giovedì 8 dicembre 2016

Il mercato del sesso.


   Ero ritornata al negozio e tutto procedeva tranquillamente. La questione del barattolo delle urine con la sborra dentro era rimasta irrisolta, nel senso che il mittente era rimasto anonimo. Cominciavo a credere che davvero mio marito non c’entrasse nulla. Ma allora se non me l’aveva spedito lui, di chi era quella sborra? Stefano mi aveva fatto capire che non ne sapeva nulla, perché il giorno prima, dopo la cena con Elena, e dopo aver fatto l’amore (anche anale) mi aveva detto che quella storia del vasetto lo preoccupava un po'. Io gli avevo risposto che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Era soltanto un altro ammiratore che moriva dalla voglia di venire a letto con me. D’altronde ancora mi portavo dietro la nomina di Sabrina Bocca e Culo, quindi erano in molti a voler usufruire delle mie cavità per trarne piacere.
   “Quello che mi preoccupa è che non riesco a immaginare quale razza di pervertito potrebbe mandare ad una donna un vasetto con della sborra dentro” mi disse.
   Non gli seppi rispondere. Ma non credevo che ce ne fosse neppure bisogno, dal momento che il mittente era anonimo ed ero certa che sarebbe rimasto tale. Nella maggior parte dei casi gli uomini che spedivano regali e lo facevano in modo anonimo poi finivano con il non rivelarsi mai, perché non ne avevano il coraggio. Solo quelli che lo facevano mettendoci la propria faccia erano quelli che si facevano avanti a farmi la corte. Quindi anche in questo caso, lo spasimante del vasetto di sborra, sarebbe rimasto senza nome e senza volto. O almeno era quello che pensavo.
   Nel primo pomeriggio entrò in negozio il ragazzo del bar con un vassoio su cui reggeva un caffè. Io di certo non avevo ordinato nulla. Ma lui confermò che era per me. Io gli feci notare che forse c’era un errore, e il ragazzo mi disse che non c’era nessun errore, e che il caffè era da parte di un ammiratore. E allora mi chiesi: “sarà quello del vasetto?”. Comunque il ragazzo non mi disse niente sulla sua identità. Mi disse che non poteva farlo, perché aveva ricevuto una bella mancia per tenere il segreto. E poi mi diede un messaggio scritto su un cartoncino rosa. C’era scritto: “non ci pensare a tuo marito, meriti qualcosa di meglio”.
   Decisi di ignorare quel gesto. Quando questo spasimante si sarebbe deciso a farsi avanti allora avrei preso quella storia seriamente. Altrimenti era solo una stupida perdita di tempo. In ogni modo pensai al fatto che mio marito ancora non si era fatto avanti con il gioco dei ruoli. Vi ricordate? Mi aveva chiesto di rifare il gioco dei ruoli, come quando eravamo fidanzati, che per divertirci avevamo fatto finta di non conoscerci, e Stefano mi era venuto a rimorchiare al centro commerciale. Ma al momento lui non aveva fatto ancora alcuna mossa, così decisi di agire io. Gli mandai un sms dicendogli di vederci in via nazionale a tale ora e a tale posto.
   La via nazionale era conosciuta per essere meta di prostitute e uomini in cerca di avventure. Un vero mercato del sesso. La mia idea era quella di fingermi appunto una puttana, e di essere abbordata da mio marito. Così quella sera cercai nel mio armadio i vestiti più osceni che avevo; misi degli hot pants neri di pelle, e sopra un top rosa a fascia da cui le tette mi scivolavano sempre fuori e io ero costretta a rimetterle dentro, e infine i tacchi a spillo e una borsetta. Ero pronta per farmi rimorchiare da mio marito.
   Raggiunsi la via nazionale in macchina. Parcheggiai non molto distante e poi mi misi sulla strada. Le altre prostitute, la maggior parte moldave e nigeriane, mi guardarono stupite. Non mi avevano mai vista, ai loro occhi ero una nuova. C’era anche qualche trans; notai che gli uomini preferivano quelle. In effetti erano piazzate proprio bene, però comunque non riuscivo a capire. Perché preferire una trans ad una moldava bionda di diciotto anni? Per saperlo sarei dovuta entrare nella testa di un uomo e farmici un giro. D’altronde anche Stefano una volta aveva avuto una bella sbandata per una trans, cioè Tiffany. Ricordate? Tiffany era diventata la mia rivale in amore. Avevo avuto anche la sensazione che preferisse lei a me. Ma non riuscivo a capirne il motivo.
   In ogni modo mi misi a passeggiare sulla via in attesa che venisse mio marito, ovvero il mio cliente. Nel frattempo venni fermata varie volte da altri uomini. La maggior parte erano uomini con la fede al dito. Uno di loro si fermò accanto a me e mi disse: “chissà che belle spagnole che fai con quelle” riferendosi alle mie tette che erano scivolate di nuovo fuori dal top a fascia che indossavo. “E secondo me fai anche dei gran pompini”. Non riuscivo a capire se il tizio voleva solo dirmi porcate oppure era effettivamente interessato ad avermi. In ogni caso dovevo fare in modo di farlo andare via, perché mio marito sarebbe potuto venire da un momento all’altro. Mi guardai intorno ma ancora non lo vedevo. Era in ritardo lo stronzo. Davvero voleva lasciarmi lì a passeggiare su via nazionale come una puttana?
