giovedì 21 marzo 2019

Ornella e le cinque

amazzoni. 

(in foto: Amazon-Warriors.com)


[postato da Stefano]

   Io e Ornella avevamo appena finito di fare l’amore, e adesso eravamo fuori al terrazzo a cenare. Io ero nudo, lei invece aveva un elegante vestito da sera. Dalla strada potevano vedermi, ma anche dal terrazzo accanto, dove c’era un altro appartamento, ma Ornella mi disse di non preoccuparmi, perché i suoi vicini erano due anziani che a quell’ora già erano a letto, e in strada non ci passava mai nessuno. Insomma, voleva ad ogni costo che cenassi così.
   “Poterti guardare così per me è un vero piacere” mi disse. “Io sono sempre stata innamorata di te. Ti ricordi quando eravamo ragazzi, e tutti mi prendevano in giro? Dicevano che ero effeminato. Ed era vero, infatti dentro di me c’è sempre stata una donna. C’è sempre stata Ornella. Tu eri l’unico che non mi prendevi in giro per questo”.
   Lo ricordavo bene. Ornella quando era ancora un “lui” era il bersaglio preferito dei bulletti del quartiere. Ricordo ancora una volta quando un ragazzino gli diede un pugno nella pancia, proprio davanti ai miei occhi, così, senza un apparente motivo. O forse no, il motivo c’era; lui era diverso da tutti gli altri maschietti. Lui aveva una donna dentro. E per questo motivo doveva essere punito. Per questo si beccò quel pugno nella pancia. Lo ricordo come se fosse ieri; Ornella si piegò in avanti per il dolore e sul suo viso apparve un’espressione di dolore, e poi iniziò a piangere, e intanto il bulletto era scappato.
   Avevo visto piangere Ornella centinaia di volte, e sempre per lo stesso motivo. Una volta ricordo che era uscita coi pattini; Ornella adorava andare in giro coi pattini. E allora i bulletti del quartiere l’avevano accerchiata, e avevano iniziato a spintonarla nel tentativo di farla cadere, o comunque di spaventarla, soltanto che lei riuscì a rimanere in piedi, ma iniziò a piangere dalla paura per quello che sarebbe potuto succedere. Insomma, Ornella aveva avuto davvero un’infanzia difficile. E spesso ero preso di mira anche io, perché lei (lui) era il mio migliore amico, e per questo motivo venivo punito anche io. Però io cercavo sempre di difendermi; le prendevo, però le davo anche. Però la maggior parte delle volte le prendevo e basta.
   Ornella era cresciuta insieme a cinque sorelle, lui era l’unico maschio, anche se in realtà dentro era come loro. Era femmina. Ricordo che quando andavo a casa sua per me era una festa; le sorelle spesso bazzicavano per casa mezze nude, e non se ne fregavano niente della mia presenza, perché probabilmente pensavano che ero innocuo. Ero soltanto un ragazzino, loro invece erano più grandi, e me la sbattevano in faccia senza timore, tanto lo sapevano che non avrei fatto niente, perché ero solo un ragazzino. E poi se ci avessi provato a fare qualcosa mi avrebbero riempito di sganassoni.
   Ricordo che molto spesso erano proprio loro a difendere Ornella, in quanto erano ben consapevoli che il loro unico fratellino maschio in realtà aveva una donna dentro. Era soltanto questione di tempo, e poi sarebbe uscita fuori da sola. E quindi sapevano anche che Ornella era continuamente preda delle angherie dei bulletti, e molto spesso partivano alla carica come delle amazzoni, e andavano a difenderla, e spesso riempivano di botte i bulletti. Erano belle cazzute le sorelle di Ornella, oltre ad essere delle grandissime gnocche. Sì, ricordo che erano un vero e proprio tormento erotico per me. Spesso fantasticavo di andarci a letto insieme, con tutte e cinque, chiavarmele tutte insieme. Ma ovviamente erano solo delle fantasie. Anche perché con cinque ragazze insieme ci avrei fatto solo la figura del fesso, perché non ero mai stato un fenomeno a letto.
   Comunque dopo cena ci rilassammo sul divanetto che stava sul terrazzo, sotto al gazebo di legno con le piante rampicanti che scendevano verso il basso. Poi ad un certo punto Ornella si addormentò; era molto stanca, e in effetti lo ero anch’io. Quindi la presi in braccio e la portai a letto. Forse avrei fatto bene ad andarmene, però avevo paura di addormentarmi lungo la strada. Quindi me ne andai nel soggiorno e mi misi sul divano, con l’intenzione di riposarmi un po' prima di rimettermi alla guida. Sonnecchiai per un’oretta e poi iniziai a sentire un certo baccano provenire dalla strada; erano delle voci femminili che si facevano sempre più vicine. In principio non gli diedi molta importanza, poi ad un certo punto sentii gli scatti della serratura della porta d’ingresso; c’era qualcuno che stava cercando di entrare nell’appartamento, poi la porta si aprì e entrarono. Le amazzoni. Le sorelle di Ornella. Non so cosa ci fossero venute a fare, ma io ero nudo ed ebbi soltanto il tempo di afferrare un cuscino a mettermelo davanti.
   Erano un po' alticce, erano state a cena fuori ed erano passate a casa di Ornella per un saluto, e invece avevano trovato me, e quando si accorsero della mia presenza rimasero lì a fissarmi per qualche minuto. Io reggevo il cuscino tra le mie gambe con tutte le forze che avevo. Poi ad un certo punto scoppiarono a ridere, una risata umiliante, perché avevo l’impressione che mi trovassero ridicolo, o forse era la situazione ad essere ridicola, non saprei dirvi. Resta il fatto che avevano cominciato a ridere sadicamente e non la smettevano più.
   Erano bellissime, proprio come vent’anni fa, e anche se adesso erano delle donne mature continuavano ad essere delle gnocche colossali.
   “Che ci fa questo verme in casa di nostra sorella?” chiese Lisa, la più grande, e le altre intanto continuavano a ridere. “Lo dicevo io che sarebbe stato più appropriato fare un colpo di telefono, prima di piombarle in casa”.
   “Ma se lo hai detto tu che volevi farle una sorpresa!” continuò Sandra, la più giovane, e a mio parere la più bella di tutte. “Hai detto testuali parole: dai, tanto ho le chiavi. Facciamole una sorpresa!”.
   “E invece la sorpresa ce l’ha fatta questo verme!” aggiunse Lisa. Credo di non essermi mai sentito così umiliato in vita mia. Era evidente che avevano una scarsa considerazione di me.
   “Forse è meglio se vado” dissi.
   “Dove credi di andare?” mi chiese Lisa. “Facci ridere un altro po'”.

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