giovedì 6 aprile 2017

Il rispetto per il proprio corpo.

(in foto: Jana Cova, ClubJanaCova.com)


   “Non capisco” gli dissi una volta tornati nel nostro alloggio. “Perchè ti sei fermato? Ho fatto qualcosa che non andava, forse?”.
   Mi misi a sedere sul divano, mentre Berni faceva avanti e indietro nervosamente, quasi come se volesse dirmi qualcosa ma non ne avesse il coraggio per paura di ferirmi. Lo conoscevo bene il mio Berni, quando faceva così, quando iniziava ad andare avanti e indietro senza dire nulla era perché c’era qualcosa che gli ronzava per la testa. Forse, pensai, ci ero andata pensante facendomi baciare da quello lì. Ma se l’avevo fatto era solo per gioco, perché sapevo che Berni ci stava guardando, e le intenzioni di quel bacio erano quelle di eccitare il mio uomo, non quel perfetto sconosciuto. Insomma, me l’aveva detto lui che gli era piaciuto vedermi fare l’amore con altri uomini durante le riprese del film, e quindi avevo pensato che magari vedermi baciare un altro uomo lo avrebbe fatto eccitare.
   “E dai, dimmi qualcosa” gli dissi. “Dove ho sbagliato?”.
   “Moana, tu sei perfetta” mi rispose. “Credo che ogni uomo vorrebbe una donna come te, pronta a tutto pur di soddisfarlo. Però ho come la sensazione che rischiamo di esagerare”.
   “Esagerare?”.
   “Sì, esagerare. Insomma, mentre ti stavo penetrando analmente e c’erano quei tre che ci spiavano, mi sono chiesto se fosse giusto che altre persone assistano ai nostri momenti privati. E poi mentre ti baciavi con quello lì, ho pensato che stava capitando tutto troppo in fretta. Sì, come ti ho spiegato vederti fare l’amore con altri uomini è una mia fantasia ricorrente, ma da qui a vederti fare l’amore con un emerito sconosciuto c’è una bella differenza. Se deve accadere voglio che sia con una persona di cui ci fidiamo, magari un amico, non con il primo che capita”.
   Berni aveva ragione. Ero stata proprio una stupida, per non parlare del fatto che avevo anche messo a rischio la mia incolumità. E se quello avesse avuto qualche malattia contagiosa e me l’avesse mischiata nel penetrarmi? Posso dire tranquillamente che avevo agito soltanto affidandomi al mio sesso, e poco al mio cervello. Berni invece aveva usato la materia grigia, e non il cazzo. Se avesse fatto come me, e cioè pensare soltanto all’appagamento sessuale, ora probabilmente mi sarei ritrovata dietro ad una stalla a farmi fottere da un perfetto sconosciuto. E tutto si sarebbe concluso con una sborrata sul viso e nella peggiore delle ipotesi con qualche strana malattia. Sì, avevo decisamente sbagliato, e un po' mi vergognai di me stessa, perché ebbi l’impressione che con Berni avessi perso punti. E allora tentai di giustificarmi.
   “Tesoro, ti prego non pensare di me che sono una puttana. Se ho baciato quell’uomo è solo per piacerti di più, per aiutarti a realizzare la tua fantasia”.
   “Moana, io non penso affatto che sei una puttana, penso invece che presto sarai mia moglie. E non voglio che degli sconosciuti ti trattino come un oggetto con cui divertirsi. Sei una donna, non una bambola gonfiabile. E quindi se deve accadere, voglio che sia con un uomo che sia in grado di rispettarti”.
   Mi venne da ridere, perché pensai a quel tipo con cui mi ero baciata, il quale mi aveva dato appuntamento dietro alla stalla. Si sarebbe dovuto accontentare di farsi una sega. In ogni caso ero felice di aver chiarito quella cosa con Berni, ma allo stesso tempo mi sentivo una stupida perché non lo avevo capito da sola.