   “Quanto sei maiala” mi disse il tizio che mi si era accostato.
   “Lo sa tua moglie che vai con le zoccole?” gli chiesi in tono severo. Ma cosa mi prendeva? Perché mi stavo mettendo a fare la morale a quello lì? Forse perché guardandolo negli occhi avevo avuto una visione, avevo visto la sua vita mediocre, la sua moglie annoiata e stanca, il suo lavoro d’ufficio snervante e ripetitivo. Avevo visto un uomo che si era arreso alla vita, e che trovava appagamento soltanto andando sui viali, in cerca di zoccole da scoparsi in auto. “Non c’è niente di peggio per una donna che avere un marito che va con le puttane”.
   “Ma che cazzo dici?” mi disse. “Avresti proprio bisogno che qualcuno ti tappasse quella bocca con un bel cazzone duro”.
   Decisi di smetterla, perché non sapevo con precisione a dove mi avrebbe portata quella discussione. Certamente a niente di buono. Quindi gli dissi il mio prezzo, e gli sparai una cifra assurda, in modo da farlo andare via. Gli dissi che per la bocca soltanto volevo cinquecento euro. Per tutto il resto invece ne volevo mille.
   “Ma chi ti credi di essere? Pamela Anderson? Stronza di una puttana” e a quel punto partì sgommando alla ricerca di qualcosa di più economico.
   Finalmente in lontananza vidi la macchina di Stefano. Mi vide anche lui e allora mise la freccia per accostarsi a me. Mi feci avanti ancheggiando e mi abbassai verso il finestrino. Le tette mi erano di nuovo scivolate fuori dal top, ma questa volta non feci niente per rimetterle a posto. Ma quando guardai dentro la macchina notai che mio marito non era solo, e allora diventai di pietra e non riuscivo neppure a parlare. Con lui c’era un uomo, aveva all’incirca la nostra età. Non lo avevo mai visto prima. Cosa c’entrava lui nel nostro gioco di ruoli?
   “Perché ti sei fermato?” gli chiese.
   “Che ne dici di farci una bella doppietta con questa zoccola?” gli domandò mio marito.
   L’amico di Stefano, di cui ancora non conoscevo nulla, mi guardò da capo a piedi per valutarmi. Poi disse a mio marito che non ero niente male.
   “Guarda che tette” disse Stefano. “Scommetto che muori dalla voglia di farti fare una spagnola”.
   “In effetti non mi dispiacerebbe”.
   Adesso cominciavo a capire. Stefano aveva deciso di coinvolgere un uomo nel nostro gioco, per renderlo ancora più eccitante. L’idea non mi dispiaceva affatto. Poi sentii mio marito che diceva al suo amico che montarmi sarebbe stato proprio quello che ci voleva per festeggiare il loro rapporto di collaborazione. Ma di cosa parlava? Perché quell’uomo avrebbe dovuto collaborare con Stefano?
   “Quanto vuoi?” mi chiese Stefano.
   “Cento per la bocca. Duecento tutto il resto” risposi.
   “Mmh” rispose il suo amico, “economica, la zoccola”.
   “Ok, monta su”.
   L’amico di Stefano, che si chiamava Xavier, scese dalla macchina e mi aprì lo sportello di dietro e mi fece salire, poi salì anche lui, mettendosi accanto a me. Era chiaro che voleva fare con me un po' di petting prima di giungere a destinazione. Non sapevo bene dov’è che mi avrebbero portata per montarmi. Una cosa era certa, io ero terribilmente disorientata. Non mi immaginavo che sarebbe andata così. Credevo che si sarebbe presentato mio marito e basta, e che avremmo fatto finta di essere una prostituta e il suo cliente. Questo nuovo scenario mi aveva letteralmente spiazzata.
   Comunque Stefano fece partire la macchina e Xavier non perse tempo a mettermi le mani sulle tette, spremendomele una contro l’altra e succhiandomi i capezzoli.
   “Ehi Stè, guarda che tette divine!” disse. “Sembrano fatte apposta per le spagnole”.
   “Sì, proprio una bella gnocca. Come ti chiami?” mi chiese.
   “Sabrina” risposi senza un filo di fantasia. Avrei potuto inventarmi un altro nome, e invece ero così spaesata che non riuscii neppure a mentire. E Stefano mi guardò dallo specchietto retrovisore, mentre Xavier mi succhiava i capezzoli, e mi sorrise. Era divertito dal fatto che non mi ero neppure presa la premura di inventarmi un nome.
   “Sabrina” disse Xavier, “che nome da maiala”.
   “È un nome come un altro” risposi.
   “Dio, quanto sei porca” Xavier era affamato, mi voleva ardentemente, e allora avvicinò la sua bocca alla mia e mi infilò la sua lingua dentro, e nel frattempo mi accarezzava le gambe e me le palpava. Si stava letteralmente impossessando di me, e Stefano di tanto in tanto ci guardava dallo specchietto retrovisore, e io guardavo lui, quasi come a chiedergli: “ma cos’è questa storia?”.
   “Ehi Xavier!” disse. “Vacci piano, non vorrai mica scopartela in auto?”.
   Non avevo la più pallida idea di dove mi stavano portando e di dove avevano in mente di montarmi, ma a breve l’avrei scoperto.

Sabrina.

1 commento:

  1. Bella storia...una moglie disinibita è sempre stata il mio sogno!

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