giovedì 16 febbraio 2017

Rientro dalle vacanze. 


   Il primo settembre Moana rientrò dalle vacanze. Sapevo che per quella data sarebbe ritornata, e così la chiamai. Quello che volevo sapere era se quello che c’era stato prima che lei partisse avesse un significato effettivo oppure era una cosa che faceva con chiunque.  Quando la telefonai lei mi prese un po' in giro:
   “Ciao Moana, sono Berni”.
   “Berni chi?” chiese lei, e a quel punto il mio morale scese proprio in basso, fin sotto i piedi. Non si ricordava neppure di me. Questo voleva proprio dire che io ero solo uno dei tanti. Ma mi sbagliavo, mi stava soltanto prendendo in giro.
   “Davvero non ti ricordi di me?” le chiesi.
   “Stavo scherzando! Stupido, certo che mi ricordo di te. Come stai?”.
   “Bene, benissimo. Mi sono ricordato che oggi rientravi dalle vacanze, e così ho pensato di chiamarti”.
   “Che carino! Ti sei ricordato del giorno del mio rientro!”.
   “Sì, beh… magari uno di questi giorni potremmo vederci”.
   “Sì, volentieri. Anche oggi, se ti va”.
   Certo che mi andava. Uscire con una delle ragazze più desiderate della città. Ero al settimo cielo. Come di consueto ormai il nostro appuntamento era fuori al liceo scientifico; poi da lì saremmo andati a fare un giro al centro. E come la volta precedente arrivai all’appuntamento una mezz’ora prima e aspettai con il cuore a mille. Cosa sarebbe successo quel giorno? Avrebbe fatto un’altra volta quella cosa con la bocca? Più ci pensavo e più ero assalito dagli attacchi di panico.
   Finalmente vidi Moana, maiala come non mai. Indossava dei leggings neri in pvc che mettevano in risalto le forme del suo bel culo. Dio, quanto era pornodiva! E quanto dovevamo sembrare strani agli occhi di chi ci vedeva; insomma, in questo aveva ragione Daniela quando diceva che Moana era fuori dalla mia portata. Eravamo davvero una coppia improbabile. Chiunque avrebbe immaginato Moana in compagnia di un aitante stallone da monta, e invece c’ero io.
   Come la volta precedente ce ne andammo al centro e lei mi raccontò qualcosa delle sue vacanze. Mi disse, senza troppi peli sulla lingua, che aveva avuto un’esperienza con un turista francese. E quando le domandai cosa avessero fatto lei mi rispose “tutto”. E io le chiesi: “tutto cosa?”.
   “Tutto quello che si fa a letto, solo che noi eravamo in tenda. Nella sua tenda. È stato a ferragosto, eravamo in spiaggia, poi ci siamo imboscati nella sua tenda e l’abbiamo fatto”.
   “Sì, ma come l’avete fatto?” le chiesi cercando di mascherare la mia rabbia. Ero davvero contrariato da quello che mi stava raccontando. Ma come? Mi chiedevo. Prima di partire mi aveva fatto venire con la bocca, e poi durante le vacanze si era fatta ingroppare da un perfetto sconosciuto. Ma allora io non contavo un cazzo per lei!
   “Berni, come sei curioso!” Moana fece finta di essere indispettita da quelle mie domande, ma si vedeva chiaramente che moriva dalla voglia di raccontarmi tutti i dettagli. “Beh, prima ci siamo leccati un po'. Io leccavo lui e lui leccava me. Poi lui mi ha presa da dietro e mi ha sbattuta in quel modo per un po'. Poi abbiamo cambiato più volte posizione. L’abbiamo fatto a smorza candela, poi io di sotto e lui di sopra. Mi ha fatta venire un sacco di volte. D’altronde anche lui è venuto più di una volta”.  
   Mentre mi diceva quelle cose stavo morendo di gelosia. Perché mi stava raccontando quei fatti? Forse perché non aveva alcun interesse nei miei confronti, e mi vedeva soltanto come un amico con cui confidarsi. Ma ero stanco di fare l’amico delle ragazze. Volevo qualcosa di più. E allora ad un certo punto sbottai, dissi che dovevo ritornare a casa, perché i miei genitori non c’erano e quindi avrei dovuto prepararmi il pranzo da solo. I miei genitori avevano una casetta in campagna, e molto spesso ci andavano per curare l’orto, e quindi io rimanevo da solo a casa.
   “E quindi tu hai casa libera e me lo dici così?” mi domandò.
   “E come dovrei dirtelo?”.
   “Cioè, fammi capire” insistette Moana fingendosi arrabbiata. “Tu hai casa libera e non mi inviti neppure a venire da te?”.
   “E perché dovrei farlo?”.
   “Sei il ragazzo più candido che abbia mai conosciuto. Un altro al posto tuo mi avrebbe invitato a casa sua per montarmi di brutto. A te invece non ti sfiora neppure questa idea”.
   “E invece sì, mi piacerebbe montarti di brutto, come dici tu”.
   “E allora cosa aspetti a invitarmi a casa tua?” mi chiese divertita.
   “Ok. Vuoi venire a casa mia?”.
   “Sì, certo. Ce li hai i preservativi?”.
   “Ci sono quelli di mio padre. Ce li ha nel cassetto della camera da letto”.
   “Quelli andranno benissimo” disse, poi mi prese sotto braccio e mi fece intendere che potevamo andare. “Andiamo timidone, che ti aspetta un sacco di lavoro. Sono una ragazza molto esigente e difficile da soddisfare, io”.
   Possibile che fosse così facile portarsi a letto una ragazza? Oppure era Moana che era una ragazza davvero molto facile? A questo punto pensai che chissà con quanti altri ragazzi aveva fatto la stessa cosa che stava facendo con me. Cioè, chissà da quanti altri maschi si era fatta “montare di brutto”, per usare le sue stesse parole. Forse aveva ragione Daniela, e cioè mi stavo ficcando in un grosso pasticcio. Alla fine di questa avventura probabilmente mi sarei ritrovato soltanto una brutta malattia. Ma non riuscivo a tirarmi indietro. Avevo proprio voglia di montarmela, e lei si stava offrendo con così tanta facilità che rifiutare era quasi impossibile. Mi stava offrendo tutto quel ben di dio, e io cosa avrei dovuto fare? Tirarmi indietro per paura delle malattie infettive? D’altronde me lo aveva confessato lei stessa che aveva avuto un rapporto a ferragosto con un turista francese, un emerito sconosciuto. Come facevo a sapere che quello lì magari non le aveva passato qualche infezione? Poi pensai, ma che importa! D’altronde avremmo usato il preservativo.
   Mi ero ficcato proprio in un bel pasticcio. E il fatto era che non avevo neppure la capacità di tornare indietro. Volevo Moana, volevo entrarle dentro, godere dei suoi buchi. Volevo farla mia, possederla. Forse me ne sarei pentito, e Daniela mi avrebbe detto: “te l’avevo detto io di stare lontano da quella zoccola, ma tu non hai voluto ascoltarmi!”.

Berni. 

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