domenica 16 aprile 2017

Un'eccezionale orgasmo notturno. 

(in foto: Carter Cruise, Second Chances, NewSensations.com)


   Ero così arrabbiata con Berni che gli dissi che quella notte avremo dormito in stanze separate. Lui nella camera degli ospiti, io nella camera da letto e la stallona sul divano del soggiorno.
   “Ma cosa avrei dovuto dirle?” protestò. “Hai sentito? La macchina è rotta”.
   “Non me ne frega niente” risposi. “Io quella lì in casa mia non ce la voglio”.
   E quindi ci mettemmo tutti a letto, ma io non riuscii a chiudere occhio. Avevo paura che nel cuore della notte la cavallona decidesse di infilarsi sotto le coperte insieme a Berni, e quindi facendomi diventare una cornuta proprio sotto il tetto di casa mia. Era strano stare a letto senza il mio uomo, ma dovevo pur dargli una lezione. Ma poi che lezione dovevo dargli? Non aveva fatto nulla di male. Si era comportato soltanto in modo gentile. Ma il punto era che io non potevo sapere se in effetti dietro quella gentilezza si nascondessero degli interessi. Cioè, e se magari Berni era davvero interessato a farsi la cavallona?
   Intanto continuavo a girarmi e a rigirarmi sotto le lenzuola. Sapere che lì in casa, al piano di sotto, cioè nella zona giorno, c’era lei che chissà cosa stava pianificando di fare, mi stava facendo diventare matta. E allo stesso tempo pensavo che ero stata troppo severa con Berni. Mi sentivo terribilmente in colpa. Addirittura cacciarlo dalla camera da letto, mandarlo a dormire nella stanza degli ospiti, come se fosse un estraneo. Povero Berni. Non lo meritava.
   Ad un certo punto sentii la porta della camera da letto che si apriva delicatamente. Ma in principio non gli diedi molta importanza. L’avevo lasciata aperta proprio per origliare ciò che avveniva al piano di sotto, dove stava Milena, e quindi pensai che un filo di vento l’avesse aperta un po' di più. Ma dopo un po' capii che non si trattava del vento; qualcuno era appena entrato in camera. Sicuramente Berni. Forse era venuto a cercare il mio perdono. E quindi alzò il lenzuolo dalla parte di sotto, cioè dove stavano i miei piedi, e si infilò sotto, e con le mani percorse le mie cosce, fino ad arrivare con la bocca alle mie labbra di sotto. Premetto che ero nuda, quindi non gli fu difficile raggiungere il mio sesso. Sentii il calore del suo respiro contro le mie labbra.
   “Berni, che stai facendo?” gli chiesi in modo brusco. “Ti avevo detto che volevo stare da sola. Ritorna nella camera degli ospiti”.
   A quel punto la sua lingua calda e umida si posò sulla mia fighetta e iniziò a leccarla con passione, e io non riuscii a sottrarmi da quel piacere e lo lasciai proseguire. Doveva averci proprio tanta voglia, perché lo sentivo succhiare con molta intensità. Nel giro di pochi minuti in mezzo alle gambe mi si creò un vero e proprio lago; sbrodolavo in modo indecente. Allora con una mano raggiunsi la sua testa e mi accorsi che c’era qualcosa di strano. I suoi capelli erano lisci come la seta, e soprattutto erano lunghi, e quindi non mi fu difficile capire che non si trattava di Berni, bensì di Milena. Allora con una mano cercai l’interruttore della lampada che c’era sul comodino e accesi la luce, e tirai via il lenzuolo che ci copriva entrambe.
   “Milena!” esclamai. Anche lei era nuda come me, e aveva un corpo davvero perfetto come avevo immaginato. “Ma cosa stai facendo?”.
   “Non lo vedi?” domandò lei divertita. “Ti lecco la patata”.
   “Sì ma non credo che sia una cosa opportuna”.
   “Sarà il nostro piccolo segreto. Rilassati”.
