venerdì 10 febbraio 2017

Quando tutto è cominciato.


   Il film che avevo realizzato era ormai online e stava riscuotendo un certo successo. Soltanto il primo giorno aveva avuto mille visualizzazioni e la piattaforma che ne aveva comprato i diritti era molto entusiasta. Tutto merito della mia Moana. A quanto pare però non aveva alcuna intenzione di continuare lungo quella strada; era stata molto chiara, e cioè non era affatto interessata a voler diventare una diva del porno. Aveva fatto quel film semplicemente per aiutarmi a realizzare il mio sogno di diventare un regista.
   Il giorno in cui ho conosciuto Moana non avrei mai immaginato che un giorno avrebbe fatto una cosa del genere per me; offrirsi (fisicamente) per favorire la mia carriera cinematografica. 
   Lo ricordo come se fosse ieri quando ci siamo conosciuti. Era un pomeriggio caldo d’estate e la città era semideserta; erano tutti partiti per il mare, tranne io e qualcun altro. Nell’aria risuonava il suono assordante delle cicale che tutte insieme facevano una specie di musica ossessiva. L’aria era a dir poco irrespirabile. Quell’anno io e la mia famiglia non eravamo partiti per le abituali vacanze estive, perché mio padre aveva fatto un grande investimento per ristrutturare casa, e per questo motivo la mia famiglia era in un momento di ristrettezze economiche. Niente di preoccupante, però non potevamo permetterci di andare in vacanza, tutto qui.
   Quel giorno, quando conobbi Moana, erano le tre del pomeriggio. Il sole picchiava in testa e l’asfalto era appiccicoso e sembrava che si squagliasse sotto i piedi. Io ero uscito con un’amica. A dirla tutta non era una semplice amica, ma una ragazza a cui andavo dietro da circa tre mesi. Si chiamava Daniela, e io ero pazzo di lei, ma lei non ne voleva sapere. Non ero il tipo di ragazzo che piaceva a lei. A lei piacevano i ragazzi belli e maledetti, tipo Johnny Depp per intenderci. E io non ero per niente così. Ero un semplice sfigato che la figa la vede soltanto col binocolo. Infatti ero ancora vergine e non ero mai stato con una ragazza.
   Però io ero folle d’amore per lei, anche se lei non mi si inculava di striscio. E un giorno me l’aveva detto pure chiaro e tondo: “lo so che io ti piaccio, ma io vorrei che io e te rimanessimo solo amici”. Però io continuavo ad essere pazzo di lei. Quel pomeriggio, appunto quando conobbi Moana, eravamo usciti con la sua vespa. Aveva una vespa nera con cui spesso raggiungevamo il centro. E mi disse che doveva andare a salutare un’amica che a breve sarebbe partita per le vacanze estive con la famiglia. Allora io gli dissi che per me andava bene. Qualsiasi cosa mi diceva di fare per me andava bene. Anche se m’avesse chiesto di scalare l’Everest io le avrei detto di sì.
   L’appuntamento con questa amica, che poi era Moana, era davanti al liceo scientifico. La strada era un deserto; sembrava che la città fosse stata evacuata a causa di una brutta epidemia di colera. La vespa andava spedita verso la scuola quando ad un certo punto lei disse: “eccola lì”.
   Era bellissima, bionda come una diva del porno, indossava dei pantaloncini di jeans davvero molto corti che mettevano in risalto le forme del suo bel culo, e sopra aveva una canottiera azzurra. Ai piedi indossava dei tacchi alti che la facevano camminare con un’eleganza fuori dal comune. Aveva un paio di cosce che non finivano più. Ebbi subito una mezza erezione nel vederla. Era porca da morire. Ad una come lei io non potevo che dare l’impressione di un patetico segaiolo. Che speranze potevo avere? Moana doveva essere senz’altro abituata ad andare a letto con stalloni da monta di razza, e io non ero altro che uno stupido ciuchino.
   Scendemmo dalla vespa e Daniela corse spedita verso Moana e si abbracciarono e si sbaciucchiarono sulle guance per una manciata di minuti; quello spettacolo non fece altro che indurire maggiormente la mia erezione.
