venerdì 16 dicembre 2016

Povero Berni.

(in foto: Scarlet Sage, Rich Blond Girl First Huge Black Cock, Blacked.com)


    Come dicevo nel post in cui vi raccontavo dell’iniziazione al sesso anale di Elena, quel giorno dovevo andare sul set a conoscere l’attore che avrebbe fatto la parte dell’imperatore. Tutto dipendeva da me. La troupe voleva la mia approvazione, e poi finalmente ci saremmo avviati verso la conclusione del film. Povero Berni; ci stava mettendo anima e corpo in quel film, e io invece mi stavo comportando come una stronzetta, arrivando tardi sul set e avanzando pretese sempre più assurde. E il fatto, come già vi ho detto, è che venivo sempre accontentata.
   Ma come faceva a sopportarmi ancora? Certe volte me lo chiedevo. Soprattutto dopo tutte le corna che gli avevo messo da quando ci eravamo messi insieme. Ero stata proprio una zoccola, lo ammetto. Avevo cornificato il mio uomo senza ritegno e lui mi aveva sempre perdonata.
   La prima volta che gli ho messo le corna è stata quattro mesi dopo che ci siamo messi insieme. Era l’ultimo anno di scuola, lo ricordo come se fosse ieri. Lui si chiamava Jeffri, era originario del Ghana, però era nato in Italia e era italiano a tutti gli effetti. Ricordo che ogni mattina prendevo l’autobus, dove incontravo tutti gli amici di scuola tra cui c’erano anche Berni e Jeffri. L’autobus era sempre affollato fino all’inverosimile; trovare posto a sedere era un’impresa. Solo Jeffri ci riusciva, che saliva al capolinea, e un giorno mi offrì di sedermi in braccio a lui. Io gli dissi di sì e a Berni questa cosa non piacque affatto, perché Jeffri ci godeva ad avermi lì, seduta sul suo pacco, che puntualmente si induriva come il marmo, e io mi sentivo il suo enorme cazzo duro contro il culo.
   Berni mi guardava da lontano in cagnesco, mentre Jeffri mi teneva le braccia intorno alla vita e mi diceva cose porche sotto voce. Tipo che gli sarebbe piaciuto incularmi e scoparmi la bocca, e io facevo la finta offesa e gli davo degli schiaffi sulle gambe, ma in realtà ci godevo a sentirmi dire quelle cose. Mi sarebbe piaciuto che anche Berni mi dicesse cose così, ma invece non lo faceva, perché credeva che facendo così mi mancasse di rispetto.
   Un giorno organizzammo di marinare la scuola in massa; l’idea nacque proprio sull’autobus. Qualcuno avanzò la proposta e dopo cinque minuti erano tutti d’accordo che quel giorno invece di andare a fare il nostro dovere ce ne saremmo andati a cazzeggiare al parco. Jeffri era su di giri; anche quel giorno ero seduta su di lui, e avevo una minigonna in cui spesso le sue mani si intrufolavano per toccarmi sotto, e io puntualmente gliele allontanavo, perché non mi andava di dare spettacolo in un autobus affollato come una scatola di sardine. Poi Jeffri mi disse che l’idea di andare al parco invece che andare a scuola era una bellissima idea, così potevamo imboscarci tra la vegetazione e farci una bella scopata.
   “Vacci piano Jeffri, sono fidanzata con Berni” risposi. “E si da il caso che anche lui verrà al parco con noi. Quindi non vedo proprio nessuna possibilità di imboscarci”.
   Berni infatti era dall’altra parte dell’autobus, e ci guardava in modo sospettoso. Non gli piaceva affatto il modo in cui flirtavo con Jeffri. E era chiaro che una volta giunti al parco non mi avrebbe lasciata un attimo, e se mi avesse visto allontanare con Jeffri avrebbe dato di matto. Quindi davvero non c’era alcuna possibilità che io e lui potessimo allontanarci senza che lui se ne accorgesse.
   Inoltre Berni non vedeva di buon occhio Jeffri perché quest’ultimo era noto a tutti per essersi montato le ragazze più belle della scuola. Mancavo solo io all’appello, ma a quanto pare ero la prossima della lista. Jeffri era un vero rubacuori; avevo molte amiche che ci avevano fatto l’amore, e tutte dicevano che era stato formidabile, e inoltre che era molto dotato. E di questo me n’ero accorta anche io, standogli seduta in braccio sull’autobus praticamente ogni giorno. Ogni giorno appena mi sedevo su di lui non sentivo niente, ma subito dopo una manciata di secondi iniziavo a sentire che si induriva fino a raggiungere dimensioni davvero incredibili. E non vi nascondo che questa cosa mi faceva venire l’acquolina in bocca. Quindi l’idea di imboscarmi con lui nel parco non mi dispiaceva affatto. Ma con Berni alle calcagna sarebbe stato difficile.
   E così quel giorno scendemmo dall’autobus e salimmo su un altro che andava al parco. Anche qui mi misi a sedere su Jeffri, il quale lungo il tragitto iniziò a stuzzicare i miei bollenti spiriti elencandomi la lista delle sue “vittime”, in cui mi disse presto sarei entrata anche io.
   “E sentiamo, chi sarebbero queste vittime?” gli chiesi divertita.
   “Giorgia, quella della sezione B. Ce l’hai presente?”.
   “Sì”.