   La cavallona mi si mise accanto e con una mano raggiunse la mia fighetta, e la aprì con due dita e nel frattempo con il dito medio mi massaggiava il clitoride muovendolo in modo circolare. Era una sensazione paradisiaca. Chiusi gli occhi e aprii la bocca; ero completamente imbambolata, incapace di reagire per l’intenso piacere che stavo provando. Milena ci sapeva davvero fare; sapeva esattamente quali erano i miei punti deboli. Nel frattempo aveva iniziato a baciarmi il collo e dopo un po' salì verso la mia bocca e agguantò la mia lingua e la fece sua, e la mia bocca fu invasa dalla sua saliva, e ebbi la sensazione che ormai eravamo diventati un’unica cosa, un unico corpo in preda alle palpitazioni.
   Non potevo credere che stesse succedendo per davvero, che io e la mia rivale eravamo a letto insieme, e lei mi stava regalando uno degli orgasmi più intensi della mia vita. Intanto aveva iniziato a sgrillettarmi con un’intensità davvero notevole, tanto da farmi squirtare come una fontana, e i miei schizzi finirono dappertutto e le lenzuola diventarono un pantano. Nel frattempo cercavo di strozzare le mie urla di piacere; non volevo che Berni ci sentisse. Il piacere che stavo provando era così intenso che cominciarono a tremarmi le gambe, come se fossi in preda ad una specie di crisi convulsiva, e non ci potevo fare niente. Controllare il mio corpo era completamente impossibile. Quando finii di squirtare Milena mi ficcò in bocca la mano che aveva usato per sgrillettarmi, costringendomi a bere i miei stessi umori, poi la fece uscire e mi strinse le guance in una morsa, come certe volte si fa con i bambini paffutelli, poi allentò la morsa e mi diede uno schiaffo. Mi fece un po' male, ma ero così annebbiata dal piacere che avevo appena provato che neppure me ne accorsi.
   “Ti è piaciuto, puttana?”.
   Ero così stravolta che non riuscivo neppure a risponderle. Me ne rimasi lì sul letto con le gambe spalancate, la figa che sbrodolava ancora, e cercai di riprendere fiato. Ero esausta. Nel frattempo lei spense la luce e uscì dalla stanza. A quel punto mi addormentai.
   Al mio risveglio cercai di capire se era successo per davvero oppure se mi ero sognata tutto. Le lenzuola erano ancora umidicce, quindi qualcosa era accaduto. E poi avevo ancora l’odore di Milena in bocca, di quando mi aveva baciata con la lingua. Sentivo ancora la sua saliva attaccata alle mie guance e al mio collo. Non riuscivo a darmi una spiegazione. Perché lo aveva fatto? Proprio lei che sembrava aver cominciato una guerra contro di me, con l’apparente scopo di rubarmi il trono da reginetta del centro commerciale e soprattutto il mio Berni. Ma allora non era a Berni che la cavallona mirava, bensì il suo obiettivo ero io.
   Mi alzai dal letto e andai come una furia verso il soggiorno, ma lei non c’era più. Al suo posto c’era Berni che stava facendo colazione seduto davanti alla tivù, su cui scorrevano le immagini di un telegiornale e di un attentato appena avvenuto in medio oriente.
   “Lei dov’è?” chiesi.
   “È andata via con un taxi” rispose, e poi mi guardò. Ero ancora nuda, e nei suoi occhi lessi una certa eccitazione. Vedermi così, come mamma mi ha fatta, gli faceva sempre quell’effetto. “Moana, sei da erezione”.
   “Bada a come parli” lo ammonii. “Sei ancora in punizione”.
   Mi feci una doccia e poi andai dritta al centro commerciale. Ma prima di ritornare in negozio andai a trovare Milena, che stava sistemando della merce su degli scaffali. Fece finta che non fosse successo nulla, e quando le chiesi delle spiegazioni su ciò che era successo la notte precedente lei alzò le spalle e mi domandò a cosa mi riferissi.
   “Non fare la stupida, tu mi hai…”.
   “Cosa? Cosa ti ho fatto?”.
   “Lo sai bene. Perché lo hai fatto?”.
   “Perché mi andava di farlo. E poi perché mi piaci”.
   “Io credevo che tu fossi interessata a Berni”.
   “Mi piace anche Berni. Mi piacete entrambi. Ma tu mi piaci di più”.

Moana.

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