sabato 18 novembre 2017

La guerra delle bambole. 

(in foto: Natalya Neidhart)


   Le mie intenzioni non erano di certo quelle di scrivere un post, infatti mi ero ripromessa di concedermi un periodo di riposo. Però siccome mio padre nel suo ultimo racconto vi ha parlato della madre della mia acerrima nemica dei tempi della scuola, allora ho pensato di raccontarvi del rapporto che avevo con Italia, la figlia di Cinzia per l’appunto.
   Italia era per me una vera rivale, infatti tutti i maschietti della scuola andavano dietro lei in egual misura di quanto venivano dietro a me. Ma c’era anche dell’altro; la nostra rivalità aveva anche qualcosa di politico. Lei infatti era di estrema destra, io invece sono sempre stata di sinistra, una sinistra certamente non estrema, ma certamente contraria a tutte le destre e a ogni forma di razzismo.
   Italia era bella davvero, era bionda come me, aveva un corpo davvero perfetto sotto ogni punto di vista. E nutriva nei miei confronti un certo odio, perché la mia presenza ostacolava seriamente il suo progetto di diventare la ragazza più desiderata della scuola. I maschietti desideravano sia lei che me, e questa cosa lei non riusciva a mandarla giù.
   Italia aveva un fidanzato, cornutissimo dal momento che lei non riusciva a resistere alla tentazione di concedersi anche ad altri maschi. In quel periodo io non stavo ancora con Berni, lo avrei conosciuto soltanto due mesi dopo, e quindi ero libera di farmi montare da chi mi pareva. E Italia non lo accettava, perché facendo così le sottraevo molti ammiratori. E allora qualche volta lo facevo di proposito a farmi ingroppare dai maschietti che le andavano dietro, così da farli diventare miei, e lei andava su tutte le furie, e quando mi incontrava nei corridoi me ne diceva di tutti i colori; diceva che ero una puttana, una maiala senza ritegno. E io per farla incazzare ancora di più le dicevo compiaciuta: “grazie, modestamente non mi posso lamentare”.
   Un giorno qualche stronzo aveva messo in giro la voce, con l’evidente intenzione di buttare benzina sul fuoco, che avevo fatto la zoccola con il suo fidanzato, e che quindi mi ero fatta montare. Era una balla, ma chi aveva messo in giro quella falsità aveva raggiunto lo scopo che si era prefissato; Italia infatti mi venne a cercare nei corridoi della scuola e me le diede di santa ragione. Io comunque non me ne stetti con le mani in mano e risposi all’aggressione, e le diedi un pugno in faccia che ancora se lo ricorda. Il sangue gli uscì dal naso per tutta la giornata.
   Ad un certo punto ci separarono e venne la preside che ci portò nel suo ufficio per farci una bella lavata di testa.
   “Non so più cosa fare con voi due” disse. “Non fate altro che azzuffarvi come due galline”.
   “Preside, è colpa sua” rispose Italia. “È una puttana. Si è fatta ripassare da tutta la scuola, e sono venuta a sapere che si è fatta montare anche dal mio fidanzato. Mi dica lei se non ho fatto bene a suonargliele”.
   “Innanzitutto non me le hai suonate affatto, tanto è vero che c’hai ancora il sangue che ti scorre dal naso, e io invece come puoi ben vedere non ho nemmeno un graffio. E poi è vero, forse sono un po' puttana, ma anche tu non scherzi. Lo sanno tutti che la settimana scorsa ti sei fatta impalare da Ricky il nero”.
   “Ah sì? E non è forse vero che tu ti sei fatta sborrare in faccia da Christian della quinta F?”.
   “Sì, infatti, ma tu hai fatto un pompino in macchina a Paolo della quinta B e poi hai anche ingoiato la sborra”.
   Andammo avanti per buoni cinque minuti a rinfacciarci tutte le porcate di cui ci eravamo rese protagoniste, e la preside era letteralmente scioccata, tanto che a un certo punto ci ordinò di smetterla.
   “Ragazze, io non posso credere che avete fatto per davvero tutte queste porcherie. Ma vi rendete conto che in questo modo gli uomini non avranno mai un briciolo di rispetto per voi? Sarete per loro soltanto degli oggetti con cui appagare le loro pulsioni sessuali. Voglio immediatamente parlare con i vostri genitori”.
   E infatti mandò immediatamente a chiamare le nostre madri. Mia madre e la madre di Italia, cioè la Cinzia di cui vi parlava mio padre nei post precedenti, si conoscevano; la città, come mi è già capitato di dire, era davvero piccola. Anche loro due erano state a scuola insieme, e proprio come tra me e Italia non c’era mai stato un ottimo rapporto, anzi, a dirla tutta se avessero potuto se le sarebbero date di santa ragione pure loro.
   “Cos’altro ha combinato quella sgualdrina di tua figlia?” chiese Cinzia a mia madre.
   Noi eravamo sedute fuori all’ufficio della preside, Italia si stava tamponando il naso con una garza.
   “A quanto pare la mia piccola le ha date di santa ragione alla tua figlioletta. E se lo ha fatto avrà avuto certamente delle buone ragioni”.
   “Sei sempre la solita, Sabrina. Sempre la solita puttana”.
   “Sarà, ma tu rimani sempre e comunque la solita stracciona” rispose mia madre.
   “Non ti permetto di chiamarmi in questo modo! Hai capito? Stronza di una puttana da marciapiede” urlò lei. Mia madre aveva appena toccato il punto debole di Cinzia e lei aveva letteralmente perso il controllo.
   A quel punto uscì la preside dal suo ufficio e ci fece entrare tutte dentro, poi richiuse la porta e si preparò a fare uno dei suoi noiosissimi discorsi.
   “Signore” disse rivolgendosi alle nostre madri. “Se vi ho convocato qui non è tanto perché Moana e Italia sono arrivate alle mani, ma per mettervi al corrente della sregolatezza delle loro vite. Mi dispiace dovervelo dire, ma le vostre ragazze conducono uno stile di vita eccessivamente libertino. A questo punto ritengo che sia vostro dovere cercare di porre un freno alle vostre figlie prima che sia troppo tardi”.
   “Beh, non c’è da stupirsi” rispose la madre di Italia. “Cosa puoi pretendere da una ragazza se ha una madre che ha rapporti con altri uomini mentre il marito compiacente se ne sta a guardare?”.
   “Vuoi veramente parlare della mia vita intima?” chiese mia madre in modo tranquillo, quasi come se avesse un asso nella manica da giocare per inchiodare Cinzia al muro. “Perché invece non parliamo della tua? Davvero credi che non so quello che fai tu? E invece lo so bene che tu e tuo marito partecipate spesso a delle eleganti feste nei salotti aristocratici dove lo scambio di coppia è lecito e dove spesso avvengono delle mastodontiche ammucchiate”.
   “Signore, per cortesia!” la preside cercò di farle smettere. “Cercate di controllarvi”.
   Quando ritornai a casa mia madre mi disse che avevo fatto bene a dare a Italia quel pugno sul naso. Se lo meritava, perché era una ragazza viziata e per di più era una fascista figlia di fascisti.
   E questo è soltanto uno degli episodi che caratterizzavano l’interminabile guerra che c’era tra me e la figlia di Cinzia. Poi dopo il diploma abbiamo preso strade differenti, e per fortuna non ci siamo più incrociate.  

Moana.
 

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