dire sentirsi sessualmente appagata.
   Quindi, questo giovane psicologo avrebbe dovuto aiutarmi ad uscire da questo tunnel del sesso estremo, ma non riuscì a fare proprio un bel nulla. Anzi, alla fine fui io a trascinarlo dentro. Lui si chiamava Aldo, aveva l’aspetto di un secchione, ed era sempre ben vestito; di solito indossava dei pantaloni di velluto e una camicia azzurra, con le maniche attorcigliate fino ai gomiti. Aveva gli occhiali con la montatura nera, e la barba ben curata, e un corpo snello e atletico. Tutto sommato era un bel bocconcino da cui mi sarei fatta montare volentieri. E infatti… riuscì a resistermi alle prime cinque sedute, dopodiché mi fece sua.
   Le sedute a cui mi sottoponevo erano divertenti. Mi piacevano le domande che mi faceva. E poi io lo provocavo in continuazione, prima di tutto presentandomi alle sedute vestita peggio di una zoccola da statale; scollature al limite della decenza, da cui le mie grosse tette scivolavano continuamente fuori, e minigonne così corte che quando mi sedevo e accavallavo le cosce lui non poteva fare a meno di guardarmele, in tutta la sua interezza. In principio lui cercò di resistermi, però poi già dal secondo appuntamento i suoi occhi cominciarono a percorrere il mio corpo in modo famelico; era chiaro che mi desiderava e che avrebbe voluto chiavarmi. E allora io facevo in modo di accendergli ulteriormente l’incendio che gli si stava sviluppando dentro, raccontandogli le mie avventure porche. Perché lui mi chiedeva di parlargliene, e allora io lo facevo senza omettere nulla e usando un linguaggio osceno, e man mano che raccontavo delle mie penetrazioni, delle cumshot che ricevevo, vedevo la patta dei suoi pantaloni gonfiarsi, e quindi mi accorgevo delle erezioni che ogni volta gli facevo avere.
   Ma andiamo per gradi. Il primo appuntamento fu più che altro conoscitivo.
   “Allora Sabrina, a quanto pare la tua preside mi ha detto che tu hai un problema da risolvere”.
   “In realtà io non ho alcun problema da risolvere, però se lo ha detto lei probabilmente sarà vero” risposi in modo sarcastico.
   “Non credi di avere un problema con il sesso?”.
   “No, non credo” risposi ancora con lo stesso tono di prima. “Credo che invece la preside lo abbia. Ho come la sensazione che non riesca a sentirsi soddisfatta sessualmente”.
   “E tu? Ti senti soddisfatta?”.
   “Accidenti se lo sono!”.
   Il secondo appuntamento mi chiese di parlargli di Giuliano. Perché appunto mi aveva chiesto se avevo un fidanzato, e io gli avevo risposto che un fidanzato vero e proprio non ce l’avevo, ma ero solita intrattenermi con il fidanzato di un’altra. Infatti Giuliano in quel periodo era fidanzato con la mia migliore amica, ma lei non sapeva ancora nulla del fatto che lui aveva una relazione parallela con me.
   “Cosa rappresenta per te Giuliano?”.
   “Giuliano è la mia ossessione. Non riesco a farne a meno” gli risposi. “Non riesco ad oppormi alla sua volontà, e quindi assecondo tutte le porcate che mi chiede di fare. È con lui che ho perso la verginità anale e orale. La prima volta che mi ha penetrata dietro mi ha fatto un po' male, ma adesso è tutta un’altra storia. Il suo membro entra nel mio condotto anale senza alcun problema. Quasi come se il suo pene e il mio buco del culo fossero stati creati apposta per questa ragione, e cioè per godere l’uno dell’altro”.
   “Cos’altro ti chiede di fare, oltre ad avere rapporti anali?”.
   “Accidenti doc, quanto sei curioso! Ebbene, se proprio ti interessa saperlo, io e Giuliano facciamo di tutto. Spesso lui mi condivide con i suoi amici, quindi mi chiede di andare a letto con altri ragazzi, e io ci vado, perché è lui a chiedermelo. Anche se non ne sono attratta, cerco di farmeli piacere, soltanto per fare contento lui”.
   “Non hai mai pensato al fatto che Giuliano potrebbe considerarti come un oggetto? Una specie di giocattolo da condividere con gli amici?”.
   “Può darsi. Ma non mi importa. L’importante è che lui continui a considerarmi sua”.
   Al terzo appuntamento lo psicologo aveva ormai cambiato atteggiamento. Non era più sereno e disteso come quando avevamo cominciato. Ormai, senza che se ne rendesse conto, ero diventata la sua ossessione, a causa di quello che dicevo, di quello che raccontavo, e soprattutto, come vi dicevo prima, da come mi presentavo alle sedute, praticamente in tenuta da rimorchio. E quando poi gli raccontavo quello che facevo con Giuliano lui sembrava in procinto di sborrarsi nelle mutande; gli raccontavo per esempio di tutte le cumshot che mi faceva, in modo molto dettagliato, parlandogli di quanto era consistente e calda la sua sborra che schizzava sul mio viso. Oppure gli raccontavo delle sculacciate che mi dava mentre mi penetrava analmente, quelle sculacciate che mi facevano perdere completamente il senno. Insomma, alla fine il problema iniziò ad avercelo lui. Il suo problema ormai ero io, e il desiderio di avermi. 

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