venerdì 14 aprile 2017

A casa con lui.

(in foto: Kira Queen, Bring The Heat, Babes.com)


   Il giorno dopo fu terribile. Erano le nove di sera e io ero all’assemblea del comitato del centro commerciale, ma non facevo che pensare a Berni, che in quel momento era da solo a casa con quella stallona di Milena, e chissà come si era conciata quella zoccola per fare colpo su di lui, e chissà quali porcate era pronta a fare pur di portarmelo via. Ma chi era quella Milena? Da dove era sbucata fuori? E soprattutto perché ce l’aveva così tanto con me? Quasi sembrava che il suo obiettivo fosse quello di rovinarmi la vita. E se continuava con quelle strategie ci sarebbe riuscita, perché aveva cominciato una vera e propria guerra psicologica a cui al momento non sapevo come rispondere.
   L’assemblea sembrava ancora in alto mare, e tutte le cose di cui si discuteva mi sembravano così inutili che sbuffavo ogni cinque secondi. Il primo argomento di discussione riguardava l’installazione di una fontana all’ingresso del centro, e io pensai: installate quello che vi pare, basta che ci sbrighiamo e mi lasciate ritornare a casa. Poi la discussione si spostò sull’opportunità di creare una nuova area fumatori con un sofisticato impianto di areazione. Ero esausta, non ce la facevo più. Potevo fingere di sentirmi male, questo mi avrebbe permesso di allontanarmi. Ma poi pensai: ma che importa? Potevo mettere la mano sul fuoco sull’onestà e sulla fedeltà di Berni. Non si sarebbe lasciato mettere sotto da Milena.
   E se invece sì?
   Iniziai a battere nervosamente il piede per terra, tanto che la proprietaria del negozio di piante, che era seduta accanto a me, mi chiese se ero nervosa.
   “Va tutto bene, mia cara?” mi disse con il suo tono di voce rassicurante.
   “No, per niente” risposi. “Lei ci crede al fatto che un uomo possa essere fedele alla sua donna al cento per cento?”.
   “Io non credo più a niente da quando il mio Berto mi ha lasciata per andare a vivere con una moldava”.
   “Questo è molto rassicurante” strinsi i denti e chiusi gli occhi cercando di calmarmi, ma con gli occhi chiusi riuscivo a vedere Milena tutta nuda sul nostro letto, e Berni dietro che procedeva con un’appassionata penetrazione anale. Allora spalancai gli occhi per far sparire quell’immagine dalla mia mente.
   Il terzo argomento di discussione era l’installazione di un nuovo impianto di videocamere di sorveglianza. Eh già, le telecamere! La stallona doveva portare a Berni della strumentazione di ultimissima generazione, e quindi di conseguenza l’avrebbero provata. E cosa c’era di meglio per provare la qualità delle immagini se non riprendersi mentre facevano l’amore? E quindi la monta sarebbe stata immortalata in alta definizione, e probabilmente poi la stallona me ne avrebbe data una copia per farmi vedere quanto era brava a farsi il mio fidanzato. E allora a quel punto sarei stata capace di qualsiasi cosa. Probabilmente le sarei saltata addosso e l’avrei riempita di botte. Certo, lei era più alta di me, forse me le avrebbe suonate di brutto, ma io sono sempre stata molto brava a usare le mani, quindi alla fine l’avrei messa al tappeto, e le sarei pure salita coi piedi sopra, tipo lottatrice di wrestling.
   “Devo assolutamente andarmene” dissi con un filo di voce, ma la proprietaria del negozio di piante mi sentì e disse che non ero obbligata a rimanere fino alla fine. “Dice davvero?”.
   “Ti copro io. Se qualcuno me lo chiede gli dico che sei andata al bagno”.
   “Ma come si fa per la firma?” alla fine dell’assemblea avevamo l’obbligo di firmare sul foglio delle presenze.
   “Tranquilla, ci penso io a mettere uno scarabocchio al posto tuo”.
   “Signora, lei è un angelo. Non riesco proprio a capire perché suo marito l’abbia mollata per una moldava”.
   “Chi lo sa. Forse perché era vent’anni più giovane di me e aveva la pelle fresca come i petali di una rosa”.
