giovedì 19 luglio 2018

Moana, una bambola

guerriera. 

(in foto: Carter Cruise, Fantasies, NewSensation.com)


[postato da Berni]

   Alle sei e mezza un rumore tremendo mi fece svegliare. Sembrava qualcosa che si infrangeva, ma subito mi rimisi a dormire, perché ero convinto che qualsiasi cosa fosse di certo non riguardava me. Chissà, magari avevo soltanto sognato.
   Quando poi mi svegliai definitivamente alle otto mi accorsi che non era stato un sogno, era davvero successo qualcosa. E purtroppo era qualcosa che mi riguardava. Moana dormiva beatamente, ma mi accorsi di un fatto anomalo, e cioè che ai piedi del suo lato del letto giaceva la sua mazza da softball, la sua Morgana, con la quale aveva vinto non poche partite, e con la quale aveva anche permesso alla sua squadra di vincere un campionato. Di solito Moana la custodiva in una panca nell’ingresso, per cui mi chiesi come ci fosse finita lì per terra. Possibile che c’erano stati i ladri? E se sì, come mai non avevano portato via niente? Infatti era tutto al suo posto, tranne quella mazza da softball.
   Comunque feci colazione e mi preparai ad uscire, e quando arrivai alla macchina mi resi conto che quel rumore che avevo sentito non me l’ero sognato per niente. Qualcuno mi aveva sfondato un finestrino, esattamente quello del lato del guidatore. La prima cosa che mi venne da pensare fu che qualcuno aveva tentato di rubarmela. Ma allora perché non l’avevano fatto? Cioè, perché non avevano portato avanti il piano? Forse perché, pensai, non era un tentativo di furto ma un intimidazione. Ma chi era che voleva intimidirmi? Cosa avevo fatto di male per ricevere un tale avvertimento?
   Pensai subito ai casting che stavo facendo in quel periodo per cercare nuovi attori e nuove attrici per il mio nuovo film. Casting che non mi avevano portato a niente. Però chissà, magari quello che mi avevano fatto era l’azione di un fidanzato geloso di una delle ragazze che si era presentata alle selezioni. Ma perché? I miei casting erano puliti; facevo soltanto delle domande alle candidate e ai candidati, per esempio mi facevo raccontare il motivo del perché avevano deciso di intraprendere quella strada. Quindi niente di compromettente. Nell’immaginario collettivo durante i casting andava a finire sempre che i registi o i produttori si montavano le aspiranti attrici per metterle alla prova, ma in verità non era proprio così. O perlomeno per me non lo era. A me bastavano delle domande per capire se potevo fare affidamento su di loro. E fino ad adesso non avevo trovato nulla di buono.
   Ma insomma, chi era stato a spaccarmi il finestrino della macchina?
   Poi all’improvviso ebbi l’illuminazione. Nella mia mente rividi la mazza da softball che giaceva ai piedi del nostro letto. Alzai gli occhi verso il nostro appartamento, che era al secondo piano, cioè l’ultimo. Nel nostro quartiere gli edifici erano tutti di due piani. Non si vedevano quei mostri di cemento che di solito ci sono al centro. Questo dava alla zona una dimensione più umana.
   Ebbene, alzai gli occhi verso l’alto e vidi Moana sul nostro balcone, mi guardava, indossava la sua vestaglia da notte nera, quella trasparente che praticamente si vedeva tutto. Aveva le braccia incrociate e un’espressione sul viso fiera e al tempo stesso divertita. Il sole illuminava i suoi capelli dorati delicatamente mossi da un vento debole, e da qualche parte c’era una musica, anche se non riuscivo a comprendere da dove proveniva, era la famosa marcia del film di Arancia Meccanica, ovvero il monumentale Inno alla Gioia di Ludwig van Beethoven interpretato elettronicamente da Wendy Carlos. Forse era soltanto nella mia testa, o forse no, rimane il fatto che Moana era lì che mi fissava con gli occhi carichi di odio e orgoglio, e un brivido mi percorse lungo tutto il corpo. Era naturale che avrebbe cercato di vendicarsi di quello che avevo fatto. Lei non era una ragazza che si faceva mettere le mani addosso. E quando succedeva state sicuri che presto sarebbe arrivato un contrattacco distruttivo. Moana non faceva sconti a nessuno. Moana non era succube di nessuno, e il vetro spaccato della macchina ne era la prova. E se avessi tentato di rifare quello che avevo fatto quella sera, probabilmente la sua Morgana, ovvero la sua mazza da softball, invece di prendersela con la mia auto, probabilmente mi avrebbe aperto la testa in due parti. Questo ci leggevo nei suoi occhi, ed era proprio questo che stava cercando di farmi capire: stai attento a quello che fai, perché la prossima volta non sarò così clemente, perché questa volta ci sono andata leggera.
   In un certo senso era rassicurante sapere che Moana non era cambiata. Era sempre la stessa ragazza che avevo conosciuto sei anni prima, un po' bambola e un po' amazzone, che di certo non avrebbe mai e poi mai tollerato un gesto come quello che avevo fatto io. Nonostante le apparenze, Moana non era una bambolina con la quale ci si può fare qualsiasi cosa. Puoi farci qualsiasi cosa soltanto se è anche lei a volerlo, ma se provi a sottometterla diventa un problema (tuo). Per farvi capire meglio vi dirò soltanto che quando qualcuno praticava una cumshot sul suo viso in realtà era lei che si stava facendo fare una cumshot sul viso. Era lei che decideva di concederti questo lusso. Senza la sua autorizzazione avresti scatenato soltanto la sua terribile ira, e probabilmente ti saresti ritrovato al pronto soccorso con un testicolo in meno.
   “Sei stata tu?” le chiesi dalla strada.
   “Io? No. È stata Morgana” mi rispose dal balcone.
   “E adesso come faccio ad andare a lavoro?”.
   “Tra dieci minuti dovrebbe passare l’autobus”.   
   Qualche anno fa il fratello di Moana ha scritto un post su questo blog in cui ha detto che per lui sua sorella era stata una specie di supergirl, e che quando erano piccoli ogni volta che si era trovato in difficoltà, che magari c’era un bulletto che lo aveva preso di mira, compariva sua sorella e rimetteva le cose a posto, e gonfiava di botte il bullo. Non aveva mai avuto paura di niente e di nessuno, aveva sempre avuto un coraggio e una forza fuori dal comune. Non si era mai lasciata mettere sotto da nessuno. Nonostante questo Moana era sempre stata l’idolo di tutti i maschietti del quartiere, perché come dicevo poco fa, lei era un po' amazzone e un po' bambola. Insomma, Moana poteva farti godere come nessun altra donna al mondo, ma poteva anche farti soffrire le pene dell’inferno. Tutto dipendeva da come ti ponevi nei suoi confronti. E quel giorno, spaccandomi il finestrino della macchina, me ne aveva dato la prova. Già lo sapevo di cosa era capace di fare quando si sentiva offesa e ferita, ma lei ci aveva comunque tenuto a rinfrescarmi la memoria nel caso in cui me lo fossi dimenticato. Nessuno sarebbe mai riuscito a sottometterla. Moana nascondeva dentro di se un’anima da guerriera, e sottovalutare questa cosa poteva essere un terribile errore.
  

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