   Possibile che ci fosse in me qualcosa che non andava? Cioè, ero davvero così? Senza freni, pronta a tutto pur di fare l’amore, di sentirmi appagata sessualmente. Non c’era niente da fare, in me scorreva lo stesso sangue di quella zoccola di mia madre. In me c’era un po' di Sabrina Bocca e Culo. Ma per fortuna avevo accanto un uomo come Berni, che mi avrebbe rispettata per tutta la vita, e che probabilmente mi avrebbe distolta dal fare delle stupidaggini. Perché era chiaro che ero tendenzialmente portata a farne un sacco di stupidaggini. Era come se io fossi l’eterna ragazzina in preda agli ardori giovanili, e invece lui fosse l’adulto, quello che pensa che va bene fare l’amore, va bene fare anche qualche sciocchezza, ma sempre in modo coscienzioso, nel pieno rispetto del proprio corpo.
   Forse era questo il punto; forse non avevo abbastanza rispetto e considerazione del mio corpo, e quindi lo davo via senza troppi problemi, come se fosse un oggetto. E invece Berni sì che ce l’aveva. Forse lui considerava il mio corpo come un qualcosa che non doveva essere violato, se non in nome dell’amore. E concedermi ad un uomo qualsiasi per puro divertimento non era amore. Era sicuramente questo il suo pensiero a cui io non ero riuscita ad arrivare. Lui non voleva che io diventassi una suora, e che mi limitassi a fare l’amore solo per procreare. Sarebbe stato assurdo chiedermi una cosa del genere. Piuttosto lui voleva che io dessi al mio corpo l’importanza che meritava. E se io mi davo via al primo che capitava era come una mancanza di rispetto per le mie cavità.
   Ma d’altronde cosa si poteva pretendere da me? Ero nata da una scopata extraconiugale. Non potevo sapere che cos’è l’amore. Forse l’unico che poteva insegnarmelo era proprio Berni. Per questo in un certo senso mi sentivo sua, perché sentivo che era l’unico uomo in grado di potermi fare capire che cos’era l’amore. Per gli altri maschi non ero che una vacca da monta, un buco con cui godere. Ebbene, proprio per questo motivo decisi di prendere una decisione netta: questo buco da riempire era proprietà privata di Berni, e lo avrei affidato soltanto a lui, e soltanto lui poteva decidere cosa farne, se tenerselo per se oppure condividerlo con altri uomini. Era suo di diritto, perché solo lui sapeva trattarmi con il rispetto che meritavo.
   Quello che era successo quel giorno mi aveva fatto aprire gli occhi; ero una troia patologica, proprio come mia madre, e forse non sapevo che cos’era l’amore. Ma sapevo con certezza che se fossi rimasta accanto a Berni per tutta la vita forse un giorno lo avrei capito.
   Quel pomeriggio prendemmo le nostre cose, pagammo il conto dell’agriturismo e ce ne ritornammo a casa. Si apriva un nuovo orizzonte di fronte a noi. Lungo la strada fummo bloccati da un gregge di pecore, e passare era praticamente impossibile, così dovemmo aspettare che se ne andassero da sole. Nel frattempo cogliemmo l’occasione per fare l’amore. Non avevo mai potuto sopportare l’idea di fare l’amore in macchina, perché la trovavo una cosa estremamente scomoda. Ma ne avevo troppa voglia. E così mi misi a cavalcioni su Berni, feci salire la minigonna fino ai fianchi e tirai giù la lampo dei suoi jeans. Tirai fuori il suo cazzo già bello duro e me lo feci entrare in figa. Portavo il perizoma, quindi prima spostai il lembo di stoffa che copriva le mie labbra di sotto, e poi lasciai entrare Berni dentro. Mentre lo cavalcavo lui mi alzò il top abbastanza da far uscire fuori le mie tette, e iniziò a succhiarmi i capezzoli.
   Dopo qualche minuto le pecore lasciarono la strada, nel frattempo Berni aveva iniziato a schizzarmi dentro. Dopo esserci ricomposti ripartimmo. In fin dei conti era stato un fine settimana molto istruttivo, che mi aveva aiutato a conoscere meglio me stessa e quelli che sarebbero stati i miei obiettivi. Uno di questi obiettivi era l’amore.

Moana. 

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