   “Me la sono fatta a casa sua. I genitori erano andati a cena fuori e quindi lei aveva casa libera. Mi ha dato anche il culo”.
   “Anche il culo? Accidenti. E poi?”.
   “Fabiola, quella della sezione C. La conosci?”.
   “Sì, quella con i capelli rossi. Ma non è fidanzata?”.
   “Sì, è fidanzata. Ma io non sono uno che si fa scrupoli. Se una ragazza mi piace, fidanzata o meno, me la faccio”.
   “Che bravo. E poi?”.
   “Alessia, quella della sezione A. La conosci?”.
   “Sì, quella che sembra una modella”.
   “Esatto, e fa certi pompini che sono la fine del mondo. E poi alla fine si fa anche sborrare in faccia. Tu piuttosto, come te la cavi con la bocca?”.
   “Credo di essere abbastanza brava”.
   “Non vedo l’ora di scoprirlo”.
   “E chi te lo dice che riuscirai ad avermi?” dissi in tono di sfida.
   “Allora non lo hai capito ancora che hai le ore contate? Rassegnati, oggi entrerai nella lista delle mie vittime”.
   “Oh!” risposi prendendolo in giro. “Che paura!”.   
   Intanto Berni continuava a guardarci da lontano, ci teneva sotto controllo, si accertava che Jeffri non facesse troppo il maiale con me. Ogni tanto io lo guardavo e gli sorridevo, come per tranquillizzarlo e fargli capire che era tutto a posto, che non aveva nulla da temere, che gli sarei rimasta sempre fedele. Ovviamente era una balla. L’idea di imboscarmi con Jeffri mi eccitava da morire. Bisognava trovare solo il sistema di farlo senza che Berni se ne accorgesse.
   Povero Berni. Chissà che pene dell’inferno stava soffrendo nel vedermi flirtare insieme a un altro. E non era un altro qualsiasi, era colui che aveva la nomina di essersi montato le ragazze più gnocche della scuola. Probabilmente aveva paura che sarei potuta essere la prossima. In ogni modo arrivammo al parco; eravamo circa una trentina, freschi diciottenni con voglia di divertirsi. E qualcuno aveva anche portato il pallone. C’erano tutti i presupposti per una giornata piacevole, ma Berni era d’umore nero, e seguiva me e Jeffri come un cagnolino, senza mai perderci d’occhio. Ad un certo punto Jeffri mi diede una gran pacca sul sedere e Berni perse le staffe.
   “Ehi, tieni giù le mani! Moana è la mia fidanzata” disse.
   “Che ho fatto?” chiese lui facendo finta di non capire. “Le ho dato una pacca sul sedere, mica le ho infilato un dito in culo?”.
   Il parco era mezzo vuoto. In mezzo alla settimana era sempre così. C’era una gran pace. Poi nei fine settimana si riempiva di famigliole e di bambini che correvano a destra e a sinistra. Ci mettemmo a sedere sul prato, qualcuno cominciò a fare due tiri con la palla, altri tirarono fuori sigarette e addirittura c’era qualcuno che aveva portato dell’erba. Dopo un po' venne allestito un campo da calcio, facendo i pali delle porte con gli zaini, e quindi alcuni di noi cominciarono a giocare. Per un po' giocò anche Jeffri, e quindi Berni ebbe modo di parlarmi e dirmene quattro sul mio comportamento di quei giorni.
   “Che cosa ci trovi in lui?” mi chiese.
   “Io?” risposi stupita. “Assolutamente niente. Lo sai che amo solo te”.
   “E allora perché continui a fare la gatta morta con lui?”.
   “Io? Mi sa che ti sbagli, Berni. Io non faccio la gatta morta con lui”.
   E invece lo facevo e come. Anzi, stavo facendo proprio la zoccola.
   Ad un certo punto Jeffri chiamò Berni e lo invitò a unirsi alla partita di calcio. Pensai subito che fosse un modo per riappacificarsi con il mio fidanzato, per fargli capire che non aveva nulla da temere. In principio Berni disse di no, ma lui insistette così tanto che alla fine andò anche lui. Guardai i miei due contendenti giocare a calcio, buttarsi contro gli avversari e cercare in ogni modo di segnare. Poi Jeffri ad un certo punto venne verso di me e mi disse di fare come gli dicevo, e cioè di incamminarmi laggiù, dove la vegetazione era più fitta, e di aspettarlo. Lui mi avrebbe raggiunta quanto prima.
   “Non se ne parla proprio. A Berni cosa gli racconto?”.
   “Non vedi che Berni è impegnato a giocare? Quando si accorgerà della tua assenza sarà troppo tardi, perché sarai diventata già mia”.
   Non potevo dirgli di no. Stavo aspettando quel momento da quando avevo cominciato a flirtare con lui. E allora mi alzai e andai verso la fitta vegetazione. Berni non si accorse di nulla. Stavo per imbattermi in un’avventura davvero storica, e cioè per la prima volta stavo per mettere le corna al mio fidanzato. E così mi feci strada tra gli alberi percorrendo un sentiero stretto che mi portò in uno spiazzo isolato. C’erano un tavolino e una panca da picnic, decisi di aspettare lì l’arrivo di Jeffri, che non avrebbe tardato a raggiungermi. Era tanta la voglia di avermi che ero sicura che non avrei dovuto aspettare molto per vederlo comparire sul sentiero che avevo appena percorso. Era solo questione di minuti.

Moana.

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