   Sgattaiolai fuori dal centro commerciale e andai a prendere la macchina. Feci la strada tutta di corsa, bruciando qualche semaforo e facendomi perfino qualche controsenso. Arrivai sotto casa nel giro di cinque minuti. Tempi record dal momento che dal centro ce ne volevano circa una ventina. Uscii dalla macchina e mi lanciai come una furia verso la porta di casa; per la fretta che avevo di entrare non riuscivo a trovare le chiavi, che erano sepolte nella borsa chissà dove. Avrei potuto anche suonare e farmi aprire, ma in questo caso avrebbero avuto il tempo di rivestirsi, nell’ipotesi in cui stessero facendo l’amore. Se invece entravo da sola potevo anche sperare di beccarli sul fatto, e a quel punto sarei saltata addosso a Milena e l’avrei riempita di pugni. A Berni invece lo avrei cacciato di casa e gli avrei detto che tra noi era finita.
   Finalmente riuscii a trovare le chiavi e le infilai nella toppa della porta. Entrai senza fare troppo rumore e mi feci strada lungo il corridoio che portava al soggiorno, ma ad un certo punto mi bloccai, diventai come il marmo, incapace a muovermi, perché cominciai a sentire i rantoli tipici di una donna che sta godendo in modo incontrollato. Il sangue mi salì tutto al cervello e stavo quasi per perdere le forze, e quindi probabilmente a breve sarei stravaccata sul pavimento. Poi però mi accorsi che c’era qualcosa di anomalo in quei rantoli, perché inspiegabilmente sembravano i miei. Ma come era possibile? Ero proprio io, e stavo godendo come una cagna. Per scoprire quel mistero non potevo fare altro che addentrarmi nel soggiorno, dal quale provenivano i miei versi orgasmici. Finalmente capii cosa stava succedendo; Berni e Milena erano in piedi davanti allo schermo ultrapiatto e stavano guardando il nostro film. Lui le stava spiegando nei minimi particolari le tecniche che aveva utilizzato, facendo uso di un linguaggio molto tecnico che facevo fatica a capire, ma che per Milena invece era abbastanza comprensibile, e infatti sembrava molto interessata a quello che stava dicendo Berni, e annuiva e poi ritornava a guardare lo schermo.
   “Berni, cosa sta succedendo? Perché le stai facendo vedere il film?” chiesi un po' indispettita. L’idea che Milena potesse vedermi in quel modo non mi piaceva affatto. Non nutrivo molta simpatia per lei, e quindi il fatto che mi stesse guardando mentre facevo l’amore (o comunque mentre fingevo di farlo) era una cosa molto fastidiosa.
   Berni e Milena, che fino a quel momento mi avevano dato le spalle, si girarono verso di me. Lei mi sorrise in modo beffardo, quasi come se volesse farmi capire che mi aveva smascherata, era riuscita a scoprire la mia vera identità. E adesso dovevo stare in guardia, perché avrebbe potuto dirlo a chiunque. Ma io mi misi coi pugni contro i fianchi e alzai fieramente la fronte guardandola con aria di sfida, per farle capire che non mi vergognavo affatto di quello che avevo fatto. Anzi, ne andavo fiera.
   “Tesoro!” esultò Berni. “Milena mi ha portato quella strumentazione di cui avevo bisogno. Poi mi ha chiesto di farle vedere il film che abbiamo realizzato, e io ho pensato che non ci fosse nulla di male, e così ho deciso di mostrarglielo. Ho fatto male?”.
   “No no” risposi, “è solo che magari Milena non è abituata a guardare i porno”.
   “Moana, non sentirti in imbarazzo” disse lei. “Lo stiamo guardando soltanto con spirito critico, senza nessuna malizia”.
   “Non mi sento in imbarazzo, figurati”.
   “Comunque complimenti davvero. Sei davvero brava a farti montare”.
   “Modestamente ci so fare” poi guardai l’orologio che avevo al polso, volevo proprio mandarla via, quindi mi attaccai al pretesto che era molto tardi. “Beh, io sono molto stanca. È stata davvero una giornata pensante. Quindi Milena, se non ti dispiace…”.
   “Assolutamente, tolgo subito il disturbo”.
   A quel punto la accompagnammo alla porta, dopodichè ritornammo nel soggiorno, e io avevo voglia di fare un interrogatorio di terzo grado a Berni, per sapere tutto ciò che avevano fatto e tutto quello che si erano detti. Ma tempo cinque minuti e Milena bussò di nuovo alla porta. Non vi erano dubbi sul fatto che fosse lei. Chi poteva essere sennò? Allora feci segno a Berni di andare ad aprire. Io restai in soggiorno; ero piuttosto amareggiata, e tenevo l’orecchio teso per sentire la cavallona cosa aveva dimenticato.
   “Berni, ho un problema” disse. “La macchina non parte. Potrei rimanere a dormire qui da voi?”.
   “Ma certo. Non c’è nessun problema”.
   In quel momento avrei preso Berni per il collo fino a strozzarlo.

Moana.

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