   “Tesoro mio!” urlò Daniela, “quanto sei gnocca!”.
   “Beh, anche tu non scherzi” rispose Moana.
   “Sì, ma tu di più. Guarda che bel culo che c’hai!” e le diede una gran sculacciata sul sedere, e Moana fece finta di essere arrabbiata e le disse di tenere giù le mani.
   Daniela mi presentò a lei, la quale mi baciò le guance e mi disse il suo nome. Non avevo proprio alcuna speranza di farci qualcosa. Non valevo un cazzo come uomo per potermi permettere il lusso di stare con una come Moana. Una cosa era certa, e cioè che Daniela, per la quale avevo provato un’attrazione smisurata, adesso per me non contava più nulla. La sua bellezza era stata offuscata da quella di Moana, che era una diva, un’icona del sesso, l’apoteosi del porcume.
   Andammo a cercare riparo da qualche parte; il sole picchiava troppo. E così trovammo un bar e ordinammo tre caffè. A parlare erano solo loro due, io ero troppo in imbarazzo per dire qualsiasi cosa. Avevo paura di sembrare un cretino, e così mi limitavo ad annuire a qualsiasi cosa dicevano loro. Ogni tanto Moana mi chiedeva qualcosa; tipo che scuola facevo, quali locali ero solito frequentare il sabato sera, insomma le solite cose. E io rispondevo senza dilungarmi troppo, e lei allora rideva e mi accarezzava il braccio e diceva: “che amore che sei! Sei timido da morire!”. Si era accorta della mia timidezza. Era finita, pensai. Non avevo alcuna speranza di stare con una come lei. Sarei rimasto un verginello per tutta la vita.
   Ad un certo punto Moana disse che doveva andare via perché aveva un appuntamento, e allora Daniela per scherzare le disse: “ahhh! Vai alla monta!”. E Moana rispose divertita: “sì, è molto probabile”. Quella fu un ulteriore conferma che io per Moana ero solo un segaiolo, altrimenti non avrebbe detto quella cosa in mia presenza. E così io e Daniela stavamo per incamminarci verso l’uscita quando ad un certo punto Moana mi afferrò un polso, e con l’altra mano prese una penna che stava sul bancone del bar.
   “Aspetta, dove vai?” mi girò la mano verso l’alto e iniziò a scrivermi qualcosa sul palmo. Era il suo numero di telefono. “Questo è il mio numero. Dopodomani parto, però magari ci sentiamo al mio rientro. Sei simpatico, magari andiamo a bere qualcosa insieme. Che ne dici?”.
   Era tutto così assurdo. Io, uscire a bere qualcosa insieme a quel concentrato di gnoccume? Era un sogno, nient’altro che un sogno. Uno come me non poteva avere alcuna speranza con una come Moana. Ma allora perché mi aveva dato il suo numero? Ero così euforico che avevo l’impressione di essere ubriaco. Ma poi ci pensò Daniela a smorzare il mio entusiasmo.
   “Stai attento a quella lì” mi disse. “Ti ha dato il suo numero di telefono, ma questo non vuol dire che vuole portarti a letto. Dimenticala, non sei il suo tipo. A lei interessano solo i maschi alpha, e tu, scusa se te lo dico, non sei un maschio alpha”.
   “E allora perché mi ha dato il suo numero?”.
   “Moana lo da a chiunque il suo numero, quindi non montarti la testa. Lei non verrà mai a letto con te. Mi dispiace doverti dire queste cose, ma io ti voglio bene come un fratello, e non voglio che quella zoccola ti faccia del male”.
   “Perché la chiami in questo modo? Io credevo che foste amiche”.
   “Infatti lo siamo. Ma il fatto che sia una zoccola è un fatto che sanno tutti. Non lasciarti abbagliare dalla sua bellezza. Moana non è la ragazza giusta per te. Con lei soffriresti soltanto le pene dell’inferno”.
   E allora pensai che Daniela in fin dei conti aveva ragione. Un morto di figa come me non aveva alcuna speranza con una ragazza come Moana, abituata invece ad andare a letto con stalloni da monta di razza. 

Berni.

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